giovedì 26 novembre 2009

Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti.

Luca 21,20-28

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, allora sappiate che la sua devastazione è vicina. Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano verso i monti, coloro che sono dentro la città se ne allontanino, e quelli che stanno in campagna non tornino in città; quelli infatti saranno giorni di vendetta, affinché tutto ciò che è stato scritto si compia. In quei giorni guai alle donne che sono incinte e a quelle che allattano, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo. Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri in tutte le nazioni; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti.
Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina».

..."ma il mio popolo non ha ascoltato la mia voce, l'ho abbandonato alla durezza del suo cuore, che seguisse il proprio consiglio".... e il popolo raccontato in questo passo non è un popolo che ha vissuto 2000anni fa, ma è un popolo che vive ancora oggi e che, ancora oggi, si ritrova perfettamente nel racconto di questi eventi! Un popolo che si allontana da Dio è un popolo che indurisce il proprio cuore col l'illusione di riuscire a governarlo da sé; la storia ci insegna e l'attualità ci ricorda tristemente che il "proprio consiglio" non porta a nessun fine se non alla fine, alla fine del mondo che ogni giorno ci viene spiattellata con indifferente freddezza. Ho paura, e non della fine, la paura maggiore è che questa nostra durezza e freddezza non ci aiutino per niente nell'individuare i "segni", quei segni che i permetteranno poi di alzare il capo e di contemplare la Gloria di Dio... e chi non sarà in grado di individuarli senza dubbio è lontano da Dio, distante!! Non lasciamo che i pagani saccheggino la nostra "città" ma difendiamola come tesoro geloso quale essa è: La nostra anima vedrà la potenza di Dio se rimarrà saldamente ancorata a Dio; non vedrà mai la fine perchè vive in Dio e con Dio quel tempo senza fine

mercoledì 25 novembre 2009

Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto

Luca 21,12-19

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza.
Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere.
Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto.
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».


Per preparare la propria difesa occorre ammettere che in fondo si sta compiendo qualcosa che è contro la logica, contro la regola; Anche se in fondo perseverare la via della Croce, nei momenti della tribolazione, può sembrare una "follia" in realtà non lo è, anzi diviene salvezza la stessa perseveranza e la stessa speranza contro una realtà che ci invita a fare il contrario. Come dice Gesù l'occasione propizia per testimoniare è proprio il momento della prova, dell'angoscia perchè la nostra fede si testa col fuoco, ed è col fuoco che il nostro cuore potrà finalmente ardere e bruciare d'amore. Nulla potrà spegnerlo e niente potrà sempararci da lui " Chi ci separerà dall'amore di Cristo? Sarà forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma, in tutte queste cose, noi siamo più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati"... nessun capello del nostro capo andrà perduto!!

martedì 24 novembre 2009

Non sarà lasciata pietra su pietra

Luca 21,5-11

In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».
Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».
Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.




Badate di non lasciarvi ingannare! Quante volte ci inganniamo e ci illudiamo d'aver "incontrato" "fatta esperienza" "condiviso" e quindi aver assaporato le dolcezze del Tempo? Troppe volte infatti ci autoconvinciamo senza lasciare che la convinzione vera venga da Chi può renderla reale e fattibile. Gli sconvolgimenti sono una tappa essenziale da vivere perchè essenziale ed indispensabile è la morte, morire per rinascere a nuova vita; e se non si accetta di morire difficilmente la rinascita sarà vera, ma appunto una povera illusione destinata a perire e a dimorare nella tomba. I segni grandiosi del cielo, invece, saranno visibili ai quanti avranno scelto il cielo, ai tanti che nella morire a se stessi hanno scelto di vivere con Cristo senza paura alcuna e con la certezza a priori di superare ogni inganno ed essere vincitore "in virtù di colui che salva"

domenica 22 novembre 2009

Tu lo dici: io sono re

Giovanni 18,33b-37

In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?».
Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».
Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».



Povero Pilato, credeva che ammetterlo costasse a lui dover ammettere anche d'essere un giudeo, invece in cuor suo una briciola di verità c'era, quel poco per credere nella sua innocenza. Gesù infatti domanda se queste deduzioni venivano dal cuore di Pilato oppure da ciò che si diceva in giro proprio per testare il grado della sua consapevolezza: Cristo il re non solo dei giudei ma di ogni essere vivente, di chi sceglie la verità e vive uniformandosi alla verità. La Verità non va difesa in quanto tale regge da sè, ecco perchè i suoi servitori non hanno combattuto, hanno assecondato la Verità e fatto in modo che tutto si compisse e che fosse instaurato il Regno dove la morte non ha accesso e dove ciascuno regnerà accanto al Sovrano. Cristo con la sua Regalità si incarna scegliendo il trono dell'umiltà e della piccolezza per compiere la missione di salvezza tramite il trono della sofferenza, la Croce, e richiamare a se, sul trono della Gloria eterna tutti i dispersi, quanti perduti e disorientati non riescono a riprendere la via della Verità: Io sono la Verità e la Vita, chi crede in me anche se muore vivrà...

venerdì 20 novembre 2009

Avete fatto della casa di Dio un covo di ladri

Luca 19,45-48

In quel tempo, Gesù, entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano, dicendo loro: «Sta scritto: “La mia casa sarà casa di preghiera”. Voi invece ne avete fatto un covo di ladri».
Ogni giorno insegnava nel tempio. I capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo morire e così anche i capi del popolo; ma non sapevano che cosa fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell’ascoltarlo.



I capi dei sacerdoti e gli scribi rappresentano il lato materiale del nostro essere; essendo fatti di un corpo e di un'anima dobbiamo cercare di dar "retta" ad entrambi gli elementi senza, però, permettere che l'anima perisca proprio perchè non trova nell'habitat "mondo" la sua linfa. In realtà il nostro mondo è fatto solo per il corpo e raramente si riesce a trovare spunti per prenderci cura dell'anima. Bisogna cercarli appositamente e volerli, e pendere da quelle "labbra" che ci invitano all'Ascolto della Verità. E' nella preghiera che si trova l'angolino nascosto da dove iniziare a curare l'anima, nel segreto del cuore il Padre ci ascolta e non lascerà deluse le nostre aspirazioni anzi, farà di certo più di quanto noi siamo capaci a chiedere. Chiediamo mai una cura per la nostra anima? Oppure spesso pretendiamo guarigioni e miracoli del corpo! Signore donaci la capacità di andare oltre, nel rispetto di ciò che ci hai dato, il corpo; sia esso strumento per preservare e custodire il tesoro prezioso che un giorno riporremo tra le tue mani...

mercoledì 18 novembre 2009

Perché non hai consegnato il mio denaro a una banca?

Luca 19,11-28

In quel tempo, Gesù disse una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro.
Disse dunque: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per ricevere il titolo di re e poi ritornare. Chiamati dieci dei suoi servi, consegnò loro dieci monete d’oro, dicendo: “Fatele fruttare fino al mio ritorno”. Ma i suoi cittadini lo odiavano e mandarono dietro di lui una delegazione a dire: “Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi”. Dopo aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare quei servi a cui aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato.
Si presentò il primo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate dieci”. Gli disse: “Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città”.
Poi si presentò il secondo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate cinque”. Anche a questo disse: “Tu pure sarai a capo di cinque città”.
Venne poi anche un altro e disse: “Signore, ecco la tua moneta d’oro, che ho tenuto nascosta in un fazzoletto; avevo paura di te, che sei un uomo severo: prendi quello che non hai messo in deposito e mieti quello che non hai seminato”. Gli rispose: “Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l’avrei riscosso con gli interessi”. Disse poi ai presenti: “Toglietegli la moneta d’oro e datela a colui che ne ha dieci”. Gli risposero: “Signore, ne ha già dieci!”. “Io vi dico: A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me”».
Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme.



"Siamo servi inutili, abbiamo fatto ciò che dovevamo fare"; questa frase racchiude il senso di questo passo che può sembrare parecchio duro e privo della misericordia che distingue sempre le parabole di Gesù. Ci scuote oggi, come se volesse scrollarci di dosso strati spessi di polvere e catrame che appesantiscono il nostro agire il nostro operare. Privi, quasi, del timore di Dio, procediamo come se non dovessimo essere mai giudicati, come se tutto ciò che abbiamo ci spetta di diritto non considerando che la stessa nostra vita dev'essere paragonata sempre alla moneta d'oro che il padrone consegna ai servi. Cosa ne facciamo noi di questo tesoro? Siamo capaci di farlo fruttare o scoraggiati dalle opinioni dei nemici preferiamo nasconderlo e quindi soffocarlo? Siamo o non siamo suoi testimoni, lampade poste in bella vista? Allora cosa ci spinge ad aver paura, cosa ci porta ad adeguarci alla massa! Cristo non è adeguarsi ma mettersi costantemente in gioco affinchè quanto ci è stato dato frutti al meglio e, al momento del ritorno del re, ciascuno mostri l'operato senza aver paura ma sano e salutare timore. Sarà questo timore, sarà la fiducia, sarà la nostra retta vita uniformata al Cristo, che spalancheranno le porte dell'Eterna Misericordia: il padrone che condivide con i servi il regno e li mette a capo delle città; una novità che stravolge gli antichi rapporti e legami e pone il padrone, ora, come padre e i servi come figli. Ecco la Misericordia, dietro l'apparente durezza si cela un'immensa Grazia perchè è con il fuoco e con le prove che la nostra fede viene testata affinchè nessun tesoro vada perduto e a noi ci sia data la capacità di gioirne in eterno.

martedì 17 novembre 2009

Il Figlio dell’uomo era venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto

Luca 19,1-10
In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».
Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».
Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

Bel passo ricco di elementi e sfumature che lo rendono il passo "simbolo" della chiamata. Il Figlio dell'uomo che viene per salvare ciò che è perduto riesce finalmente a recuperare Zaccheo ricco e pubblicano da sempre impegnato in altre faccende. Mi viene da immaginare cosa abbia spinto l'uomo a salire sul sicomoro, forse semplice curiosità o forse in cuor suo cercava da tempo di conoscerlo e non vi riusciva mai a causa della "folla" dei tanti impegni che, come capita a noi, invadono e soffocano l'esistenza. In fondo tutti cerchiamo Dio, perchè siamo sempre in corsa verso il "lato migliore" della nostra vita; cerchiamo la felicità, la gioia, la serenità, e lo scopo stesso della vita, e non vediamo che tutto ciò è Dio, in Dio. La curiosità di Zaccheo non tarda a trasformarsi in altro, alla vista di Gesù i suoi occhi si aprono e il cuore si spalanca alla misericordia dell'Amore, quell'amore che "oggi si ferma a casa sua" e vi dimorerà per sempre. La risposta non tarda ad avvenire, scende dal piedistallo che si era costruito e oltre alla sua piccolezza fisica, ora, comprende di possederne un'altra, più nobile e che lo porterà in alto; il bisogno di uniformarsi è inevitabile in un cuore che ha compreso tutto, vende tutto ciò che possiede rimettendo nelle mani di Dio anche la sua vita e al servizio degli altri, i poveri e i tanti che hanno subito le i suoi soprusi. Si è compiuta così la salvezza per Zaccheo e davvero basta poco per ottenerla, la semplicità di un cuore disposto e capace di azzerare tutto ed azzerarsi per iniziare un nuovo cammino. Non sforziamoci di cercare affannosamente Dio in lungo e in largo ma iniziamo a cercarlo in noi, tendendo Lui la mano per ritrovarci, poi, in Lui.

sabato 14 novembre 2009

Dio farà giustizia ai suoi eletti che gridano verso di lui

Luca 18,1-8

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».


L'insistenza della vedova cos'è se non perseveranza nelle intenzioni..la vedova crede nella sua causa e aspetta con ansia la giustizia contro l'avversario. Gesù si domanda se " il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra" e si domanda se ci sarà ancora qualcuno disposto a credere nell'Unica giustizia e perseverare, quindi, nella preghiera, come arma invincibile per incarnarla. La fede è un dono, e come tutti i dono non ci viene offerta per i meriti ma per l'immensa bontà di Colui che la detiene; è indispensabile adoperarsi affinchè essa sia custodita ed occorre divenire in prima persona custodi e custodie di tale dolcezza. Pregando si instaura un collegamento intimo con Dio, uno scambio che, ora, vede anche noi impegnati e, da semplici destinatari, ci facciamo donatori della nostra stessa preghiera, della nostra perseveranza, come offerta gradita. Dio farà giustizia ai suoi eletti che hanno intrapreso la Sua via, non li lascerà delusi ne aspettare a lungo perchè certo che, grazie alla loro testimonianza troverà qualche "spicciolo" di fede sulla terra.

venerdì 13 novembre 2009

Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà

Luca 17,26-37

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece morire tutti.
Come avvenne anche nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano; ma, nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma, piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece morire tutti. Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà.
In quel giorno, chi si troverà sulla terrazza e avrà lasciato le sue cose in casa, non scenda a prenderle; così, chi si troverà nel campo, non torni indietro. Ricordatevi della moglie di Lot.
Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva.
Io vi dico: in quella notte, due si troveranno nello stesso letto: l’uno verrà portato via e l’altro lasciato; due donne staranno a macinare nello stesso luogo: l’una verrà portata via e l’altra lasciata».
Allora gli chiesero: «Dove, Signore?». Ed egli disse loro: «Dove sarà il cadavere, lì si raduneranno insieme anche gli avvoltoi».


Dove Signore? In un posto lontano dagli avvoltoi, in un posto dove non si vedrà mai morte, in un posto preparato per noi, per i tanti che sono riusciti a comprendere la manifestazione del Figlio dell'uomo. Lo Sposo sarà presente quindi sarà impossibile digiunare; si mangerà e si assaporeranno le Sue delizie per attingere da esse la forza e la fede che poi serviranno nel giorno della pioggia e del diluvio, del giudizio. Chi viene portato via dal Signore è chiamato, non a morire fisicamente, ma a vivere con l'anima la morte di ciò che si era e la risurrezione futura; ecco perchè è essenziale non voltarsi, non cercare di aggrapparsi alle cose terrene ma correre senza esitazione, perdere tutto anche la vita pur di salvarla con Lui. Accogliere con gioia la chiamata e perseverare nel renderla sempre viva avendo sempre chiaro in mente e nel cuore che Dio vuole il meglio per ciascuno di noi e non lascerà mai che gli avvoltoi si impadroniscano del nostro corpo, mezzo che condurrà l'anima alla salvezza.

giovedì 12 novembre 2009

Il regno di Dio è in mezzo a voi

Luca 17,20-25

In quel tempo, i farisei domandarono a Gesù: «Quando verrà il regno di Dio?». Egli rispose loro: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: “Eccolo qui”, oppure: “Eccolo là”. Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi!».
Disse poi ai discepoli: «Verranno giorni in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell’uomo, ma non lo vedrete. Vi diranno: “Eccolo là”, oppure: “Eccolo qui”; non andateci, non seguiteli. Perché come la folgore, guizzando, brilla da un capo all’altro del cielo, così sarà il Figlio dell’uomo nel suo giorno. Ma prima è necessario che egli soffra molto e venga rifiutato da questa generazione».


Ogni singolo giorno del Figlio dell’uomo è da considerare "Regno di Dio" perchè Egli stesso si è incarnato per ridurre ai giorni nostri il progetto che per secoli il suo popolo ha eclissato. Con la convinzione di cercarlo chissà in quale realtà straordinaria o di ritrovarlo in un tempo futuro perdiamo la percezione di incontrarlo dove esso realmente è: in mezzo a voi! Cristo è rimasto in mezzo a noi al fine di assecondare in nostro desiderio di "vedere" ma spesso nemmeno ci accorgiamo del suo "incarnarsi" costantemente perché presi da mille pensieri o magari impegnati nel cercarlo, invano. Dio non può essere trovato in qualcosa, in un luogo, perchè è ovunque appunto in mezzo a noi: Come folgore guizza, percorre e racchiude in sé tutto e tutti e solo entrando nella sua sofferenza, solo facendo esperienza del rifiuto di sé e del donarsi ai fratelli è possibile “vederlo”. Sono passi "necessari" per riconoscere il "giorno" del Figlio dell'uomo e per accedere anche noi nella gloria riservata solo a chi sarà disposto a vivere la vita come un solo eterno Giorno.

mercoledì 11 novembre 2009

Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero

Luca 17,11-19

Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».


Rendere grazie equivale all'aver compreso e quindi vissuto in pieno una guarigione. Redersi conto d'aver bisogno di "pietà" è già un passo importante ma occorre averne piena convinzione nonchè provarlo nel cuore, quel bisogno che ti affligge e allo stesso tempo riempie di speranza, perchè già si pregusta il dolce sollievo della purificazione. Se si fa esperienza della Misericordia e quindi si è veramente sanati è inevitabile ritornare indietro, e non sui propri passi, per rendere Gloria ed Onore, per ringraziare e non ripagare con l'indifferenza o con un atteggiamento di chi pretende, perchè se è vero che il sole sorge e tramonta sui giusti e sui peccatori è vero anche che non tutti siamo in grado di vederlo questo Sole e di usufruirne. Iniziare una preghiera di Lode è tendere la mano verso il Colore, verso quella Fonte inesauribile di Vita che ci sana e ci guarisce e che ci converte per l'eternità, cosi che ciascuno di noi diventi suo "promotore" testimone e messaggero.

lunedì 9 novembre 2009

Parlava del tempio del suo corpo

Giovanni 2, 13-22

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.
Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete.
Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!».
I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.


Riportare al giusto posto e ricollocare un oggetto secondo l'utilizzo che se ne deve fare è un atto di sincerità che senza dubbio guarisce e sana cattive consuetudini. Oggi Gesù fa riferimento al Tempio senza fermarsi al lato materiale della parola ma, come, sempre, andando a fondo per cercare di far comprendere ed insegnare. Il Tempio al quale fa riferimento è senza dubbio una delle nostre attuali chiese ma il Tempio che vuole intendere è quella dimora che ciascuno di noi è: dimora dello Spirito Santo quindi Tempio dell'Amore di Cristo, in cui custodire gelosamente l'alleanza che egli ha fatto con ciascuno di noi. E' normale giungere alla conclusione che se vogliamo difendere un tesoro nascosto è importante rafforzare le difese e permettere che nessuno dall'esterno possa introdursi. Ecco perchè Gesù caccia venditori e mercanti, perchè nell'attaccamento al denaro, nella sete di successo, di fama e nella costante voglia di possedere sempre di più ci sta il peggior nemico del "tesoro", ci sta l'egoismo che non ci permette di andare oltre e di riscoprirci Membra di un unico Corpo, chiamati alla condivisione e all'amore fraterno. Invece le nostre chiese divengono spesso palcoscenici dove esibire le nostre più disparati doti senza pensare mai al "silenzio" e al "segreto"che Lui tanto ama; la testimonianza si fa senza rumore e senza riflettori accesi perchè in porta già la Luce più splendente che può esser vista solo da chi la conosce, solo da chi la porta nel cuore, come tesoro del proprio tempio, del proprio cuore. Lasciamoci distruggere da Colui che sarà capace di riedificarci in tre giorni, partecipi così della sua passione ma anche della sua risurrezione.

mercoledì 4 novembre 2009

Chi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo

Luca 14,25-33
In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:
«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».




I calcoli che oggi Gesù ci invita a fare hanno come scopo il completamento della nostra conversione. Dopo averlo conosciuto è indispensabile Amarlo e per amarlo occorre fare i conti con noi stessi e con la nostra disponibilità. Disponibilità totale nel portare con serenità la propria croce, senza cercare scappatoie e senza tentare di controbbattere, ma trovare in essa la pace e il modo semplice ma puro di seguirlo. La croce, che in questi ultimi giorni è divenuta motivo di contesa e di lotta, in realtà fa un paura a tutti perchè la si accomuna alla sofferenza senza andare mai oltre, senza riuscire e scorgere in quel legno la salvezza e la gioia del servire il Padre attravarso l'essere dono ai fratelli. Per questo dobbiamo amare Cristo più di ogni altro uomo, più di nostro padre, madre, sorelle e noi stessi, perchè è dall'amore in Cristo che poi scaturisce ogni altro Amore, quello con la A maiuscola, quello che non cerca interesse se non l'unico grande scopo: salire ogni giorno in quella croce. Calcoliamo bene quindi e per farlo bisogna ridare a Lui tutto ciò che ci appartiene e lasciare che sia la Su misericordia a dirigere le nostre azioni, solo cosi possiamo avere la certezza che la torre sia completata con alla base la conoscenza, la fiducia e l'affidarsi totalmente.

martedì 3 novembre 2009

Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia.

Luca 14,15-24

In quel tempo, uno dei commensali, avendo udito questo, disse a Gesù: «Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio!».
Gli rispose: «Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. All’ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: “Venite, è pronto”. Ma tutti, uno dopo l’altro, cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: “Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Mi sono appena sposato e perciò non posso venire”.
Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al suo padrone. Allora il padrone di casa, adirato, disse al servo: “Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi”.
Il servo disse: “Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c’è ancora posto”. Il padrone allora disse al servo: “Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia. Perché io vi dico: nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena”».




Oggi per la prima volta leggo nel vangelo il verbo "costringere". Io che ho apprezzato da subito la libertà che ci offre Dio, il libero arbitrio, oggi invece devo fare i conti con questo verbo! Certo è un verbo estraneo a Dio e al suo disegno di salvezza, ma credo che sia doveroso usarlo se minimamente proviamo ad immaginare l'immensa misericordia che spinge a farne uso. Il Padre ha a cuore la nostra salvezza, questo è chiaro, non creò l'uomo per vederlo morire in eterno e abitare la tomba ma bensì per collocarlo in quel posto di privelegio: la sua destra. Questo posto non si raggiunge di certo per i nostri meriti ma per la sua immensa grazia che opera in noi e fa di noi degni eredi del regno. Spesso però la nostra dura "cervice" ci porta altrove, ci porta a sprofondare, ed è questo che fa adirare il padrone; dopo tutti i preparativi, dopo i ripetuti inviti, dopo l'essere stati riconosciuti degni, noi con molta tranquillità ci impegniamo in altro, ci dedichiamo a tutt'altro inventando scuse e costruendo alibi che non potranno mai ripagare il prezzo e la squisitezza del Pane eterno. In questo contesto il verbo costringere diventa misericordia perchè c'è posto per tutti e ciascuno di noi è chiamato a sedere sul suo posto stabilito già dall'inizio dei tempi. Non siamo indispensabili ma preziosi, e le nostre capacità, i nostri carismi devono trovare la collocazione voluta da Colui che ci ha donato tali capacità. Rispondere e declinare l'invito significa rinnegare tutto, mancare di fede ed essere fedeli, invece, a noi stessi. O Signore donaci la forza di comprendere, costringi il nostro cuore alla comprensione e scuotilo, risanalo...