giovedì 11 novembre 2010

Il regno di Dio è in mezzo a voi.

Luca 17,20-25

In quel tempo, i farisei domandarono a Gesù: «Quando verrà il regno di Dio?». Egli rispose loro: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: “Eccolo qui”, oppure: “Eccolo là”. Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi!».
Disse poi ai discepoli: «Verranno giorni in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell’uomo, ma non lo vedrete. Vi diranno: “Eccolo là”, oppure: “Eccolo qui”; non andateci, non seguiteli. Perché come la folgore, guizzando, brilla da un capo all’altro del cielo, così sarà il Figlio dell’uomo nel suo giorno. Ma prima è necessario che egli soffra molto e venga rifiutato da questa generazione».





Chi vuole incontrare Dio sa benissimo di non dover cercare chissà in quale posto! Dio non va scovato ma riconosciuto " il regno di Dio è in mezzo a voi" e non ci chiede chissà quale fatica fisica per trovarlo se non l'unico sforzo di scalare le nostre montagne, di smussare gli angoli del nostro cuore quasi sempre appuntiti... e non è cosa facile questa! La battaglia che si intraprende con se stessi è sempre la più difficile da condurre " Ma prima è necessario che egli soffra molto". E' una battaglia intima che se portata avanti con fede, carità e speranza ci vedrà più che vincitori perchè vedremo il tanto sperato Regno di Dio e "noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è". Non lasciamoci illudere o gestire da false guide, a loro il semplice compito di indirizzare il nostro cammino, a noi, poi, la reale visione, l'incontro effettivo...

giovedì 4 novembre 2010

"Vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte"


Dal momento che l'uomo entra in contatto col peccato Dio si adopera in mille modi per riportarlo allo stato di grazia. Questo fa con il suo popolo per anni e anni, e la sua opera trova il culmine in Gesù Cristo colui che ha il "primato su tutte le cose" colui che racchiude in sè tutto il progetto di salvezza. Gesù Buon Pastore non è solo l'immagine di un bravo custode del gregge ma è la promessa fatta dal Padre, è la guida, la chiave, la porta d'accesso, la fine e l'inizio, la "testata d'angolo" è colui che condurrà tutti "Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato" al Regno. Grande è l'amore, grandissima la cura con la quale ci sceglie, ci cerca, ci chiama, ci ammaestra e ci salva; tanta delicatezza e immensa misericordia, sempre pronto a perdonare e mettere da parte il nostro peccato e ogni nostra mancanza, perchè occorre fare festa " bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato". E noi chi siamo per permetterci di giudicare un nostro fratello peccatore e magari esser gelosi dell'amore che il Padre ha per lui? E' vero che spesse volte siamo invidiosi "Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?" perchè siamo miseri e limitati nel comprendere che il metro utilizzato da Gesù è ben diverso da quello utilizzato da noi basato, solo sull'egoismo e sul bisogno di sentirci santi, ma non di esserlo. Solo così mi spiego il fatto che ci sentiamo più a nostro agio confrontandoci con situazioni di peccato, di scandalo, che fare i conti con le opere buone; una persona buona, coerente, saggia non è sempre ben voluta perchè, nel paragone, ci mostra tutti i nostri lati negativi e ben sappiamo in che modo gestiamo le nostre debolezze: nascondendole. Al contrario un peccatore ci offrirà sempre l'occasione di guardare a noi stessi come a dei bravi e onesti cristiani, si con la coscienza apposto ma col cuore immerso nelle tenebre!! "Vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte" e in terra? perchè non può esserci già in terra questa gioia? Forse perchè ci ostiniamo a vivere da "terrestri" senza dare spazio alla dimensione celeste che è in noi? "Tutto si faccia tra voi nella carità" "se così faremo avremo la forza per generare Cristo in noi e negli altri" (san Carlo Borromeo)

lunedì 25 ottobre 2010

Questa figlia di Abramo non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?

Luca 13,10-17 -

In quel tempo, Gesù stava insegnando in una sinagoga in giorno di sabato. C’era là una donna che uno spirito teneva inferma da diciotto anni; era curva e non riusciva in alcun modo a stare diritta.
Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: «Donna, sei liberata dalla tua malattia». Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio.
Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, prese la parola e disse alla folla: «Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi guarire e non in giorno di sabato».
Il Signore gli replicò: «Ipocriti, non è forse vero che, di sabato, ciascuno di voi slega il suo bue o l’asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? E questa figlia di Abramo, che Satana ha tenuto prigioniera per ben diciotto anni, non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?».
Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute.

Dinanzi all'ascolto della Parola ci sono molteplici reazioni, differenti a seconda di chi l'ascolta perchè cambia il modo di "sentirla" e farla propria. Chi accetta di ascoltare sa in partenza d'essere bisognoso e quindi di mancare in qualche cosa, come l'atteggiamento della donna curva su se stessa che non riesce a stare dritta perchè le manca il giusto appiglio sul quale aggrapparsi; chi invece non ascolta, rifiuta anche la comprensione di ciò che vien detto provando vergogna per un discorso all'apparenza senza alcun senso. Ricordiamoci che la tattica di Gesù sta proprio in questo, nel parlare in "parabole" e rendere la Verità celata dietro un discorso complesso ma limpido solo per chi ha un cuore capace di vedere oltre.. certamente i suoi avversari non posseggono questo tipo di cuore che dritti sulle loro certezze non vogliono prendere atto della loro vera condizione ma continuare un'esistenza “santa” solo perchè in comunione con le prescrizioni ma totalmente distante da quella che è l'esperienza nuova di Cristo, dall'amore e dalla misericordia. Cristo viene ad abolire il tempo, ad abolire i giorni, a perfezionare e completare la legge rendendola viva grazie alla sua Parola e alla carità, che devono essere le basi da dove, poi, far partire un vero cammino di adesione. Non c'è salvezza nella legge ma nella legge dell'amore, e quale amore è più grande di quello di Gesù, che non bada di infrangere le regole pur di salvare ciascuno di noi? "Gesù la vide, la chiamò a sé e le Impose le mani e subito quella si raddrizzò" rendiamoci visibili agli occhi di Gesù rendendoci visibili ai nostri stessi occhi, scrutando nell'intimo ciò che siamo e sentirci costantemente chiamati da Lui che altro non aspetta se non di imporre le sue mani e guarire le nostre malattie pronti ad “esultare per tutte le meraviglie da lui compiute”.

sabato 16 ottobre 2010

Lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che bisogna dire

Luca 12,8-12


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Io vi dico: chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell’uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio; ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini, sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio.
Chiunque parlerà contro il Figlio dell’uomo, gli sarà perdonato; ma a chi bestemmierà lo Spirito Santo, non sarà perdonato.
Quando vi porteranno davanti alle sinagoghe, ai magistrati e alle autorità, non preoccupatevi di come o di che cosa discolparvi, o di che cosa dire, perché lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che bisogna dire».



Bestemmiare lo Spirito Santo, rinnegarlo equivale a disconoscere Cristo come il Dio Vivo e in mezzo a noi. Non c'è altro metodo per testimoniarlo se non quello che ci vede totalmente affidati alla sua azione e alla sua potenza. Gesù stesso oggi ci invita a farlo, con un abbandono fiducioso che non lascia spazio a preoccupazioni di nessun genere. "Non preoccupatevi di che cosa dire" perchè una vita vissuta nello Spirito e con lo Spirito Santo è come un libro scritto dalla mano di Dio che si è servito di noi come fa uno scrittore con la propria penna. Lasciamoci guidare, ispirare in ogni nostra azione e riscoprire, anche in un gesto consueto, c'è una trama nascosta che ci affascina e che delinea, pian piano, il disegno di Dio: la nostra vita

mercoledì 13 ottobre 2010

Guai a voi, farisei; guai a voi dottori della legge

Luca 11,42-46

In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, farisei, che pagate la decima sulla menta, sulla ruta e su tutte le erbe, e lasciate da parte la giustizia e l’amore di Dio. Queste invece erano le cose da fare, senza trascurare quelle. Guai a voi, farisei, che amate i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze. Guai a voi, perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo».
Intervenne uno dei dottori della Legge e gli disse: «Maestro, dicendo questo, tu offendi anche noi». Egli rispose: «Guai anche a voi, dottori della Legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!».



Non basta essere presenti, partecipare, ripetere, adoperarsi, apparire, saper parlare bene e battersi il petto con chissà quali espressioni di circostanza, l'essenziale è non lasciare da parte la "giustizia e l'amore di Dio". Se alla partecipazione non affianchiamo " l'essere " difficilmente saremo credibili agli occhi dei fratelli e ben accetti a quelli di Dio; ma da che mondo è mondo siamo sempre pronti a predicare ciò che poi non siamo pronti a fare. Con la bocca siamo tutti buoni cristiani, con le parole poi grandissimi conoscitori di Dio ma la vera conoscenza è quella che si ha con l'esperienza di Dio, con l'abbracciare ogni giorno la sua Croce e adempiere alla volontà, alla missione assegnataci. Personalmente preferisco chi tace ma vive Cristo piuttosto che chi lo grida e poi lo rinnega con i fatti, perchè così vorrei essere anche io, non più sepolcri anonimi ma custodie e tabernacoli, lucerne poste si in vista ma per annunziare la Parola di Dio e non la nostra. Chi ha Dio nel cuore vive la legge di Dio come mezzo e non come fine... il fine ultimo è sempre l'Amore che trova spesso la sua fine nella legge... liberiamoci da fardelli pesanti e inutili e abbracciamo il suo giogo, leggero e dolce per correre senza ostacoli o pesi insopportabili "tutto posso in Colui che mi da forza".

martedì 28 settembre 2010

Prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme

Luca 9,51-56

Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé.
Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme.
Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio.



Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino; proprio la fermezza è quella che manca a noi, la coerenza di continuare i nostri passi verso Gerusalemme senza desistere mai rallentare. I Samaritani del villaggio un rappresentano le nostre paure, e tutte le esitazioni che molto spesso non ci permettono di incontrare Dio. Eppure chissà quanti messaggeri incrociano il nostro cammino! E non parlo solo di angeli con ali e aureole ma anche uomini, peccatori come noi, anche nemici se vogliamo, ma tutti in grado di farci scendere ed entrare nel profondo della nostra coscienza, del nostro cuore sia con la gioia sia con la sofferenza, sempre comunque mezzi per riuscire a comprendere ciò che siamo: bisognosi di raggiungere Gerusalemme, di morire a noi stessi per poi risorgere con Cristo. Anche dal male che riceviamo si può ricavare del bene per la nostra anima; i discepoli volevano far scendere un fuoco e consumare chi non li aveva ricevuti ma Gesù ha un modo diverso di "vendicare", lui perdona, lui ama...

sabato 18 settembre 2010

Il seme caduto sul terreno buono sono coloro che custodiscono la Parola e producono frutto con perseveranza.

Luca 8,4-15

In quel tempo, poiché una grande folla si radunava e accorreva a lui gente da ogni città, Gesù disse con una parabola: «Il seminatore uscì a seminare il suo seme. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada e fu calpestata, e gli uccelli del cielo la mangiarono. Un’altra parte cadde sulla pietra e, appena germogliata, seccò per mancanza di umidità. Un’altra parte cadde in mezzo ai rovi e i rovi, cresciuti insieme con essa, la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono, germogliò e fruttò cento volte tanto». Detto questo, esclamò: «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!».
I suoi discepoli lo interrogavano sul significato della parabola. Ed egli disse: «A voi è dato conoscere i misteri del regno di Dio, ma agli altri solo con parabole, affinché
vedendo non vedano
e ascoltando non comprendano.
Il significato della parabola è questo: il seme è la parola di Dio. I semi caduti lungo la strada sono coloro che l’hanno ascoltata, ma poi viene il diavolo e porta via la Parola dal loro cuore, perché non avvenga che, credendo, siano salvati. Quelli sulla pietra sono coloro che, quando ascoltano, ricevono la Parola con gioia, ma non hanno radici; credono per un certo tempo, ma nel tempo della prova vengono meno. Quello caduto in mezzo ai rovi sono coloro che, dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano soffocare da preoccupazioni, ricchezze e piaceri della vita e non giungono a maturazione. Quello sul terreno buono sono coloro che, dopo aver ascoltato la Parola con cuore integro e buono, la custodiscono e producono frutto con perseveranza.


Se consideriamo tutta la Parola di Dio un’unica parabola e se seguiamo la logica stessa delle parabole “affinché vedendo non vedano e ascoltando non comprendano” è possibile avvicinarsi al motivo per il quale non produce lo stesso effetto per tutti gli ascoltatori, come tanti sono i terreni e le condizioni così tanti sono i cuori. Oggi è san Giuseppe da Copertino, questo frate nelle sue “Massime” scriveva: " La grazia di Dio è come il sole, che splendendo sugli alberi e le loro foglie, li adorna ma non li contamina, li lascia nel loro essere, senza minimamente alterarli, li perfeziona”, la Parola di Dio è questa grazia descritta che come il sole o, come dice Isaia, “come pioggia e neve che scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver annaffiato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, affinché dia seme al seminatore e pane da mangiare, così è della mia parola, uscita dalla mia bocca: essa non torna a me a vuoto, senza aver compiuto ciò che io voglio e condotto a buon fine ciò per cui l'ho mandata.” La Parola di Dio è il fondamento di tutto, è il Verbo che si è fatto Carne per portare nel cuore di tutti il senso vero della grande parabola, la nostra salvezza. Gesù piega la parabola del seminatore e allo stesso modo con la sua venuta al mondo svela il mistero delle Scritture per indurre tutti alla comprensione, non ci sono limitazioni o un numero chiuso di predestinati in quanto tutti siamo stati chiamati all’ascolto «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!» Alla luce di tutto ciò non possono esserci ancora cuori duri, ciechi e sordi, perché non c’è ostacolo che tenga dinanzi all’Amore di Gesù Cristo, neppure la nostra debolezza e la temuta incapacità possono impedire il nostro cammino, anzi, siano esse ad accompagnarci per ricordare che è al cielo che bisogna volgere lo sguardo, da dove proviene ogni nostro Bene.

giovedì 2 settembre 2010

Lasciarono tutto e lo seguirono.

Luca 5,1-11

In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».
E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.


Le parole dettate dallo stupore di Pietro sono le nostre stesse parole che pronunciamo tutte le volte che sentiamo vicino Gesù. Sono tanti gli episodi descritti nei vangeli che vedono Gesù intrattenersi con peccatori, pubblicani, prostitute proprio perchè è nel peccato, nella nostra debolezza, nella caduta che occorre guardare bene per riuscire ad accettarlo e riconoscerlo. Sentirsi poco adatti, non meritevoli, non ci aiuta ma anzi accresce il nostro peccato nel senso che, vinti da esso, non riusciamo a vedere nessuna altra condizione di quella che ci vede peccatori. C'è, invece, un'altra realtà, c'è qualcosa di davvero grande in programma per ciascuno di noi e basta solo volerlo! E' già iniziata l'opera di redenzione, Gesù è salito sulla croce per noi e aspetta che anche noi "scostati un poco da terra" abbandoniamo tutte le nostre certezze per prendere il largo e quindi una navigazione sicura verso un porto sicuro... e divenire così "pescatori di uomini" testimoni della Luce. Lasciamoci amare ricordandoci che "Dove abbonda il peccato, sovrabbonda la grazia" (Rom 5, 20)

domenica 25 luglio 2010

Chiedete e vi sarà dato

Luca 11,1-13

Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:
“Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione”».
Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”; e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.
Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto.
Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».



"Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!" Grande è la speranza che traspare da questa affermazione, perchè se riusciamo a cavare un briciolo di bontà dal nostro cuore "cattivo" è immensa la misericordia che ci attende se capaci di chiederla. Per chiedere occorre bussare e attendere che ci venga aperto ma l'attesa non è mai vana sapendo a priori che per tutti è stata aperta la porta della salvezza; ci è anche stata indicata la via, una strada fatta di preghiera, di continua conversione allo scopo di uniformare la nostra esistenza terrena a quella di Cristo "il principio, il primogenito di coloro che risuscitano dai morti". Pensando a Cristo e alla sua preghiera pensiamo alla nostra di preghiera, superficiale, forse mai adatta, e chiedergli "insegnaci a pregare" è come ammettere di essere bisognosi della preghiera stessa nella piena consapevolezza che giova per primi a noi, alla nostra anima e al nostro cammino. Gesù ci ha lasciato la preghiera per eccellenza poi "tradotta" nel "Padre Nostro" ma di certo non si è limitato a donarci queste poche righe ma ha trasferito in queste stesse righe tutta la sua esperienza di vita, tutta la sua vita, la sua lode al Padre, il suo rendimento di grazie, affinchè, anche noi, nel suo esempio, possiamo "rielaborare", ora nella nostra vita, il suo esempio. E' così la vita diviene preghiera perenne, il "Padre Nostro" recitato ad ogni ora della giornata, "sia santificato il tuo nome" in ogni nostro gesto, per poter "rimettere i debiti ai nostri debitori" e lontani dalla tentazione correre spediti verso "il tuo Regno" vissuto già in questa vita per contemplarlo senza fine nel giorno in cui saremo con te "Padre nostro che sei nei Cieli"

giovedì 22 luglio 2010

Ho visto il Signore e mi ha detto queste cose

Giovanni 20,1-2.11-18


Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Maria stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto».
Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo». Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» - che significa: «Maestro!». Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”».
Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto.



“Chi persevererà fino alla fine sarà salvato” Maria Maddalena ha perseverato fino alla fine perché ha conosciuto fino in fondo in Maestro. Ella rimane, piangendo, presso il sepolcro e il desiderio di ritrovare il Cristo cresce man mano che cresce il dolore di non trovarlo nel luogo dove era stato deposto. Gesù, dopo la resurrezione, ha abbattuto le barriere del luogo perché ha glorificato il corpo rendendolo, ora, privo di limiti, pronto per essere asceso al Padre. Cercare Gesù nel nostro cuore equivale a trovarlo dove lui effettivamente è perché non ci sono luoghi adatti a contenerlo ma solo dimensioni capaci di custodirlo; e il nostro cuore è l’unica dimensione dove è possibile dare vita a questa esperienza. Occorre perseverare nella ricerca, con la consapevolezza che è per nome che chiama ciascuno di noi, nell’intimo ci ha scelti e nell’intimo ci ha guariti perché la perseveranza sia senza filtri alcuni ma pura e dritta come quella che ha condotto la ricerca di Maria Maddalena a buon fine: Gesù è nel nostro cuore, custodiamolo ma non tratteniamolo dentro, la sua Parola va annunciata e condivisa “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato”

mercoledì 21 luglio 2010

Una parte del seme cadde sul terreno buono e diede frutto

Matteo 13,1-9


Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.
Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».


“La predicazione della Parola di Dio è necessaria alla vita spirituale, come la semina al sostentamento della vita corporale (…) la parola di Dio è come un tesoro di tutti i beni” (Lorenzo da Brindisi). Paragonare la vita spirituale a quella corporale è d'aiuto per la comprensione dell'importanza che si deve dare al suo sostentamento. Anche se viviamo in un'epoca che tende sempre più a sminuire, o meglio a disconoscere, tutto ciò che non è tangibile, sappiamo bene che al di là di un corpo c'è qualcosa di più grande che tende, al contrario del corpo, a crescere, a migliorare, ad essere sempre più elevato, sfidando il tempo. Santa Teresa d'Avila paragona la nostra anima ad un giardino che va irrigato, illustrando come, coi vari metodi di irrigazione, è possibile progredire fino a portare fertilità ad una terra arida e secca; l’acqua è la grazia di Dio alla quale si accede con vera fede e con un cuore disponibile all'ascolto e alla comprensione della Parola che costituisce quel seme gettato dal seminatore. Il seme è per tutti, infatti parte cade per strada, parte su terreno sassoso, parte tra i rovi, e non certo per inesperienza del seminatore ma al contrario perchè "Egli fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti" perchè tutti siamo chiamati a bonificare il nostro giardino fino a renderlo terreno buono e che dà frutto. Questa disponibilità ci darà "il cento, il sessanta, il trenta per uno" perchè al Padre basta poco purché sia dato come un "tutto" cioè con totale affidamento senza mai volgere lo sguardo indietro ma con mano salda sull'aratro continuare il duro lavoro di estirpare i rovi del peccato, eliminare i sassi dell'incomprensione, cacciare via gli uccelli che ogni giorno tentano di toglierci quel seme sicuri del fatto che ogni fatica sarà ricompensata con frutti di conversione. “Chi ha orecchi, ascolti” e chi ha un cuore lo apra senza paura alcuna per custodire dentro il seme della vita eterna.



martedì 13 luglio 2010

Nel giorno del giudizio, Tiro e Sidòne e la terra di Sòdoma saranno trattate meno duramente di voi.

Matteo 11,20-24

In quel tempo, Gesù si mise a rimproverare le città nelle quali era avvenuta la maggior parte dei suoi prodigi, perché non si erano convertite:
«Guai a te, Corazìn! Guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a voi, già da tempo esse, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, Tiro e Sidòne saranno trattate meno duramente di voi.
E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai! Perché, se a Sòdoma fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a te, oggi essa esisterebbe ancora! Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, la terra di Sòdoma sarà trattata meno duramente di te!».

Cosa mai può celarsi dietro un prodigio, un segno, un intervanto forte di Dio nella nostra storia? Di certo non ha lo scopo di assecondare la nostra bramosia di miracoli ma al contrario Dio interviene per elevarci ad uno stadio superiore del cammino verso l'incontro con Lui. La nostra sordità, però è un grande ostacolo, e come Cristo rimprovera le città nelle quali erano avvenuti i suoi prodigi così oggi estende a ciascuno di noi questo rimprovero per scuoterci e svegliarci, mai per punirci. Chi vede dietro queste parole un accenno di minaccia sbaglia solo a pensare ciò, e se si ha una concezione errata di Dio stesso come possiamo pretendere di coglierne i segni e convertirli in bene per noi? Il grande segno la Croce ancora oggi ci scandalizza perchè ancora oggi non riusciamo a cogliere l'immenso amore che c'è dietro una sofferenza a tratti ingiusta e inspiegabile; lo testimonia il rapporto che abbiamo con il dolore e con la sofferenza, trattati come spauracchi, come situazioni da tener lontane e spesso da evitare. La conversione vera passa anche attraverso questi prodigi! I miracoli non sono solo quelli che apportano una guarigione, ma dietro una prova, una sofferenza c'è la massima concentrazione d'Amore divino, la volontà di Colui che ci mette alla prova, che testa la nostra fede per donarci poi qualcosa di infinito e immenso: da subito la consapevolezza dell'essere Nulla "vestiti di sacco e cosparsi di cenere" in futuro la speranza che è certezza dell'essere uniti al Tutto "Eredi di Dio coeredi di Cristo".

lunedì 12 luglio 2010

Sono venuto a portare non pace, ma spada

Matteo 10,34-11,1

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada. Sono infatti venuto a separare l’uomo da suo padre e la figlia da sua madre e la nuora da sua suocera; e nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa.
Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me.
Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.
Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.
Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto.
Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».
Quando Gesù ebbe terminato di dare queste istruzioni ai suoi dodici discepoli, partì di là per insegnare e predicare nelle loro città.


Parole dure, oggi, quasi incomprensibili e difficili da accettare. Se prendiamo in considerazione gli elementi che ci renderebbero “degni” di Cristo scopriamo che in fondo non ne possediamo nemmeno uno! Sembra quasi che voglia allontanarci e separarci da ogni nostro affetto, dalla famiglia stessa, dalla nostra stessa vita ma se continuiamo a leggere ci accorgiamo che oltre la “spada”, che si divide, c’è un progetto grande d’amore che si può riassumere con le parole di S. Benedetto “non anteporre nulla all’Amore di Cristo. Non ci può essere nessun tipo d’amore se prima non riusciamo a scoprire la presenza di Cristo in ogni nostro legame, in ogni nostro amore, e non ci può essere pace diversa dalla Pace che solo Cristo può donarci con la”ricompensa” promessa a chi è in grado di accogliere; e per saper accogliere un profeta, un giusto, un discepolo è essenziale conoscere chi li ha mandati, chi li ha costituiti. È essenziale, quindi, il colpo di “spada”, salutare la divisione che porterà senza dubbio alcuno un cambiamento in termini di crescita perché un salto di qualità lo si può compiere solo se si abbandona ciò che si era. Affidiamoci senza esitare anche quando tutto sembra non avere un senso, i nostri occhi sono incapaci di vedere oltre ma tutto concorre al bene di coloro che amano Dio. Se amiamo Dio e siamo mossi da questo amore dobbiamo esser pronti a seguirlo anche per vie oscure e apparentemente senza uscita, la ricompensa ci sarà, Dio mantiene le promesse, e giunti a destinazione sarà meraviglioso comprendere il vero significato di Amare, attraverso l’Amore di Dio riscoprirlo nel sorriso di un fratello, nel pianto di un amico, nel bisogno di un nemico in chiunque chiede un po’ di comprensione e di affetto. Non anteponiamo nulla all’Amore di Cristo per riuscire ad amare tutto in Cristo.

venerdì 9 luglio 2010

Non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro

Matteo 10,16-23

In quel tempo, disse Gesù ai suoi apostoli:
«Ecco: io vi mando come pecore in mezzo a lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe.
Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi.
Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato.
Quando sarete perseguitati in una città, fuggite in un’altra; in verità io vi dico: non avrete finito di percorrere le città d’Israele, prima che venga il Figlio dell’uomo».


"Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato" Ora più che mai siamo chiamati a perseverare nella fede e nella speranza che si traduce, poi, in fiducia totale. L'astuzia dei serpenti e la semplicità delle colombe trovano il punto d'incontro proprio in questa perseveranza, perchè in Cristo abbiamo la certezza di essere "vincitori" dinanzi ad ogni prova, ogni ostacolo rimanendo umili in quanto non da noi proviene tale forza... siamo solo pecore, mandate in mezzo ai lupi, mai però abbandonate ma guidate dal Pastore per eccellenza Colui che verrà prima ancora di finire "di percorrere la città di Israele" e sarà presente in noi, prenderà la nostra difesa facendo sua ogni nostra parola.

domenica 27 giugno 2010

Prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme. Ti seguirò ovunque tu vada.

Luca 9,51-62 -


Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé.
Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio.
Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».
A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio».
Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio».





Parole dure oggi ascoltiamo dalla bocca del Maestro ma pronunciate con grande amore e con la sincera convinzione che non di durezza si tratta ma di puro insegnamento. Dal nostro modo di vedere e concepire la situazione del "seguire Cristo" tutto ciò può apparire insensato, contro ogni logica naturale "lascia che i morti seppelliscano i propri morti" o "Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio" ma se riflettiamo attentamente è facile comprendere il messaggio d'amore che si cela dietro queste aspre parole. Cristo è il Dio della vita e aderire alla sua esperienza, esserne discepoli, non può certamente accavallarsi con pratiche prettamente della carne; ha la priorità sulla morte, su ogni nostro altro idolo perchè ha la priorità sulla nostra stessa vita essendo lui la vita. Penso a quanti rifiutano di avvicinarsi a questa strada perchè convinti di dover rinunciare a chissà quali tesori, a quanti continuano a vivere convinti di possedere tutto, e non si accorgono, invece, del Vero Tesoro. Dio è libertà perchè ci mette a disposizioni delle solide ali grazie alle quali è possibile staccarsi da ogni certezza ed iniziare a librarsi in un'apparente incertezza, " il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo" guidati dal vento e sorretti dal suo Spirito, che diventa poi realtà certa man mano che si iniziano ad assaporare i frutti di questa libertà. Una volta messa la mano sull'aratro, quindi, sarà impossibile voltarsi indietro perchè basta un piccolissimo assaggio della divina dolcezza "il Regno" per capire che al mondo nessun altra cosa potrà mai eguagliarla. Spesse volte, però, capita di volgere lo sguardo su ciò che eravamo, si inciampa e si cade, ma basta rialzarsi e proseguire per esser certi di giungere a destinazione; il peccato non può farci desistere, se si ha forza di continuare non saremo mai sue vittime. Abbiamo una grande arma a disposizione per sconfiggerlo, tutte le volte che siamo feriti ripensiamo alla nostra grande Priorità, che non sia nessun altra persona, nessun altro amore, nessun altro interesse diverso da Cristo, dall'amarlo e glorificarlo. Prendiamo la "ferma decisione di metterci in cammino verso Gerusalemme" verso la volontà del Padre, sull'esempio del Figlio, sicuri di giungere a destinazione, dove tutte le sofferenze e le prove sopportate saranno convertite in gioia e gloria.

mercoledì 23 giugno 2010

Guardatevi dai falsi profeti...e dai falsi amici: dai loro frutti li riconoscerete.

Mt 7,15-20



In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci! Dai loro frutti li riconoscerete.
Si raccoglie forse uva dagli spini, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li riconoscerete».




"Dai loro frutti dunque li riconoscerete" nessuno mai sarà mai in grado di donarci ciò che non possiede e se nel cuore si custodisce il falso anche le opere saranno figlie di questa falsità perchè un albero cattivo non potrà mai produrre frutti buoni. Per fortuna, però, esistono anche gli alberi buoni, i veri amici che produrranno buoni frutti al di là di ogni circostanza, di ogni pressione esterna perchè nessuno e niente potrà intaccare la loro purezza di cuore. Se consideriamo poi che "la purezza che è in Cristo e quella che è nei nostri cuori è la stessa" perchè dunque dovrebbero alberi cattivi? Non sono alberi voluti ma alberi che hanno voluto separarsi, hanno preferito vivere ed attecchire seguendo altre vie ma che però cercano di camuffarsi ed utilizzare una parvenza simile agli alberi buoni per riuscire nel loro intento. Spesso ci riescono “vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci”, le foglie possono trarci in inganno, è prudente, infatti, non limitarsi mai ad osservare le foglie, ad ascoltare le parole, ma attendere che i frutti siano maturi, e cercare tra le foglie come fece Gesù con il fico, poi seccato! "Ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco" il fico maledetto da Gesù infatti seccò fino alle radici perchè non ebbe fede in Dio e non rispose all'invito di produrre frutti secondo la volontà di Dio. Così sarà di chi si allontana, di chi converte il cuore alla malvagità distaccandosi sempre più dall'Albero della vita. "Chi rimane in me fa molto frutto" e chi rimane in Cristo sa già quale frutti produrrà, e saremo riconosciuti perchè saremo testimoni veri, profeti di Cristo e veri amici e fratelli portando nel cuore la purezza che "promana da lui e scorre in noi, trascinando con sé per la via la bellezza ed onestà dei pensieri, in modo che appaia una certa coerenza fra l'uomo interiore e quello esteriore,dal momento... che i pensieri e i sentimenti che provengono da Cristo, guidano la vita nell'ordine e nella santità."

(Dal trattato «L'amicizia spirituale» del beato Aelredo, abate)
La vera, perfetta, salda ed eterna amicizia, è quella che l'invidia non intacca, il sospetto non sminuisce, l'ambizione non riesce a rompere. Messa alla prova non vacillò, bersagliata non cadde, battuta in breccia da tanti insulti rimase inflessibile, provocata da tante ingiurie restò incrollabile. «Va', dunque, e fa' anche tu lo stesso» (Lc 10,37).

giovedì 17 giugno 2010

Voi dunque pregate così.

Matteo 6,7-15


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate.
Voi dunque pregate così:
Padre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non abbandonarci alla tentazione,
ma liberaci dal male.
Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe».





“A colui che in tutto ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare, secondo la potenza che già opera in noi” infatti “il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate”. Non saremo ascoltati a forza di parole ma grazie alla voce del nostro cuore che grida silenzioso l’amore per il Padre. Quando sprechiamo parole raramente siamo concentrati con il cuore perché esso non ha bisogno di emettere suoni quanto di pulsare semplicemente in sintonia con Dio. Questa sintonia non è difficile da trovare e acquisire, Cristo stesso ci mostra la via per raggiungerla e a quanti mostrano difficoltà nel comprendere e nel riuscire a concepire la stessa vita di Cristo come esempio da seguire, come preghiera da imitare, Lui stesso lascia la Preghiera per eccellenza che, se meditata, riassume la grande esperienza di Cristo Figlio, Fratello e Salvatore.

Padre nostro: riconoscerlo come padre comporta l’essere figli, suoi eredi, chiamati un giorno a prendere possesso dei suoi beni e quindi renderlo partecipe, ora, dei nostri beni con una costante lode di ringraziamento per tutto ciò che ci offre;

Sia santificato il tuo nome e venga il tuo regno: non si può vivere senza esserne testimoni, senza che quindi il Suo nome venga santificato in ogni nostra opera e realizzare, già in terra, quel regno che ha preparato per noi; un regno dove non ci sarà guerra alcuna ne differenza di nessun genere;

Sia fatta la tua volontà: anche quando il calice è “amaro” da bere aiutaci a comprendere ciò che vuoi realmente da noi, perché non più sordi possiamo finalmente operare ciò che piace a te e non ciò che piace alla nostra misera natura;

Dacci oggi il nostro pane quotidiano: quel pane senza il quale si spezza quel filo che ci lega, quel pane che ci dona la libertà intesa come perdono dei peccati e come conoscenza della verità che proviene da te;

Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori: la tua misericordia sia la nostra misericordia, il perdono ci spinga a guardare con sincerità la nostra condizione per scoprirci più peccatori di ogni singolo fratello che puntualmente condanniamo;

Non abbandonarci alla tentazione: perché dietro ogni prova c’è sempre una tua buona intenzione, tu che non ci tenti mai al di sopra delle nostre forze, con la prova ci dai la certezza di superarla perché sei venuto per Liberarci da ogni male.

martedì 15 giugno 2010

Amate i vostri nemici

Matteo 5,43-48


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo” e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.
Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?
Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».



Dinanzi ad un nemico o ad un persecutore raramente il sorriso invade in nostro viso ma al contrario iniziamo ad imprecare e mormorare “se il Signore è con me perché mi è capitato tutto questo?” . Quando mi trovo davanti una persona pronta a farmi del male mi viene da pensare parecchio perchè vorrei capire l'origine di quel male e magari evitare che tanto odio venga fuori. L'uomo non è stato creato per occuparsi del male ma per elargire bene senza misura ed amare quindi la prima vittima del male stesso non è chi lo riceve ma chi lo fa. E' facile quindi comprendere il perchè sia capitato tutto questo e specialmente a chi crede di avere il Signore "vicino"; un cristiano deve essere pronto a spendersi totalmente per il bene senza guardare in faccia chi lo riceve ma focalizzare l'attenzione solamente all'azione, ben sapendo che il vantaggio guadagnato sarà l'avanzamento di un gradino verso la via della perfezione. "Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste" e se ciò ci viene detto da Cristo abbiamo la sicurezza che non di cosa impossibile si tratta, anzi l'unico alibi che tentiamo di far reggere "siamo uomini non santi" lui stesso lo ha fatto crollare abbattendolo con la Croce; se ci vantiamo di chiamare DIO, Padre, dobbiamo necessariamente dargli la possibilità di chiamarci Figli e quindi di esserlo, non tanto teoricamente quanto praticamente, rimanendo saldi in Lui e perfetti nell'amore verso i cattivi e verso i buoni, verso gli ingiusti e verso gli ingiusti.

mercoledì 9 giugno 2010

Non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento.

Matteo 5,17-19

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento.
In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto.
Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli».


«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento”. Il pieno compimento della legge di Dio è la consapevolezza che è l’unico dio, il Signore e che non ce n’è altro all’infuori di Lui; glorificare Dio nei fratelli è dare pieno compimento alla Legge e alla Parola dei profeti perché è nei fratelli che bisogna investire quei talenti consegnatici. “Pieno compimento della legge è l'amore” e quale amore potrà mai eguagliare quello di Cristo salito e morto in croce per noi? Fedele al Padre “come olivo verdeggiante nella casa di Dio mi abbandono alla fedeltà di Dio ora e per sempre” non ha desistito mai nel credere, non ha mai dubitato dell’aiuto che viene solo da Dio e si è affidato, fidandosi, fino a compiere e perfezionare la Legge “annullando, per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace”. Dall’alto della croce ha “osservato” ed “insegnato” spronando ciascuno di noi a fare altrettanto, ha implorato per noi il perdono e la misericordia perché comprendessimo che per ognuno di noi Cristo si è offerto come sacrificio affinchè nessuno vada perduto ma glorificato. Sia in noi la consapevolezza che “tu sei Dio in Israele e che io sono tuo servo e che ho fatto tutte queste cose sulla tua parola” ; sia in noi la fede che ci spinga sempre più a chiedere la conversione del cuore “Rispondimi, Signore, rispondimi, e questo popolo sappia che tu, o Signore, sei Dio e che converti il loro cuore!” e ci accompagni sempre la visione della Croce grazie alla quale “con la faccia a terra” possiamo gridare “Il Signore è Dio! Il Signore è Dio!”

martedì 8 giugno 2010

Voi siete la luce del mondo.

Matteo 5,13-16

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».


Per essere notati occorre indossare una veste diversa da quella usata da tutto il resto; per non essere confusi in mezzo alla massa, quindi, è indispensabile distinguersi. Noi vogliamo distinguerci? Vogliamo tener fede alla promessa fatta il giorno del nostro battesimo oppure vogliamo che il tutto rimanga una pura formalità, una tappa qualsiasi della nostra vita che andava raggiunta? Il giorno del battesimo è stata accesa la nostra miccia, e da inutili candele siamo divenuti lampade che brillano mai di luce propria ma sono divenute parte della Luce che ha sconfitto le tenebre, i nostri peccati. Siamo divenuti luce del mondo, sale della terra, ogni giorno "siamo messi a morte" appunto perchè siamo chiamati a scioglierci come sale sotto la mano potente di Dio e a trasmettere il nostro sapore a chi ci sta accanto, la nostra luce a chi ci sta vicino con la consapevolezza che tutto viene da Dio e a noi spetta il servizio per glorificarlo nei fratelli. La prudenza sta nel tenere sempre fisso lo scopo, nel rimanere intimamente legati a Lui solo così saremo saldi nelle prove, forti nelle tentazioni, tranquilli del fatto che mai perderemo quel dolce sapore, quella presenza di Dio in noi, nelle nostre opere; così saremo riconosciuti se risplende la luce nella nostra quotidianità e non essere mai motivo di scandalo per i lontani ma al contrario occasione di riflessione. Quando chiediamo a Dio cosa potremmo fare per piacergli, imploriamolo di aiutarci a comprendere cosa c'è da fare alla luce di ciò che già possediamo: un battesimo che ci ha resi Sacerdoti, Re, e Profeti.



lunedì 7 giugno 2010

Beati i poveri in spirito.

Matteo 5,1-12a

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi».




"Gesù salì sul monte" e dall'altezza della sua dignità inizia ad esaltare ed innalzare tutto ciò che per il mondo è considerato roba da perdenti! Anche la stessa fede è considerata tale e così siamo chiamati bigotti, illusi, poveri disperati che ancora oggi credono di poter trovare sollievo nelle parole di un uomo sconfitto inchiodato ad una croce. Questo è l'insulto che ci rende beati, questa la persecuzione che ci deve spingere sempre più a rafforzare quel legame che ci lega a Lui senza mai desistere dal gridare al mondo quanto è grande Dio; ad un mondo che ha detto addio alla povertà di spirito, al pianto e alla sopportazione del dolore, alla mitezza, alla giustizia, alla misericordia, alla purezza del cuore, alla pace, un mondo cioè che segue sempre più le logiche della carne mettendo a morte l'anima che, ancor prima della morte corporale, ha abbandonato il nostro corpo!! La ricompensa che è nei cieli deve essere la leva grazie alla quale sarà possibile sollevare e sollevarci dalla condizione nella quale "vivacchiamo" per iniziare a vivere realmente spesso nel pianto, nella persecuzione, nella povertà "ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati" e in virtù della nostra fede in Lui.

venerdì 28 maggio 2010

La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le nazioni. Abbiate fede in Dio!

Marco 11,11-25


[Dopo essere stato acclamato dalla folla, Gesù] entrò a Gerusalemme, nel tempio. E dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai l’ora tarda, uscì con i Dodici verso Betània.
La mattina seguente, mentre uscivano da Betània, ebbe fame. Avendo visto da lontano un albero di fichi che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se per caso vi trovasse qualcosa ma, quando vi giunse vicino, non trovò altro che foglie. Non era infatti la stagione dei fichi. Rivolto all’albero, disse: «Nessuno mai più in eterno mangi i tuoi frutti!». E i suoi discepoli l’udirono.
Giunsero a Gerusalemme. Entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano e quelli che compravano nel tempio; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe e non permetteva che si trasportassero cose attraverso il tempio. E insegnava loro dicendo: «Non sta forse scritto:
“La mia casa sarà chiamata
casa di preghiera per tutte le nazioni”?
Voi invece ne avete fatto un covo di ladri».
Lo udirono i capi dei sacerdoti e gli scribi e cercavano il modo di farlo morire. Avevano infatti paura di lui, perché tutta la folla era stupita del suo insegnamento. Quando venne la sera, uscirono fuori dalla città.
La mattina seguente, passando, videro l’albero di fichi seccato fin dalle radici. Pietro si ricordò e gli disse: «Maestro, guarda: l’albero di fichi che hai maledetto è seccato». Rispose loro Gesù: «Abbiate fede in Dio! In verità io vi dico: se uno dicesse a questo monte: “Lèvati e gèttati nel mare”, senza dubitare in cuor suo, ma credendo che quanto dice avviene, ciò gli avverrà. Per questo vi dico: tutto quello che chiederete nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi accadrà. Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi le vostre colpe».



Abbiate fede in Dio!...ma Lui troverà ancora la fede sulla terra quando ritornerà? Una domanda da porsi ogni giorno individualmente per un corretto esame di coscienza, per testare i livelli raggiunti dalla nostra fede spesso dichiarata salda ma fragile nell’essenza. Come l’albero di fico anche noi siamo destinati a perire e seccare se non manteniamo viva e “fresca” la nostra fede, e per far ciò non occorre chissà quale immenso sforzo basta renderla reale nelle opere, nei “frutti”. “Dai frutti si riconosce l’albero” e un albero che ha solo foglie al vento come parole al vento, le nostre, non sarà mai in grado di produrre frutti, di lasciar spazio ai frutti. Gesù non ha “stagioni” per questo occorre vigilare e vegliare, lui ci passa accanto, ogni giorno ci scruta “per te ogni giorno siamo messi a morte, stimati come pecore da macello” perché al di là di tutto noi siamo chiamati a morire ogni giorno nella carne per lasciar vivere lo spirito e divenire, così, tempio di Dio, non più dediti agli “affari” del mondo ma concentrati esclusivamente nell’acquisto della salvezza «Non sta forse scritto: “La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le nazioni”? Voi invece ne avete fatto un covo di ladri». Ritorniamo alle origini, riscopriamo il vero senso della nostra venuta al mondo, con la preghiera giungeremo a comprendere lo scopo che ciascuno di noi è chiamato a perseguire e raggiungere

giovedì 27 maggio 2010

Rabbunì, che io veda di nuovo!


Marco 10,46-52



In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!».
Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.
Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.



“Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me” in questa invocazione sta racchiusa la fede di questo cieco, una grande fede che lo porta alla guarigione, una fede dinanzi alla quale Gesù arresta il suo cammino! Non è accettabile pensare che le nostre preghiere siano solo aria buttata al vento perché se pronunciate con la voce del cuore andranno dritte, a destinazione. Occorre però analizzare bene la preghiera che si compie, il perché si compie e se davvero crediamo alla sua forza; altrimenti tutto si limita ad un atto meccanico che mai evolverà in qualcosa di intimo, di puro. Il cieco conosce Gesù, ha fatto esperienza di Gesù e crede in Lui, la sua voce, quindi, è sincera, il suo grido è il grido di chi desidera “il genuino latte spirituale” e avidamente, ora, aspira a possederlo per “crescere verso la salvezza”. La cecità qui descritta altro non è che la condizione di chi è lontano da Cristo; le tenebre che viviamo e alle quali ci aggrappiamo convinti che non possa esistere altra realtà, una luce diversa, una luce che sia Luce; dimentichiamo che lui ci “ ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa” a divenire “stirpe eletta” a passare dal non senso al senso e divenire “pietre vive, edificio spirituale”. Per combattere la nostra cecità basta volerlo, e da un piccolo slancio “avvicinandovi a lui” poi diventa più facile correre e “seguirlo lungo la strada”. Non dobbiamo avere paura alcuna a gridare e implorare la pietà, anche quando tutto il mondo ci rimprovera o ci ordina di tacere, non possiamo scendere a patti con il mondo ma gettare via ogni legame con esso “gettato via il suo mantello” per balzare in piedi non più chini sul peccato e andare incontro a Gesù. Solo in lui c’è riposo, solo in lui pace salvezza e “guarigione”; ci passa accanto con il desiderio di sanarci ma se non siamo noi a volerlo non può imporcelo!! “Coraggio! Àlzati, ti chiama!” chiama ognuno di noi… riconosciamoci ciechi, peccatori e bisognosi della sua pietà solo così acquisteremo la sicurezza di vedere realizzata qualsiasi cosa si chiederà al Padre in nome del Figlio.

mercoledì 26 maggio 2010

Per giungere a Cristo non occorre sbarazzarsi della concorrenza!!!

Marco 10,32-45

In quel tempo, mentre erano sulla strada per salire a Gerusalemme, Gesù camminava davanti ai discepoli ed essi erano sgomenti; coloro che lo seguivano erano impauriti.
Presi di nuovo in disparte i Dodici, si mise a dire loro quello che stava per accadergli: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani, lo derideranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno, e dopo tre giorni risorgerà».
Gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».
Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».




Nella salita verso Gerusalemme i discepoli seguono Gesù, stanno dietro al maestro ma una sensazione di paura e stupore li rendeva sgomenti. La concezione di Capo che avevano stava per essere demolita o forse perfezionata perché alla figura di colui che “opprime” e “domina” sta per subentrarne un’altra ben diversa nei modi di proporsi e nell’essenza stessa. Eppur era facile riuscire ad immaginare tutto ciò, perché un Dio che si fa uomo, ultimo tra gli ultimi, un Dio che si mette in coda per ricevere il battesimo dal Battista, un Dio che si cinge i fianchi con un asciugamano per lavare i piedi ai discepoli, un Dio che non rifiuta di morire in Croce, non è un Capo assetato di potere ma un Padre pieno d’amore che altro non spera se non di metterlo in circolo. E la sera dell’ultima cena lo manifesta apertamente “Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi” perché nessuno di noi abbia a dire, come i due fratelli “Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra” ma al contrario chiedere costantemente di essere sorretti nel grande compito di essere suoi testimoni, servi tra i servi. L’accesso al regno, infatti, non è una gara dove vige la regola di sbarazzarsi al più presto degli altri concorrenti, ma è una gara dove occorre stimarsi a vicenda, amarsi, sorreggersi negli ostacoli per progredire insieme e giungere insieme alla gloria del Padre. Se non sta a Gesù “concederlo” i primi posti come può spettare a noi deciderlo? Anche in fondo possediamo la certezza di potervi accedere, ed è data dalla nostra disponibilità ad aderire totalmente a Cristo, “non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato” . “Coloro” siamo noi, noi redenti dal “sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia”, noi chiamati ad “amarci intensamente, di vero cuore, gli uni gli altri, rigenerati non da un seme corruttibile ma incorruttibile, dopo aver purificato le vostre anime con l’obbedienza alla verità” e la verità è servire il Padre nei fratelli “servitore, schiavo di tutti” per divenire piccoli agli occhi del mondo ma grande a cospetto di Colui che ci ha generati e rigenerati. Questo bisogna chiedere incessantemente, coscienti del fatto che la nostra vita è una prova, un crogiolo dove purificare la nostra esistenza e renderla, poi, eterna “alla destra del Padre”.

lunedì 24 maggio 2010

Vendi quello che hai e vieni! Seguimi!

Marco 10,17-27

In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”».
Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.
Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».





Quattro verbi, quattro azioni che se letti velocemente non hanno nessun collegamento ma che in fondo sono strettamente uniti da uno scopo comune: Gesù ci fissa invitandoci "vieni" a fare altrettanto a volgere lo sguardo su di Lui e ci ama esortandoci "seguimi" ad amarlo. Non ha mezze misure, né si accontenta di poco, vuole tutto! Ciò che vuole egli lo compie, tutto è possibile a Dio proprio perchè Dio è Tutto, demolisce i piani di ciascuno di noi per realizzare i propri progetti e considerando, poi, il progetto per eccellenza, quello della salvezza, diviene inevitabile la scelta di abbandonarsi e affidarsi senza paura alcuna. Dio è amore e non chiede altro che essere amato in virtù di ciò che ci ha elargito gratuitamente per sua immensa grazia. Ognuno di noi deve sentirsi "fissato" ognuno di noi è oggetto di attenzioni, ognuno di noi è amato in quanto voluto, in quanto vivente e destinato ad ereditare il regno promesso. Quale sia la strada per divenire coeredi di Cristo? Credere in lui e credere in Colui che lo ha mandato, volgere il nostro sguardo all'Amore del Padre e comprendere che al mondo non c'è nulla che lo eguagli, niente per cui valga la pena desistere. Da questa realizzazione, da questa esperienza piena, dalla conoscenza e dalla percezione di questo Amore comprendiamo man mano ciò che davvero “ci manca”, l'abisso che ci separa, quindi tutto ciò che ancora ci tiene lontani; per colmare questo vuoto basta poco, un "sacrificio" che può sembrare enorme, all'apparenza intollerabile: "va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!"… sbarazzarsi del nostro "tutto" che messo dinanzi al Suo Tutto diviene nulla e, mi domando, cosa c'è di più semplice del liberarsi di un qualcosa che per noi non ha alcun valore? Il tale che si rivolge a Gesù non ha ancora compreso in pieno la qualità del tesoro che gli viene offerto, quasi indignato torna per la sua strada affidando ai suoi averi un'importanza primaria, un ruolo che, spetta solo a Dio.
"E chi può essere salvato?" Chi apre il cuore all'Amore, chi si lascia plasmare, chi riesce a ristabilire l'ordine delle cose e chi pone tutta la propria speranza nella realizzazione del progetto che il Padre ha disegnato per lui: si salva chi vuole essere salvato e chi, senza opporre resistenza è pronto a gridare..."eccomi!"

giovedì 20 maggio 2010

Siano perfetti nell’unità.

Giovanni 17,20-26

In quel tempo, [Gesù, alzàti gli occhi al cielo, pregò dicendo:]
«Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.
E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me.
Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato prima della creazione del mondo.
Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro».



L'unità è data solo dalla concordia quindi da un'Amore che non ha secondi fini differenti dall'amare incondizionatamente. L'amore del Padre per il Figlio ci viene mostrato durante tutta l'attuazione del progetto di salvezza proprio perchè sta alla base della salvezza stessa comprendere d'essere amati e quindi amare. Questa comprensione è assai difficile se si considera il modo in cui la si espone, poi, con i gesti e con le parole stesse. Eppure in questo stesso passo viene indicata anche la via che deve seguire la nostra parola, quindi l'attuazione di ciò che si vive nell'intimo, che poi è la medesima già indicata per tutto il resto delle nostre membra "Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola" perchè la parola va necessariamente sostenuta da qualcosa di più solido quale solo la Fede può essere. E' facile capire come mai spesso siamo motivo di scandalo, e invece di avvicinare i "quelli" diamo modo di fuggire quasi scappare da qualcosa che ai loro occhi sembra confuso e invivibile proprio perchè così viviamo noi l'esperienza con Cristo. Tra il Padre e il Figlio non c'è stata nessuna concorrenza ma cooperazione, non ci sono stati scopi individuali ma un comune progetto, non c'è stata supremazia ma uguaglianza perfetta dell'Essere, dell'Agire "Trino ed Unico" proprio come unici siamo chiamati ad essere anche noi. La nostra fede fa rivestita, riveduta, per divenire FRATELLI, perfetti nell'unità, testimoni di un'Esperienza che ci ha voluti tali e che ci vuole una cosa sola con il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo...e tutti i nostri fratelli!

mercoledì 19 maggio 2010

Siano una cosa sola, come noi

Giovanni 17,11-19


In quel tempo, [Gesù, alzàti gli occhi al cielo, pregò dicendo:]
«Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi.
Quand’ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.
Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità».


La consacrazione nella Verità ci custodirà dal maligno pur continuando a vivere vicino al maligno. Come il grano in mezzo alla zizzania siamo chiamati a convivere con il mondo pur rimanendone "fuori" tramite la forza della nostra fede che ci aiuterà a vincerlo, una fede sempre viva e rinnovata dallo Spirito. Estraniarsi dal mondo non giova tanto, perchè bisogna saper convivere con le proprie paure, coi i propri peccati e debolezze, insomma con prerogative tipiche della natura umana senza che queste ci sovrastino, così come accettare l'esistenza delle logiche perverse del mondo senza caderne nelle lusinghe. Nascondere la testa sotto la sabbia non è l'atteggiamento del cristiano che al contrario deve proseguire a testa alta senza paura alcuna ma con la certezza che la preghiera di Gesù "Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi" è già realizzazione nel momento in cui ci abbandoniamo nelle mani del suo Spirito.

martedì 18 maggio 2010

Padre, glorifica il Figlio tuo

Giovanni 17,1-11

In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi al cielo, disse:
«Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato.
Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse.
Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato.
Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te».



La differenza che c'è tra l'essere nel mondo e l'essere del mondo, in questa preghiera, viene palesata apertamente da Gesù che si accinge a congedarsi dai discepoli e consegnarsi alla croce. "Ecco ora parli apertamente" ecco che in modo chiaro viene aperta la via per giungere a ciò per cui siamo stati creati e voluti: glorificare il Padre ed essere glorificati in Lui, in poche parole Amare e rimanere uniti nell'Amore, pur essendo nel mondo. Ciò che ci distingue è la fede, l'adesione al progetto e ciò che ci rende testimoni è la perseveranza nel testimoniare che viviamo già da ora la "Vita Eterna" perchè conosciamo "l'unico vero Dio" nell'attesa e nella speranza di contemplarne il Volto. "Io vengo a te" e ci lascia aperta la via, anzi la indica perchè nessuno vada perduto, ma glorificato. L'impegno a vivere la Parola equivale ad esserne conformi, solo così sarà possibile compiere l'opera che il Padre ha dato da fare a ciascuno di noi e glorificarlo in terra per essere, poi, accolti e glorificati in cielo, in quel cielo che già viviamo nel mondo rimanendo “fuori dal mondo”.

lunedì 17 maggio 2010

Abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!

Giovanni 16,29-33

In quel tempo, dissero i discepoli a Gesù: «Ecco, ora parli apertamente e non più in modo velato. Ora sappiamo che tu sai tutto e non hai bisogno che alcuno t’interroghi. Per questo crediamo che sei uscito da Dio».
Rispose loro Gesù: «Adesso credete? Ecco, viene l’ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto suo e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me.
Vi ho detto questo perché abbiate pace in me. Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!».



"Colui che è in voi è più grande di colui che è nel mondo".. Da questa certezza deriva il coraggio per affrontare le tribolazioni del mondo, da questa Verità deve scaturire la spinta a perseverare in Cristo e non desistere mai nemmeno a costo del "martirio". E' vero che noi, per fortuna, siamo lontani da questa esperienza, che in passato ha visto protagonisti tanti nostri fratelli Santi, ma è anche vero che esistono nuove forme di "martirio" inteso come un'adesione totale in comunione con Cristo, senza sconto alcuno, senza paura alcuna. Il coraggio che Gesù "dona" ai discepoli è un Coraggio che ha già vinto, con la Croce, un coraggio che per nulla al mondo ci separerà dal Suo amore nemmeno nell'ora in cui "vi disperderete e mi lascerete solo" perchè come Lui ha vinto il mondo in virtù della Croce così noi per la fede in Cristo siamo più che vincitori dinanzi alle sfide del mondo. Rimaniamo in Cristo per dimorare con il Padre e non essere più soli ma in costante compagnia...della Pace.

sabato 15 maggio 2010

Il Padre vi ama, perché voi avete amato me e avete creduto

Giovanni 16,23-28

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«In verità, in verità io vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà. Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena.
Queste cose ve le ho dette in modo velato, ma viene l’ora in cui non vi parlerò più in modo velato e apertamente vi parlerò del Padre. In quel giorno chiederete nel mio nome e non vi dico che pregherò il Padre per voi: il Padre stesso infatti vi ama, perché voi avete amato me e avete creduto che io sono uscito da Dio.
Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo e vado al Padre».



L'ultima frase di questo passo mi ricorda tanto le parole del profeta Isaia "Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver annaffiato la terra... così è della mia parola, uscita dalla mia bocca: essa non torna a me a vuoto, senza aver compiuto ciò che io voglio e condotto a buon fine ciò per cui l'ho mandata". Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi, venne ad irrigare il deserto, venne a seminare l'Amore affinchè anche il suo popolo rispondesse con il medesimo sentimento con la fede in Cristo. Da servi ci ha elevati a figli aprendoci alla comprensione del suo progetto parlandoci apertamente dopo esser entrati in sintonia, dopo aver imparato a parlare la sua stessa lingua. Ecco perchè ora è più semplice chiedere ed essere esauditi, nel nome di Cristo "egli ve la darà" un nome che non va solamente pronunciato ma vissuto in pieno ogni attimo, affinchè la gioia sia piena come pieno e completo l'Amore che ci lega. "Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo e vado al Padre" la Parola del Padre incarnatosi in Gesù che si fà "pioggia", fonte di acqua viva, ora pronta a ritornare al Padre dopo aver compiuto tutto e portato a termine ogni cosa ci lascia l'impronta da seguire per portare a compimento, con la nostra vita, ciò per cui siamo stati mandati, voluti.

giovedì 13 maggio 2010

Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia.

Giovanni 16,16-20

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete».
Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra loro: «Che cos’è questo che ci dice: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”, e: “Io me ne vado al Padre”?». Dicevano perciò: «Che cos’è questo “un poco”, di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire».
Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «State indagando tra voi perché ho detto: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”? In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia».


Sembra quasi che il "mondo" sia privilegiato considerando lo stato d'animo dei discepoli. In verità la gioia della risurrezione passa prima nei cuori del "mondo" e giunge poi in quello dei discepoli, forse perchè chi ha conosciuto fisicamente una persona stenta andare oltre la sua fisicità, diversamente da chi conosce direttamente il lato spirituale, quindi, la manifestazione di Cristo, la sua gloria nella risurrezione. I discepoli sono rattristati dalla profezia della morte perchè non riescono a percepire il dopo, mentre il mondo, col senno del poi, riesce a dare un senso alla morte, e "alla morte di croce". E' la chiave giusta per comprendere tutto il passato di Gesù, con la passione-morte-risurrezione è semplice capire tutto l'evolversi del progetto di salvezza anche i tratti ritenuti privi di senso, senza una logica. Quando la tristezza si sarà tramutata in gioia, quando la speranza in certezza, allora anche il significato del "poco" sarà svelato; quel tempo passato dalla morte alla risurrezione, quel tempo che passerà tra la nostra vita e la nostra risurrezione. Quante volte pensiamo che Lui non sia presente? Tante altre, invece, lo sentiamo vicino... basta "poco" ma è questo poco che tiene in vita la nostra fede, il nostro costante bisogno di cercarlo, di dissetarci alla sua fonte senza esserne mai sazi; come il gioco del rincorrersi che terminerà quando saremo insieme faccia a faccia, noi per contemplare il Suo volto, Lui per gioire della nostra salvezza.

mercoledì 12 maggio 2010

Lo Spirito della verità vi guiderà a tutta la verità

Giovanni 16,12-15

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.
Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

E' dolce vedere come il Signore asseconda la nostra debolezza ricavandone una leva, grazie alla quale è possibile, poi, sollevare qualsiasi peso. Con molta attenzione agisce sulla vita di ciascuno di noi perchè la Verità non arrivi come un uragano ma come un dolce vento che porta i profumi della novità, i colori di una stagione nuova. Spesso lo Spirito Santo viene rappresentato dal vento che sfiora, da un soffio, da un alito che da vita, e credo sia uguale la sensazione quando veniamo "toccati" dallo Spirito Santo di quella avvertita, magari, uscendo da una stanza ormai priva di ossigeno; una sensazione di pace ci avvolge, di serenità, di freschezza e man mano i dubbi svaniscono, e la nostra debolezza diviene fortezza, la nostra ignoranza conoscenza, la mente ritrova il suo alimento e l’anima la sua fonte di vita. L'azione dello Spirito Santo come completa l'opera del Padre e del Figlio sulla storia della Salvezza così completa l'opera in noi iniziata dal Padre e dal Figlio. Una vera conversione, infatti, va sigillata con la forza dello Spirito Santo che cancella per sempre l'ignoranza, rendendoci saldi in Colui che, tramite questo grande Messaggero, ha voluto trasferirci “tutto quello che possiede”, lasciamoci guidare rimanendo il Lui. "L'unzione che avete ricevuto da lui rimane in voi e non avete bisogno che alcuno vi ammaestri; ma come la sua unzione vi insegna ogni cosa, è veritiera e non mentisce, così state saldi in lui, come essa vi insegna".

martedì 11 maggio 2010

Se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito

Giovanni 16,5-11

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Ora vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: “Dove vai?”. Anzi, perché vi ho detto questo, la tristezza ha riempito il vostro cuore.
Ma io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito; se invece me ne vado, lo manderò a voi.
E quando sarà venuto, dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio. Riguardo al peccato, perché non credono in me; riguardo alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più; riguardo al giudizio, perché il principe di questo mondo è già condannato».



E quando sarà venuto, dimostrerà la colpa del mondo! Lo Spirito Santo porterà la Verità facendoci divenire simili a Colui che si è fatto simile a noi. Aprirà gli occhi alla visione e il cuore alla comprensione di ciò che siamo stati prima del'incontro, vivendo nel peccato immersi totalmente nella dimensione fisica alle dipendenze del principe di questo mondo e della sua fugace pace. Ecco che lo Spirito Santo dimostrerà la colpa del mondo in tal senso, rendendoci credenti, non più tristi ma pieni di gioia per la costante presenza di Cristo in noi consapevoli che, dimorando in Lui e Lui in noi, avremo sconfitto per sempre quella schiavitù che ci voleva chini e tristi. Invocare lo Spirito significa volgersi a Dio con l'anima per riscoprirlo nel nostro intimo come parte di noi, del nostro vivere; solo così sarà possibile gioire a prescindere da ciò che si vive nella vita di ogni giorno, sapere di essere amati...questo basta!

martedì 4 maggio 2010

Vi do la mia pace

Giovanni 14,27-31

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi.
Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate.
Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il prìncipe del mondo; contro di me non può nulla, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco».


Quale pace ci dà il mondo? Un surrogato di sentimenti che dona un senso apparente di soddisfazione ma che poi al primo ostacolo viene a galla per ciò che è: effimera illusione, opera del principe del mondo che a tutti i costi ci vuole inghiottire nella logica del "non senso". La Pace lasciata da Cristo è la Pace che scaturisce dall'Amore del Padre per il Figlio e viceversa in unione con quanti saranno disposti a credere e quindi amare. Ci sentiamo tutti invincibili specie quando ci sembra di vivere in pace e quindi saldamente ancorati a qualcosa che poi, nella prova e nella tribolazione, si mostra per ciò che realmente è: il nulla! Possiamo accontentarci ancora del nulla? Quando invece ci viene proposto di vivere per raggiungere il Tutto? Non è difficile né impossibile, anzi con Cristo diviene fattibile, vero e reale " contro di me non può nulla" ... allora cosa ci ostacola ancora? Forse l'incapacità di donarsi totalmente a questo Amore quindi di credere? Iniziamo ad agire secondo la volontà di Colui che ci ha voluti al mondo, ripartendo dalle origini per Amare e Credere e quindi Vivere in pace la Pace che non avrà mai fine.

giovedì 29 aprile 2010

Ecco lo sposo, andategli incontro!

Matteo 25,1-13

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: “Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio; le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono. A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro! Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. E le stolte dissero alle sagge: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono. Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene. Ora, mentre quelle andavano per comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più! tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici! Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora”.




Quando ci prepariamo per un appuntamento ci viene spontaneo pianificare tutto perchè non ci sia nessua mancanza e difetto alcuno. La nostra vita è una costante "preparazione" all'Incontro, da noi visto solo come il giorno della morte, con Cristo. E' possibile incontrarlo anche nella quotidianità, ritrovandolo negli occhi di un ammalato, nel sorriso di un amico o nel pianto di qualcuno provato dal dolore, e se non siamo capaci di riconoscerlo adesso come possiamo pretendere che Lui ci riconosca quando verrà? Dobbiamo brillare come lanterne, di una luce che mai perisce ma che si alimenta con l'Amore di Dio come con Olio che mai perisce; da questo saremo riconosciuti dalla capacità di rimanere "accesi" nonostante il vento, le intemperie, le prove, così lo Sposo riconoscerà in noi l'Amore che ci ha donato, come un talento, moltiplicato e fruttificato nonché convertito in amore nei fratelli. La veglia che siamo chiamati a vivere è fatta di questo, di una preghiera intensa e costante, un legame già ben saldo che poi diverrà indissolubile una volta entrati "alle nozze"... "Non chi dice Signore Signore entrerà nel Regno dei Cieli" ma chi compie la Volontà del Padre e chi riconoscerà Cristo nella vita sarà riconosciuto da Cristo nella Vita Eterna.

mercoledì 28 aprile 2010

Io sono venuto nel mondo come luce.

Giovanni 12,44-50

In quel tempo, Gesù esclamò:
«Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre.
Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo.
Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell’ultimo giorno. Perché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me».



Gesù è il Verbo fatto carne, è la Parola fatta esempio vivente affinchè si diffondesse a tutti in modo chiaro e comprensibile. In questo passo, in modo palese, è descritto tutto per non lasciare spazio a nessun dubbio: la vita eterna è comandamento di Dio, quel comandamento che siamo chiamati a vivere uniformandoci a Cristo in modo da pregustare già nella carne le dolcezze che un giorno possederemo; basta aprire il cuore alla comprensione, basta vivere la Parola rendendola reale in ogni attimo, come luce che dissipa le tenebre, come faro che ci guiderà e che darà a noi la forza di splendere, di riflettere, come specchi, la stessa luce. Per far si che ciò avvenga occorre ripulire "lo specchio" la nostra anima dagli aloni del peccato o di una condotta distante dalla Luce, perchè non occorre ascoltare ma osservare... ed una volta osservata, la Luce, sarà difficile volgere lo sguardo altrove, tutto il resto perde importanza ed il buio che era in noi è cosa passata in quanto rimane il ricordo in ciò che siamo stati. Quello che saremo non lo conosciamo ma una certezza deve spingerci a continuare e perseverare: la Luce potrà solo aumentare di intensità!!

martedì 27 aprile 2010

Io e il Padre siamo una cosa sola.

Giovanni 10,22-30

Ricorreva, in quei giorni, a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno. Gesù camminava nel tempio, nel portico di Salomone. Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai nell’incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente».
Gesù rispose loro: «Ve l’ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».


Da cosa è generata l'incertezza? Sicuramente dall'incapacità di credere e di abbandonarsi totalmente non certo dalla volontà di un maestro; forse il maestro permette che ci sia l'incertezza appunto perchè si crei, in ogni allievo, la voglia di comprensione, di conoscenza. Il mistero di Cristo non è una frase da imparare a memoria, e l'incertezza non può essere allontanata da una semplice dichiarazione se viene del tutto ignorata la Manifestazione. Le pecore che si è conquistato a caro prezzo lo conoscono proprio perchè hanno aderito totalmente ritrovando nella Parola la fonte delle opere e viceversa nelle opere la concretizzazione della Parola. Questa è la manifestazione di Cristo, il grande Segno che sta sopra tutti gli altri segni e prodigi, qui bisogna ricondurre tutta la nostra concentrazione per abbattere l'incertezza ed esser certi di rinsaldare la nostra fede spesso legata a labili legami. Ascoltiamo la sua voce, fermiamoci ad ascoltare il "suono" delle sue Opere ed arriveremo a conoscerlo e quindi seguirlo, rendendolo vivo nelle nostre opere, con la certezza di essere, un giorno, una cosa sola… “Beati d'ora in poi, i morti che muoiono nel Signore. Sì, dice lo Spirito, riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono”

lunedì 26 aprile 2010

Io sono la porta delle pecore.

Giovanni 10,1-10

In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».
Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».




"Entrerà e uscirà e troverà pascolo" Quasi un controsenso, occorre entrare in Cristo e poi uscirvi per trovare pascolo? Lui è la porta delle pecore, il pastore, Colui che per primo ha avuto accesso al Pascolo. Conosce bene questo luogo che vuole condividere con noi, ma per accedere occorre deporre ogni legame, ogni laccio che ci tiene ancorati e saldi in quelle certezze che di "certo" hanno ben poco ed una volta entrati in Cristo, morti nella carne, si è pronti ad uscire, rinascere a vita nuova e godere della gloria del Pascolo. Non ci sono scorciatoie ne vie preferenziali per essere salvato bisogna passare dalla Porta, bisogna salire in Croce e credere in Colui che ha percorso, inaugurandola, questa via di salvezza. A lui il compito di stare "davanti ad esse" lui che per tutta la sua esistenza ha preferito gli ultimi posti, obbedendo fino alla morte "e alla morte di croce". Gesù è Vita, è Via, non è un ladro o un brigante venuto a toglierci chissà quale libertà, ma Egli è la Libertà "Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza"...

domenica 25 aprile 2010

Alle mie pecore io do la vita eterna.

Giovanni 10,27-30

In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.
Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».


Ascoltare Conoscere Seguire... tre verbi tre azioni che portano ad un'unica grande meta: essere una cosa sola col Padre. Gesù per primo, essendo il Primogenito, ha "testato" questo percorso e portandolo a compimento ha aperto l'accesso al Regno, al Pascolo eterno, a chiunque desideri accedervi. E' stato istituito Pastore, Lui "reso perfetto... ha imparato l'obbedienza dalle cose che patì" affinchè chi crede in lui e chi guarda a lui venga redento e salvato. Seguire Cristo quindi implica necessariamente le precedenti azioni e non si può conoscere senza ascoltare, senza che il cuore si apra alla Voce della salvezza, alla comprensione del grande Amore che conosce ciascuno di noi e che ci vuole salvi. Questa speranza che è certezza ci spinge a proseguire verso la conoscenza reale del mistero di Cristo come unica via che conduce al Padre. Ecco perchè seguire Cristo è l'unico impegno da rinnovare ogni istante della nostra esistenza terrena. "Io e il Padre siamo una cosa sola" e dove è Cristo la saremo anche noi, avendo ricevuto l'adozione a figli riceveremo anche la Gloria e la grazia di contemplare il Suo volto per l'eternità: il Pascolo, il Banchetto dove non ci sarà più fame ne sete... Cosa, allora, può farci desistere dal compiere questo cammino? "Nessuna contrarietà ci distolga dalla gioia della festa interiore, perché se qualcuno desidera raggiungere la mèta stabilita, nessuna asperità del cammino varrà a trattenerlo. Nessuna prosperità ci seduca con le sue lusinghe, perché sciocco è quel viaggiatore che durante il suo percorso si ferma a guardare i bei prati e dimentica di andare là dove aveva intenzione di arrivare." (S.Gregorio Magno Papa)