sabato 19 dicembre 2009

La nascita di Giovanni Battista è annunciata dall’angelo

Luca 1,5-25

Al tempo di Erode, re della Giudea, vi era un sacerdote di nome Zaccarìa, della classe di Abìa, che aveva in moglie una discendente di Aronne, di nome Elisabetta. Ambedue erano giusti davanti a Dio e osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore. Essi non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni.
Avvenne che, mentre Zaccarìa svolgeva le sue funzioni sacerdotali davanti al Signore durante il turno della sua classe, gli toccò in sorte, secondo l’usanza del servizio sacerdotale, di entrare nel tempio del Signore per fare l’offerta dell’incenso.
Fuori, tutta l’assemblea del popolo stava pregando nell’ora dell’incenso. Apparve a lui un angelo del Signore, ritto alla destra dell’altare dell’incenso. Quando lo vide, Zaccarìa si turbò e fu preso da timore. Ma l’angelo gli disse: «Non temere, Zaccarìa, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, e tu lo chiamerai Giovanni. Avrai gioia ed esultanza, e molti si rallegreranno della sua nascita, perché egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà colmato di Spirito Santo fin dal seno di sua madre e ricondurrà molti figli d’Israele al Signore loro Dio. Egli camminerà innanzi a lui con lo spirito e la potenza di Elìa, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto».
Zaccarìa disse all’angelo: «Come potrò mai conoscere questo? Io sono vecchio e mia moglie è avanti negli anni». L’angelo gli rispose: «Io sono Gabriele, che sto dinanzi a Dio e sono stato mandato a parlarti e a portarti questo lieto annuncio. Ed ecco, tu sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole, che si compiranno a loro tempo».
Intanto il popolo stava in attesa di Zaccarìa, e si meravigliava per il suo indugiare nel tempio. Quando poi uscì e non poteva parlare loro, capirono che nel tempio aveva avuto una visione. Faceva loro dei cenni e restava muto.
Compiuti i giorni del suo servizio, tornò a casa. Dopo quei giorni Elisabetta, sua moglie, concepì e si tenne nascosta per cinque mesi e diceva: «Ecco che cosa ha fatto per me il Signore, nei giorni in cui si è degnato di togliere la mia vergogna fra gli uomini».



"Non temere" Questa espressione e la stessa che l'angelo rivolgere a Maria nell'Annunciazione, quindi in fondo è lecito provare un di timore, "paura" in questi momenti cosi speciali. A dare naturalezza e purezza a questo timore è l'umiltà ora di Zaccaria poi della Vergine che, chiamati dal Signore, si sentono non adatti alla missione che sta per affidare: Zaccaria si preoccupa dell'età avanzata e Maria del fatto che ancora non era andata a vivere con Giuseppe entrambi insomma non avevano ancora sperimentato la potenza dello Spirito Santo che utilizza questi due "grembi" umili e puri per dare vita al grande progetto della Salvezza. Di certo ai giorni nostri le cose sono un cambiate ed anche l'Angelo ha preso sembianze diverse, basta saperlo riconoscere e, per non rimanere muti, dire "Si" senza esitazioni forti nella fede...e divenire noi stessi "grembi" dove concepire, accogliere e dare alla luce, quotidianamente, la Luce.

martedì 15 dicembre 2009

È venuto Giovanni e i peccatori gli hanno creduto

Matteo 21,28-32
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo».
E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».


Chi guarda solo a sé stesso difficilmente si accorge di ciò che accade nelle vicinanze, ancor più se una Novità ti invita a cambiare totalmente vita!! "Dove ha abbondato il peccato sovrabbonda la grazia" perchè appunto si è stati capaci di scrutare il proprio cuore e di riportare alla luce, grazie alla Luce, quel peccato che ostacolava e che divideva; "i pubblicani e le prostitute vi passano avanti" perchè sono riusciti a fermare la discesa verso la tomba ascoltando e tendendo la mano a Colui che salva, alla conversione totale del cuore. Quindi fa la volontà del padre chi si pente, chi si spoglia, chi cambia vita e si umilia e al contrario sarà abbassato chi crede solo nelle proprie forze e chi si illude di salvarsi per il proprio vigore!!

venerdì 11 dicembre 2009

Non ascoltano né Giovanni né il Figlio dell’uomo

Matteo 11,16-19

In quel tempo, Gesù disse alle folle:
«A chi posso paragonare questa generazione? È simile a bambini che stanno seduti in piazza e, rivolti ai compagni, gridano:
“Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato,
abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!”.
È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e dicono: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: “Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori”.
Ma la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie».



" A chi possiamo paragonare questa generazione?" se non a noi stessi, al nostro cuore spesso privo di input e sensazioni? Quante volte Gesù ci passa accanto e nemmeno ci rendiamo conto perchè impegnati a cercarlo chissà in quale angolo del mondo, in quale santuario "alla moda". Per trovare Gesù il primo passo è cercarlo nel cuore, nel nostro intimo e poi testimoniarlo e rendergli lode nei santuari, nelle piazze, per strada. Non c'è vera testimonianza se non si riesce a vivere ciò che si vuol trasmettere perchè si capisce quando la bocca e le parole sono scollegate dal cuore e quindi dalla Sapienza che tutto governa. Gli alberi si riconoscono dai frutti, così noi saremo riconosciuti in base alle opere e non di certo per le parole che riusciamo abilmente a mettere insieme: oltre la forma ci deve essere la sostanza e non c'è sostanza senza Cristo, non c'è Sapienza se non c'è Ascolto. Occorre ammorbidire la corazza che soffoca gli occhi della nostra anima, occorre far pulizia attorno ad essa, estirpare rovi che la rendono immobile e lasciare che spicchi il volo verso la Luce. " ..è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché la nostra salvezza è più vicina ora di quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino. Gettiamo via perciò le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri.(Rm 13, 11-14).

mercoledì 2 dicembre 2009

Gesù guarisce molti malati e moltiplica i pani

Matteo 15,29-37


In quel tempo, Gesù giunse presso il mare di Galilea e, salito sul monte, lì si fermò. Attorno a lui si radunò molta folla, recando con sé zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati; li deposero ai suoi piedi, ed egli li guarì, tanto che la folla era piena di stupore nel vedere i muti che parlavano, gli storpi guariti, gli zoppi che camminavano e i ciechi che vedevano. E lodava il Dio d’Israele.
Allora Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e disse: «Sento compassione per la folla. Ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non vengano meno lungo il cammino». E i discepoli gli dissero: «Come possiamo trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?».
Gesù domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette, e pochi pesciolini». Dopo aver ordinato alla folla di sedersi per terra, prese i sette pani e i pesci, rese grazie, li spezzò e li dava ai discepoli, e i discepoli alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà. Portarono via i pezzi avanzati: sette sporte piene.




Portare dinanzi al Signore le nostre debolezze e fragilità è un grande atto di fede e di lealtà; Lui che già conosce tutto di noi ci mette in condizione di conoscere, ora, noi stessi la nostra stessa natura. A Lui ci rivolgiamo per essere guariti e Lui lodiamo dopo aver avuto la guarigione che tanto aspettavamo: quella del cuore. Dall'alto del monte egli ci chiama e ci sana, è dal monte che ci rivela la Sua vera natura quella che ci invita a condividere per l'eternità. La compassione di Cristo verso di noi è la sua misericordia nei confronti di chi ha compreso e ora si appresta a Vivere anziché sopravvivere di stenti. Ecco perché non vuole che rimandarci digiuni, ha paura che durante il cammino veniamo meno per la fame, ha a cuore la nostra sorte e non vuole che nessuna pecora venga smarrita o perduta per la fame: spezza il pane moltiplicandolo affidando a noi la missione d'essere Pane e di testimoniare ai fratelli l'amore conosciuto nella montagna della rivelazione. O Signore aiutaci a non smarrirci durante la discesa verso la quotidianità, ma siano le prove di ogni giorno a darci forza ed essere vincitori in nome tuo!

giovedì 26 novembre 2009

Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti.

Luca 21,20-28

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, allora sappiate che la sua devastazione è vicina. Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano verso i monti, coloro che sono dentro la città se ne allontanino, e quelli che stanno in campagna non tornino in città; quelli infatti saranno giorni di vendetta, affinché tutto ciò che è stato scritto si compia. In quei giorni guai alle donne che sono incinte e a quelle che allattano, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo. Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri in tutte le nazioni; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti.
Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina».

..."ma il mio popolo non ha ascoltato la mia voce, l'ho abbandonato alla durezza del suo cuore, che seguisse il proprio consiglio".... e il popolo raccontato in questo passo non è un popolo che ha vissuto 2000anni fa, ma è un popolo che vive ancora oggi e che, ancora oggi, si ritrova perfettamente nel racconto di questi eventi! Un popolo che si allontana da Dio è un popolo che indurisce il proprio cuore col l'illusione di riuscire a governarlo da sé; la storia ci insegna e l'attualità ci ricorda tristemente che il "proprio consiglio" non porta a nessun fine se non alla fine, alla fine del mondo che ogni giorno ci viene spiattellata con indifferente freddezza. Ho paura, e non della fine, la paura maggiore è che questa nostra durezza e freddezza non ci aiutino per niente nell'individuare i "segni", quei segni che i permetteranno poi di alzare il capo e di contemplare la Gloria di Dio... e chi non sarà in grado di individuarli senza dubbio è lontano da Dio, distante!! Non lasciamo che i pagani saccheggino la nostra "città" ma difendiamola come tesoro geloso quale essa è: La nostra anima vedrà la potenza di Dio se rimarrà saldamente ancorata a Dio; non vedrà mai la fine perchè vive in Dio e con Dio quel tempo senza fine

mercoledì 25 novembre 2009

Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto

Luca 21,12-19

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza.
Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere.
Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto.
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».


Per preparare la propria difesa occorre ammettere che in fondo si sta compiendo qualcosa che è contro la logica, contro la regola; Anche se in fondo perseverare la via della Croce, nei momenti della tribolazione, può sembrare una "follia" in realtà non lo è, anzi diviene salvezza la stessa perseveranza e la stessa speranza contro una realtà che ci invita a fare il contrario. Come dice Gesù l'occasione propizia per testimoniare è proprio il momento della prova, dell'angoscia perchè la nostra fede si testa col fuoco, ed è col fuoco che il nostro cuore potrà finalmente ardere e bruciare d'amore. Nulla potrà spegnerlo e niente potrà sempararci da lui " Chi ci separerà dall'amore di Cristo? Sarà forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma, in tutte queste cose, noi siamo più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati"... nessun capello del nostro capo andrà perduto!!

martedì 24 novembre 2009

Non sarà lasciata pietra su pietra

Luca 21,5-11

In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».
Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».
Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.




Badate di non lasciarvi ingannare! Quante volte ci inganniamo e ci illudiamo d'aver "incontrato" "fatta esperienza" "condiviso" e quindi aver assaporato le dolcezze del Tempo? Troppe volte infatti ci autoconvinciamo senza lasciare che la convinzione vera venga da Chi può renderla reale e fattibile. Gli sconvolgimenti sono una tappa essenziale da vivere perchè essenziale ed indispensabile è la morte, morire per rinascere a nuova vita; e se non si accetta di morire difficilmente la rinascita sarà vera, ma appunto una povera illusione destinata a perire e a dimorare nella tomba. I segni grandiosi del cielo, invece, saranno visibili ai quanti avranno scelto il cielo, ai tanti che nella morire a se stessi hanno scelto di vivere con Cristo senza paura alcuna e con la certezza a priori di superare ogni inganno ed essere vincitore "in virtù di colui che salva"

domenica 22 novembre 2009

Tu lo dici: io sono re

Giovanni 18,33b-37

In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?».
Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».
Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».



Povero Pilato, credeva che ammetterlo costasse a lui dover ammettere anche d'essere un giudeo, invece in cuor suo una briciola di verità c'era, quel poco per credere nella sua innocenza. Gesù infatti domanda se queste deduzioni venivano dal cuore di Pilato oppure da ciò che si diceva in giro proprio per testare il grado della sua consapevolezza: Cristo il re non solo dei giudei ma di ogni essere vivente, di chi sceglie la verità e vive uniformandosi alla verità. La Verità non va difesa in quanto tale regge da sè, ecco perchè i suoi servitori non hanno combattuto, hanno assecondato la Verità e fatto in modo che tutto si compisse e che fosse instaurato il Regno dove la morte non ha accesso e dove ciascuno regnerà accanto al Sovrano. Cristo con la sua Regalità si incarna scegliendo il trono dell'umiltà e della piccolezza per compiere la missione di salvezza tramite il trono della sofferenza, la Croce, e richiamare a se, sul trono della Gloria eterna tutti i dispersi, quanti perduti e disorientati non riescono a riprendere la via della Verità: Io sono la Verità e la Vita, chi crede in me anche se muore vivrà...

venerdì 20 novembre 2009

Avete fatto della casa di Dio un covo di ladri

Luca 19,45-48

In quel tempo, Gesù, entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano, dicendo loro: «Sta scritto: “La mia casa sarà casa di preghiera”. Voi invece ne avete fatto un covo di ladri».
Ogni giorno insegnava nel tempio. I capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo morire e così anche i capi del popolo; ma non sapevano che cosa fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell’ascoltarlo.



I capi dei sacerdoti e gli scribi rappresentano il lato materiale del nostro essere; essendo fatti di un corpo e di un'anima dobbiamo cercare di dar "retta" ad entrambi gli elementi senza, però, permettere che l'anima perisca proprio perchè non trova nell'habitat "mondo" la sua linfa. In realtà il nostro mondo è fatto solo per il corpo e raramente si riesce a trovare spunti per prenderci cura dell'anima. Bisogna cercarli appositamente e volerli, e pendere da quelle "labbra" che ci invitano all'Ascolto della Verità. E' nella preghiera che si trova l'angolino nascosto da dove iniziare a curare l'anima, nel segreto del cuore il Padre ci ascolta e non lascerà deluse le nostre aspirazioni anzi, farà di certo più di quanto noi siamo capaci a chiedere. Chiediamo mai una cura per la nostra anima? Oppure spesso pretendiamo guarigioni e miracoli del corpo! Signore donaci la capacità di andare oltre, nel rispetto di ciò che ci hai dato, il corpo; sia esso strumento per preservare e custodire il tesoro prezioso che un giorno riporremo tra le tue mani...

mercoledì 18 novembre 2009

Perché non hai consegnato il mio denaro a una banca?

Luca 19,11-28

In quel tempo, Gesù disse una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro.
Disse dunque: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per ricevere il titolo di re e poi ritornare. Chiamati dieci dei suoi servi, consegnò loro dieci monete d’oro, dicendo: “Fatele fruttare fino al mio ritorno”. Ma i suoi cittadini lo odiavano e mandarono dietro di lui una delegazione a dire: “Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi”. Dopo aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare quei servi a cui aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato.
Si presentò il primo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate dieci”. Gli disse: “Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città”.
Poi si presentò il secondo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate cinque”. Anche a questo disse: “Tu pure sarai a capo di cinque città”.
Venne poi anche un altro e disse: “Signore, ecco la tua moneta d’oro, che ho tenuto nascosta in un fazzoletto; avevo paura di te, che sei un uomo severo: prendi quello che non hai messo in deposito e mieti quello che non hai seminato”. Gli rispose: “Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l’avrei riscosso con gli interessi”. Disse poi ai presenti: “Toglietegli la moneta d’oro e datela a colui che ne ha dieci”. Gli risposero: “Signore, ne ha già dieci!”. “Io vi dico: A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me”».
Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme.



"Siamo servi inutili, abbiamo fatto ciò che dovevamo fare"; questa frase racchiude il senso di questo passo che può sembrare parecchio duro e privo della misericordia che distingue sempre le parabole di Gesù. Ci scuote oggi, come se volesse scrollarci di dosso strati spessi di polvere e catrame che appesantiscono il nostro agire il nostro operare. Privi, quasi, del timore di Dio, procediamo come se non dovessimo essere mai giudicati, come se tutto ciò che abbiamo ci spetta di diritto non considerando che la stessa nostra vita dev'essere paragonata sempre alla moneta d'oro che il padrone consegna ai servi. Cosa ne facciamo noi di questo tesoro? Siamo capaci di farlo fruttare o scoraggiati dalle opinioni dei nemici preferiamo nasconderlo e quindi soffocarlo? Siamo o non siamo suoi testimoni, lampade poste in bella vista? Allora cosa ci spinge ad aver paura, cosa ci porta ad adeguarci alla massa! Cristo non è adeguarsi ma mettersi costantemente in gioco affinchè quanto ci è stato dato frutti al meglio e, al momento del ritorno del re, ciascuno mostri l'operato senza aver paura ma sano e salutare timore. Sarà questo timore, sarà la fiducia, sarà la nostra retta vita uniformata al Cristo, che spalancheranno le porte dell'Eterna Misericordia: il padrone che condivide con i servi il regno e li mette a capo delle città; una novità che stravolge gli antichi rapporti e legami e pone il padrone, ora, come padre e i servi come figli. Ecco la Misericordia, dietro l'apparente durezza si cela un'immensa Grazia perchè è con il fuoco e con le prove che la nostra fede viene testata affinchè nessun tesoro vada perduto e a noi ci sia data la capacità di gioirne in eterno.

martedì 17 novembre 2009

Il Figlio dell’uomo era venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto

Luca 19,1-10
In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».
Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».
Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

Bel passo ricco di elementi e sfumature che lo rendono il passo "simbolo" della chiamata. Il Figlio dell'uomo che viene per salvare ciò che è perduto riesce finalmente a recuperare Zaccheo ricco e pubblicano da sempre impegnato in altre faccende. Mi viene da immaginare cosa abbia spinto l'uomo a salire sul sicomoro, forse semplice curiosità o forse in cuor suo cercava da tempo di conoscerlo e non vi riusciva mai a causa della "folla" dei tanti impegni che, come capita a noi, invadono e soffocano l'esistenza. In fondo tutti cerchiamo Dio, perchè siamo sempre in corsa verso il "lato migliore" della nostra vita; cerchiamo la felicità, la gioia, la serenità, e lo scopo stesso della vita, e non vediamo che tutto ciò è Dio, in Dio. La curiosità di Zaccheo non tarda a trasformarsi in altro, alla vista di Gesù i suoi occhi si aprono e il cuore si spalanca alla misericordia dell'Amore, quell'amore che "oggi si ferma a casa sua" e vi dimorerà per sempre. La risposta non tarda ad avvenire, scende dal piedistallo che si era costruito e oltre alla sua piccolezza fisica, ora, comprende di possederne un'altra, più nobile e che lo porterà in alto; il bisogno di uniformarsi è inevitabile in un cuore che ha compreso tutto, vende tutto ciò che possiede rimettendo nelle mani di Dio anche la sua vita e al servizio degli altri, i poveri e i tanti che hanno subito le i suoi soprusi. Si è compiuta così la salvezza per Zaccheo e davvero basta poco per ottenerla, la semplicità di un cuore disposto e capace di azzerare tutto ed azzerarsi per iniziare un nuovo cammino. Non sforziamoci di cercare affannosamente Dio in lungo e in largo ma iniziamo a cercarlo in noi, tendendo Lui la mano per ritrovarci, poi, in Lui.

sabato 14 novembre 2009

Dio farà giustizia ai suoi eletti che gridano verso di lui

Luca 18,1-8

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».


L'insistenza della vedova cos'è se non perseveranza nelle intenzioni..la vedova crede nella sua causa e aspetta con ansia la giustizia contro l'avversario. Gesù si domanda se " il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra" e si domanda se ci sarà ancora qualcuno disposto a credere nell'Unica giustizia e perseverare, quindi, nella preghiera, come arma invincibile per incarnarla. La fede è un dono, e come tutti i dono non ci viene offerta per i meriti ma per l'immensa bontà di Colui che la detiene; è indispensabile adoperarsi affinchè essa sia custodita ed occorre divenire in prima persona custodi e custodie di tale dolcezza. Pregando si instaura un collegamento intimo con Dio, uno scambio che, ora, vede anche noi impegnati e, da semplici destinatari, ci facciamo donatori della nostra stessa preghiera, della nostra perseveranza, come offerta gradita. Dio farà giustizia ai suoi eletti che hanno intrapreso la Sua via, non li lascerà delusi ne aspettare a lungo perchè certo che, grazie alla loro testimonianza troverà qualche "spicciolo" di fede sulla terra.

venerdì 13 novembre 2009

Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà

Luca 17,26-37

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece morire tutti.
Come avvenne anche nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano; ma, nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma, piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece morire tutti. Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà.
In quel giorno, chi si troverà sulla terrazza e avrà lasciato le sue cose in casa, non scenda a prenderle; così, chi si troverà nel campo, non torni indietro. Ricordatevi della moglie di Lot.
Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva.
Io vi dico: in quella notte, due si troveranno nello stesso letto: l’uno verrà portato via e l’altro lasciato; due donne staranno a macinare nello stesso luogo: l’una verrà portata via e l’altra lasciata».
Allora gli chiesero: «Dove, Signore?». Ed egli disse loro: «Dove sarà il cadavere, lì si raduneranno insieme anche gli avvoltoi».


Dove Signore? In un posto lontano dagli avvoltoi, in un posto dove non si vedrà mai morte, in un posto preparato per noi, per i tanti che sono riusciti a comprendere la manifestazione del Figlio dell'uomo. Lo Sposo sarà presente quindi sarà impossibile digiunare; si mangerà e si assaporeranno le Sue delizie per attingere da esse la forza e la fede che poi serviranno nel giorno della pioggia e del diluvio, del giudizio. Chi viene portato via dal Signore è chiamato, non a morire fisicamente, ma a vivere con l'anima la morte di ciò che si era e la risurrezione futura; ecco perchè è essenziale non voltarsi, non cercare di aggrapparsi alle cose terrene ma correre senza esitazione, perdere tutto anche la vita pur di salvarla con Lui. Accogliere con gioia la chiamata e perseverare nel renderla sempre viva avendo sempre chiaro in mente e nel cuore che Dio vuole il meglio per ciascuno di noi e non lascerà mai che gli avvoltoi si impadroniscano del nostro corpo, mezzo che condurrà l'anima alla salvezza.

giovedì 12 novembre 2009

Il regno di Dio è in mezzo a voi

Luca 17,20-25

In quel tempo, i farisei domandarono a Gesù: «Quando verrà il regno di Dio?». Egli rispose loro: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: “Eccolo qui”, oppure: “Eccolo là”. Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi!».
Disse poi ai discepoli: «Verranno giorni in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell’uomo, ma non lo vedrete. Vi diranno: “Eccolo là”, oppure: “Eccolo qui”; non andateci, non seguiteli. Perché come la folgore, guizzando, brilla da un capo all’altro del cielo, così sarà il Figlio dell’uomo nel suo giorno. Ma prima è necessario che egli soffra molto e venga rifiutato da questa generazione».


Ogni singolo giorno del Figlio dell’uomo è da considerare "Regno di Dio" perchè Egli stesso si è incarnato per ridurre ai giorni nostri il progetto che per secoli il suo popolo ha eclissato. Con la convinzione di cercarlo chissà in quale realtà straordinaria o di ritrovarlo in un tempo futuro perdiamo la percezione di incontrarlo dove esso realmente è: in mezzo a voi! Cristo è rimasto in mezzo a noi al fine di assecondare in nostro desiderio di "vedere" ma spesso nemmeno ci accorgiamo del suo "incarnarsi" costantemente perché presi da mille pensieri o magari impegnati nel cercarlo, invano. Dio non può essere trovato in qualcosa, in un luogo, perchè è ovunque appunto in mezzo a noi: Come folgore guizza, percorre e racchiude in sé tutto e tutti e solo entrando nella sua sofferenza, solo facendo esperienza del rifiuto di sé e del donarsi ai fratelli è possibile “vederlo”. Sono passi "necessari" per riconoscere il "giorno" del Figlio dell'uomo e per accedere anche noi nella gloria riservata solo a chi sarà disposto a vivere la vita come un solo eterno Giorno.

mercoledì 11 novembre 2009

Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero

Luca 17,11-19

Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».


Rendere grazie equivale all'aver compreso e quindi vissuto in pieno una guarigione. Redersi conto d'aver bisogno di "pietà" è già un passo importante ma occorre averne piena convinzione nonchè provarlo nel cuore, quel bisogno che ti affligge e allo stesso tempo riempie di speranza, perchè già si pregusta il dolce sollievo della purificazione. Se si fa esperienza della Misericordia e quindi si è veramente sanati è inevitabile ritornare indietro, e non sui propri passi, per rendere Gloria ed Onore, per ringraziare e non ripagare con l'indifferenza o con un atteggiamento di chi pretende, perchè se è vero che il sole sorge e tramonta sui giusti e sui peccatori è vero anche che non tutti siamo in grado di vederlo questo Sole e di usufruirne. Iniziare una preghiera di Lode è tendere la mano verso il Colore, verso quella Fonte inesauribile di Vita che ci sana e ci guarisce e che ci converte per l'eternità, cosi che ciascuno di noi diventi suo "promotore" testimone e messaggero.

lunedì 9 novembre 2009

Parlava del tempio del suo corpo

Giovanni 2, 13-22

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.
Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete.
Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!».
I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.


Riportare al giusto posto e ricollocare un oggetto secondo l'utilizzo che se ne deve fare è un atto di sincerità che senza dubbio guarisce e sana cattive consuetudini. Oggi Gesù fa riferimento al Tempio senza fermarsi al lato materiale della parola ma, come, sempre, andando a fondo per cercare di far comprendere ed insegnare. Il Tempio al quale fa riferimento è senza dubbio una delle nostre attuali chiese ma il Tempio che vuole intendere è quella dimora che ciascuno di noi è: dimora dello Spirito Santo quindi Tempio dell'Amore di Cristo, in cui custodire gelosamente l'alleanza che egli ha fatto con ciascuno di noi. E' normale giungere alla conclusione che se vogliamo difendere un tesoro nascosto è importante rafforzare le difese e permettere che nessuno dall'esterno possa introdursi. Ecco perchè Gesù caccia venditori e mercanti, perchè nell'attaccamento al denaro, nella sete di successo, di fama e nella costante voglia di possedere sempre di più ci sta il peggior nemico del "tesoro", ci sta l'egoismo che non ci permette di andare oltre e di riscoprirci Membra di un unico Corpo, chiamati alla condivisione e all'amore fraterno. Invece le nostre chiese divengono spesso palcoscenici dove esibire le nostre più disparati doti senza pensare mai al "silenzio" e al "segreto"che Lui tanto ama; la testimonianza si fa senza rumore e senza riflettori accesi perchè in porta già la Luce più splendente che può esser vista solo da chi la conosce, solo da chi la porta nel cuore, come tesoro del proprio tempio, del proprio cuore. Lasciamoci distruggere da Colui che sarà capace di riedificarci in tre giorni, partecipi così della sua passione ma anche della sua risurrezione.

mercoledì 4 novembre 2009

Chi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo

Luca 14,25-33
In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:
«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».




I calcoli che oggi Gesù ci invita a fare hanno come scopo il completamento della nostra conversione. Dopo averlo conosciuto è indispensabile Amarlo e per amarlo occorre fare i conti con noi stessi e con la nostra disponibilità. Disponibilità totale nel portare con serenità la propria croce, senza cercare scappatoie e senza tentare di controbbattere, ma trovare in essa la pace e il modo semplice ma puro di seguirlo. La croce, che in questi ultimi giorni è divenuta motivo di contesa e di lotta, in realtà fa un paura a tutti perchè la si accomuna alla sofferenza senza andare mai oltre, senza riuscire e scorgere in quel legno la salvezza e la gioia del servire il Padre attravarso l'essere dono ai fratelli. Per questo dobbiamo amare Cristo più di ogni altro uomo, più di nostro padre, madre, sorelle e noi stessi, perchè è dall'amore in Cristo che poi scaturisce ogni altro Amore, quello con la A maiuscola, quello che non cerca interesse se non l'unico grande scopo: salire ogni giorno in quella croce. Calcoliamo bene quindi e per farlo bisogna ridare a Lui tutto ciò che ci appartiene e lasciare che sia la Su misericordia a dirigere le nostre azioni, solo cosi possiamo avere la certezza che la torre sia completata con alla base la conoscenza, la fiducia e l'affidarsi totalmente.

martedì 3 novembre 2009

Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia.

Luca 14,15-24

In quel tempo, uno dei commensali, avendo udito questo, disse a Gesù: «Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio!».
Gli rispose: «Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. All’ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: “Venite, è pronto”. Ma tutti, uno dopo l’altro, cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: “Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Mi sono appena sposato e perciò non posso venire”.
Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al suo padrone. Allora il padrone di casa, adirato, disse al servo: “Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi”.
Il servo disse: “Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c’è ancora posto”. Il padrone allora disse al servo: “Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia. Perché io vi dico: nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena”».




Oggi per la prima volta leggo nel vangelo il verbo "costringere". Io che ho apprezzato da subito la libertà che ci offre Dio, il libero arbitrio, oggi invece devo fare i conti con questo verbo! Certo è un verbo estraneo a Dio e al suo disegno di salvezza, ma credo che sia doveroso usarlo se minimamente proviamo ad immaginare l'immensa misericordia che spinge a farne uso. Il Padre ha a cuore la nostra salvezza, questo è chiaro, non creò l'uomo per vederlo morire in eterno e abitare la tomba ma bensì per collocarlo in quel posto di privelegio: la sua destra. Questo posto non si raggiunge di certo per i nostri meriti ma per la sua immensa grazia che opera in noi e fa di noi degni eredi del regno. Spesso però la nostra dura "cervice" ci porta altrove, ci porta a sprofondare, ed è questo che fa adirare il padrone; dopo tutti i preparativi, dopo i ripetuti inviti, dopo l'essere stati riconosciuti degni, noi con molta tranquillità ci impegniamo in altro, ci dedichiamo a tutt'altro inventando scuse e costruendo alibi che non potranno mai ripagare il prezzo e la squisitezza del Pane eterno. In questo contesto il verbo costringere diventa misericordia perchè c'è posto per tutti e ciascuno di noi è chiamato a sedere sul suo posto stabilito già dall'inizio dei tempi. Non siamo indispensabili ma preziosi, e le nostre capacità, i nostri carismi devono trovare la collocazione voluta da Colui che ci ha donato tali capacità. Rispondere e declinare l'invito significa rinnegare tutto, mancare di fede ed essere fedeli, invece, a noi stessi. O Signore donaci la forza di comprendere, costringi il nostro cuore alla comprensione e scuotilo, risanalo...

martedì 27 ottobre 2009

Il granello crebbe e divenne un albero

Luca 13,18-21

In quel tempo, diceva Gesù: «A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo posso paragonare? È simile a un granello di senape, che un uomo prese e gettò nel suo giardino; crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi rami».
E disse ancora: «A che cosa posso paragonare il regno di Dio? È simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».


Credo che per comprendere un pò e per conoscere un minimo quel Regno che nemmeno riusciamo ad immaginare dobbiamo partire da noi stessi, che poi è l'unica certezza che abbiamo, tangibile. Il Regno è stato preparato per noi, per chi sarà degno di varcarne le porte e di abitarlo; questa elezione ci viene offerta per grazia ma e misericordia e viene donata a chi si mostra interessato, a chi già da adesso protende le mani verso questo Regno. Ecco allora che, considerato ciò, possiamo dire che quel seme e quel lievito, ai quali si paragona il Regno, siamo noi, anzi l'essere seme e lievito è la condizione necessaria che ci procurerà la chiave d'accesso. Il seme che cade a terra muore per la sua nudità, il seme che dalla morte viene risuscitato e germoglia, porta frutto, e tra i suoi rami gli uccelli del cielo vengono a fare nidi. E la stessa succede con il lievito che addirittura, mescolato alla farina, riesce a far lievitare "risorgere" le tre misure di farina. Gesù paragona il Regno con questi due elementi ma ci insegna a divenire tali per iniziare, già da questa vita, a pregustare ciò che di noi sarà per l'eternità.

lunedì 26 ottobre 2009

Questa figlia di Abramo non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?

Luca 13,10-17

In quel tempo, Gesù stava insegnando in una sinagoga in giorno di sabato. C’era là una donna che uno spirito teneva inferma da diciotto anni; era curva e non riusciva in alcun modo a stare diritta. Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: «Donna, sei liberata dalla tua malattia». Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio.
Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, prese la parola e disse alla folla: «Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi guarire e non in giorno di sabato».
Il Signore gli replicò: «Ipocriti, non è forse vero che, di sabato, ciascuno di voi slega il suo bue o l’asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? E questa figlia di Abramo, che Satana ha tenuto prigioniera per ben diciotto anni, non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?».
Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute.



Ipocriti! Gesù sapeva bene che l'azione del capo della sinagoga aveva lo scopo di screditarlo e sapeva bene che la cecità lo divorava e non gli permetteva di vedere ciò che occorre vedere per primo, prima di parlare, di giudicare e condannare: guardare se stessi! Nei presunti peccati altrui e nelle azioni che spesso condanniamo c'è uno specchio sul quale bisogna necessariamente specchiarsi e, con lealtà, ammettere che le nostre di azioni non sono da meno. Loro slegano i loro asini di sabato per abbeverarli e Gesù non può dissetare un'anima che da tempo è in cerca della Sorgente della vita? L'uomo non è fatto per il sabato ma viceversa perchè c'è modo e modo di glorificare il giorno del Signore, e la gloria perfetta, quella gradita, si raggiunge con sacrificio e con un lavoro costante di testimonianza e di carità. Un fratello che chiede aiuto ha la priorità su tutto perchè nell'aiutarlo rendiamo viva la preghiera che spesso recitiamo a memoria, aiutando la donna a raddrizzarsi, Gesù, l'ha messa in condizione di poter vedere la via da seguire e di glorificare il Padre nel Figlio. Non lasciamo che lo spirito che teneva inferma la donna ci soffochi, non lasciamo che le nostre convinzioni bigotte oscurino la nostra fede! La fiamma che arde in noi va alimentata con ossigeno puro, quell'ossigeno che solo un cuore libero può pompare!

sabato 10 ottobre 2009

Beato il grembo che ti ha portato! Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio

Luca 11,27-28

In quel tempo, mentre Gesù parlava, una donna dalla folla alzò la voce e gli disse: «Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!». Ma egli disse: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!».
La stessa beatitudine di Maria spetta a chi sa portare in grembo, oggi, Gesù! Questa è una certezza perché ascoltando la sua parola e vivendola si porta in cuore la purezza del suo messaggio e la misericordia del suo sacrificio. Da ogni nostra azione deve scaturire la presenza di Gesù dentro di noi e la grazia che fu di Maria: dare alla luce la Luce, e donarla a chi ci sta accanto anche quando sembra sprecata "come perle ai porci" con la speranza che prima o poi anche loro rimangano folgorati dalla grandezza e dalla sua 'intensità. Maria non ha mai dubitato, conservava intimamente il senso della sua missione e anche sopportando il dolore della croce non ha mai dubitato esitato a continuare nel suo "SI" "d'ora in poi tutte le generazioni Ti chiameranno beata"

venerdì 9 ottobre 2009

Se io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio

Luca 11,15-26

In quel tempo, [dopo che Gesù ebbe scacciato un demonio,] alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo.
Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche Satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio.
Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino.
Chi non è con me, è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde.
Quando lo spirito impuro esce dall’uomo, si aggira per luoghi deserti cercando sollievo e, non trovandone, dice: “Ritornerò nella mia casa, da cui sono uscito”. Venuto, la trova spazzata e adorna. Allora va, prende altri sette spiriti peggiori di lui, vi entrano e vi prendono dimora. E l’ultima condizione di quell’uomo diventa peggiore della prima».

E' essenziale comprendere come non si è mai "arrivati" percorrendo la via di cristo. Non possiamo permetterci il lusso di ritenerci "salvi" o "santi" e quindi di fermarci a riposare se il nostro stesso riposo non è affidato alle Sue mani e alla Sua misericordia. Mai abbassare la guardia mai perdere il contatto con Colui che fa di noi forti guardie del bottino. Tutto può ritornare perchè finchè viviamo nella prova siamo "soggetti a rischio" ed è col fuoco che la nostra fede viene testata e qualificata. O Signore che ha spazzato e pulito la nostra anima concedici di vegliare e vigilare su questo palazzo che hai voluto come dimora dello Spirito, sia esso degno di custodire e di esercitare le virtù che hai concesso con immensa grazia.

martedì 6 ottobre 2009

Marta lo ospitò. Maria ha scelto la parte migliore

Luce 10,38-42

In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».


Oggi tutta la liturgia ci invita, quasi, al riposo o meglio a gettar via ogni affanno e sedersi ai piedi del Maestro per ascoltarlo. L'immagine delle due sorelle è molto attuale perchè se Marta incarna il nostro stile di vita che ci rende spesso distratti e sempre impegnati, Maria al contrario è l'emblema di quanti riescono a vedere in Cristo il Tutto, tutto ciò che basta! Ma il riposo qui inteso non è da considerare alla lettera, va invece interpretato come consolazione, l'unica vera Pace che può essere assaporata gettando il Cristo ogni preoccupazione e affanno: Nulla ti turbi, nulla ti spaventi, tutto passa solo Dio resta. Solo facendo proprie queste parole e facendo propria la Parola è possibile riuscire a scorgere la parte migliore e sceglierla, perseverare nella scelta e viverla, pur con momenti in salita e prove, ma coscienti del fatto che le consolazioni, poi, saranno ben più grandi. C'è tempo per ogni cosa, non occorre darsi da fare con fatica ma sperare in Dio per ritrovarci in Lui come Maria desiderosi di ascoltarlo e amarlo.

lunedì 5 ottobre 2009

Chi è il mio prossimo?

Luca 10,25-37

In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».
Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di co! lui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».


Avere compassione, partecipare al dolore o alla gioia del nostro fratello, amarlo, è il comandamento nuovo che in racchiude gli altri. E' la legge del cuore chiamato ad amare senza secondi fini e senza limiti. Il nostro prossimo è più vicino di quanto ci sembri. Spesso, ed è giusto, lo cerchiamo lontano quando invece accanto a noi silenzioso aspetta un nostro sguardo, un nostro accenno. Apriamo gli occhi ed il cuore perchè oltre ai nostri sani gesti dell'andare a messa, del pregare, del rendere vive devozioni, ci sia un'attività significativa volta ad attenzionare il nostro prossimo. Per fare ciò occorre chiedere a Gesù una vista sempre più acuta, che non si offuschi con lo smog dei giorni nostri ma vada oltre, dritta al centro, dove c'è Lui, dove c'è ogni nostro fratello.

venerdì 2 ottobre 2009

I loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli

Matteo 18,1-5.10

In quel tempo, i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: “Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?”.
Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: “In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me.
Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli”.

Gli occhi di Dio su quanti lo temono! Il timor di Dio lo si acquista con umiltà e con purezza. Non a caso, Gesù, prende in esame i bambini perchè è dalla miseria e dalla piccolezza che bisogna iniziare per vedere poi glorificata la nostra vita nei cieli. Lui stesso si è incarnato in un piccolo indifeso ma gli angeli sono stati presso di lui per custodirlo e consegnarlo nelle mani del Padre. Preghiamo il Signore che non faccia cessare mai la provvidenza nei nostri giorni, ci doni sempre le sue sentinelle a vegliare sul nostro cammino e sul nostro cuore.

giovedì 1 ottobre 2009

La vostra pace scenderà su di lui.

Luca 10,1-12 -
In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.
In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: “Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città».



Mi colpisce tanto l'espressione "mangiando e bevendo di quello che hanno" perchè sottointende la necessità di condividere con i fratelli l'espeienza di Cristo. Nell'intimità nasce e si sviluppa ma poi deve trovar sbocco ed indirizzo verso chi ci sta accanto. Sapersi riconoscere come "inviati" è la base principale per adempiere, poi, il comando di Dio e godere della sua pace. Abbandonati borsa, sacca e sandali come agnelli in mezzo ai lupi dobbiamo vivere senza timore alcuno ma con la consapevolezza di essere assistiti e sorretti dal Padre

mercoledì 30 settembre 2009

Ti seguirò dovunque tu vada.

Luca 9,57-62 -

In quel tempo, mentre camminavano per la strada, un tale disse a Gesù: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».
A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio».
Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».

Chi sceglie di seguire Cristo già sa in cuor suo che la scelta è totale e senza vie di mezzo, se è vero che ci chiama a servirlo lo fa perchè di noi vuole tutto, il cuore per primo. Non è possibile servire dio voltandosi indietro, o amarlo anteponendo altri o altro a lui. Lui è il nostro tutto e da lui, poi, deve scaturire tutto il resto, in modo che ogni cosa che ci circonda ci parli di lui e ci riporti a lui. Quante scuse spesso ci inventiamo e cerchiamo di crearci allo scopo di assottigliare una mancanza o un peccato!! Non possiamo essere noi i nostri giudici perchè ben conosciamo la natura corrotta della nostra coscienza, occorre invece avvicinarla a Dio il più possibile ed iniziare a vedere con i suoi occhi, misericordiosi e giusti.

venerdì 25 settembre 2009

Tu sei il Cristo di Dio. Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto

Luca 9,18-22

Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa; altri uno degli antichi profeti che è risorto».
Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio».
Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».



Sembra quasi che Gesù si nasconde intimando i discepoli di non riferire a nessuno sulla sua vera natura. Da un lato si mostra predicando e guarendo e dall'altra si cela lasciando che sia il cuore di ciascuno ad incontrarlo e non le parole dette dalle gente. E' come se aspettasse con ansia il momento della sua passione per rendere visibile agli occhi di tutti la trasfigurazione preannunciata sul monte ai pochi. Un Dio che si uomo per penetrare la corazza dell'uomo, un Dio che si incarna per possedere il cuore, i sentimenti e la vita stessa degli uomini; ecco perchè si nasconde, vuole che ognuno di noi lo conosca nell'intimo senza che sia imposta questa conoscenza ma vissuta in primis e poi testimoniata. La fede non si impone, ma trasmessa manifestando l'amore che ci unisce a Cristo, divenendo noi stessi simile a lui, trasmettendo, a chi ci sta vicino, questo amore nella stessa misura con la quale l'abbiamo ricevuto gratuitamente.

mercoledì 23 settembre 2009

Li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi

Luca 9,1-6

In quel tempo, Gesù convocò i Dodici e diede loro forza e potere su tutti i demòni e di guarire le malattie. E li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi.
Disse loro: «Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né sacca, né pane, né denaro, e non portatevi due tuniche. In qualunque casa entriate, rimanete là, e di là poi ripartite. Quanto a coloro che non vi accolgono, uscite dalla loro città e scuotete la polvere dai vostri piedi come testimonianza contro di loro».
Allora essi uscirono e giravano di villaggio in villaggio, ovunque annunciando la buona notizia e operando guarigioni.


E bello pensare, con questo brano, alla figura di P.Pio e del modo esemplare che ha avuto nell'incarnarlo. Ha scelto la via della consacrazione e ha operato tante guarigioni con la sua opera e la missione di confessore, ma anche per chi sceglie altre vie non deve mancare mai la vocazione d'essere testimone di Cristo. Ciascuno di noi deve ritenersi "convocato" già al momento stesso del Battesimo e, professando la fede in Cristo, noi ci impegniamo ad essere costantemente suoi inviati alla costante ricerca del suo volto, alla conquista del suo regno. Per compiere ciò è indispensabile spogliarsi di tutto, e P. Pio si spogliò anche dal lato materiale vivendo in povertà, ma dire addio al proprio orgoglio, al proprio io, alla voglia di emergere non è meno facile dell'abbandonare bisaccia, bastone, pane e denaro...anzi è la battaglia che spesso perdiamo dinanzi alle vicende che la vita ci offre. Preghiamo affinchè il Signore ci dia il dono di essere portatori di pace e con l'intercessione di S.Pio possiamo un giorno vivere solo di Lui...

martedì 22 settembre 2009

Mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica.

Luca 8,19-21 -
In quel tempo, andarono da Gesù la madre e i suoi fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla.
Gli fecero sapere: «Tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e desiderano vederti».
Ma egli rispose loro: «Mia madre e miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica».



Non è fantastico che un semplice ascolto della Parola ci dia l'adozione a figli? Si che lo è se però prendiamo in considerazione il vero significato dell'ascolto che non sia solo captare ma soprattutto incarnare e vivere, nella propria carne, l'esperienza di Cristo... e non si può vivere questa esperienza se non si lascia tutto in mano a Lui con un atteggiamento di vera fiducia "metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei statuti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi"

lunedì 21 settembre 2009

Gesù gli disse: seguimi. Ed egli si alzò e lo seguì

Matteo 9,9-13

In quel tempo, Gesù passando vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: “Seguimi”. Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i discepoli.
Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: “Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?”.
Gesù li udì e disse: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: ‘‘Misericordia io voglio e non sacrificio’’. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori”.


E' un atteggiamento errato quello dei farisei, come sempre cercano di incastrare il Maestro facendo leva su ciò che posseggono cioè un attaccamento sterile alla legge fatta di prescrizioni. Gesù lo ripete e lo ripeterà all'infinito cercando di penetrare il loro cuore per imprimere il Suo Nome e il Suo nuovo messaggio: ‘‘Misericordia io voglio e non sacrificio’’. Il sacrificio non basta se non è accompagnato da un cuore contrito perchè alla vecchia legge ora si sovrappone l'insegnamento dell'amore, del perdono, della carità e del vero pentimento. Gesù ora è medico e come medico attende con ansia che noi, da malati, ci prostriamo ai suoi piedi a chiedere d'essere guariti.

sabato 19 settembre 2009

Il seme caduto sul terreno buono sono coloro che custodiscono la Parola e producono frutto con perseveranza.

Luca 8,4-15 -
In quel tempo, poiché una grande folla si radunava e accorreva a lui gente da ogni città, Gesù disse con una parabola: «Il seminatore uscì a seminare il suo seme. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada e fu calpestata, e gli uccelli del cielo la mangiarono. Un’altra parte cadde sulla pietra e, appena germogliata, seccò per mancanza di umidità. Un’altra parte cadde in mezzo ai rovi e i rovi, cresciuti insieme con essa, la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono, germogliò e fruttò cento volte tanto». Detto questo, esclamò: «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!».
I suoi discepoli lo interrogavano sul significato della parabola. Ed egli disse: «A voi è dato conoscere i misteri del regno di Dio, ma agli altri solo con parabole, affinché
vedendo non vedano
e ascoltando non comprendano.
Il significato della parabola è questo: il seme è la parola di Dio. I semi caduti lungo la strada sono coloro che l’hanno ascoltata, ma poi viene il diavolo e porta via la Parola dal loro cuore, perché non avvenga che, credendo, siano salvati. Quelli sulla pietra sono coloro che, quando ascoltano, ricevono la Parola con gioia, ma non hanno radici; credono per un certo tempo, ma nel tempo della prova vengono meno. Quello caduto in mezzo ai rovi sono coloro che, dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano soffocare da preoccupazioni, ricchezze e piaceri della vita e non giungono a maturazione. Quello sul terreno buono sono coloro che, dopo aver ascoltato la Parola con cuore integro e buono, la custodiscono e producono frutto con perseveranza.


...e a chi dovremmo chiedere protezione se non al Padrone di questo terreno? A noi è stato dato il compito di soggiogarlo ma spesso, travisando, dominiamo in modo errato su questo terreno riducendolo in una discarica. Quando leggo questo brano penso a Teresa D'Avila e al suo bel modo di intendere l'anima: la paragona ad un giardino, da coltivare e dal quale, poi, ricavare frutti, consolazioni, opere. Descrivendo la fatica iniziale nell'attingere l'acqua per irrigarlo, però, non toglie mai la speranza di essere un giorno irrigati senza un minimo di sforzo ma solo tramite la grazie di Colui che ci ha posto dentro questo giardino. Occorre far leva sulla fatica e puntare sulla costanza perchè il seme caduto non porti frutto, le tentazioni sono forti, quella di tornare indietro, quella di abbandonare tutto, quella di lasciar morire ogni germoglio, ma se il "contratto" stipulato è stato fatto alla luce di un Vero Amore è impossibile voltarsi, si deve lottare e sudare, sicuri della meta, e sempre pronti all'ora della mietitura: che il Padrone non ci trovi impreparati ma con radici ben salde e frutti dai quali risplenda costantemente il "sapore di Dio".

giovedì 17 settembre 2009

Le stimmate di S. Francesco



Dalla «Legenda minor» di san Bonaventura. (Quaracchi, 1941, 202-204).

Francesco, mediante le sacre Stimmate, prese l'immagine del Crocifisso
Francesco, servo fedele e ministro di Cristo, due anni prima di rendere a Dio il suo spirito, si ritirò in un luogo alto e solitario, chiamato monte della Verna, per farvi una quaresima in onore di san Michele Arcangelo. Fin dal principio, sentì con molta più abbondanza del solito la dolcezza della contemplazione delle cose divine e, infiammato maggiormente di desideri celesti, si sentì favorito sempre più di ispirazioni dall'alto.
Un mattino, verso la festa dell'Esaltazione della santa Croce raccolto in preghiera sulla sommità del monte, mentre era trasportato in Dio da ardori serafici, vide la figura di un Serafino discendente dal cielo. Aveva sei ali risplendenti e fiammanti. Con volo velocissimo giunse e si fermò, sollevato da terra, vicino all'uomo di Dio. Apparve allora non solo alato, ma anche crocifisso.
A quella vista Francesco fu ripieno di stupore e nel suo animo c'erano, al tempo stesso, dolore e gaudio. Provava una letizia sovrabbondante vedendo Cristo in aspetto benigno, apparirgli in modo tanto ammirabile quanto affettuoso; ma al mirarlo così confitto alla croce, la sua anima era ferita da una spada di compaziente dolore.
Dopo un arcano e intimo colloquio, quando la visione disparve, lasciò nella sua anima un ardore serafico e, nello stesso tempo, lasciò nella sua carne i segni esterni della passione, come se fossero stati impressi dei sigilli sul corpo, reso tenero dalla forza fondente del fuoco.
Subito incominciarono ad apparire nelle sue mani e nei suoi piedi i segni dei chiodi; nell'incavo delle mani e nella parte superiore dei piedi apparivano le capocchie, e dall'altra parte le punte. Il lato destro del corpo, come se fosse stato trafitto da un colpo di lancia, era solcato da una cicatrice rossa, che spesso emetteva sangue.
Dopo che l'uomo nuovo Francesco apparve insignito, mediante insolito e stupendo miracolo, delle sacre stimmate, discese dal monte. Privilegio mai concesso nei secoli passati, egli portava con sé l'immagine del Crocifisso, non scolpita da artista umano in tavole di pietra o di legno, ma tracciata nella sua carne dal dito del Dio vivente.

domenica 13 settembre 2009

Tu sei il Cristo… Il Figlio dell’uomo deve molto soffrire.

Marco 8,27-35
In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti». Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».

La croce che ci illudiamo di portare molto spesso ci avvicina, invece, al peccato e alla mormorazione perchè la vediamo e l'accogliamo con gli occhi degli uomini e non con quelli di Dio. Ben sappiamo il significato della Croce, uno strumento di salvezza e di rinascita sulla quale è possibile salire solo riuscendo a rinnegare se stessi; e per riuscire a portare la croce con gioia e serenità occorre prima di tutto affidarsi e fidarsi di Colui che ha garantito per noi ("il mio giogo è soave") e che è sempre pronto a tendere la mano per rialzarci e soccorrerci. E' impossibile affidarsi, però, ad uno sconosciuto! La conoscenza di Cristo viene innanzitutto dall'accettazione totale della sua esperienza salvifica, senza scandalizzarsi dinanzi all'atrocità della croce, ma bensì pronti a sacrificare la nostra vita stessa per seguirne l'esempio. Ecco ciò che significa rinnegare se stessi, non è annullarsi ma rinascere e risorgere a vita nuova, una vita non più vissuta con gl occhi degli uomini ma con gli occhi di Dio. Solo con questa prospettiva sarà possibile affermare e proclamare la vera natura di Cristo, e seguirlo senza esitazione riscoprendo nella nostra croce quella che fu la Sua croce: un trampolino sul quale far leva per raggiungere il cielo!

venerdì 11 settembre 2009

Può forse un cieco guidare un altro cieco?

Luca 6,39-42

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola:
«Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello».




La promessa di poter divenire come il maestro viene da noi travisata perchè all'essere simili noi preferiamo la totalmente sostituzione. Di certo pecchiamo, oltre che per la presunzione, anche per la perdita della grazia immensa, della quale si può godere, nel divenire una cosa sola col maestro. Quando lo scambio è sincero, quando ci si attiva costantemente al fine di crescere e migliorare, quando non si ha il solo scopo di superare e scavalcare, è allora che sarà possibile giungere ad una meta, giungere a destinazione anche se ciechi perchè fiduciosi in Colui che ci guida. Invece la nostra cecità non ci permette questo, e non per la totale mancanza della vista ma per qualcosa di più grave: la cecità che ci opprime oggi è l’incapacità di saper vedere oltre la punta del nostro naso, essere limitati e considerare solo ciò che ci fa comodo, solo ciò che aiuta la nostra auto-redenzione. Ed è assolutamente sbagliato; un cieco che si affida deve saper guardare con gli occhi di chi lo guida così come noi dovremmo guardare il mondo e la nostra vita con gli occhi di Cristo. Se così fosse non esisterebbero il giudizio che ci fa vedere le pagliuzze altrui, la presunzione e l’orgoglio che ci portano a cadere nel baratro trascinandoci spesso dietro compagni indifesi. Forse, allora, non ci fidiamo di Lui? O forse siamo troppo presi dal misero potere che ci è stato dato, dal libero arbitrio, riuscendo a deformarlo e renderlo a tratti una condanna? Non utilizziamo quasi mai questa prerogativa a fin di bene anzi, ci sediamo in alto e da giudici scagliamo accuse e infliggendo pene costruendo, man mano, la nostra di pena, quella che non avrà fine, quella eterna. Domandiamo al maestro di aiutarci a togliere la pesante trave dal nostro cuore per poter guardare con occhi diversi, con i suoi occhi, carichi di infinita pazienza, amore, benevolenza e misericordia.

lunedì 7 settembre 2009

Osservavano per vedere se guariva in giorno di sabato

Luca 6,6-11
Un sabato Gesù entrò nella sinagoga e si mise a insegnare. C’era là un uomo che aveva la mano destra paralizzata. Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato, per trovare di che accusarlo.
Ma Gesù conosceva i loro pensieri e disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati e mettiti qui in mezzo!». Si alzò e si mise in mezzo.
Poi Gesù disse loro: «Domando a voi: in giorno di sabato, è lecito fare del bene o fare del male, salvare una vita o sopprimerla?». E guardandoli tutti intorno, disse all’uomo: «Tendi la tua mano!». Egli lo fece e la sua mano fu guarita.
Ma essi, fuori di sé dalla collera, si misero a discutere tra loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù.


Gesù è venuto a portare a compimento la legge, pur non abolendona dona ad essa la completa pienezza con l'esemplare insegnamento del metterla in pratica e viverla. Ai precetti tanto cari agli scribi e ai farisei lui affianca il Cuore, un Cuore che da servo ora diventa Amico del Padre e fratello dell'unico Figlio, e solo sintonizzando il nostro cuore con la Volontà del Padre è possibile andare oltre il "sabato", scavalcare precetti e azioni meccaniche per trasformare ogni nostro giorno nel "giorno del Signore". Non possiamo delimitare le nostre azioni o pianificarle perchè Dio è ovunque, in ogni luogo, in ogni attimo e in ogni fratello e situazione che incontriamo lungo il cammino. Quanta libertà ci dà Gesù cristo, e come vorrei che l'assaporassero quanti vedono in lui restrizione e catene! Quanta libertà ci ha dato facendoci comprendere dove sta la Vera libertà: seguirlo, ascoltarlo, viverlo è gioire in Lui benedicendo ogni incontro come evento voluto allo scopo di migliorare questo intimo rapporto...

domenica 6 settembre 2009

Fa udire i sordi e fa parlare i muti

Marco 7,31-37

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

L'intimità dell'incontro e dell'esperienza con Cristo oggi è più che mai sottolineata ed evidenziata. Per riuscire a parlare occorre, prima, essere in possesso di buoni argomenti, acquisibili tramite lo studio o l'Ascolto. Se crediamo che Dio "ha nascosto queste cose ai sapienti per rivelarle ai piccoli" allora non abbiamo scuse plausibili che possano giustificare la nostra sordità. Parlare di Cristo, proclamarlo, senza averlo conosciuto, ascoltato è un'attività sterile e che non porterà mai nessun frutto; senza la testimonianza, senza una vita intrisa totalmente della sua Parola sarà impossibile annunciarlo e renderlo "credibile". Potremmo dire "predicar bene e razzolar male"! Perchè invece non si prova ad invertire queste due azioni? Cioè fare della nostra vita una costante "predica", lasciare che i nostri gesti parlino a chi ci sta accanto, e lasciare che il nostro silenzio accompagni la nostra testimonianza pura e semplice. Il Signore apre le nostre orecchie e intenerisce il nostro cuore affinchè possiamo ascoltare la sua Voce, rende libera la nostra lingua, ma lo prego continuamente che la tenga a freno quando essa si scollega, quando vuole viaggiare su binari opposti a quelli del mio cuore...

venerdì 4 settembre 2009

Quando lo sposo sarà loro tolto, allora in quei giorni digiuneranno

Luca 5,33-39

In quel tempo, i farisei e i loro scribi dissero a Gesù: «I discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno preghiere, così pure i discepoli dei farisei; i tuoi invece mangiano e bevono!».
Gesù rispose loro: «Potete forse far digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora in quei giorni digiuneranno».
Diceva loro anche una parabola: «Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo su un vestito vecchio; altrimenti il nuovo lo strappa e al vecchio non si adatta il pezzo preso dal nuovo. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spaccherà gli otri, si spanderà e gli otri andranno perduti. Il vino nuovo bisogna versarlo in otri nuovi. Nessuno poi che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: “Il vecchio è gradevole!”».


"Il Vecchio è gradevole"; quanto ci costa caro dover abbandonare il vecchio per il nuovo? tanta più fatica quanta la mancanza di fiducia nel Nuovo. Eppure dovremmo averne di fiducia, dopo che abbiamo conosciuto e sperimentato l'immensa bontà di Colui che ci propone questo cambiamento. Gesù ci invita a cambiare ma non lo fa per averne merito o avere successo e fama ma al solo scopo di salvare noi. Mi colpisce l'appunto che fa l'evangelista sulla parabola del vino e degli otri perchè pone tutta la preoccupazione, non al contenuto, ma al contenitore, che potrebbe andare perduto. E i contenitori siamo noi, e tutto opera a favore nostro affinchè nessuno di noi vada perduto e La Novità circoli nel nostro corpo e, nella nostra vita, diventi testimonianza vera. Ecco perchè è impossibile digiunare in presenza dello Sposo, perchè lo Sposo stesso ora si fa artigiano e con maestria modella la nostra anima affinchè diventi un vestito nuovo e un nuovo otre da riempire senza nessun rischio: un cuore libero dal peccato è un cuore sano, senza crepe ne strappi da rattoppare! Solo cosi, con la pienezza e la consapevolezza d'aver realmente conosciuto Cristo e la capacità di vivere il suo messaggio potremo sopravvivere e digiunare con gioia quando "sarà tolto loro", con la speranza di non perderlo mai, ma anzi iniziare ad acquistarlo per l'eternità.

giovedì 3 settembre 2009

Lasciarono tutto e lo seguirono.

Luca 5,1-11
In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».
E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.



Colpisce subito l'immensa fede di Simone, non a caso, poi, sarà posto da Cristo stesso, come pietra sulla quale edificare la Chiesa. Eppure anche lui ha sofferto tentazioni nel nome di Cristo, lo ha rinnegato, pur senza perdere la purezza del sentimento che lo ha reso fervente discepolo. La giornata di pesca era finita, si lavano le reti per deporle, ma Cristo lo invita a risalire in barca come a precisare che chi lavora per lui non può concepire questo impegno come un lavoro cadenzato dagli orari. Chi sta nella barca di Cristo, chi sta nella Chiesa, vi è dentro sempre, giorno e notte, nelle feste e nei giorni feriali, sempre pronto ad eseguire il comando che il Signore gli ordina; e Simone, "sulla tua parola", in nome di Cristo non esita e si rimette a lavoro, rimettendo tutto nelle mani di Colui che lo guida. Senza dubbio ancora oggi Cristo è presente nella barca che è la nostra Chiesa; non ci sono dubbi a riguardo perchè se fosse tutto in mano a noi "peccatori" di sicuro la struttura non avrebbe resistito al peso, delle fratture, dei colpi potenti del nemico. Cristo è con noi, il Suo Spirito ci governa, ci guida, ci da forza, chiama giornalmente ciascuno di noi a gettare le reti della Parola e della Testimonianza allo scopo di pescare sempre più uomini, con la consapevolezza d'essere indegni ma capaci "in colui che ci da forza". Non ci sono tempi prestabiliti, ne la sua chiamata può corrispondere alla nostra predisposizione, ma è lui che prima ci mettete nella condizione favorevole e poi ci invita, certo della nostra risposta…

mercoledì 2 settembre 2009

È necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato.

Luca 4,38-44 -
In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, entrò nella casa di Simone. La suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei. Si chinò su di lei, comandò alla febbre e la febbre la lasciò. E subito si alzò in piedi e li serviva.
Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi affetti da varie malattie li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva. Da molti uscivano anche demòni, gridando: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era lui il Cristo.
Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e tentarono di trattenerlo perché non se ne andasse via. Egli però disse loro: «È necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato».
E andava predicando nelle sinagoghe della Giudea.


L'unico grande evento degno d'essere chiamato "guarigione" è l'incontro con Cristo. Un' esperienza sincera che ci mette seriamente a conoscenza della sua natura "tu sei il figlio di Dio". Ci soffermiamo troppo spesso al solo pronunciamento di questa frase senza che il suo senso produca in noi l'effetto voluto da Cristo stesso. Se ci mette in condizione di riconoscerlo ci sarà pure un motivo! Lui non fa niente per niente "perchè dia frutto" nel senso che ogni grazia, ogni miracolo, ogni incontro e contatto siano solo l'inizio, le basi del progetto che ha in serbo per ciascuno di noi. Di certo chi conosce Dio non può presumere di possederlo o di ritenersi "prescelto" "innalzato", perchè tutto questo potrà avvenire si, ma solo se sarà lui a volerlo. Non possiamo trattenerlo, ne circoscriverlo all'interno di gruppi e clan: "È necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città"... e a questo ci invita, a farlo conoscere con la nostra esperienza, mettendo in circolo la nostra stessa guarigione, quella del cuore, per portare a tutti la "buona notizia": Gesù mi ha salvato, ascia che salvi pure te!