“Senza di me non potete far nulla”, comprendo pienamente questa espressione perché ho sperimentato e attestato personalmente il fatto che da soli, noi, non siamo niente. Quando il Padre ha iniziato l’opera di potatura credevo che di me non sarebbero rimasti che brandelli privi di vita, quando man mano ogni certezza faceva largo alla miseria e la forza si tramutava in debolezza non immaginavo minimamente di poter rinascere, non credevo che dall’oscurità era possibile ricavare luce, una luce che pian piano aumenta d’intensità nel rispetto dei nostri poveri occhi abituati ormai al buio pesto. Il vignaiolo ha cura della vite e vuole che ogni suo singolo tralcio cresca conforme alla pianta che lo ha generato e che lo sostenta. Davvero un onore, erroneamente scambiato per onere, quello di appartenere ed essere germogli di questa immensa vite! E’ un onore sapere che, affidati alle sue mani, i nostri frutti saranno benedetti dalla sua volontà e comprendere che ogni prova e ogni sofferenza concorrono alla nostra perfezione ai suoi occhi. Il vignaiolo, liberandoci dai peccati, libera la nostra corteccia da tutti i parassiti che logorano la nostra struttura, destabilizzandola e rendendo, così, difficoltosa ogni fioritura, i peccati, infatti, sono la principale causa della nostra cecità, il vivere per essi ci tiene lontani dalla vera comprensione della “Parola che vi ho annunziato”. E pensare che è grazie a questa Parola che siamo stati mondati, alla Parola che si è incarnata allo scopo di tradurre a livelli comprensibili, anche per i più ottusi, il grande Amore di Colui che ci vuole rinati a vita nuova., quella stessa parola che spesso ignoriamo, che preferiamo non comprendere convinti che sia riservata solo ed esclusivamente a determinate persone. Per Grazia divina non occorre essere dotti o sapienti per aprire il cuore alla comprensione “ti rendo grazie Padre perché hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli” basta semplicemente rendersi conto dell’infinito amore che lega la vite ai suoi tralci e la dedizione con la quale si cura di essi. Gesù non ci vuole sterili rami secchi destinati al rogo, ma ci vuole portatori di frutti, generati dalla nostra opera in comunione con la sua parole, rimanendo in lui ed essere suoi discepoli in nome del suo amore. “Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi, rimanete nel mio amore”, ecco il segreto per fare della nostra vita un’esistenza degna d’esser chiamata “vita” , rimanere nel suo amore per gustare costantemente la sua presenza con l’azione dello Spirito Santo che ci aiuta a vivere dei suoi comandamenti, liberi da tutto ciò che intralcia e offusca, totalmente affidati alle mani del vignaiolo , alla sua Parola, al suo Amore, alla sua Volontà, divenendo tralci carichi frutti a lode e gloria del suo nome. Signore aiutaci a rimanere in te e fa che le tue parole rimangano in noi per poter così chiedere “quel che volete e vi sarà dato”: vivere per sempre attaccati alla Vite della vita eterna.
venerdì 11 luglio 2008
Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto.
“Senza di me non potete far nulla”, comprendo pienamente questa espressione perché ho sperimentato e attestato personalmente il fatto che da soli, noi, non siamo niente. Quando il Padre ha iniziato l’opera di potatura credevo che di me non sarebbero rimasti che brandelli privi di vita, quando man mano ogni certezza faceva largo alla miseria e la forza si tramutava in debolezza non immaginavo minimamente di poter rinascere, non credevo che dall’oscurità era possibile ricavare luce, una luce che pian piano aumenta d’intensità nel rispetto dei nostri poveri occhi abituati ormai al buio pesto. Il vignaiolo ha cura della vite e vuole che ogni suo singolo tralcio cresca conforme alla pianta che lo ha generato e che lo sostenta. Davvero un onore, erroneamente scambiato per onere, quello di appartenere ed essere germogli di questa immensa vite! E’ un onore sapere che, affidati alle sue mani, i nostri frutti saranno benedetti dalla sua volontà e comprendere che ogni prova e ogni sofferenza concorrono alla nostra perfezione ai suoi occhi. Il vignaiolo, liberandoci dai peccati, libera la nostra corteccia da tutti i parassiti che logorano la nostra struttura, destabilizzandola e rendendo, così, difficoltosa ogni fioritura, i peccati, infatti, sono la principale causa della nostra cecità, il vivere per essi ci tiene lontani dalla vera comprensione della “Parola che vi ho annunziato”. E pensare che è grazie a questa Parola che siamo stati mondati, alla Parola che si è incarnata allo scopo di tradurre a livelli comprensibili, anche per i più ottusi, il grande Amore di Colui che ci vuole rinati a vita nuova., quella stessa parola che spesso ignoriamo, che preferiamo non comprendere convinti che sia riservata solo ed esclusivamente a determinate persone. Per Grazia divina non occorre essere dotti o sapienti per aprire il cuore alla comprensione “ti rendo grazie Padre perché hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli” basta semplicemente rendersi conto dell’infinito amore che lega la vite ai suoi tralci e la dedizione con la quale si cura di essi. Gesù non ci vuole sterili rami secchi destinati al rogo, ma ci vuole portatori di frutti, generati dalla nostra opera in comunione con la sua parole, rimanendo in lui ed essere suoi discepoli in nome del suo amore. “Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi, rimanete nel mio amore”, ecco il segreto per fare della nostra vita un’esistenza degna d’esser chiamata “vita” , rimanere nel suo amore per gustare costantemente la sua presenza con l’azione dello Spirito Santo che ci aiuta a vivere dei suoi comandamenti, liberi da tutto ciò che intralcia e offusca, totalmente affidati alle mani del vignaiolo , alla sua Parola, al suo Amore, alla sua Volontà, divenendo tralci carichi frutti a lode e gloria del suo nome. Signore aiutaci a rimanere in te e fa che le tue parole rimangano in noi per poter così chiedere “quel che volete e vi sarà dato”: vivere per sempre attaccati alla Vite della vita eterna.
giovedì 10 luglio 2008
Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Andate, predicate che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demoni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro, né argento, né moneta di rame nelle vostre cinture, né bisaccia da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché l’operaio ha diritto al suo nutrimento. In qualunque città o villaggio entriate, fatevi indicare se vi sia qualche persona degna, e lì rimanete fino alla vostra partenza. Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne sarà degna, la vostra pace scenda sopra di essa; ma se non ne sarà degna, la vostra pace ritorni a voi. Se qualcuno poi non vi accoglierà e non darà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dai vostri piedi. In verità vi dico, nel giorno del giudizio il paese di Sodoma e Gomorra avrà una sorte più sopportabile di quella città”.
mercoledì 9 luglio 2008
Li inviò dopo averli istruiti
(Matteo 10,1-7)
martedì 8 luglio 2008
La messe è molta, ma gli operai sono pochi
lunedì 7 luglio 2008
Figliola la tua fede ti ha guarita
Matteo 9,18-26
In quel tempo, mentre Gesù parlava, giunse uno dei capi che gli si prostrò innanzi e gli disse: “Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano sopra di lei ed essa vivrà”. Alzatosi, Gesù lo seguiva con i suoi discepoli. Ed ecco una donna, che soffriva d’emorragia da dodici anni, gli si accostò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello. Pensava infatti: “Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita”. Gesù, voltatosi, la vide e disse: “Coraggio, figliola, la tua fede ti ha guarita”. E in quell’istante la donna guarì. Arrivato poi Gesù nella casa del capo e veduti i flautisti e la gente in agitazione, disse: “Ritiratevi, perché la fanciulla non è morta, ma dorme”. Quelli si misero a deriderlo. Ma dopo che fu cacciata via la gente egli entrò, le prese la mano e la fanciulla si alzò. E se ne sparse la fama in tutta quella regione.
Avere una fede salda è la chiave che potrà aprirci la porta del regno promesso. La fede che salva la donna dall'emorragia e la fede di un padre che riporta in vita la figlia. Mi domando com'è la nostra fede? Spesso è come la fanciulla del brano apparentemente morta o creduta morta dalla gente che ci sta intorno perchè non viviamo esplicitamente e concretamente la Parola. La nostra fede non può essere fatta solo di nozioni ma deve essere costantemente curata, arricchita, per divenire un miracolo quotidiano agli occhi di tutti. Occorre fidarsi di Gesù e confidare in Lui, la sua volontà sarà la nostra pace, la sua parola l'unico esempio da seguire per rinascere e svegliarsi da quel sonno che costantemente ci destabilizza.
sabato 5 luglio 2008
Gli amici possono forse essere in lutto mentre lo sposo è con loro?
(Matteo 9,14-17)
Stanotte riflettevo sul nostro essere Contenitori miseri, piccoli, finiti, la nostra presunta grandezza si perde nel nostro limite fisico. Quando, però, facciamo esperienza di Cristo, ci accostiamo allo sposo, anche se non cambia la nostra natura e piccolezza la nostra potenzialità assume una forma che non conosce confine perchè interamente ispirata e sostenuta dall'amore in Lui. Il vangelo di oggi ci descrive questa metamorfosi, i discepoli rinascono a vita nuova, diventano contenitori "otri" nuovi assetati di quel "vino" nuovo e in nome di questo amore entrano in comunione "e così l'uno e gli altri si conservano". Gesù ci invita a nozze, vuole che finiamo di rattoppare la nostra vita con false felicità e gioie illusorie, occorre cambiare vita "lo sposo è con noi" e dobbiamo gioire solo di questo, abbandonando, al momento, digiuni e tristezze, e riempire noi stessi di quella ricchezza che proviene solo dalla sua Parola e Presenza. Approfittiamone per quando lui non ci sarà, quando poi dovremo fare i conti con l'aridità, solo “facendo il pieno” sarà possibile sopravvivere al deserto e ritrovare, con la luce che portiamo dentro, la sua presenza costante. O Signore riempi il mio cuore con il tuo amore, rendilo capace di amarti e di riconoscerti costantemente, nei momenti di sconforto aiutami a splendere con la tua luce, rendimi Nuovo, e capace di custodirti.
giovedì 3 luglio 2008
Mio Signore e mio Dio!
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Didimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri discepoli: “Abbiamo visto il Signore!”. Ma egli disse loro: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò”. Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. Poi disse a Tommaso: “Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!”. Rispose Tommaso: “Mio Signore e mio Dio!”. Gesù gli disse: “Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!”.
"Beati quelli che pur non avendo visto crederanno", Siamo beati, quindi, perchè crediamo nel mistero della fede che oggi ci porta ad essere chiamati cristiani. Ma l'incredulità di San Tommaso accompagna e regna anche nel nostro pensare perchè siamo sempre in cerca di quei "segni" che possano affermare e dare veridicità alla nostra fede. Quale segno potrà mai essere più evidente della Croce stessa? "Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato" grazie ai segni della croce Tommaso crede e sono questi i segni che portano noi credenti ad avere sempre una fede rinnovata e che non conosce crisi. Beato è Tommaso che crede a differenza di molti che pur avendo visto e comprendendo la grandezza di Dio non credono! Aiutaci Gesù con la tua Croce, mantieni sempre viva la nostra fede.
mercoledì 2 luglio 2008
Sei venuto qui prima del tempo a tormentarci?
martedì 1 luglio 2008
Chi è mai costui al quale i venti e il mare obbediscono?
In quel tempo, essendo Gesù salito su una barca, i suoi discepoli lo seguirono. Ed ecco scatenarsi nel mare una tempesta così violenta che la barca era ricoperta dalle onde; ed egli dormiva. Allora, accostatisi a lui, lo svegliarono dicendo: “Salvaci, Signore, siamo perduti!”. Ed egli disse loro: “Perché avete paura, uomini di poca fede?”. Quindi levatosi, sgridò i venti e il mare e si fece una grande bonaccia. I presenti furono presi da stupore e dicevano: “Chi è mai costui al quale i venti e il mare obbediscono?”
lunedì 30 giugno 2008
Il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo.
In quel tempo, Gesù, vedendo una gran folla intorno a sé, ordinò di passare all’altra riva. Allora uno scriba si avvicinò e gli disse: “Maestro, io ti seguirò dovunque andrai”. Gli rispose Gesù: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”. E un altro dei discepoli gli disse: “Signore, permettimi di andar prima a seppellire mio padre”. Ma Gesù gli rispose: “Seguimi e lascia i morti seppellire i loro morti”.
(Matteo 8,18-22)
domenica 29 giugno 2008
Tu sei Pietro, a te darò le chiavi del regno dei cieli
In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».(Matteo 16,13-19)
Angela da Foligno: Il Libro

sabato 28 giugno 2008
Lo voglio, sii sanato.
giovedì 26 giugno 2008
Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.
Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demoni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome?
Io però dichiarerò loro: non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità.
Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, è simile a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde, e la sua rovina fu grande”.
Quando Gesù ebbe finito questi discorsi, le folle restarono stupite del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità e non come i loro scribi.
(Matteo 7,21-29)
“Insegnava loro come uno che aveva autorità” Da dove proveniva questa autorità se non dal fatto che Gesù operava in perfetta unione col Padre? Di questo le folle si meravigliavano, del nuovo insegnamento che è venuto a dare, un insegnamento in carne ed ossa e Spirito Santo, lui stesso incarna la Parola “e il Verbo i fece carne”. Tutta la sua esistenza terrena è un costante insegnamento perché tutta la sua vita è vissuta in comunione perfetta col Padre. Ecco la differenza che subito salta agli occhi delle folle, tra Gesù e gli scribi, i veri discepoli e i falsi profeti, un divario incolmabile tra il vivere la Parola e il pronunciarla soltanto. Uniformarsi al Padre è l’unico insegnamento che non ha bisogno di sottotitoli o spiegazioni, l’unione d’amore è palese e visibile a tutti. Noi ci scoraggiamo dinanzi a questa unione perché convinti che sia un’impresa impossibile o riservata ai santi e ai beati, col battesimo tutti siamo stati messi in condizione di possedere questa l’autorità che fu di Gesù nel annunciare la Parola, tutti, dopo esser stati liberati dalle tenebre del peccato, siamo stati innalzati ad essere suoi figli, cristiani, testimoni, con la nostra vita dell’amore d Dio. “Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli” perché nominando il suo nome invano commettiamo peccato, invocarlo significa in primis possederlo nel cuore, e per far questo non occorre essere dotti o abili nel disquisire, la conoscenza del Padre non è data dall’intelligenza ma dall’umiltà e dalla povertà che ben si sposano con la purezza di cuore, virtù indispensabile per accoglierlo e unirsi a Lui. Le nostre parole, per non essere vane, devono essere conseguenza delle azioni, devo accompagnare e amplificare tutto ciò che già mettiamo in pratica con la nostra vita. Dio non vuole le nostre apparenze ma vuole il nostro cuore, vuole essere amato nel segreto del cuore in modo che da li, l’amore, possa poi espandersi in modo sincero in ogni nostro gesto. Donaci Signore la capacità di tradurre pienamente la tua Parola e di incarnarla per affidare, così, alla tua roccia le fondamenta della nostra vita affinché essa ne tragga solidità, forza e l’autorità che le permetta d’essere esempio vivo e vero dell’unione con Te.
mercoledì 25 giugno 2008
Dai loro frutti li riconoscerete
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci. Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li potrete riconoscere”.
martedì 24 giugno 2008
Giovanni è il suo nome.
Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei.Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome». Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante si aprirono la sua bocca e la sua lingua, e parlava benedicendo Dio. Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui.Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.
(Luca 1,57-66.80)
Giovanni, figlio di Elisabetta e Zaccaria, è il precursore del Messia colui che preparerà la strada a Cristo e aprirà i nostri cuori alla venuta della Nuova Speranza. Già dal grembo materno è esempio della grandezza divina, concepito dopo anni di sterilità e in tarda età, l’angelo Gabriele lo pone come esempio del potere di Dio quando annuncia a Maria la missione che è chiamata a intraprendere “Nulla è impossibile a Dio”. Con la sua nascita, poi, anche Zaccaria, prima incredulo, si prostra alla magnificenza di un Dio che sa ben accogliere le preghiere ed esaudirle. Anche se l’angelo era stato chiaro con Zaccaria “Egli sarà grande davanti al Signore…preparerà al Signore un popolo ben disposto” lui desiste dal credere alle parole del messo celeste perché non totalmente affidato alla volontà del Padre, legato, forse, ai tempi e ai modi di noi miseri umani, ma Nulla è impossibile a Dio e con la nascita di Giovanni si adempie quanto promesso: la lingua di Zaccaria si sciolse, lo Spirito Santo, di cui era pieno il figlio “fin dal grembo di sua madre” discese su di lui facendogli comprendere che la salvezza era davvero vicina. Giovanni “profeta dell’Altissimo” già dal grembo materno, riconosce, sussultando, la luce del Messia, quando Maria visita Elisabetta e con questa luce inizia la sua vita e il suo progetto di pianificare la via e predisporre i cuori ad accogliere quella luce già da lui sperimentata. “Il fanciullo cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione ad Israele”. Il mio pensiero va a chi vive in questo deserto con l’aridità attorno che lo spinge a credere che Dio si sia dimenticato di lui. Il deserto, per me, è un ottimo “allenamento”, un luogo dove poter fare i conti con se stessi e liberarsi, magari, da tutto ciò che ci rende poco fiduciosi nei confronti di Dio. Per essere “manifestazione ad Israele” quindi per poter diventare strumenti nelle sue mani occorre purificare il nostro cuore ed agire così alla luce del suo volere. La preghiera di Zaccaria è stata ascoltata anche se lui stesso non credeva ad una possibile fattibilità della sua richiesta, perché? Perché continuiamo a domandare e a credere che non ci venga mai dato? Forse dovremo eliminare dalle nostre preghiere quel pizzico di egoismo che erroneamente ci fa mischiare il nostro volere con il suo, non sempre sono convergenti, quindi, a che difficile, occorre abbandonarsi totalmente a ciò che Dio ha scelto per noi. Solo questa fiducia può fare della nostra preghiera un sincero grido di aiuto. Signore insegnaci ad affidare tutto nelle tue mani e a sapere riconoscere nei “messi celesti”, che ci invii sotto forma di esperienze quotidiane, la tua volontà.
lunedì 23 giugno 2008
Con la misura con la quale misurate sarete misurati.
domenica 22 giugno 2008
Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo
sabato 21 giugno 2008
Non affannatevi per il domani
venerdì 20 giugno 2008
Là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignuola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; accumulatevi invece tesori nel cielo, dove né tignuola né ruggine consumano, e dove ladri non scassinano e non rubano. Perché là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore. La lucerna del corpo è l’occhio; se dunque il tuo occhio è chiaro, tutto il tuo corpo sarà nella luce; ma se il tuo occhio è malato, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!”.
(Matteo 6,19-23)
“La lucerna del corpo è l’occhio” e se i nostri occhi sono malati l’intero corpo ne risente, ma c’è un altro occhio, forse il più importante, l’unico capace di vedere oltre ogni orizzonte, in grado di brillare se è nella luce o al contrario piombare nelle tenebre se malato: il cuore. “Se la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!”, sarà grandissima perché l’oscurità di chi possiede un cuore malato, di chi ha permesso che venisse avvolto dalle tenebre, logorato dalla ruggine e consumato dalla tignola non può essere misurata e quantificata. Spesso neanche ci si accorge di possedere un cuore in frantumi perché non si conosce altra condizione che non sia quella in cui siamo imprigionati, non abbiamo sperimentato la Nuova Condizione, non si conosce la vera Luce e la vera Vita che solo l’amore in Cristo può dare. Si vive, allora, o meglio si sopravvive, nel buio più pesto affidando la nostra unica speranza alla futilità degli eventi mondani e alla fugacità di tesori terreni che affannosamente o illegalmente ci proponiamo di accumulare. Che “bestia cieca” è l’uomo, “nella prosperità non comprende è come gli animali che periscono” non si capacita del fatto che tutti quei luccichii terreni sono un niente, in quanto destinati ad una fine tremenda e veloce, è impossibile ritrovare il nostro cuore in questi tesori: passa un ladro, si posa la tignola, si forma la ruggine e di essi non resterà niente, come non rimarrà traccia di quel cuore che è rimasto aggrappato a queste presunte certezze. Al contrario un cuore che sa individuare nel Tesoro del Cielo l’unico bene che valga la pena accumulare, è un cuore che, grazie alla luce dell’esperienza di Dio, ha saputo discernere e indirizzare tutta la sua sete verso questa fonte immensa di grazia. Questo è il tesoro che racchiude in se la vera gioia, destinato a rimanere eterno, intatto e duraturo perché custodito da quel amore che distrugge ogni traccia di ruggine, ogni volo di tignola e lo protegge gelosamente cosicché nessun ladro possa impossessarsene. Splendida sorte che ha questo tesoro!.. e se leggiamo attentamente il brano “là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore” comprendiamo palesemente che Dio ci mette in condizione di condividerla, rendendo il nostro cuore chiaro, nella luce, protetto dalle sue braccia e al riparo da ogni possibile corrosione, eternamente legato a quel tesoro che con dedizione ha sapientemente accumulato. Comprendo che è davvero difficile staccarsi da tutto ciò che di terreno ci soffoca e dal lato materiale della vita, ma cambiare il nostro modo di rapportarci con esso non è impossibile, anzi credo proprio che sia una fantastica conseguenza che deriva dall’esperienza che Cristo ci chiama a vivere sotto la sua croce. “E’ impossibile servire Dio e il denaro” è bello scoprire, man mano che si continua il Cammino, la reale veridicità di questa frase: il distacco avviene senza nessun dolore ma con la gioia e la letizia d’aver, finalmente, messo a fuoco l’unico e sommo “Bene”. Aiutaci o Signore a non perderlo mai di vista affinché continuiamo ogni giorno a faticare gioiosamente per accumulare il nostro tesoro in cielo: magico nido da dove contemplare in eterno il tuo Volto.
giovedì 19 giugno 2008
Il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Pregando non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate. Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe”.
Nel “Padre Nostro” ci sta racchiusa l’essenza della preghiera cristiana nonché l’azione quotidiana che ne deve derivare incarnando la preghiera stessa nel nostro vivere. Pregare non vuol dire soltanto rimanere freddamente fedeli a formule scritte, la “Nuova Preghiera” va vissuta e le orazioni tradotte in gesti senza dover sprecare parole ma facendo urlare i fatti. Il Padre sa di cosa abbiamo bisogno, Lui legge nel nostro segreto non occorre quindi ripetere una cantilena ma portare in cuore il desiderio vivo e la speranza, certi del fatto che saremo esauditi se davvero lo vogliamo. Nel brano di ieri ci invitava a pregare nel segreto perché nel silenzio del nostro pensiero lui sa ascoltare la vera voce del nostro cuore, sa cogliere li la nostra preghiera costante, il legame tra noi e Lui, invisibile e silenzioso agli occhi di tutti ma, tangibile nell’esempio e nella testimonianza che ne diamo. La preghiera c’è ma non si sente perché è bene mostrarne i frutti piuttosto che la preghiera stessa, per renderla così reale e viva: carne sulla nostra carne. Credo sia un atto di coerenza necessario per non renderla una lettura fine a se stessa, priva di quello slancio che parte dal cuore e che trasforma le parole in amore. Parafrasando la preghiera che Gesù ci insegna e che ripete al mondo intero dall’alto della croce è facile individuare, tra le sue strofe, una chiara guida che regola ogni nostra azione trasformandola in strumento di glorificazione e redenzione. È splendido sapere che potremo consultare questa preghiera ogni volta che lo desideriamo, per superare qualsiasi ostacolo vedendo in esso la volontà del Padre, vivendo in pace sapendo d’avere rimessi i debiti nella stessa misura con la quale noi li rimettiamo, e ritrovarsi sfamati, ma mai sazi, di quel “pane quotidiano” che è il Pane di Vita Eterna che ci libera da ogni male e da ogni tentazione: così “viene il suo regno”, con la corrispondenza tra il dire e il fare, con la totale adesione al Suo esempio potremo accedere al luogo in cui sarà possibile continuare glorificare e santificare il suo nome in eterno “come in terra e così in cielo”. O Signore aiuta il mio cuore ad aprirsi totalmente al tuo amore, fa che sia pronto ad urlare ciò che davvero desidera e sia pronto ad accettare ciò che tu desideri: La Tua Volontà è la nostra pace.
mercoledì 18 giugno 2008
Il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli. Quando dunque fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Quando invece tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini, In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti, che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo tuo Padre che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”.
Davvero bello il passo di oggi, io lo "amo" particolarmente perché ritrovo in esso uno stile di vista che tanto mi piace. Gesù oggi ci vuole diversi dagli ipocriti, vuole che abbandoniamo ogni atteggiamento, ogni parola vana, ogni comportamento di circostanza per vestire in pieno la gioia che viene dall'essere come lui ci vuole. Sorridenti nelle tribolazioni, puliti e profumati durante le prove ed i digiuni, concentrati sulla preghiera invece che sul contorno che ci circonda. Praticare le nostre opere buone non è stare sul palcoscenico e ricevere applausi e fiori, ma bensì operare per il solo scopo di piacere a l'unico grande spettatore ed autore della nostra vita: Il Padre Nostro che è nei cieli, lui è l'unico che ci ricompenserà.
martedì 17 giugno 2008
Amate i vostri nemici.
lunedì 16 giugno 2008
Porgi l'altra guancia
domenica 15 giugno 2008
Le sue mani sulle mie
La messe è abbondante ma gli operai sono pochi!
sabato 14 giugno 2008
Io vi dico: non giurate affatto
venerdì 13 giugno 2008
Conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il corpo
(Matteo 5,27-32)
Oggi è bello l'invito che ci viene rivolto. Al di la dei nostri atti pratici che compiamo, che spesso possono essere mossi dall'istinto, dobbiamo conservare e coltivare in cuore l'amore di Dio. Bisogna saper compiere la pulizia sapendo ben eliminare ciò che può portare il nostro cuore a commettere "adulterio" e a sbagliare. La sincronia deve avere la priorità, i gesti devono essere generati dal cuore e non da un'ipocrita conseguenza. E allora caviamo in nostro occhio, tagliamo e gettiamo via la mano piuttosto che mettere in pericolo tutto il corpo, piuttosto che rischiare di allontanarci per sempre da Lui. Ogni piccolo allarme, ogni tentazione, non vanno mai assecondati considerandoli episodi isolati, perchè se si concretizzano qualcosa alla base non funziona. Gesù aiutaci a saper discernere ciò che va salvato da ciò che va buttato, per la nostra salvezza e per la tua Gloria.
giovedì 12 giugno 2008
Lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna. Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all’ultimo spicciolo!”.
“Fu detto agli antichi: Non Uccidere”, a noi oggi viene detto di deporre un’arma ancor più tagliente di qualsiasi lama, il nostro giudizio che riesce a ferire più a fondo di un proiettile. Siamo talmente abituati ad utilizzare male la nostra lingua, a sfoderarla in qualsiasi momento per colpire che non ci accorgiamo nemmeno del reale danno che possiamo arrecare. La impugniamo con destrezza e con la medesima abilità sferriamo colpi a chiunque capiti sotto la morsa del nostro giudizio. Ma chi siamo noi per giudicare? Non abbiamo nessuna facoltà a tal riguardo, la nostra giustizia “quella degli scribi e dei farisei” è ben lontana dalla sua giustizia, non possediamo infatti il metro da adoperare perché la nostra sapienza è frutto della nostra arroganza e grandezza estremamente diversa dalla Sua Grandezza totalmente distante dalla sapienza divina che fa di Lui unico e degno Giudice. Ecco perché ci invita a superare questi limiti, perché ben conosce la nostra natura e sa che non siamo per niente conformi alla Sua giustizia, totalmente distaccata da tutto ciò che inquina e deforma la nostra, basata unicamente sull’amore di Dio. ”Chiunque si adira con il proprio fratello sarà sottoposto al giudizio” ovvio perché invece di “amare il proprio fratello come se stesso” ci permettiamo facilmente di condannarlo senza possederne la capacità; questo equivale ad uccidere! Uccidiamo per primo il comandamento Nuovo tanto caro a Gesù e poi, sentenziando, dando del “cretino o del pazzo”, continuiamo ad uccidere ogni giorno il nostro fratello. Manca in noi la misericordia, l’amore, il saper perdonare, mancano gli elementi che hanno permesso a Gesù di brillare sopra la croce, lui ci ha amati più della sua stessa vita, non si è mai permesso di giudicarci nemmeno quando piantavamo, sulla sua carne, i chiodi della nostra cecità, ed in nome di questo amore si è offerto affinché ogni nostra offerta abbia in se la riconciliazione con i fratelli. Cristo ha fatto la sua offerta amandoci, è salito in croce perdonandoci e continuando ad amare chi lo aveva perseguitato e consegnato ai giudici, ha “pagato fino all’ultimo spicciolo” la nostra salvezza perché anche noi facessimo altrettanto con i nostri persecutori e con il nostro prossimo. Così dovrà essere ogni nostra offerta, in questo modo dobbiamo accostarci alla sua mensa: quando offriamo la nostra miseria, il nostro peccato, prima di deporre la nostra offerta dobbiamo guardarci intorno e saldare ogni debito con i fratelli riconciliandoci con loro e non essere più adirati. L’esperienza di Cristo è esperienza di comunione e amore. Abbandoniamo, quindi, la nostra superiorità e avviciniamoci al prossimo con umiltà nel rispetto della sua persona, nella convinzione d’essere davvero fratelli in nome della Croce che ci ha uniti e ci ha riconciliati col Padre nostro vero ed unico giudice e far si che la nostra “pena”, quando saremo consegnati al giudice, non sarà la prigione ma la piena libertà di glorificare in eterno il suo Volto.
mercoledì 11 giugno 2008
Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date.
martedì 10 giugno 2008
Voi siete la luce del mondo
lunedì 9 giugno 2008
Le Beatitudini
domenica 8 giugno 2008
Non Sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori
sabato 7 giugno 2008
Questa vedova povera ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri
Molte volte abbiamo paura di ascoltare ciò che Gesù vuole dirci, quando Lui si avvicina a noi per comunicarci la sua richiesta preferiamo tappare le nostre orecchie e continuare a vivere primeggiando. Non vuole questo da noi, non ci chiede atteggiamenti esteriori ed ostentazioni, ma ci reclama per come siamo, poveri, inutili, incapaci, ma pienamente disponibili per far si che tutta la nostra miseria e povertà vengano da Lui trasformate nel più grande dei tesori: Donarsi totalmente! Mi accorgo che tutti i sacrifici e le rinunce molto spesso non sono frutto del nostro amore per Lui ma bensì conseguenza della nostra natura e delle nostre abitudini, una cosa è gradita a Dio quando ci provoca senso di sacrificio, al quale subentra poi la gioia perchè è col sacrificio che si compiono le vere offerte e con l'amore sincero che ci rende capaci di ascoltare ed esaudire ogni Sua richiesta. Solo cosi possiamo trasformarci in dono costante ed essere un'offerta continua gradita ai suoi occhi. Signore aiutaci a renderti quanto da Te chiesto, guidaci verso ciò che hai, sapientemente, stabilito per noi...che possiamo essere sacrificio a te gradito! Accettaci per come siamo, spesso nell’ignoranza e nella miseria assoluta, in fondo se ci hai prescelti è perché in noi hai intravisto un po’ materia da modellare, solo le mani di un Abile artigiano hanno la forza di trasformare il fango in un capolavoro!
venerdì 6 giugno 2008
Davide stesso lo chiama Signore: come dunque può essere suo figlio?
(Marco 12,35-37)
Davide stesso lo chiama Signore perché ancor prima d’essere uomo Gesù è Figlio di Dio quindi nostro Signore. In questo brano afferro un sottile invito, celato quasi, a non abbandonare mai il timore nei suoi confronti inteso come amore e rispetto nel riconoscerlo come unico Signore. Il fatto che sia disceso rivestendosi della nostra stessa carne non ci autorizza a rapportarci in maniera superficiale, ma dobbiamo prostrarci a Lui con spirito contrito abbandonando le vesti di orgoglio e vanità, con la sua medesima umiltà: “il quale, pur essendo di natura divina,non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso,assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini;apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce”…