mercoledì 30 luglio 2008

Vende tutti i suoi averi e compra quel campo.



Mt 13,44-46
In quel tempo, Gesù disse alla folla: “Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra”.


La Parola di Dio è una perla preziosa, è un tesoro ritrovato è la luce che illumina ed oscura tutto il resto, facendone perdere il valore. Spesso ignorata lasciamo che passi dai nostri orecchi senza che lasci alcuna traccia nel nostro cuore e nella nostra vita, considerandola “portatrice” di restrizioni e regole che impediscono di godere la vita. La parola di Dio è liberazione, dalle nostre schiavitù, dalla nostra routine e, per il fatto stesso che oscura tutto ciò che credevamo prezioso, ci rende liberi ed orientati verso l’unica cosa che conta: ascoltarla e viverla. Così chi fa l’esperienza di comprenderla non può vivere senza quel cambiamento, chi trova il tesoro inevitabilmente si prodiga per custodirlo nel migliore dei modi. Come chi trova un tesoro in un terreno o chi scopre una perla preziosa, chi s’imbatte in un grande tesoro smette di elemosinare, di sudare ed inizia a godersi i benefici del possederlo, così chi scopre la potenza della Parola di Dio vende tutto ciò che ha, abbandona il peccato e l’affezione ad esso, lascia la strada che erroneamente stava percorrendo, smette di elemosinare felicità per incanalarsi nella via che lo condurrà alla Vera Felicità, nel Regno dei Cieli, attuando tutto ciò che, dalla Parola, è possibile incarnare.

martedì 29 luglio 2008

Il regno dei cieli è come un granellino di senapa...

Matteo 13,31-35
In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola: “Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami”. Un’altra parabola disse loro: “Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti”. Tutte queste cose Gesù disse alla folla in parabole e non parlava ad essa se non in parabole, perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta: “Aprirò la mia bocca in parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo”.



Quando mi avvicinai al Tuo mistero mi sentivo come mi sento oggi e come continuerò a sentirmi sempre: Piccolo. Un seme minuscolo che, se piantato bene e irrigato con l'Acqua della Tua parola, potrebbe diventare un albero. Ho messo nelle Tue mani il seme della mia Vita, un seme lasciato tanto tempo a dimora, un seme che si è risvegliato sotto la pressante e misericordiosa azione del tuo Amore. Possa la tua Parole essere lievito per la mia vita, aiutami rafforzando la mia fede.

Marta tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose.

Luca 10,38-42
In quel tempo, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa. Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; Marta invece era tutta presa dai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse: “Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti”. Ma Gesù le rispose: “Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta”.
Quando all'improvviso sembra che niente intorno a noi rimane, quando ogni nostra certezza sfuma e lascia il posto ad un vuoto incolmabile è l'inizio della Vera vita. Ora siamo ai piedi di Gesù, capaci e assetati di sentire e comprendere la Sua Parola. Ci ha liberati dalla condizione di "schiavitù" che ci voleva totalmente impegnati nella costruzione dei nostri tanti castelli di sabbia nella riedificazione di tutti i nostri insuccessi. Ora Qualcuno ha voluto renderci partecipi della salvezza, ha sfiorato il nostro cuore liberandolo dalle "molte cose" indirizzandolo verso "la sola cosa di cui c'è bisogno": credere in Gesù, credere che lui è il Cristo, nostro salvatore.

lunedì 28 luglio 2008

Il regno dei cieli è come un granellino di senapa...

Matteo 13,31-35
In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola: “Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami”. Un’altra parabola disse loro: “Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti”. Tutte queste cose Gesù disse alla folla in parabole e non parlava ad essa se non in parabole, perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta: “Aprirò la mia bocca in parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo”.

Quando mi avvicinai al Tuo mistero mi sentivo come mi sento oggi e come continuerò a sentirmi sempre: Piccolo. Un seme minuscolo che, se piantato bene e irrigato con l'Acqua della Tua parola, potrebbe diventare un albero. Ho messo nelle Tue mani il seme della mia Vita, un seme lasciato tanto tempo a dimora, un seme che si è risvegliato sotto la pressante e misericordiosa azione del tuo Amore. Possa la tua Parole essere lievito per la mia vita, aiutami rafforzando la mia fede.

domenica 27 luglio 2008

Vende tutti i suoi averi e compra quel campo

Matteo 13,44-52
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».

Avete compreso tutte queste cose? Comprendere le parabole significa essere convertiti a Cristo, comprendere la sua parola è lasciarsi permeare dal suo amore, riuscendo ad assorbire ogni messaggio e, come lo scriba divenuto discepolo,essere in grado di ricavarne ogni giorno cose nuove. Ecco dove sta il nostro tesoro, ecco dove bisogna cercare per trovare la ricchezza. Gesù lo spiega con le parabole mettendo in primo piano il Grande Tesoro che è custodito per noi: il regno dei cieli. Un tesoro che vale più di ogni altro, più di quello nascosto nel campo, più di ogni perla preziosa perchè in esso sono racchiusi i tesori interminabili e luminosi della vita eterna. Custodirlo, amarlo, coltivarlo significa volerlo possedere, abbiamo una vita intera per riuscire a meritarlo, abbiamo a disposizione il nostro cuore e la nostra fede per riuscire a incastonare l'Amore di Dio al primo posto nella scala dei nostri averi: Il regno dei Cieli ci appartiene nella misura in cui siamo capaci di conquistarlo. Quando verranno glia angeli a mietere il grano e la zizzania e quando separeranno i buoni dai cattivi, non facciamoci trovare impreparati, non dimori in noi nessun sentimento di odio, tristezza, invidia, ma la nostra vita sia un continuo desiderare la Sua presenza imitandone i gesti e incarnando la Sua Parola.

venerdì 25 luglio 2008

Non sono venuto per essere servito ma per servire.

Matteo 20,20-28
In quel tempo, si avvicinò a Gesù la madre dei figli di Zebedeo con i suoi figli, e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: “Che cosa vuoi?”. Gli rispose: “Di’ che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno”. Rispose Gesù: “Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?”. Gli dicono: “Lo possiamo”. Ed egli soggiunse: “Il mio calice lo berrete; però non sta a me concedere che vi sediate alla mia destra o alla mia sinistra, ma è per coloro per i quali è stato preparato dal Padre mio”. Gli altri dieci, udito questo, si sdegnarono con i due fratelli; ma Gesù, chiamatili a sé, disse: “I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere. Non così dovrà essere tra voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo; appunto come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti”.

"Voi non sapete quello che chiedete" non ci è lecito domandare qualsiasi cosa al Padre perchè la Sua volontà non è la nostra e nemmeno può essere guidata dalle nostre richieste. Tutto è già stato stabilito "è stato preparato dal Padre" non spetta a noi scegliere la destinazione eterna, possiamo sperare e pregare, uniformandoci totalmente al figlio nelle opere e nei pensieri, e, gustando il suo calice, assaporare le primizie del regno dei cieli. Il timore di Dio deve insegnarci ad assopire le nostre richieste chiedendo al Padre un'unica grande opera: Si compia in me la Tua volontà!

giovedì 24 luglio 2008

A voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato

Matteo 13,10-17
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli e gli dissero: “Perché parli loro in parabole?”. Egli rispose: “Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Così a chi ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. Per questo parlo loro in parabole: perché pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non comprendono. E così si adempie per loro la profezia di Isaia che dice: “Voi udrete, ma non comprenderete, guarderete, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo si è indurito, son diventati duri di orecchi, e hanno chiuso gli occhi, per non vedere con gli occhi, non sentire con gli orecchi e non intendere con il cuore e convertirsi, e io li risani”. Ma beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono. In verità vi dico: molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, e non l’udirono!”.


Perchè parli in parabole? Gesù parla in codice ed usa un linguaggio che, se pur identico per tutti gli orecchi, è per ciascuno differente perchè differente è la natura del nostro cuore. Il "codice segreto" viene utilizzato affinché il messaggio, che ci sta dietro ogni singola Parola, vada dritto al cuore ma ad un cuore che non sia arido, cieco, sordo. Un cuore aperto è un cuore puro, un cuore umile al quale è dato il privilegio di conoscere i misteri del regno dei cieli, anche se di mistero si tratta la nostra conoscenza sta nella fede che il Padre ci dona. Ripenso a quante volte ho udito la Sua Parola pur non comprendendola e quante volte ho guardato le sue opere pur non ritrovando nella loro grandezza l'Amore di chi le ha create. Eppure adesso non ho studiato, non ho appreso chissà quale tecnica speciale: ho semplicemente aperto il mio cuore ed ho lasciato che ogni Sua Parola facesse centro innescando tutto ciò che oggi mi porta a non riuscire più a trascorrere una giornata senza leggerla. Ti rendo grazie perchè hai aperto gli occhi e gli orecchi del mio cuore.

martedì 22 luglio 2008

Donna perchè piangi? Chi cerchi?

Giovanni 20,1.11-18
Nel giorno dopo il sabato, Maria di Magdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand’era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. Maria stava all’esterno vicino al sepolcro e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: “Donna, perché piangi?”. Rispose loro: “Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto”. Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù che stava lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù. Le disse Gesù: “Donna, perché piangi? Chi cerchi?”. Essa, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: “Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo”. Gesù le disse: “Maria!”. Essa allora voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: “Rabbunì!”, che significa: Maestro! Gesù le disse: “Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”. Maria di Magdala andò subito ad annunziare ai discepoli: “Ho visto il Signore” e anche ciò che le aveva detto.
“Perché piangi, chi cerchi?” quando Gesù mi ha rivolto questa domanda provavo sentimenti simili a quelli di Maria di Magdala, come di sconforto e tristezza per qualcosa che ci è stata tolta, una privazione insopportabile. Cristo è la speranza, è la forza che ci spinge a continuare a vivere anche quando, sembra, che niente vada per il verso giusto c’è Lui a consolare e a dare la spinta, e con il suo Spirito, non ci lascerà mai. Lo ha promesso e, come ogni sua promessa, ha mantenuto quanto annunciato perché ancora oggi , come Maddalena, ci stupiamo e gioiamo ogni volta che lui si manifesta a noi e quando, con amore di padre, ci domanda il perché di tanta tristezza e la causa delle nostre tante lacrime: nessuno potrà portarci via il Nostro Signore, nemmeno la morte, anzi, anche quest’ultima è stata trasformata divenendo porta della vita eterna. Non è nel sepolcro che bisogna cercare Cristo ma è magnifico ritrovarlo ogni istante e ogni volta che Lui ci chiama per nome dobbiamo essere in grado di comprendere il messaggio e la missione che ha predisposto per noi. Come Maddalena anche noi siamo chiamati a gridare al mondo intero che è salito dal Padre suo e Padre nostro, Dio suo e Dio nostro ed annunciare con la nostra vita d’aver visto Cristo divenendo noi stessi sua immagine. Solo così potremo smettere di piangere e di cercare, custodendo nel nostro cuore il Nostro Signore.

sabato 19 luglio 2008

Molti lo seguirono ed egli guarì tutti

Matteo 12,14-21

In quel tempo, i farisei, usciti, tennero consiglio contro Gesù per toglierlo di mezzo. Ma Gesù, saputolo, si allontanò di là. Molti lo seguirono ed egli guarì tutti, ordinando loro di non divulgarlo, perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta Isaia: “Ecco il mio servo che io ho scelto; il mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Porrò il mio spirito sopra di lui e annunzierà la giustizia alle genti. Non contenderà, né griderà, né si udrà sulle piazze la sua voce. La canna infranta non spezzerà, non spegnerà il lucignolo fumigante, finché abbia fatto trionfare la giustizia; nel suo nome spereranno le genti


Non griderà! Il servo prediletto è sceso in mezzo a noi per annunziare la giustizia e per compiere la volontà del Padre. Non si è imposto a noi, non ha urlato ma semplicemente ci ha rivolto il suo invito "seguimi". Chi ha accolto la sua parola è stato guarito, chi al contrario ha tenuto consiglio per toglierlo di mezzo ha già deciso la sua fine: "Gesù, saputolo si allontanò di là". In mente mi passano le tante domande di chi, in momenti tristi e devastanti, cerca Gesù, la sua misericordia e il suo amore quando per un'intera vita non hanno fatto altro che ucciderlo e allontanarlo. Per trovare Gesù bisogna cercarlo e volerlo costantemente senza mai perderlo di vista perchè Lui ha misericordia per ognuno di noi e "La canna infranta non spezzerà, non spegnerà il lucignolo fumigante, finché abbia fatto trionfare la giustizia": Spero sul Tuo Nome, accogli la mia Preghiera.

venerdì 18 luglio 2008

Il Figlio dell'uomo è signore del sabato.

Matteo 12,1-8
In quel tempo, Gesù passò tra le messi in giorno di sabato, e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere spighe e le mangiavano. Ciò vedendo, i farisei gli dissero: “Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare in giorno di sabato”. Ed egli rispose: “Non avete letto quello che fece Davide quando ebbe fame insieme ai suoi compagni? Come entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell’offerta, che non era lecito mangiare né a lui né ai suoi compagni, ma solo ai sacerdoti? O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio infrangono il sabato e tuttavia sono senza colpa? Ora io vi dico che qui c’è qualcosa più grande del tempio. Se aveste compreso che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio, non avreste condannato persone senza colpa. Perché il Figlio dell’uomo è signore del sabato”.

Questi farisei estremamente legati alle apparenze tanto quanto distanti dal senso stesso di un gesto. Si stupiscono facilmente quando qualcuno "osa" infrangere la loro routine mostrando un cuore soffocato da paraocchi che non permettono di vedere la vera natura e la vera missione di Cristo. Non è venuto ad abolire la legge ma a completarla, è il Signore del Sabato, colui che vuole misericordia e non sacrificio, che prolungherà la nostra vita aggiungendo ai nostri giorni il Giorno per eccellenza, quello della Salvezza. Ci invita Gesù a saper discernere ogni nostro gesto per far si che ogni nostra azione sia sgombera dall'apparenza e colma d'amore "c’è qualcosa più grande del tempio" molto spesso una buona azione vale più del partecipare passivamente ad una messa, solo per il piacere di presenziare. Ci vuole attivi nelle opere e ancor più nel cuore e nell'incarnare la sua parola.

giovedì 17 luglio 2008

Io vi ristorerò!

Matteo 11,28-30
In quel tempo, Gesù disse: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero”.
"Imparate da me che sono mite ed umile di cuore", ecco la chiave d'accesso, la giusta via per accedere alla pace che ciascuno di noi va cercando. Quella pace che si trova anche se schiacciati da pesi enormi ed eccessivi, una pace data dall'essere in Dio e far dimorare Dio in noi. Quando ci sentiamo stanchi ed oppressi sappiamo a chi rivolgerci, a quel medico che ben accoglie i malati, a colui capace di ristorarci e di rendere il nostro giogo leggero perchè ci sarà lui con la sua Parola di speranza a sostenerlo insieme a noi. La mitezza del cuore e l'umiltà sono due prerogative essenziale per riconoscere in ogni evento e in ogni momento della nostra vita la sua Volontà e la Sua Misericordia, anche quando il peso sembra diventare insopportabile ci deve consolare il fatto che è proprio in quell'istante che la nostra forza aumenta, per sua grazia e per la sua lode.

mercoledì 16 luglio 2008

Hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli

Matteo 11,25-27
In quel tempo, Gesù disse: “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te. Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare”.


Un amore immenso lega il Padre con il Figlio, una fiducia sconfinata che ha portato il Padre a rivelare tutto il mistero della sua grandezza al Figlio. Se penso che questa grande rivelazione è avvenuta al fine di rendere noi stessi suoi figli non posso che prostrarmi dinanzi alla misericordia divina e pregare affinché io stesso riesca a ricambiare, con i miei limiti, questo amore che non è rimasto nascosto di fronte al mio continuo tentativo di rimanere piccolo. Grazie perché mi è stato dato il dono di vedere e ritrovare nella Croce l’unica salvezza che viene dalla Parola di Dio e l’unica via sicura per giungere al Padre.

martedì 15 luglio 2008

Guai a te!


Matteo 11,20-24
In quel tempo, Gesù si mise a rimproverare le città nelle quali aveva compiuto il maggior numero di miracoli, perché non si erano convertite: “Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsaida. Perché, se a Tiro e a Sidóne fossero stati compiuti i miracoli che sono stati fatti in mezzo a voi, già da tempo avrebbero fatto penitenza, ravvolte nel cilicio e nella cenere. Ebbene io ve lo dico: Tiro e Sidóne nel giorno del giudizio avranno una sorte meno dura della vostra. E tu, Cafarnao, ‘‘sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai!’’. Perché, se in Sodoma fossero avvenuti i miracoli compiuti in te, oggi ancora essa esisterebbe! Ebbene io vi dico: Nel giorno del giudizio avrà una sorte meno dura della tua!”.


Il miracolo o qualsiasi altro gesto che Gesù compie nei nostri riguardi non è mai fine a se stesso. Anche quando ci mette alla prova con situazioni che, ai nostri occhi sono "punizioni" Lui vuole comunicarci qualcosa, ed opera al fine di indicarci la giusta via. Guai a chi si mostra freddo e insensibile di fronte all'opera di Dio e guai a chi rifiuta di ascoltare e incarnare la sua parola, ha già deciso il proprio destino e la propria condanna. Nel giorno del giudizio saremo pesati con la stessa misura con la quale abbiamo pesato, e la misericordia che abbiamo mostrato sarà di ugual misura a quella che il giudice supremo avrà nei nostri riguardi. Oggi Gesù mostra il suo amore per noi, come sempre, e scuote la nostra condotta al fine di svegliare in noi la capacità di comprendere e avvertire la Sua presenza, la Sua opera in noi.

lunedì 14 luglio 2008

Non sono venuto a portare pace,ma una spada.


Matteo 10,34-11,1
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare ‘‘il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera: e i nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa’’. Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà. Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto. E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa”. Quando Gesù ebbe terminato di dare queste istruzioni ai suoi dodici discepoli, partì di là per insegnare e predicare nelle loro città.

“Non crediate che io sia venuto a portare pace, ma una spada” . Una frase, questa, che può destare meraviglia, Gesù col suo messaggio d’amore, di comunione non è venuto a portare la pace ma a separare? Non dimentichiamo che al principio di tutto ci sta un grande amore che lega Lui a noi suo gregge e quindi tutto concorre alla nostra salvezza. La spada è simbolo di salvezza perché dividerà e libererà la nostra esistenza dalle false illusioni, dalle false aspirazioni, Gesù è venuto a distruggere la pace che ci siamo costruiti perché è un surrogato, totalmente distante della vera pace, quella data dall’essere in Lui e Lui in noi. Amarlo più di ogni altra cosa, più di una madre, più di un padre e di un figlio perché Lui è l’artefice di tutto e senza il suo amore non avremmo mai sperimentato tutti gli altri sentimenti ai quali oggi ci aggrappiamo disperatamente dimenticandoci dell’origine di tutto, sentimenti veri, ma che spesso sfumano e spariscono lasciando in cuore amarezza e sfiducia. L’amore per Gesù non potrà mai finire e con esso la consolazione e la pace che ne derivano, vivere per Lui è dire addio alla nostra vita per ritrovarne un’altra degna davvero d’esser vissuta alla luce della sua Parola unica “spada” capace di rendere giustizia, separando tutto ciò che di buono c’è in noi dal marcio che pesantemente lo soffoca. O signore possa la tua Parola colpire il nostro cuore renderlo legato agli affetti terreni ma eternamente unito all’amore che mai tramonterà, rendici degni di te, di portare la nostra croce sapendo che ci sarai sempre tu a sorreggerla nei momenti di fatica e sfinimento. “io sono tuo: salvami, perché ho cercato il tuo volere.”

domenica 13 luglio 2008

Beati i vostri occhi perchè vedono e i vostri orecchi perchè ascoltano

Matteo 13,1-23
Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice:
“Udrete, sì, ma non comprenderete,guarderete, sì, ma non vedrete.
Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,
sono diventati duri di orecchie hanno chiuso gli occhi,
perché non vedano con gli occhi,
non ascoltino con gli orecchie non comprendano con il cuore
e non si convertano e io li guarisca!”.
Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».

"Perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono", non è ammessa distrazione o superficialità quando facciamo esperienza con la Parola. Gesù oggi è chiaro e vuole esserlo a tutti i costi, tanto che sale in barca per avere tutta la folla dinanzi ed in modo che tutti possano udire ciò che Lui ha da dire. C'è enorme differenza tra l'udire e ascoltare e quindi comprende, la stessa che ci sta tra guardare e vedere, cambiano i gli organi sensoriali, cambia il modo di assimilare ciò che abbiamo intorno, ciò che ascoltiamo. Gesù, utilizzando le parabole, vuole, assolutamente, che la sua Parola non venga recepita come un insieme di suoni e di lettere, ma che sia quel seme caduto sul terreno buono e datore di frutto. Non tutti siamo capaci di comprendere e non perchè non abbiamo l'intelligenza dovuta, qui non è questione di potenzialità dell'intelletto ma tutto gira intorno al nostro cuore, alla sua semplicità, alla sua umiltà e alla capacità che abbiamo noi di far pulizia,eliminando rovi, sassi, e tutto ciò che ostacola l'attecchimento del Seme di vita eterna. La Parola di Dio deve dimorare in noi, non va solo letta e ascoltata, deve germogliare nei nostri gesti e dare frutto con le nostre azioni e con la nostra vita, solo così sarà "dato anche a noi di conoscere i misteri del regno dei Cieli". Signore aiutaci a rendere il nostro cuore un terreno adatto alla semina e alla crescita del tuo seme, per compiere così la tua volontà e gioire insieme dei frutti che tu farai fiorire dalla nostra umile vita.

sabato 12 luglio 2008

Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo.

Matteo 10,24-33
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Un discepolo non è da più del maestro, né un servo da più del suo padrone; è sufficiente per il discepolo essere come il suo maestro e per il servo come il suo padrone. Se hanno chiamato Beelzebul il padrone di casa, quanto più i suoi familiari! Non li temete dunque, poiché non c’è nulla di nascosto che non debba esser svelato, e di segreto che non debba essere manifestato. Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio predicatelo sui tetti. E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l’anima e il corpo nella Geenna. Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia. Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati; non abbiate dunque timore: voi valete più di molti passeri! Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli”.


Quante cure riserviamo a questo corpo, forse troppe se si pensa che bastasse solo tenerlo in salute e custodirlo. Invece si va sempre oltre e del corpo si fa ciò che si vuole dimenticandosi totalmente dell'anima! Ci viene spontaneo, quando succede qualche fatto di cronaca, dire "quell'uomo è senz'anima" ma noi abbiamo un anima? Ci prendiamo cura di essa? Le diamo il giusto nutrimento, sostentamento, cibo? Gesù ci mette in guardia da questo invitandoci a non dare troppa importanza al corpo, pur rispettandolo, ma a dare priorità all'anima che sarà la parte di noi che mai perirà, sarà la nostra "identità" una volta giunti sul luogo del giudizio. E' così semplice curarla, basta davvero poco, niente creme, niente lifting, ne stiramenti vari, occorre semplicemente nutrirla con "l'elisir" di lunga vita che è La Parola di Dio. Curando la nostra anima in questo modo tutto verrà spontaneo ed ogni nostro gesto, ispirato dall'amore di Dio, avrà come scopo la sua gloria e la nostra salvezza. Non dobbiamo avere paura ad abbandonare qualcosa di fisico per dedicare tempo alla nostra anima, affidiamola alla mani del Signore, Lui saprà risanarla e ricondurla sulla giusta via.

venerdì 11 luglio 2008

Salmo 114 (116,1-9)

Amo il Signore perché ascolta
il grido della mia preghiera.
Verso di me ha teso l'orecchio
nel giorno in cui lo invocavo.
Mi stringevano funi di morte,
ero preso nei lacci degli inferi.
Mi opprimevano tristezza e angoscia
e ho invocato il nome del Signore:
"Ti prego, Signore, salvami".
Buono e giusto è il Signore,
il nostro Dio è misericordioso.
Il Signore protegge gli umili:
ero misero ed egli mi ha salvato.
Ritorna, anima mia, alla tua pace,
poiché il Signore ti ha beneficato;
egli mi ha sottratto dalla morte,
ha liberato i miei occhi dalle lacrime,
ha preservato i miei piedi dalla caduta.
Camminerò alla presenza del Signore
sulla terra dei viventi.
Quelle sere ho invocato il tuo nome, tormentato dalla tristezza e dall'angoscia, mi hai dato aiuto e mi hai portato dove sono ora. In Pace è l'anima mia lontana dai peccati che l'avevano imprigionata, in pace è l'anima mia in attesa di sapere su quale strada incamminarsi per rimanere alla presenza del Signore.

Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto.

Giovanni 15,1-8
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli”.


“Senza di me non potete far nulla”, comprendo pienamente questa espressione perché ho sperimentato e attestato personalmente il fatto che da soli, noi, non siamo niente. Quando il Padre ha iniziato l’opera di potatura credevo che di me non sarebbero rimasti che brandelli privi di vita, quando man mano ogni certezza faceva largo alla miseria e la forza si tramutava in debolezza non immaginavo minimamente di poter rinascere, non credevo che dall’oscurità era possibile ricavare luce, una luce che pian piano aumenta d’intensità nel rispetto dei nostri poveri occhi abituati ormai al buio pesto. Il vignaiolo ha cura della vite e vuole che ogni suo singolo tralcio cresca conforme alla pianta che lo ha generato e che lo sostenta. Davvero un onore, erroneamente scambiato per onere, quello di appartenere ed essere germogli di questa immensa vite! E’ un onore sapere che, affidati alle sue mani, i nostri frutti saranno benedetti dalla sua volontà e comprendere che ogni prova e ogni sofferenza concorrono alla nostra perfezione ai suoi occhi. Il vignaiolo, liberandoci dai peccati, libera la nostra corteccia da tutti i parassiti che logorano la nostra struttura, destabilizzandola e rendendo, così, difficoltosa ogni fioritura, i peccati, infatti, sono la principale causa della nostra cecità, il vivere per essi ci tiene lontani dalla vera comprensione della “Parola che vi ho annunziato”. E pensare che è grazie a questa Parola che siamo stati mondati, alla Parola che si è incarnata allo scopo di tradurre a livelli comprensibili, anche per i più ottusi, il grande Amore di Colui che ci vuole rinati a vita nuova., quella stessa parola che spesso ignoriamo, che preferiamo non comprendere convinti che sia riservata solo ed esclusivamente a determinate persone. Per Grazia divina non occorre essere dotti o sapienti per aprire il cuore alla comprensione “ti rendo grazie Padre perché hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli” basta semplicemente rendersi conto dell’infinito amore che lega la vite ai suoi tralci e la dedizione con la quale si cura di essi. Gesù non ci vuole sterili rami secchi destinati al rogo, ma ci vuole portatori di frutti, generati dalla nostra opera in comunione con la sua parole, rimanendo in lui ed essere suoi discepoli in nome del suo amore. “Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi, rimanete nel mio amore”, ecco il segreto per fare della nostra vita un’esistenza degna d’esser chiamata “vita” , rimanere nel suo amore per gustare costantemente la sua presenza con l’azione dello Spirito Santo che ci aiuta a vivere dei suoi comandamenti, liberi da tutto ciò che intralcia e offusca, totalmente affidati alle mani del vignaiolo , alla sua Parola, al suo Amore, alla sua Volontà, divenendo tralci carichi frutti a lode e gloria del suo nome. Signore aiutaci a rimanere in te e fa che le tue parole rimangano in noi per poter così chiedere “quel che volete e vi sarà dato”: vivere per sempre attaccati alla Vite della vita eterna.

giovedì 10 luglio 2008

Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date.


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Andate, predicate che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demoni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro, né argento, né moneta di rame nelle vostre cinture, né bisaccia da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché l’operaio ha diritto al suo nutrimento. In qualunque città o villaggio entriate, fatevi indicare se vi sia qualche persona degna, e lì rimanete fino alla vostra partenza. Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne sarà degna, la vostra pace scenda sopra di essa; ma se non ne sarà degna, la vostra pace ritorni a voi. Se qualcuno poi non vi accoglierà e non darà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dai vostri piedi. In verità vi dico, nel giorno del giudizio il paese di Sodoma e Gomorra avrà una sorte più sopportabile di quella città”.
(Matteo 10,7-15)


“Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” Gesù manda i dodici raccomandando loro di non avere altra preoccupazione se non quella di mettere in circolo la sua Parola e predicarla in comunione con chi è disposto ad ascoltarla. Questi operai lavorano nella sua messe e non hanno bisogno di nessuna ricompensa, “né oro, né argento, né moneta di rame”, ci penserà il Padrone a dar loro il Vero nutrimento, il pane di vita eterna lo stesso pane che loro sono chiamati a spezzare in nome di chi li ha mandati. Entreranno nelle città rivolgendo il saluto e portando la pace di cui sono custodi con la speranza che la loro parola sia ben accetta. Quante volte Gesù entra nelle nostre case, magari sottoforma di sofferenza e noi non siamo in grado di cogliere il messaggio e tutto ciò che sta dietro ad una prova. Non lo accogliamo perché la nostra visione lo vorrebbe come il genio della lampada, pronto a soddisfare ogni nostro desiderio., non comprendendo che siamo noi a dover soddisfare, con le nostre azioni e la nostra vita, i desideri che lui ha riposto in noi. Gesù desidera che ognuno di noi sia disposto a seguirlo, non solo a parole, mettendo nelle sue mani il nostro cuore e tutta la nostra vita. Solo così la nostra sorte, nel giorno del giudizio, potrà essere diversa da quella della città che non ha accolto la sua parola e solo ascoltando i suoi insegnamenti potremo liberarci da tutto ciò che ci opprime e soffoca.: quante cose inutili appesantiscono le nostre giornate, bisacce, tuniche, bastoni di cui potremmo fare a meno se solo ci accorgessimo del soave giogo che lui ha preparato per noi!! Apri i nostri cuori e i nostri occhi alla visione limpida e chiara della strada che hai spianato per noi, accompagnaci, guidaci e al traguardo rimani con noi.

mercoledì 9 luglio 2008

Li inviò dopo averli istruiti

In quel tempo, chiamati a sé i dodici discepoli, Gesù diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e d’infermità. I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea, suo fratello; Giacomo di Zebedeo e Giovanni suo fratello, Filippo e Bartolomeo, Tommaso e Matteo il pubblicano, Giacomo di Alfeo e Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, che poi lo tradì. Questi dodici Gesù li inviò dopo averli così istruiti: “Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. E strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino”.
(Matteo 10,1-7)

Mi piace pensare che nell'elenco dei dodici nomi ci sia scritto anche il nostro, e così è se pensiamo che giornalmente Lui ci chiama; ci ammaestra con la sua parola e ci vuole suoi inviati pronti e vivi nel proclamare "predicare che il regno dei cieli è vicino", ogni pecora smarrita dovrà trovare in noi l'immagine di colui che ci ha inviati la ragione per cambiar vita e avviarsi con noi verso quella strada che porta alla beatitudine eterna. O signore aiutaci ad essere tuo degni discepoli, se ci hai scelti hai visto in noi potenzialità che senza la tua sapienza rischiano di spegnersi. Illuminaci e guidaci.

martedì 8 luglio 2008

La messe è molta, ma gli operai sono pochi

In quel tempo, presentarono a Gesù un muto indemoniato. Scacciato il demonio, quel muto cominciò a parlare e la folla presa da stupore diceva: “Non si è mai vista una cosa simile in Israele!”. Ma i farisei dicevano: “Egli scaccia i demoni per opera del principe dei demoni”. Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando il vangelo del regno e curando ogni malattia e infermità. Vedendo le folle ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore. Allora disse ai suoi discepoli: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!”
(Matteo 9, 32-38)
Con la stessa compassione Gesù volge il suo sguardo a noi e con il suo amore infinito e misericordioso porge la sua mano affinché il baratro che ci sta inghiottendo non abbia la meglio su noi stessi e sulla nostra vita. Lui ben comprende il momento adatto per intervenire perché, conoscendo il nostro cuore e ogni nostro pensiero, sa cogliere l’attimo e, proprio quando sembra lontanissimo ed irraggiungibile, prendendoci per mano inizia la sua opera “predicando il vangelo del regno, e curando ogni malattia e infermità”. Il nostro cuore è molto malato, affetto da quei mali che, però, Gesù sa curare e cura a chi si prostra a lui con fede; un cuore cieco, muto, atrofizzato, indemoniato va affidato alla sue sapienti mani , alla sua volontà e compiere cosi tutto ciò che ha progettato per esso. Questo misero cuore, stanco, sfinito ha suscitato la compassione di Gesù, che lo visita costantemente, perché ha a cuore il suo destino ed ogni suo singolo battito. Ci invita a pregare per guarire questo malessere, e poter scrutare, così, un cuore nuovo, risanato, ascoltarne la voce, ammirarne il maestoso pulsare e comprendere che ogni nuova attività è rinata sotto una luce nuova. Un cuore guarito dall’amore di Cristo non può continuare a rimanere muto, “quel muto cominciò a parlare “ da questo momento non potrà più limitarsi a pompare solo sangue ma deve dar vita ad opere e sentimenti del tutto conformi alla volontà e alla misericordia di chi lo ha risuscitato. Signore donaci la capacità di interrogare, con sapienza e lucidità, il nostro cuore per scovare ciò che di buono c’è nascosto e supplicarti di sanare ogni parte marcia, solo così possiamo iniziare a servire la tua messe ed essere umili operai illuminati dal tuo amore

lunedì 7 luglio 2008

Figliola la tua fede ti ha guarita


Matteo 9,18-26
In quel tempo, mentre Gesù parlava, giunse uno dei capi che gli si prostrò innanzi e gli disse: “Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano sopra di lei ed essa vivrà”. Alzatosi, Gesù lo seguiva con i suoi discepoli. Ed ecco una donna, che soffriva d’emorragia da dodici anni, gli si accostò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello. Pensava infatti: “Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita”. Gesù, voltatosi, la vide e disse: “Coraggio, figliola, la tua fede ti ha guarita”. E in quell’istante la donna guarì. Arrivato poi Gesù nella casa del capo e veduti i flautisti e la gente in agitazione, disse: “Ritiratevi, perché la fanciulla non è morta, ma dorme”. Quelli si misero a deriderlo. Ma dopo che fu cacciata via la gente egli entrò, le prese la mano e la fanciulla si alzò. E se ne sparse la fama in tutta quella regione.


Avere una fede salda è la chiave che potrà aprirci la porta del regno promesso. La fede che salva la donna dall'emorragia e la fede di un padre che riporta in vita la figlia. Mi domando com'è la nostra fede? Spesso è come la fanciulla del brano apparentemente morta o creduta morta dalla gente che ci sta intorno perchè non viviamo esplicitamente e concretamente la Parola. La nostra fede non può essere fatta solo di nozioni ma deve essere costantemente curata, arricchita, per divenire un miracolo quotidiano agli occhi di tutti. Occorre fidarsi di Gesù e confidare in Lui, la sua volontà sarà la nostra pace, la sua parola l'unico esempio da seguire per rinascere e svegliarsi da quel sonno che costantemente ci destabilizza.

sabato 5 luglio 2008

Gli amici possono forse essere in lutto mentre lo sposo è con loro?

In quel tempo, si accostarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: “Perché, mentre noi e i farisei digiuniamo, i tuoi discepoli non digiunano?”. E Gesù disse loro: “Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro? Verranno però i giorni quando lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno. Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo squarcia il vestito e si fa uno strappo peggiore. Né si mette vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si rompono gli otri e il vino si versa e gli otri van perduti. Ma si mette vino nuovo in otri nuovi, e così l’uno e gli altri si conservano”.
(Matteo 9,14-17)

Stanotte riflettevo sul nostro essere Contenitori miseri, piccoli, finiti, la nostra presunta grandezza si perde nel nostro limite fisico. Quando, però, facciamo esperienza di Cristo, ci accostiamo allo sposo, anche se non cambia la nostra natura e piccolezza la nostra potenzialità assume una forma che non conosce confine perchè interamente ispirata e sostenuta dall'amore in Lui. Il vangelo di oggi ci descrive questa metamorfosi, i discepoli rinascono a vita nuova, diventano contenitori "otri" nuovi assetati di quel "vino" nuovo e in nome di questo amore entrano in comunione "e così l'uno e gli altri si conservano". Gesù ci invita a nozze, vuole che finiamo di rattoppare la nostra vita con false felicità e gioie illusorie, occorre cambiare vita "lo sposo è con noi" e dobbiamo gioire solo di questo, abbandonando, al momento, digiuni e tristezze, e riempire noi stessi di quella ricchezza che proviene solo dalla sua Parola e Presenza. Approfittiamone per quando lui non ci sarà, quando poi dovremo fare i conti con l'aridità, solo “facendo il pieno” sarà possibile sopravvivere al deserto e ritrovare, con la luce che portiamo dentro, la sua presenza costante. O Signore riempi il mio cuore con il tuo amore, rendilo capace di amarti e di riconoscerti costantemente, nei momenti di sconforto aiutami a splendere con la tua luce, rendimi Nuovo, e capace di custodirti.

giovedì 3 luglio 2008

Mio Signore e mio Dio!


Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Didimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri discepoli: “Abbiamo visto il Signore!”. Ma egli disse loro: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò”. Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. Poi disse a Tommaso: “Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!”. Rispose Tommaso: “Mio Signore e mio Dio!”. Gesù gli disse: “Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!”.
(Giovanni 20,24-29)

"Beati quelli che pur non avendo visto crederanno", Siamo beati, quindi, perchè crediamo nel mistero della fede che oggi ci porta ad essere chiamati cristiani. Ma l'incredulità di San Tommaso accompagna e regna anche nel nostro pensare perchè siamo sempre in cerca di quei "segni" che possano affermare e dare veridicità alla nostra fede. Quale segno potrà mai essere più evidente della Croce stessa? "Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato" grazie ai segni della croce Tommaso crede e sono questi i segni che portano noi credenti ad avere sempre una fede rinnovata e che non conosce crisi. Beato è Tommaso che crede a differenza di molti che pur avendo visto e comprendendo la grandezza di Dio non credono! Aiutaci Gesù con la tua Croce, mantieni sempre viva la nostra fede.

mercoledì 2 luglio 2008

Sei venuto qui prima del tempo a tormentarci?

In quel tempo, essendo Gesù giunto all’altra riva del mare di Tiberiade, nel paese dei Gadareni, due indemoniati, uscendo dai sepolcri, gli vennero incontro; erano tanto furiosi che nessuno poteva più passare per quella strada. Cominciarono a gridare: “Che cosa abbiamo noi in comune con te, Figlio di Dio? Sei venuto qui prima del tempo a tormentarci?”. A qualche distanza da loro c’era una numerosa mandria di porci a pascolare; e i demoni presero a scongiurarlo dicendo: “Se ci scacci, mandaci in quella mandria”. Egli disse loro: “Andate!”. Ed essi, usciti dai corpi degli uomini, entrarono in quelli dei porci: ed ecco tutta la mandria si precipitò dal dirupo nel mare e perì nei flutti. I mandriani allora fuggirono ed entrati in città raccontarono ogni cosa e il fatto degli indemoniati. Tutta la città allora uscì incontro a Gesù e, vistolo, lo pregarono che si allontanasse dal loro territorio.
(Matteo 8,28-34)
“Tutta la città allora uscì incontro a Gesù lo pregarono che si allontanasse dal loro territorio”. Quando il volere di Dio è in disaccordo con il nostro difficilmente riusciamo ad accettare e a vivere la sua azione come un’esperienza di liberazione. I demoni, che possedevano i corpi dei due uomini, e i Gadareni lo percepiscono come un tormento, come una disgrazia giunto al loro cospetto solo per portare disordine. Molte volte ci rapportiamo così con la fede, vivendo tutto come un obbligo da assolvere, come un peso, quello di un Dio che ci vuole tutti per se e distaccati dai piaceri della vita. Niente di più sbagliato, il rapporto con Dio è di per se un piacere della vita, tutte le privazioni sono solo una liberazione, un continuo esorcismo che ha lo scopo di liberarci da tutti i demoni che orbitano attorno al nostro cuore. Siamo talmente concentrati a fare altro e ad occuparci del lavoro, del successo, della fama e del potere che nemmeno ci accorgiamo che la nostra esistenza è diventata un sepolcro; “furiosi” attacchiamo, anche senza un perché, chi si appresta a passare per la nostra strada e cosi anche chi si Degna di visitare la nostra vita. Furiosi lo siamo anche con Dio quando non accorda ciò che vogliamo, quando cambia il corso dei nostri progetti, quando blocca la nostra corsa, quando fa perire la nostra mandria nei flutti del mare, perché in Lui vediamo l’ostacolo, il “guastafeste”, scavando, così, inesorabilmente la tomba che accoglierà la nostra misera esistenza. Gli indemoniati, a differenza del resto della città, però, riconoscono la sua potenza e comprendono che, non avendo niente in comune, Gesù riesce ad avvicinarsi a loro perché su di loro ha il potere, puoi liberarli, può scacciare i demoni e riportare in vita quei corpi posseduti, può “prima del tempo” illuminare e riportare sulla retta via chi si apre alla sua misericordia. Hanno, cos’, timore e “presero a scongiurarlo” di avere pietà di loro; Gesù li mette in condizione, dopo aver manifestato loro la sua grandezza, di decidere, e i demoni di fronte a tanta potenza fuggono decidendo di perire. Quante volte Lui si avvicina a noi e quante volte noi preferiamo fuggire non riuscendo a cogliere tutto ciò che è venuto a donarci. Per comprendere il messaggio è necessario entrare in comunione, sperimentare il suo amore e prendere atto della sua immensa misericordia. Così diventerà una gioia liberarsi da ogni zavorra e da tutto ciò che ci procurava piacere, riscoprendo man mano che il vero piacere sta nel farne a meno. Il Signore ci colpisce per sanarci, ogni privazione porta con se un messaggio che deve avvicinarci ancor più a Lui e al suo mistero. Usciamo dai sepolcri che con cura estrema ci siamo edificati, riconosciamo in Lui ogni potere fidandoci della sua opra che ha come scopo la nostra liberazione. È inutile fuggire preferendo perire, facciamoci plasmare dalle sue mani e dalla sua volontà ed avere in comune con Gesù l’essere figli dello stesso Padre.

martedì 1 luglio 2008

Chi è mai costui al quale i venti e il mare obbediscono?


In quel tempo, essendo Gesù salito su una barca, i suoi discepoli lo seguirono. Ed ecco scatenarsi nel mare una tempesta così violenta che la barca era ricoperta dalle onde; ed egli dormiva. Allora, accostatisi a lui, lo svegliarono dicendo: “Salvaci, Signore, siamo perduti!”. Ed egli disse loro: “Perché avete paura, uomini di poca fede?”. Quindi levatosi, sgridò i venti e il mare e si fece una grande bonaccia. I presenti furono presi da stupore e dicevano: “Chi è mai costui al quale i venti e il mare obbediscono?”
(Matteo 8,23-27)

Noi siamo barche in balia delle onde o della monotonia di un mare troppo calmo, vivere la vita è come essere a bordo di una barca, è intraprendere una traversata verso qualsiasi luogo, qualsiasi meta dove approdare e vivere felici. Molto spesso vaghiamo senza orientamento e senza fiducia alcuna ritrovandoci, magari, arenati su appuntiti scogli o ancor peggio naufraghi in una realtà che non ci appartiene vittime di una felicità finta e fugace. “Essendo Gesù salito su una barca, i suoi discepoli lo seguirono” la barca di Gesù è ben diversa da tutte quelle che giornalmente variamo noi, la sua barca, la sua vita, la sua esistenza è ben ancorata su un sostegno solido che darà protezione in ogni circostanza. Gesù sale sulla barca, vive la sua vita sapendo chiaramente la meta da raggiungere, senza dubbi ne esitazioni, senza onde ne pericoli. Lui si addormenta perché totalmente affidato alle mani del Padre, non si preoccupa della tempesta violenta che sta per scatenarsi perché la sua ancora lo proteggerà da qualsiasi insidia. Noi questo non lo comprendiamo perché a priori affidiamo la nostra navigazione al caso, ci sentiamo padroni del timone reclamando costantemente il diritto sull’imbarcazione e sulla destinazione da prendere. Non badiamo minimamente al disegno divino e alla rotta che Lui ha sapientemente deciso per noi, siamo ciechi anche di fronte ad un qualsiasi faro, un avviso che ci indichi di cambiare vita. Ed ecco che occorre una tempesta, un’onda che ricopra tutta la barca per renderci consapevoli della nostra piccolezza e miseria, solo in quel momento gridiamo a squarcia gola “Salvaci, Signore, siamo perduti!”, solo quando ogni nostra forza è sormontata ci ricordiamo d chi può davvero cambiare il destino della nostra barca. Come sarebbe bello poter navigare senza preoccupazione alcuna, a tratti addormentarsi facendoci cullare dall’armonia di un’esistenza totalmente affidata alla sua volontà, certamente nessun vento e nessuna tempesta potrebbero mettere in discussione la nostra fede e la direzione della nostra traversata. Preghiamo il Signore di sgridare i venti che agitano la nostra esistenza e quietare le acque che impediscono il nostro viaggio, donaci una fede eternamente salda alla Tua Croce: unica ancora di salvezza.