lunedì 15 dicembre 2008

Il battesimo di Giovanni, da dove veniva?

Matteo 21,23-27
In quel tempo, entrato Gesù nel tempio, mentre insegnava gli si avvicinarono i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo e gli dissero: “Con quale autorità fai questo? Chi ti ha dato questa autorità?” Gesù rispose: “Vi farò anch’io una domanda e se voi mi risponderete, vi dirò anche con quale autorità faccio questo. Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?”. Ed essi riflettevano tra sé dicendo: “Se diciamo: ‘‘dal cielo’’, ci risponderà: ‘‘perché dunque non gli avete creduto?’’; se diciamo ‘‘dagli uomini’’, abbiamo timore della folla, perché tutti considerano Giovanni un profeta”. Rispondendo perciò a Gesù, dissero: “Non lo sappiamo”. Allora anch’egli disse loro: “Neanch’io vi dico con quale autorità faccio queste cose”.

I sommi sacerdoti hanno paura di prendersi le responsabilità frutto del loro comportamento e della loro cecità. Domandano a Gesù da dove provenga l’autorità con la quale Lui insegna ma lo fanno con arroganza al solo scopo di sapere, un sapere superficiale che non ha niente in comune con il comprendere e il vivere. Gesù, come sempre, riesce a far riflettere e a darci delle risposte utilizzando le nostre stesse armi, sfruttando le circostanze e ciò che possediamo perché così ha imparato dal Padre che ha saputo sfruttare la nostra miseria per incarnare il Salvatore, affinché il messaggio fosse chiaro e di facile comprensione. Ecco che nel delineare una continuità logica tra l’opera del Battista e la Sua interroga a sua volta i sacerdoti e li mette dinanzi al loro errore: non aver compreso, non aver voluto comprendere. Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, e non c’è peggior cieco di chi si ostina a non aprire gli occhi e spalancare il cuore all’unica vera verità. A Gesù spetterà una sorte simile a quella riservata per Battista, Lui lo ha sempre saputo perché ha conosce il cuore dell’uomo. “Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?” Perché Gesù proviene dalla stessa fonte e il Battista non è stato altro che il suo precursore, colui che ha avuto il compito di preparare le strade al Messia, colui che non è stato ben accetto come non lo sarà Gesù stesso. Prendiamoci le responsabilità che scaturiscono dal nostro modo di pensare e di agire, occorre avere le idee chiare perché non si può attendere il Messia covando dubbi o ripensamenti. La nostra fede sia chiara, schietta e senza crepe, perché questo vaso dovrà contenere il Bambino Gesù, la Sua Parola e il Suo Esempio.

domenica 14 dicembre 2008

Io non sono il Cristo

Giovanni 1,6-8.19-28
Venne un uomo mandato da Dio:il suo nome era Giovanni.Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce,perché tutti credessero per mezzo di lui.Non era lui la luce,ma doveva dare testimonianza alla luce.Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa». Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

“Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce”, mi colpisce tanto questa affermazione dell’evangelista Giovanni perché con poche parole sottolinea e delinea la figura del Battista ponendo attenzione al suo vero ruolo e ala sua vera natura. Sicuramente il Battista non aveva dubbi ne sulla sua reale vocazione e missione ne sul contenuto del messaggio che andava annunciando. Non è lui la luce! Quanti di noi sono in grado di comprendere questo? Abituati come siamo a porci sempre al centro della nostra vita, a valutarci a tratti onnipotenti e sentirci “Cristo in terra” abbiamo perso totalmente la percezione della Vera Luce e così anche la capacità di prepararci al meglio per accoglierla “Io non sono il Cristo”. Oggi ho mandato un sms ad alcuni dei miei amici ricordando loro che è la 3rza domenica d’avvento, qualcuno mi ha risposto che non si era nemmeno accorto che stesse arrivando il Natale! Ovvio, le nostre case sono ormai stracolme di cose inutili e il nostro essere giovani, forti, ci porta a riconoscerci come padroni di ogni cosa, della nostra vita stessa. Spesso, però, arrivano le ammonizioni, che ben vengano, se hanno lo scopo di riportare i nostri sguardi dritti verso un’unica e reale direzione: La Fonte di questa immensa Luce. Solo così, rendendosi davvero conto della povertà e della piccolezza di noi miseri sarà possibile ricominciare una nuova vita, una nuova missione che ci vuole messaggeri e annunciatori di quel messaggio di salvezza che sta dietro la venuta della Luce, anche se all’istante sembra accecante poi man mano ci si abitua ai suoi bagliori come ci si abitua anche ai suoi repentini cali di tensione, l’importante è non dubitare mai della sua esistenza ed annunciarla con la nostra vita e quindi rendendo testimonianza, non più a parole ma con il silenzio dei nostri gesti. Qualche sera fa in una riunione mi si chiedeva “Chi fosse per me Gesù”, io ho preferito tacere perché non si può definirlo a parole, siamo stanchi delle parole! Piuttosto dovrebbe dirlo chi mi sta accanto, dovrebbe esprimerla chi vive accanto a me la mia idea di Gesù e cosa traspare di Lui dai miei gesti e dal mio comportamento. E’ questa la vera testimonianza che è ben diversa dai teatrini che siamo abituati ad inscenare pur di far debuttare giornalmente la nostra fede e il nostro essere cristiani. Pensiamo di più, ed invece di agire per apparire muoviamo le nostre forze tenendo chiara in mente la vocazione di noi Battezzati in Cristo: Annunciare il suo messaggio vivendolo per dar vita ad una testimonianza silenziosa ma efficace e vera.

sabato 13 dicembre 2008

Elia è già venuto, e non l'hanno riconosciuto


Matteo 17,10-13
Nel discendere dal monte, i discepoli domandarono a Gesù: “Perché gli scribi dicono che prima deve venire Elia?” Ed egli rispose: “Sì, verrà Elia e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elia è già venuto e non l’hanno riconosciuto; anzi, l’hanno trattato come hanno voluto. Così anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro”. Allora i discepoli compresero che egli parlava di Giovanni il Battista.

Aspettiamo sempre con ansia qualcosa che mai arriverà perchè tutto ciò che è già venuto non siamo stati in grado di vederlo e percepirlo. Rimandiamo ogni cosa, ogni decisione e così rimandiamo giornalmente anche la nostra conversione rischiando di perdere la buona occasione, la Salvezza prestabilita per ciascuno di noi.

martedì 9 dicembre 2008

Dio non vuole che i piccoli si perdano


Matteo 18,12-14
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Che ve ne pare? Se un uomo ha cento pecore e ne smarrisce una, non lascerà forse le novantanove sui monti, per andare in cerca di quella perduta? Se gli riesce di trovarla, in verità vi dico, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite. Così il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli”.

Questo brano da forza alla nostra speranza, alla speranza messa in difficoltà dagli imprevisti che sistematicamente ci portano a non sperare più ed a pensare d’esser stati dimenticati da tutti e da Dio stesso. Se pensassimo, invece, all’immenso amore del Padre, a quell’amore che ci ha voluti in vita, all’amore che ci ha radunati sotto la Croce, se davvero avessimo ben chiara la sua infinita misericordia non avremmo mai momenti di sconforto. Dio ha a cuore il destino di ognuno di noi perché ha avuto a cuore la nostra nascita, con il suo amore ha soffiato dentro le nostre vuote vite donandoci l’alito della vita eterna e con lo stesso amore ci conduce, da buon pastore, fino alla meta finale, senza perdere di vista ogni nostro minimo passo. Mi domando però se noi siamo disposti a volerlo accanto; quante volte abbiamo deciso di cacciare la sua compagnia, quante volte abbiamo preferito circondarci di altro e di nascondere la sua presenza dando spazio a qualcosa che secondo noi era più importante.. per fortuna che Lui non passa, che Lui è sempre disposto a darci una seconda possibilità e opera in silenzio, nei nostri cuori, e porta a compimento ogni progetto perché nulla è impossibile alle sue mani. Per noi il Padre vuole il meglio, è disposto a lasciare incustodite le altre 99 pecore pur di salvare quella smarrita e di questo dobbiamo prenderne consapevolezza per riuscire a maturare il concetto dell’essere figli di Dio, dono di Dio e come tali chiamati a uniformarci al Suo unico Figlio, in Lui abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati e la via sicura per la salvezza eterna. Accettiamo l’aiuto del Signore e accettiamo l’evidenza, il nostro essere totalmente smarriti e lontani dai pascoli che ha preparato per noi. Fidiamoci di Dio e affidiamoci alla sua cura, ci condurrà ad acque tranquille se solo saremo disposti a farci piccoli, umili “il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli”

domenica 7 dicembre 2008

2° Domenica d'Avvento: Preparate la via al Signore, raddrizzate il vostro cuore

Marco 1,1-8
Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio. Come sta scritto nel profeta Isaìa:«Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero:egli preparerà la tua via.Voce di uno che grida nel deserto:Preparate la via del Signore,raddrizzate i suoi sentieri»,vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

La liturgia della seconda domenica di avvento invita ad essere veri messaggeri di Cristo e a saper preparare la via al Signore. Come un buon contadino che prima di piantare lavora bene la terra, come un buon organizzatore che prima di un evento cura nel dettaglio ogni aspetto, così noi, oggi, siamo chiamati ad essere vivi durante l’attesa e preparare al meglio la via al Signore. Certamente i preparativi ai quali fa riferimento il passo del Vangelo non hanno niente a che vedere con quelli che in questi giorni impegnano le nostre giornate perché preparare la via non significa saper ricreare al meglio una capanna e saper posizionare perfettamente sopra una stella cometa bensì l’unica via da spianare si trova dentro al nostro cuore, ed è li che bisognerebbe dar vita alla più accogliente delle culle, alla più vera delle greppie: il nostro cuore come luogo dove accogliere e custodire il Bambino. Purtroppo, però, è talmente intasato che oramai non c’è più spazio, occorrerebbe liberarlo, ripulirlo ma si sa che è molto difficile iniziare una seria pulizia se non si ricorre all’aiuto di colui che rivendica il possesso del nostro cuore. Preghiamo in questo tempo perché il Signore ci aiuti a comprendere ciò e ad affidare noi stessi nelle sue mani, perché solo con la sua opera sarà possibile raddrizzare il nostro cuore e renderlo un posto accogliente dove far dimorare per sempre Gesù Cristo. Il natale non può essere un periodo ristretto, racchiuso in poche giornate trascorse con amici e parenti, il Natale va vissuto ogni giorno della nostra vita perché ogni giorno possa nascere Gesù nei nostri gesti e nell’amore che manifestiamo verso il prossimo.

martedì 2 dicembre 2008

Gesù esultò nello Spirito Santo

Luca 10,21-24
In quel tempo, Gesù esultò nello Spirito Santo e disse: “Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così a te è piaciuto. Ogni cosa mi è stata affidata dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare”. E volgendosi ai discepoli, in disparte, disse: “Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Vi dico che molti profeti e re hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, ma non lo videro, e udire ciò che voi udite, ma non l’udirono”.
"Molti profeti e re hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, ma non lo videro, e udire ciò che voi udite, ma non l’udirono"... e noi, ai quali è stata data la possibilità di comprendere, di udire e di vedere, continuiamo a guardarci intorno e cercare chissà quale grande evento e prodigio. Il segreto sta nella piccolezza, nell'essenzialità, nel saper rimanere umili e nel riuscire a mantenere piccolo il nostro cuore a tratti indifeso ma totalmente affidato a Colui che tutto può. Gesù rende grazie, in questa splendida preghiera, appunto perchè dalla miseria il Padre riesce a ricavare sempre qualcosa di grande e di immenso, riconoscendo in Lui stesso la realizzazione della rivelazione per eccellenza. Il Padre poteva scegliere di incarnare il suo unico Figlio in un contesto totalmente diverso, ma facendolo nascere in forma umana, piccolo e in una grotta, ha voluto sottolineare la sua predilezione per gli ultimi, i poveri, i puri, e per chi sa custodire gelosamente quella grande virtù, l'umiltà, che gli permetterà di giungere fino in alto. Ma cosa sarà mai questo tesoro nascosto ai dotti e sapienti e rivelato, invece ai piccoli? Cosa può essere se non la totale comprensione del mistero di Cristo e la capacità di riuscire ad udire piuttosto che ascoltare ed a vedere piuttosto che guardare. Per giungere a conoscere il Padre occorre essere figlio e per essere figlio bisogna riconoscere in Dio l'unico vero Padre, colui che ci ha dato la vita per viverla intensamente allo scopo di conoscerlo. La nostra vita, infatti, dovrebbe essere orientata verso questa conoscenza specialmente dopo esser stati testimoni della redenzione, ed essere stati salvati; siamo beati già per il fatto d'aver visto ed udito, e non oso immaginare ciò che ci attenderà se solo provassimo ad aderire in pieno al messaggio di Cristo! In Lui c'è il tramite, nella sua croce il ponte e nella sua Parola la spinta giusta che potrà catapultarci nella via che conduce alla verità. Esser piccoli non significa dichiararsi perdenti, ma al contrario mostrare piena intenzione di affidarsi costantemente alla volontà del Padre e seguire l’esempio del figlio per giungere alla rivelazione eterna.

lunedì 1 dicembre 2008

Va’, e sia fatto secondo la tua fede

Matteo 8,5-17
In quel tempo, entrato Gesù in Cafarnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava: “Signore, il mio servo giace in casa paralizzato e soffre terribilmente”. Gesù gli rispose: “Io verrò e lo curerò”. Ma il centurione riprese: “Signore, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto, dì soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Perché anch’io, che sono un subalterno, ho soldati sotto di me e dico a uno: Va’, ed egli va; e a un altro: Vieni, ed egli viene; e al mio servo: Fa’ questo, ed egli lo fa”. All’udire ciò, Gesù ne fu ammirato e disse a quelli che lo seguivano: “In verità vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande. Ora vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori nelle tenebre, ove sarà pianto e stridore di denti”. E Gesù disse al centurione: “Va’, e sia fatto secondo la tua fede”. In quell’istante il servo guarì. Entrato Gesù nella casa di Pietro, vide la suocera di lui che giaceva a letto con la febbre. Le toccò la mano e la febbre scomparve; poi essa si alzò e si mise a servirlo. Venuta la sera, gli portarono molti indemoniati ed egli scacciò gli spiriti con la sua parola e guarì tutti i malati, perché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: “Egli ha preso le nostre infermità e si è addossato le nostre malattie”.

Davvero da ammirare ed imitare questo centurione, lui ha ben chiaro in mente chi è Gesù Cristo e possiede una fede salda che lo porterà a sedere a “mensa con Abramo, Isacco, e Giacobbe”. La fede è un dono di Dio ma bisogna paragonarla ad un seme che viene gettato, così questo dono porterà frutto solo se sapientemente custodito e accudito. Per curare al meglio la nostra fede occorre andare incontro a Cristo costantemente “gli venne incontro un centurione” il nostro rapporto con Lui non può essere a senso unico e non possiamo permetterci il lusso di aspettare ed attendere passivamente che Lui si manifesti. Andare incontro per donare il nostro cuore, andare incontro mostrando un cuore pronto ad accogliere il messaggio di Cristo e comprenderlo. Il centurione, infatti, non solo va incontro a Gesù ma con le sue parole e le sue intenzioni rende chiaro il fatto che lui ha ben compreso la vera natura del Figlio e con questo il progetto del Padre. “Anch’io che sono un subalterno ho soldati sotto di me e dico ad uno: va’, ed egli va”, con questo esempio Gesù riconosce in lui una fede grande “come nessuno in Israele”, capace di far guarire il suo servo “sia fatto secondo la tua volontà”. Nell’esempio fatto dal centurione è spiegato tutto il disegno del Padre, che ha mandato il Figlio, suo subalterno, per sottomettergli tutte le creature allo scopo di ricondurle sotto la sua croce e salvarle. Gesù, però, pur essendo un subalterno, ha un valoroso soldato sotto di Lui, ha la volontà del Padre, ha la Sapienza del Padre e “qualsiasi cosa domanderete sotto il mio nome Il Padre mio ve la concederà”; È come se lo stesso Padre divenisse, poi, subalterno del Figlio perché tramite il Figlio, seguendo il Figlio ed aderendo all’esempio del Figlio, qualsiasi cosa sarà possibile e realizzabile. Non tutti riescono a comprendere questo meccanismo, non tutti riescono a scorgere nella vera Fede l’unica arma di salvezza, l’unica chiave per accedere alla vita eterna; specialmente chi si sente già vicino e chi si reputa perfetto “i figli del regno” rischia di non dare l’attenzione dovuta alla sua fede e si adagia convinto d’esser giunto a destinazione quando invece di strada ce n’è ancora tanta. Occorre ritornare sui propri passi e con umiltà “io non sogno degno che tu entri sotto il mio tetto” riconoscersi per quello che realmente si è, poveri ed umili servi in continuo commino allo scopo di riscoprire nella nostra inutilità l’unica cosa preziosa, la sola capace di salvarci: la fede.