lunedì 25 febbraio 2008

Nessun Profeta è ben accetto in patria.

In quel tempo, giunto Gesù a Nazaret, disse al popolo radunato nella sinagoga: “In verità vi dico: nessun profeta è bene accetto in patria. Vi dico anche: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova in Zarepta di Sidóne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo, ma nessuno di loro fu risanato se non Naaman, il Siro”. All’udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno; si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio. Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò.
(Luca 4,24-30)
Ma egli passato in mezzo a loro se ne andò... sono stato colpito da questa frase finale perchè molto spesso si realizza in molte situazioni che viviamo. Gesù ci fa sentire la sua vicinanza ma riesce a manifestare anche la sua lontananza "passiva" il suo esser stato tagliato fuori da ogni nostra giornata, decisione, azione. Solo quando un suo intervento avrebbe potuto cambiare il corso degli eventi ci accorgiamo della mancanza, del suo essere assente..dimenticando totalmente che siamo stati noi a condurlo sul ciglio del monte!

sabato 23 febbraio 2008

Tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo.

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro». Allora egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava. Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre. Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo gli rispose: E' tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si indignò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».
(Lc 15, 1-3. 11-32)
Il Signore, con chi gli sta sempre dietro, fa festa ogni giorno e ogni giorno sacrifica "il capretto", non occorrono musiche e danze ma costante gioia...al contrario per la pecora smarrita che ritorna bisogna rendere grazie con quanto di meglio si possiede, perchè era morta ed è tornata in vita. Bisogna gioire per un fratello che decide di salvarsi e non provare invidia o rancore se il Signore potrebbe mostrarsi, ai nostri occhi, più "affezionato" a lui. Dio non fa distinzione ma accoglie a braccia a perte chiunque torna a lui.

venerdì 22 febbraio 2008

La Vera felicità è gioire in Te


C'è una gioia che non spetta agli empi, ma a coloro che Ti rendono onore senza attendere ricompensa; la gioia sei Tu stesso, la felicità di gioire in Te
(Agostino d'Ippona)

E' vero che tutti gli uomini aspirano a possedere la felicità, se domandiamo a chiunque dirà di si, anche se spesso tendiamo a definire Felicità solo ciò che amano e che toccano con mano non comprendendo che solo in Te c'è vera felicità. Sarebbe quindi opportuno sottolineare che, forse, non tutti la ricerchiamo in quanto ci limitiamo a godere di cose mutabili, che svaniscono col tempo e ci accontentiamo di queste cose senza mai provare ad andare oltre sia perchè non lo desideriamo abbastanza sia perchè preferiamo ubbidire alla carne e non all'anima. Non diamo mai ascolto alla sua voce ne ci abbandoniamo ad un'introspezione che permetta di scrutarci oltre la fisicità. Come cieco e malato è l'animo umano che arriva ad odiare la Verità quando non si limita a manifestarsi ma ci esorta a manifestarci a Lei. Vorremmo rimanere ignoti nei suoi confronti e pretendiamo chiarezza e limpidità ignorando che nessuno può nascondersi dal suo giudizio. Pretendiamo di parlare sempre e solo noi, chiedendo d'esser esauditi ed ascoltati, ma quando inizieremo ad ascoltare Dio e a saper cogliere dalle sue parole l'esempio da seguire e non soltanto continue ammonizioni alla nostra condotta, errata, di vita?
Continuando questa strada arriveremo ad un solo traguardo: Saremo rivelati da Lei anche contro il nostro volere ma Lei non si rivelerà più a noi, rimanendo sconosciuta: Noi Come Gerusalemme "non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata"

domenica 10 febbraio 2008

Le Tentazioni nel deserto

In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”».Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.
(Mc 4, 1-11)
Un brano che dovremmo tenere sempre a portata di "occhi" per poterlo leggere e meditare ogni volta che il maligno sfiora la nostra strada. Credo che il tema centrale del brano sia "Non Mettere alla Prova Il Signore Dio tuo" in quanto noi stessi viviamo una prova e siamo stati invitati da lui a viverla. La Potenza di Dio la si vede non sfidandolo ma seguendolo, cibandosi, quindi, della sua parola. Il diavolo tenta in tutti i modi di tentare Gesù che, al contrario di noi, riesce magnificamente a sconfiggere qualsiasi tentazione Adorando Il Signore Dio, mettendolo a capo di ogni altro bene, primo tra tutti i regni del mondo, come unica fonte di sostentamento fisico e spirituale. Liberiamoci dal desento che ci circonda, diamo la possibilità agli angeli di avvicinarsi a Noi e servirci, per servire insieme Dio.

giovedì 7 febbraio 2008

Chi perderà la propria vita per me la salverà

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, esser messo a morte e risorgere il terzo giorno”. E, a tutti, diceva: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà. Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?”
(Luca 9,22-25)

Bell'invito ad abbracciare la nostra croce a prenderla con amore e gioia e trasportarla con la consapevolezza che tanto sarà più pesante quanto sarà meraviglioso salvare la propria vita in Cristo. Un messaggio per chi, al primo ostacolo, preferisce inveire contro la volontà di Dio, accusandolo delle nostre pene e delle prove che ci invita a sostenere non comprendendo che Lui ci colpisce al solo scopo di sanarci, edificarci. Grazie Signore per aver condiviso la Tua Croce con Me


mercoledì 6 febbraio 2008

Il Padre vede nel segreto

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli. Quando dunque fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Quando invece tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti, che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo tuo Padre che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”.
(Matteo 6,1-6.16-18)
Non sappia la tua sinistra cosa fa la destra, Il Signore non ha bisogno di clamori e di pubblicità perchè riesce a sentire oltre il silenzio e a vedere oltre il buio. Ogni nostra azione, l'elmosina, la carità, la preghiera devono essere solo frutto d'amore gratuito e non svolte allo scopo di ricavarne gloria e gratificazioni dagli altri uomini. Splendida l'immagine della preghiera fatta nella propria camera con la porta chiusa... nel nostro segreto e nella nostra intimità Dio vede le nostre buone azioni e la buona fede che ci porta a pregare, ad amarlo e a seguirlo solo allo scopo di piacere a Lui e a nessun altro.

sabato 2 febbraio 2008

Presentazione al Tempio

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele».Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.
(Lc 2, 22-40)
Aspettiamo tutti la "consolazione d'Israele" e per ognuno di noi è riservata, ci attende, spesso sembra nascosta ma siamo noi che non riusciamo a vederla e ritrovarla. La speranza deve esser sempre viva per gioire Nel Suo Tempio, la speranza che si trasforma in certezza solo quando accogliamo tra le nostre braccia il bambino benedicendo Dio.

venerdì 1 febbraio 2008

Il Seme Cresce nella terra fertile

In quel tempo, Gesù diceva alla folla: “Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa. Poiché la terra produce spontaneamente, prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga. Quando il frutto è pronto, subito si mette mano alla falce, perché è venuta la mietitura”. Diceva: “A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? Esso è come un granellino di senapa che, quando viene seminato per terra, è il più piccolo di tutti i semi che sono sulla terra; ma appena seminato cresce e diviene più grande di tutti gli ortaggi e fa rami tanto grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra”. Con molte parabole di questo genere annunziava loro la parola secondo quello che potevano intendere. Senza parabole non parlava loro; ma in privato, ai suoi discepoli, spiegava ogni cosa.
(Marco 4,26-34)
Nella mia Debolezza il Signore manifesterà tutta la sua grandezza.. Come il seme di senapa la Sua Parola si dona al nostro terreno spesso martoriato da siccità e devastazione. Sia la Parola di Dio seme di vita eterna, germoglio e frutto che darà al nostro terreno la giusta ricompensa: il regno dei cieli. Accogliamo nel migliore dei modi questo seme, uniformiamoci alla sua umiltà, arricchendo giornalmente la nostra vita per farlo crescere rigoglioso cosicchè possa sostenerci, con le sue radici, durante le possibili frane e ripararci da temporali paurosi.
Il regno i Dio è stato aperto a tutti quelli che da "terreni" fertili si sono mantenuti tali, accogliendo il piccolo seme, nutrendolo e preparandosi alla Gloriosa Mietitura.

Quando sono debole, è allora che sono forte.

Mi vanterò ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte.
(2 Cor 12, 9b-10)