domenica 26 ottobre 2008

Amerai il Signore Dio tuo ed il tuo prossimo come te stesso

Matteo 22,34-40
In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

"Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti", l'Amore è l'anima del messaggio di Cristo, tutto si basa su questo sentimento che non ha confini e non ha mai fine. Gesù pone come grande comandamento quello di amare il Signore Dio e poi i nostri fratelli ma in fondo vuole che iniziamo ad amare seriamente noi stessi. Amarci significa conoscerci e per conoscerci dobbiamo necessariamente fermare la nostra corsa ed interrogarci per capire ciò di cui abbiamo bisogno e ciò di cui è meglio fare a meno. Ero convinto che amare il prossimo valeva di più che amare me stesso, ci riuscivo anche ad amare gli altri più di me, ma ora comprendo che amarmi significa rendere grazie a Colui che mi ha creato, rispettarmi significa lodare il Padre che mi ha voluto in questo modo, in questo momento ed in questo mondo. Non possiamo continuare a farci del male ed illuderci di vivere un'esistenza degna, non c'è dignità alcuna se siamo lontani dall'Amore, non c'è scopo di vita se accantoniamo questo sentimento per vivere in totale abbandono Dall'Amore scaturisce tutto il resto, "la Legge e i Profeti" ed entrando in comunione si riesce a comprendere e recepire in pieno il Messaggio di Cristo fondato su un Amore che non ha conosciuto e non conosce limite: ci ha amati da peccatori e ci ama ancora oggi e per sempre ci amerà se solo siamo disposti a mettere in circolo questo Amore, donatoci senza averne merito e per questo meritevole d'esser diffuso senza misura e senza guardare in faccia nessuno. Non vige la legge del mercato e del "dare per avere", si ama e basta, incondizionatamente e senza secondo fine che non sia quello di piacere a Lui e di partecipare al Suo disegno divino. O Signore aiutaci ad Amare Te per meglio comprendere noi stessi e rispettare gli altri, nostri fratelli.

venerdì 24 ottobre 2008

Sapete giudicare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo?

Luca 12,54-59
In quel tempo, Gesù diceva alle folle: “Quando vedete una nuvola salire a ponente, subito dite: Viene la pioggia, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: Ci sarà caldo, e così accade. Ipocriti! Sapete giudicare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo? E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto? Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada procura di accordarti con lui, perché non ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all’esecutore e questi ti getti in prigione. Ti assicuro, non ne uscirai finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo”.

“Perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?” Possediamo la misura, quindi, e la possibilità di poter qualificare le nostre azioni e di saper discernere ciò che giusto da ciò che non lo è, e non sappiamo utilizzare o meglio mettere in pratica questa facoltà? Con il battesimo abbiamo ricevuto ciascuno la nostra vocazione entrando a far parte dei figli di Dio “un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti” ed a ciascuno è stata data la conoscenza della Verità e della Giustizia. Sta a noi praticarla e renderla reale ogni attimo della nostra vita, ma ci preoccupiamo, come sempre, di arricchire le nostre conoscenze del mondo fisico interessandoci sempre più al lato materiale della vita senza prestare attenzione a quei segni visibili solo dagli “occhi” del nostro cuore. “Come mai questo tempo non sapete giudicarlo?” le previsioni meteorologiche, infatti, molto spesso condizionano i nostri movimenti, i nostri progetti e trascuriamo totalmente quel Tempo che non ha misura e non può avere previsione alcuna perché affidato alle mani di Colui che tutto può e che stravolge ogni nostra possibile pianificazione. Non sappiamo giudicare questo tempo e non sappiamo riconoscere che è giunto il momento di viverlo, di entrare in questa dimensione fatta di pace, misericordia e di amore, dove siamo una cosa sola, un solo corpo e un solo spirito, uniti dall’amore del Padre che ha dato a ciascuno una grande speranza “quella della vostra vocazione”. Viviamo dunque questo tempo abbandonando tutti gli orologi che condizionano drasticamente il nostro vivere, Dio non ha tempo, la Sua misericordia non potrà mai essere contata ne scandita ed è per questa sua immensa grazia che ci chiama e ci invita a vivere la Sua eternità iniziando a pregustarla già da adesso con il rispetto e l’amore verso il prossimo. Liberiamo il nostro cuore da tutto ciò che è certo e tangibile per abbandonarlo all’incertezza dell’infinito ed alla sicurezza delle Sue mani per approdare così alla meta realizzata per ognuno di noi, dove il giudice ci giudicherà secondo le nostre azioni.

mercoledì 22 ottobre 2008

22 ottobre 2007 - 22 ottobre 2008

Rm 4, 20-25
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani.
Fratelli, della promessa di Dio Abramo non esitò con incredulità, ma si rafforzò nella fede e diede gloria a Dio, pienamente convinto che quanto egli aveva promesso era anche capace di portarlo a compimento. Ecco perché gli fu accreditato come giustizia. E non soltanto per lui è stato scritto che gli fu accreditato come giustizia, ma anche per noi, ai quali sarà egualmente accreditato: a noi che crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù nostro Signore, il quale è stato messo a morte per i nostri peccati ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione.

Lc 12, 13-21

In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, dì a mio fratello che divida con me l'eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». E disse loro: «Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell'abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni». Disse poi una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto. Egli ragionava tra sé: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti? E disse: Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia. Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà? Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio»


Saranno state queste parole, un anno fa, che hanno contribuito a farmi diventare quello che sono oggi? Ad un anno di distanza non credevo affatto di ritrovarmi nello stesso posto, alla stessa ora. Forse l'avrei chiamata coincidenza ma ora, comprendendo la trasformazione che c'è stata, non posso credere alle coincidenze ma credo pienamente nel disegno di Dio e nella sua immensa potenza e misericordia. Un anno fa ero in quella chiesa, mi ci trovavo per puro caso ed ho assistito ad una delle messe più belle e sentite della mia vita; sarà stata la mia prima vera messa, con poca gente e con una cerimonia semplice, ma forse è stata questa atmosfera intima e silenziosa che mi ha fatto scoprire il vero protagonista di una messa: Gesù Cristo, che a braccia perte e le mani trapassate dai miei chiodi, mi attendeva, offrendomi il suo amore ed io, con tutta la mia miseria, non ho resistito alla grandezza di tanta misericordia e non ho esitato ad offrire l'unica cosa che di prezioso avevo, il mio cuore. E' stato un dono spontaneo quasi doveroso, non sapevo come ricambiare tanta gentilezza e tanto calore. Non potevo mettere nel cestino delle offerte monete o banconote di carta, a Lui occorreva ben altro, forse era venuto a riprendersi ciò che gli apparteneva e che per anni era stato, invece, soffocato dal peccato e dal torpore. Abramo non esitò e nemmeno io l'ho fatto cosciente di essere comunque fragile, debole, incostante e peccatore.
Oggi sono tornato nella stessa chiesa, sempre per puro caso, dopo l'invito di due persone speciali! Mi sono ricordato al volo che era il 22 Ottobre, iniziando, così, a ringraziare Dio per l'abilità che ha di tessere trame fantastiche al limite dell'immaginabile. Un anno è trascorso, uno dei più belli della mia vita. Potrei ricordare le tappe cruciali ma forse devo riconoscere la cosa essenziale, il primo grande traguardo: quest'anno mi ha cambiato profondamente. Quello che mi disse il Vangelo "Chi accumula tesori per se non arricchisce davanti a Dio" piano piano si è avverato. L'impoverimento di me stesso, che credevo fosse un lieve esaurimento nervoso, col tempo è divenuto un salutare abbandono di tutte le cose inutili e di ogni certezza che per anni mi avevano allontanato da Cristo. Ogni desiderio sembrava assopito, ogni voglia addormentata, avevo perso l'interesse per tutto ciò che avevo praticato fino ad allora e altri orizzonti si delineavano: scoprivo e assaporavo la vera gioia e gustavo, come seduto comodo in cima al Tabor, lo splendido spettacolo della manifestazione di Cristo nella mia quotidianità. Lo vedevo ovunque, nella natura e di lui mi ricordavo anche nel compiere semplici gesti; come un innamorato che pensa all'amata! Una sensazione splendida era come se niente al mondo più esisteva e molto spesso anche il mondo stesso perdeva la sua importanza. Parlo del mondo in senso figurato, mi riferisco a tutte le cose effimere di cui, a causa nostra, è pieno! E il mio mondo era un mondo a parte fatto di preghiera, meditazione, letture e di messe quotidiane; di corsa andai a comprare una Bibbia iniziando a leggere giorno dopo giorno il passo del vangelo della giornata non perdendo l'occasione di partecipare alla messa, la prima che mi capitava! Oggi sono qua e continuo la mia strada. Non credo ai miei occhi ancora, dato il mio essere spesso incostante, e trovo impressionante la costanza che mi porta ad essere sempre più felice nel compiere tutto ciò. Non è un obbligo ma una necessità. Spero che non venga mai a mancarmi questa sete e fame affinché possa essere sempre vigile e attento nel vegliare e nell'attendere il Padrone. Festeggio così il mio primo anno, non c'era altro modo, ringraziando il Padre che mi ha riaccolto rinnovando in me, con la forza dello Spirito Santo, la Sua presenza e pregando affinché non mi venga mai a mancare il Suo sostentamento perché tutti gli anni che vorrà donarmi siano come questo trascorso e caratterizzati da una continua crescita verso ciò che per me è stato prestabilito per me.

A chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più

Luca 12,39-48
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Sappiate bene questo: se il padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate”. Allora Pietro disse: “Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?”. Il Signore rispose: “Qual è dunque l’amministratore fedele e saggio, che il Signore porrà a capo della sua servitù, per distribuire a tempo debito la razione di cibo? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro. In verità vi dico, lo metterà a capo di tutti i suoi averi. Ma se quel servo dicesse in cuor suo: Il padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà nel giorno in cui meno se l’aspetta e in un’ora che non sa, e lo punirà con rigore, assegnandogli il posto fra gli infedeli. Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più”.

“Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?” Io credo che questa parabola sia per tutti e per i quanti sapranno ricavare il vero senso da ogni discorso del Maestro. Chi ha fatto esperienza del mistero di Cristo è chiamato a viverla perché a lui è stato manifestato il volere del Padre e non potrà cambiare direzione. Ecco perché il servo che, pur conoscendo la volontà del padrone non si è prodigato per compierla, avrà riservato un posto tra gli infedeli perché pur vivendo nella luce ha preferito volgere lo sguardo altrove dando più importanza alla fame fisica piuttosto che sfamare la sua anima. Capita a tutti di inciampare e di non essere sempre pronti e vigili ma una volta conosciuta la grazia di Dio è impossibile non cambiare vita, una volta assaporata la dolcezza del suo amore dove mai sarà possibile trovare di meglio? Quindi è sbagliato illudersi di poter cambiare via, occorre invece impegnarsi a percorrerla con le sue salite e con i suoi ostacoli perché “a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più”. A ciascuno di noi è stato affidato un compito, anche se apparentemente non lo conosciamo e ci scervelliamo nel cercare di comprenderlo; il compito primario, al quale siamo stati chiamati, ce lo ricorda anche S. Paolo, è “partecipare alla stessa eredità, formare lo stesso corpo ed essere partecipi della promessa per mezzo del vangelo” ed è per mezzo del vangelo che sarà rivelata a ciascuno di noi la vocazione da abbracciare: essere veri testimoni, accettare con umiltà tutto ciò che ci viene affidato, sia essa una famiglia, un gruppo o un’intera comunità, anche in mezzo alle tribolazioni, non perdersi mai d’animo, e puntare sempre dritto alla meta finale, dove saremo valutati con giustizia infinita e immenso amore. Aiutaci o Signore a comprendere la tua Parola, i nostri occhi siano attenti, le nostre orecchie sempre pronte ad accoglierla e il nostro cuore aperto e pronto a viverla in ogni suo battito.

martedì 21 ottobre 2008

Beati quelli che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli

Luca 12,35-38
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese; siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!”.

“Beati quelli che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli”, rimanere svegli in Cristo significa vigilare sempre per non abbandonarsi ad un sonno molto amico del peccato. Le abitudini o molto spesso la rassegnazione ci fanno vivere l’esperienza con Cristo come una cosa di semplice routine non cogliendo la novità che ci sta ogni giorno nel leggere la sua Parola, nell’esercitarla e metterla in pratica. La parabola dei servi che si fanno trovare pronti all’arrivo del padrone ne è l’esempio, loro preferiscono attenderlo con occhi aperti e così anche noi dovremmo guardare a Lui con occhi diversi non più chiusi e ciechi dal peccato ma liberati, svegli, riscoprendo in ogni attimo della nostra vita la Sua presenza. Per mezzo di Lui siamo rinati e noi che eravamo i lontani, dice S.Paolo, ora siamo i vicini, non più ospiti ma familiari di Dio, pronti a vivere secondo il suo esempio e guadagnare quel posto nella sua mensa “li farà mettere a tavola e passerà a servirli”; laverà i nostri piedi come agli apostoli nell’ultima cena e cancellerà i nostri peccati perché anche noi, seguendo le sue gesta, diventiamo servitori della Sua causa. “Se non ti laverò non avrai parte con me” lasciamoci lavare dunque da Cristo, lasciamo che ogni nostra impurità venga eliminata dalla forza della sua misericordia ed iniziare quel vero cambiamento che ci porterà ad essere “un uomo nuovo” portatore di pace, sempre sveglio e vigilante portando nel cuore quella Luce capace di annientare tutte le tenebre ed essere parte viva della sua Chiesa “edificata sopra il fondamento degli apostoli e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù”.

lunedì 20 ottobre 2008

Chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio

Luca 12,13-21
In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: “Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità”. Ma egli rispose: “O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?”. E disse loro: “Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni”. Disse poi una parabola: “La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto. Egli ragionava tra sé: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti? E disse: Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia. Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà? Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio”.

“La sua vita non dipende dai suoi beni”, questa è la grande giustizia, sapere che saremo giudicati in base a quello che siamo e i nostri meriti, quelli richiesti dal Padre non hanno a che fare col nostro conto in banca o con il numero dei nostri immobili. S. Pietro lo ricorda nella sua prima lettera “non a prezzo di cose corruttibili, come l’argento e l’oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta” e non a prezzo di tutto ciò noi saremo ammessi a godere la luce eterna. La ricchezza non sta in terra, è inutile accumulare beni e dare sfogo a tutti i nostri desideri perché l’unica ricchezza capace di salvarci sta nella Grazia di Dio e nella sua bontà che ha riversato in noi mediante la fede. S. Paolo sottolinea tutto questo nella lettera agli Efesini, ponendo attenzione al malessere provocato dal servire, senza nessun limite, i propri desideri, dal riconoscere come dio il denaro. Sono questi i desideri cattivi, la ricchezza materiale è la nostra tomba ed il benessere non fa a altro che scavare un sepolcro sempre più profondo dove seppellire quotidianamente la nostra esistenza. Ma il Signore distrugge i nostri progetti e dove spesso noi vediamo “maledizioni e sfortune” ci sta tutta la misericordia di Dio che colpisce la nostra grandezza, la nostra sicurezza, la nostra finta stabilità per sanarci e per farci risorgere a vita nuova, rendendoci piccoli, miseri, poveri, vuoti ma pronti per essere riempiti. “L’uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono” e solo Lui è capace di far comprendere l’errore, solo la sua opera sarà capace di dare una scossa alla nostra condotta per riconsiderare tutto sotto un diverso aspetto, seguendo la Verità ed iniziare una vita di sacrificio, praticando il bene, allo scopo di accumulare più tesori possibili ed arricchire davanti a Dio. Siamo stati creati in Cristo, salvati mediante il suo Sangue, con Lui resuscitati perché fossimo l’esempio vivo della ricchezza della sua grazia: La Fede. La nostra fede ci salva, è mediante la fede che sarà possibile arricchirci perché avere fede in Cristo significa affidarsi totalmente a Lui rimettendo nella sue mani la nostra vita, praticando il bene e predicando la Sua Parola.

domenica 19 ottobre 2008

Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio

Matteo 22,15-21
In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi. Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».

Che sciocchi, mettere Dio allo stesso livello di un uomo potente e che sciocchi ancora oggi che il potere fa credere a molti di essere Dio. Gesù delinea le due figure perchè sono diversi i tributi che dobbiamo ad entrambe. Sicuramente Dio non sa che farsene dei nostri miseri tesori materiali, Lui punta a ben altro, Lui vuole il tesoro del nostro cuore, vuole possederlo e quando decide di "invaderlo" non "guarda in faccia a nessuno" perchè non c'è nessuno capace o che abbia l'autorità di mettere parola o dito sulla sua Opera. Dio è l'onnipotente e nessuno mai, potente o arrogante potrà mai avvicinarsi a Lui. "Mostratemi la moneta del tributo" mostriamo il nostro cuore, dunque, lasciamo che Lui lo scruti, diamo il "via libera" alla sua azione nel senso di iniziare ad ascoltare le sue richieste e comprendere il suo immenso amore. Nel nostro cuore c'è la Sua immagine e l'iscrizione del Suo nome, sono stati impressi il giorno del Battesimo e, anche se rischiano d'essere cancellate, esse non scompariranno mai perchè la Sua misericordia supera tutto; doniamo il nostro cuore come tributo a Dio, lasciamo che sia Lui a guidarlo e sostenerlo per piacergli e per avere aperta la strada verso il compimento della Sua volontà.

venerdì 17 ottobre 2008

Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati


Luca 12,1-7
In quel tempo, radunatesi migliaia di persone a tal punto che si calpestavano a vicenda, Gesù cominciò a dire anzitutto ai discepoli: “Guardatevi dal lievito dei farisei, che è l’ipocrisia. Non c’è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto. Pertanto ciò che avrete detto nelle tenebre, sarà udito in piena luce; e ciò che avrete detto all’orecchio nelle stanze più interne, sarà annunziato sui tetti. A voi miei amici, dico: Non temete coloro che uccidono il corpo e dopo non possono far più nulla. Vi mostrerò invece chi dovete temere: temete Colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geenna. Sì, ve lo dico, temete Costui. Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio. Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non temete, voi valete più di molti passeri”.

Sei l'unica Giustizia, o Signore, grazie perchè tu solo sai trovare nei nostri silenzi le nostre preghiere, i nostri limiti e i nostri peccati. Sono stanco del chiasso inutile e del caos che ci sta intorno, sono stanco di dover complicare la vita per vivere in apparenza sereno. Aiutami a semplificare tutto a ridurre al minimo ogni cosa per riscoprire il Massimo, riscoprire te. Tu che conosci il numero dei miei capelli scampami da ogni male e custodiscimi, solo la tua forza potrà sostenermi e salvarmi dai tanti che mi schiacciano rendimi lievito, testimonianza viva del tuo immenso Amore.

mercoledì 15 ottobre 2008

Maestro, dicendo questo, offendi anche noi

Luca 11,42-46
In quel tempo, Gesù disse: “Guai a voi, farisei, che pagate la decima della menta, della ruta e di ogni erbaggio, e poi trasgredite la giustizia e l’amore di Dio. Queste cose bisognava curare senza trascurare le altre. Guai a voi, farisei, che avete cari i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze. Guai a voi perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo”. Uno dei dottori della legge intervenne: “Maestro, dicendo questo, offendi anche noi”. Egli rispose: “Guai anche a voi, dottori della legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!”.

“Maestro dicendo questo offendi anche noi”, siamo ipocriti anche davanti alla sua Parola ed invece di lasciarci edificare e plasmare prendiamo come un’offesa la sua verità e la sua capacità di mettere a nudo le nostre mancanze e i nostri difetti. Purtroppo occupare i primi posti delle “sinagoghe” ed avere i “saluti nelle piazze” molto spesso ci fa sentire i migliori, già mondi e quindi arrivati alla perfezione e alla santità, sviluppando in noi comportamenti errati che cozzano con l’essere veri testimoni. È impossibile sentirsi “completi” perché l’amore di Dio, la Sua sapienza non hanno confini mai quindi potrebbero essere racchiusi all’interno del nostro misero cuore, è un costante evolversi, una continua crescita, un cammino lungo da affrontare assolutamente con umiltà. Proprio l’umiltà è quella che manca a noi e il non ammettere d’essere peccatori e bisognosi di cure, ci rende come “sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo” perché non portiamo nel cuore il messaggio di Cristo, non siamo lucerne accese, ma siamo succubi della materialità e del concepire la fede come una sequenza meccanica di gesti, preghiere pre-stampate e di sorrisi accomodanti ma privi di sincerità. Credo che il Padre non ha che farsene delle nostre cantilene se ad esse non affianchiamo il nostro cuore e la nostra vita come doni da condividere. E’ triste ma è cosi! Se ancora ci scandalizziamo e ci sentiamo offesi dalla sua Parola non siamo realmente suoi Figli ma lo siamo per una conseguenza o perché siamo stati, oramai, battezzati vivendo il nostro essere cristiani come una cosa dovuta, un’etichetta che non occorre mai rimarcare ne rinnovare. Nella sua Parola non c’è scandalo, non c’è offesa ma un immenso amore che mira a cambiare le nostre coscienze, i nostri cuori e a renderci perfetti affinché ai nostri gesti corrisponda anche un cuore sincero e pienamente consapevole. “Guai a voi che trasgredite la giustizia e l’amore di Dio” bisogna mirare a cose più grandi della semplice apparenza, Il Padre conosce il nostro cuore e dinanzi a Lui non c’è falsità che tenga, smettiamola di mentire a noi stessi e di cercare approvazione tra gli uomini, occorre guadagnare la fiducia di Dio e piacere a Lui per essere testimonianza viva cosicché la gente non passi più sopra di noi senza saperlo ma si fermi a contemplare e glorificare la grandezza dell’amore di Dio. Questo brano di oggi mi da la risposta ai dubbi che, ieri, hanno invaso i miei pensieri. Sbaglierò ma sono contrario alla diffusione della Parola in modo edulcorato e accomodante, perché suscita in noi un adagiamento del tutto dannoso che addormenta, man mano la nostra sete e la nostra fame; la Parola deve scuoterci, saziare la fame e la sete senza sviluppare senso di assuefazione o di sazietà, deve farci svegliare ed attuare un vero cambiamento anche andando contro le nostre abitudini e aspirazioni: la Parola è un remo, robusto, che ci aiuta a navigare controcorrente diretti alla fonte di questo immenso Amore, lontani dalla foce e dall’oceano dell’indifferenza.

martedì 14 ottobre 2008

Piuttosto date in elemosina quel che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà mondo

Luca 11,37-41
In quel tempo, dopo che Gesù ebbe finito di parlare, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli entrò e si mise a tavola. Il fariseo si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo. Allora il Signore gli disse: “Voi farisei purificate l’esterno della coppa e del piatto, ma il vostro interno è pieno di rapina e di iniquità. Stolti! Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno? Piuttosto date in elemosina quel che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà mondo”.

S. Giovanni della Croce definisce "principianti" tutti quelli che si affidano all'esteriorità e si aggrappano ad oggetti per mantenere "salda" la loro fede. Spesso siamo convinti che basta portare al collo un crocifisso per essere figli di Dio o circondarci di statuine e immagini sacre per avere protezione e benedizione. Per essere figli di Dio, veri figli, occorre portare la Croce nel cuore, occorre che ogni attimo della nostra vita sia vissuto in vista della Croce e per la Croce. Solo così si ha la certezza di poter essere "mondi" e degni d'essere chiamati Figli. Oggi Gesù lo dice "date in elemosina quel che c’è dentro" datevi in dono agli altri e solo esercitando la carità è possibile incamminarsi nella giusta via ed essere conformi a Colui che per primo si è Donato a tutti noi; ma effettivamente siamo troppo impegnati a curare il nostro esterno e a spendere tempo prezioso per renderlo più duraturo possibile, siamo troppo ciechi per capire che l'unica cosa da curare è l'interno, è la cosa che mai perirà, nemmeno dinanzi alla morte la nostra anima, se affidata alle mani del Padre, conoscerà il sepolcro. Non esistono manuali, ne cure a base di massaggi ne farmaci, l'elisir di eterna vita ci viene offerto da Dio: "sponsorizzato" dalla Sua Parola e donato a noi con il Suo Spirito. Accogliamolo allora, lasciamo entrare Cristo nei nostri cuori e saremo certi che anche la nostra anima farà esperienza di Lui cosicchè non potrà mai vivere distante da Colui che l'ha salvata, redenta e innalzata alla vita eterna.

domenica 12 ottobre 2008

Andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze

Matteo 22,1-14
In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: Dite agli invitati: “Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».


"Io Ho amato e invitato tutti" Questo passo del vangelo mi ricorda una parabola raccontata e quindi vissuta dalla Beata Angela da Foligno. Lei domandò a Dio di indicarle chi sono i Veri figli di Dio, e il Padre, inevitabilmente, spiega tutto con una parabola sottolineando il fatto che una volta ricevuto l'invito siamo già in condizione di essere chiamati tali. Sta a noi scegliere di buttare via i nostri vecchi abiti ed indossare l'abito adatto alle nozze, liberare, quindi, la nostra anima e renderla pura per l'incontro che la renderà eterna. "Gli invitati speciali sono quelli che vogliono conoscere chi è l'uomo buono che li ha invitati, per potergli piacere" per non alzarsi più da quella mensa fonte di vera pace e immenso amore. O Signore aiutaci ad indossare l'Abito Nuziale e ad uniformarci alla tua volontà, per godere delle delizie della tua mensa e gustarne le prelibatezze in comunione con tutti i commensali che farei sedere al nostro fianco.

sabato 11 ottobre 2008

Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio

Luca 11,27-28
In quel tempo, mentre Gesù stava parlando, una donna alzò la voce di mezzo alla folla e disse: “Beato il grembo che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!”. Ma egli disse: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!”.

Questo brano, oggi, rimbomba come un tuono nella mia testa e nel cuore: via ogni tristezza siamo chiamati ad essere beati ad assaporare la stessa beatitudine di Colei che ha portato in grembo Gesù portando noi stessi in grembo il Suo Spirito con la Sua Parola. Un bimbo tenuto in grembo cresce, con le nostre carezze ed attenzioni nascerà come frutto del nostro più intimo e sincero amore ed è così che dobbiamo accogliere la Parola di Dio ed osservarla per confluire a quel grembo ogni nostra attenzione ed ogni nostro affetto. Il frutto sarà Luce per noi stessi e per chi condividerà la nostra stessa gioia.

Chi non è con me è contro di me

Luca 11,15-26
In quel tempo, dopo che Gesù ebbe scacciato un demonio, alcuni dissero: “È in nome di Beelzebul, capo dei demoni, che egli scaccia i demoni”. Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo. Egli, conoscendo i loro pensieri, disse: “Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demoni in nome di Beelzebul. Ma se io scaccio i demoni in nome di Beelzebul, i vostri discepoli in nome di chi li scacciano? Perciò essi stessi saranno i vostri giudici. Se invece io scaccio i demoni con il dito di Dio, è dunque giunto a voi il regno di Dio. Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, tutti i suoi beni stanno al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via l’armatura nella quale confidava e ne distribuisce il bottino. Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde. Quando lo spirito immondo esce dall’uomo, si aggira per luoghi aridi in cerca di riposo e, non trovandone, dice: Ritornerò nella mia casa da cui sono uscito. Venuto, la trova spazzata e adorna. Allora va, prende con sé altri sette spiriti peggiori di lui ed essi entrano e vi alloggiano e la condizione finale di quell’uomo diventa peggiore della prima”.


Nel brano di oggi è ben definita la linea da intraprendere dopo esser stati visitati e guariti dalla mano di Dio. Ognuno di noi ha bisogno del suo aiuto costante, non occorre essere indemoniati per implorare la salvezza, che potrà essere ottenuta solo se veramente voluta e sentitamente cercata con una preghiera costante ed insistente. È il Padre che ci salva ma sta a noi muovere la prima pedina, sta a noi “dividere il nostro regno” in modo che cessi d’esistere ed iniziare una riedificazione sotto una diversa prospettiva, illuminati dalla vera Luce, sta a noi innescare il meccanismo chiedendo di liberare il nostro cuore dalle tenebre del peccato per iniziare, in nome di Dio, il cammino verso il suo regno. All’inizio, tutto ciò, potrebbe sembrare un’opera impossibile, visto il nostro vivere in modo errato, ma man mano diventa appagante questo continuo liberarsi dalle tante schiavitù credute certezze cominciando ad assaporarla dolcezza della comunione con Lui. Occorre affidarsi, abbandonare l’armatura e la corazza che ci facevano credere al sicuro, guardiani di un bottino privo di vero valore, affidandosi al Padre si getta via ogni arma, ogni zavorra, ogni convinzione e tutto viene rivalutata e rivisto con occhi diversi lasciando a Lui il compito di custodire il nostro tesoro e guidare il nostro cammino. È importante, però, non abbassare mai la guardia e non sentirsi mai arrivati, il viaggio è lungo e pieno di pericoli “il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede”, e la fede è l’unica arma e l’unica via di salvezza; rimanere in Dio e raccogliere con lui per far si che la “casa” dalla quale il peccato è stato cacciato non rimanga più un luogo appetibile ai demoni. Noi siamo con Cristo “chi non è con me è contro di me” non si transige, non potrà mai esserci spazio per servire due padroni quindi lasciamo operare e dimorare in noi Dio, unico vero Padrone che con la sua parola e il suo Spirito completerà quella “pulizia” che ci porterà a vivere per Lui lontani da ogni pericolo e brillare in eterno. La luce di Cristo e il suo fuoco infiammino i nostri cuori e in noi dimori nient’altro che il suo Spirito, come spinta di ogni nostra azione, ossigeno per ogni nostro respiro così da s0ettere di disperdere parole inutili iniziando a gettare semi di vero amore e di pace.

giovedì 9 ottobre 2008

Chiedete e vi sarà dato


Luca 11,5-13
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Se uno di voi ha un amico e va da lui a mezzanotte a dirgli: Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da mettergli davanti; e se quegli dall’interno gli risponde: Non m’importunare, la porta è già chiusa e i miei bambini sono a letto con me, non posso alzarmi per darteli; vi dico che, se anche non si alzerà a darglieli per amicizia, si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono almeno per la sua insistenza. Ebbene, io vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!”.


In un’esistenza come la nostra, sempre più proiettata verso un vivere a senso unico, mi chiedo se ci fermiamo mai a tirare un bilancio tra il ricevere e il dare. Sicuramente la bilancia penderebbe a picco da un lato, da quel lato che vede un egoistico bisogno di avere tutto e tutti a qualsiasi costo senza mostrare una minima disponibilità ad entrare in comunione e condividere. La moda dell’esser single sta divorando tutto e va oltre lo stato sociale rendendo single anche il nostro cuore in perenne bisogno di certezze e in costante carenza di affetto. Nonostante il continuo rimpinzarsi scopriamo vuoti incolmabili e abissi di oscurità; non comprendiamo tutto ciò che sta dietro il “dare”, il “donare” in modo gratuito e senza secondi fini, non riusciamo a scoprire la magia del condividere il bisogno altrui e gioire, dopo, nel riuscire a far star bene chi ci tende una mano. Avevo interpretato questo brano soffermandomi sempre e meditando la grande misericordia del Padre che promette qualsiasi cosa a chi saprà chiedere, bussare e cercare con insistenza e perseveranza; oggi voglio girare e mettere in circolo questa misericordia affinché ciascuno di noi sia quel padre che non sa resistere alla domanda di un figlio e viceversa un figlio che, senza timore, domanda aiuto. S. Francesco dice “è dando che si riceve” perché credo che dietro il nostro donare ci sia celata una richiesta continua e forte al Padre: donare è chiedere un aiuto costante al Signore, solo con la forza del Suo Spirito possiamo liberare il nostro cuore da interessi e scopi e fare di noi stessi pane spezzato, un dono continuo e vero per i fratelli. O Signore guidaci e sostienici affinché il nostro cuore operi per un'unica grande causa: glorificare te col servizio ai fratelli, aiutaci ad ascoltare chi batte alla nostra porta, a vedere chi cerca il nostro aiuto, ed a sentire col cuore, in ogni richiesta di conforto, la Tua voce e la Tua volontà.

lunedì 6 ottobre 2008

Chi è il mio prossimo?


Luca 10,25-37

In quel tempo, un dottore della legge si alzò per mettere Gesù alla prova: “Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?”. Gesù gli disse: “Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?”. Costui rispose: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso”. E Gesù: “Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai”. Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: “E chi è il mio prossimo?”. Gesù riprese: “Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall’altra parte. Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n’ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all’albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?”. Quegli rispose: “Chi ha avuto compassione di lui”. Gesù gli disse: “Va’ e anche tu fa’ lo stesso”.
"E chi è il mio prossimo?" Il mio prossimo è colui che incontro per strada ad elemosinare un sorriso, il mio prossimo è chi, divorato dalla solitudine, attende una mia carezza, il mio prossimo e colui che tende la mano per condividere un dolore immenso ma alleviato se portato in due, il mio prossimo è colui che mi calunnia e con odio getta fango sulla mia persona, è lui che più di ogni altro necessita delle mie preghiere e delle mie cure, lui che si aspetta da me il medesimo comportamento e che invece rimane colpito dall'amore che sono disposto a donargli morendo a me stesso, annientando il mio orgoglio per lasciar spazio a quella misericordia che fu di Gesù e che, tramite la sua Parola, Lui ci trasmette. Ereditare la vita eterna significa viverla già in terra, un'esistenza proiettata unicamente verso la Legge e verso tutto ciò che ci sta scritto; saperla leggerla è saperla incarnare con opere intrise di carità umiltà e amore. "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso", spesso mi ritrovo ad amare il prossimo più di me stesso perché in lui vedo Colui che ha creato e messo in circolo questo grande amore e che, costantemente, con la forza dello Spirito Santo e la Sapienza della sua Parola lo rafforza e lo rinnova. Signore aiutaci a ritrovare sempre Te nel prossimo che ogni giorno ci metti accanto, possa la nostra opera servire a glorificare il Tuo Nome e ad illuminare con il riflesso della tua luce i tanti che vivono nel buio più pesto.

domenica 5 ottobre 2008

La pietra che i costruttori hanno scartatoè diventata la pietra d’angolo

Matteo 21,33-43
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo». E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:“La pietra che i costruttori hanno scartatoè diventata la pietra d’angolo;questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”?Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».

"darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo" . Il Signore non può attendere in eterno e star dietro alla nostra indecisione. La Vigna è stata costruita anche per noi e per tutti quelli che, come noi, preferiscono girarci attorno, guardarla da lontano e ritenerla luogo riservato solo per alcuni. Siamo chiamati tutti ad entrare e faticare affinchè produca frutti, nessuno è stato escluso ma il biglietto d'entrata sarà staccato per i quanti ascolteranno la Sua parola e grazie alla potenza della Sua Sapienza faranno della vigna un luogo ricco di frutti prelibati. I servi del padrone periodicamente riscuotono il raccolto anche se, come nella parabola, preferiamo far finta di non conoscerli e sistematicamente li uccidiamo, bastoniamo e lapidiamo; quando si presenta una circostanza nella quale il nostro essere Suo figli e lavoratori della Sua vigna dovrebbe brillare sopra ogni altro elemento, sopra l'odio, l'invidia, la violenza, ecco che i frutti dell'amore, che sarebbero dovuti germogliare dal seme della Parola piantata nel nostro cuore, sono soffocati, invece, dalle erbacce e dai rovi dell'odio. Il nostro cuore è duro, lo è davanti ai servi, lo è stato dinanzi al figlio stesso del padrone e lo è ancora, nonostante "La meraviglia ai nostri occhi" che è stata compiuta dal Padre che ha mandato il suo unico Figlio per addolcire i nostri cuori e per dare al mondo, con la Sua parola, un aiuto costante, un Seme eterno che se piantato e custodito con amore darà in noi i frutti voluti dal padrone. Basta aspettare, non corriamo il rischio d'essere cacciati dalla vigna ma accogliamo pienamente la vocazione che a ciascuno di noi è stata affidata, senza timore ne dubbi di nessun genere: La Sapienza del Padre, lo Spirito Santo e la Parola saranno quella "siepe" che proteggerà il nostro lavoro. Ti ringraziamo o Signore per il privilegio di averci invitato, anche se indegnamente, a lavorare nella tua vigna, aiutaci...

mercoledì 1 ottobre 2008

Ti seguirò dovunque tu vada

Luca 9,57-62
In quel tempo, mentre andavano per la strada, un tale disse a Gesù: “Ti seguirò dovunque tu vada”. Gesù gli rispose: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”. A un altro disse: “Seguimi”. E costui rispose. “Signore, concedimi di andare prima a seppellire mio padre”. Gesù replicò: “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu va’ e annunzia il regno di Dio”. Un altro disse: “Ti seguirò, Signore, ma prima lascia che io mi congedi da quelli di casa”. Ma Gesù gli rispose: “Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio”.

Quando il Signore chiama...Chiama! Non c'è scusa che tenga ne ostacolo che non possa essere superato. Ogni nostra certezza si frantuma in mille pezzi e se all'inizio una gabbia ci impedisce di spiccare il volo man mano, poi, la certezza di seguirlo "dovunque tu vada" diventa irrefrenabile, unica opzione da scegliere! La direzione di Gesù è ben chiara, lontana da ogni traguardo materiale “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” e da tutto ciò che fino ad allora è stata la nostra felicità, cambia tutto, il modo di concepire le cose e di valutarle e tutte le cose importanti e indispensabili diventano scorie, scarti di una vita passata, una vita data in permuta per una Nuova Esistenza senza limiti di nessun genere, nemmeno la morte potrà fermare l'esperienza che Cristo ci invita ad abbracciare “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu va’ e annunzia il regno di Dio”. Il nostro SI deve essere assoluto, privo di ripensamenti, non possiamo voltarci indietro ne lasciare una scia di incertezza "Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio”, dal momento in cui l'Amore di Dio è entrato in noi è impossibile distogliere lo sguardo, il pensiero e la nostra vita stessa dal sentiero che ci indica con la sua Sapienza. Signore aiutaci a pronunciare quotidianamente il nostro fiat soprattutto nei momenti di debolezza, sostienici nel cammino per giungere al traguardo: Sia Fatta la Tua Volontà.