mercoledì 30 settembre 2009

Ti seguirò dovunque tu vada.

Luca 9,57-62 -

In quel tempo, mentre camminavano per la strada, un tale disse a Gesù: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».
A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio».
Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».

Chi sceglie di seguire Cristo già sa in cuor suo che la scelta è totale e senza vie di mezzo, se è vero che ci chiama a servirlo lo fa perchè di noi vuole tutto, il cuore per primo. Non è possibile servire dio voltandosi indietro, o amarlo anteponendo altri o altro a lui. Lui è il nostro tutto e da lui, poi, deve scaturire tutto il resto, in modo che ogni cosa che ci circonda ci parli di lui e ci riporti a lui. Quante scuse spesso ci inventiamo e cerchiamo di crearci allo scopo di assottigliare una mancanza o un peccato!! Non possiamo essere noi i nostri giudici perchè ben conosciamo la natura corrotta della nostra coscienza, occorre invece avvicinarla a Dio il più possibile ed iniziare a vedere con i suoi occhi, misericordiosi e giusti.

venerdì 25 settembre 2009

Tu sei il Cristo di Dio. Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto

Luca 9,18-22

Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa; altri uno degli antichi profeti che è risorto».
Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio».
Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».



Sembra quasi che Gesù si nasconde intimando i discepoli di non riferire a nessuno sulla sua vera natura. Da un lato si mostra predicando e guarendo e dall'altra si cela lasciando che sia il cuore di ciascuno ad incontrarlo e non le parole dette dalle gente. E' come se aspettasse con ansia il momento della sua passione per rendere visibile agli occhi di tutti la trasfigurazione preannunciata sul monte ai pochi. Un Dio che si uomo per penetrare la corazza dell'uomo, un Dio che si incarna per possedere il cuore, i sentimenti e la vita stessa degli uomini; ecco perchè si nasconde, vuole che ognuno di noi lo conosca nell'intimo senza che sia imposta questa conoscenza ma vissuta in primis e poi testimoniata. La fede non si impone, ma trasmessa manifestando l'amore che ci unisce a Cristo, divenendo noi stessi simile a lui, trasmettendo, a chi ci sta vicino, questo amore nella stessa misura con la quale l'abbiamo ricevuto gratuitamente.

mercoledì 23 settembre 2009

Li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi

Luca 9,1-6

In quel tempo, Gesù convocò i Dodici e diede loro forza e potere su tutti i demòni e di guarire le malattie. E li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi.
Disse loro: «Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né sacca, né pane, né denaro, e non portatevi due tuniche. In qualunque casa entriate, rimanete là, e di là poi ripartite. Quanto a coloro che non vi accolgono, uscite dalla loro città e scuotete la polvere dai vostri piedi come testimonianza contro di loro».
Allora essi uscirono e giravano di villaggio in villaggio, ovunque annunciando la buona notizia e operando guarigioni.


E bello pensare, con questo brano, alla figura di P.Pio e del modo esemplare che ha avuto nell'incarnarlo. Ha scelto la via della consacrazione e ha operato tante guarigioni con la sua opera e la missione di confessore, ma anche per chi sceglie altre vie non deve mancare mai la vocazione d'essere testimone di Cristo. Ciascuno di noi deve ritenersi "convocato" già al momento stesso del Battesimo e, professando la fede in Cristo, noi ci impegniamo ad essere costantemente suoi inviati alla costante ricerca del suo volto, alla conquista del suo regno. Per compiere ciò è indispensabile spogliarsi di tutto, e P. Pio si spogliò anche dal lato materiale vivendo in povertà, ma dire addio al proprio orgoglio, al proprio io, alla voglia di emergere non è meno facile dell'abbandonare bisaccia, bastone, pane e denaro...anzi è la battaglia che spesso perdiamo dinanzi alle vicende che la vita ci offre. Preghiamo affinchè il Signore ci dia il dono di essere portatori di pace e con l'intercessione di S.Pio possiamo un giorno vivere solo di Lui...

martedì 22 settembre 2009

Mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica.

Luca 8,19-21 -
In quel tempo, andarono da Gesù la madre e i suoi fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla.
Gli fecero sapere: «Tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e desiderano vederti».
Ma egli rispose loro: «Mia madre e miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica».



Non è fantastico che un semplice ascolto della Parola ci dia l'adozione a figli? Si che lo è se però prendiamo in considerazione il vero significato dell'ascolto che non sia solo captare ma soprattutto incarnare e vivere, nella propria carne, l'esperienza di Cristo... e non si può vivere questa esperienza se non si lascia tutto in mano a Lui con un atteggiamento di vera fiducia "metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei statuti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi"

lunedì 21 settembre 2009

Gesù gli disse: seguimi. Ed egli si alzò e lo seguì

Matteo 9,9-13

In quel tempo, Gesù passando vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: “Seguimi”. Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i discepoli.
Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: “Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?”.
Gesù li udì e disse: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: ‘‘Misericordia io voglio e non sacrificio’’. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori”.


E' un atteggiamento errato quello dei farisei, come sempre cercano di incastrare il Maestro facendo leva su ciò che posseggono cioè un attaccamento sterile alla legge fatta di prescrizioni. Gesù lo ripete e lo ripeterà all'infinito cercando di penetrare il loro cuore per imprimere il Suo Nome e il Suo nuovo messaggio: ‘‘Misericordia io voglio e non sacrificio’’. Il sacrificio non basta se non è accompagnato da un cuore contrito perchè alla vecchia legge ora si sovrappone l'insegnamento dell'amore, del perdono, della carità e del vero pentimento. Gesù ora è medico e come medico attende con ansia che noi, da malati, ci prostriamo ai suoi piedi a chiedere d'essere guariti.

sabato 19 settembre 2009

Il seme caduto sul terreno buono sono coloro che custodiscono la Parola e producono frutto con perseveranza.

Luca 8,4-15 -
In quel tempo, poiché una grande folla si radunava e accorreva a lui gente da ogni città, Gesù disse con una parabola: «Il seminatore uscì a seminare il suo seme. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada e fu calpestata, e gli uccelli del cielo la mangiarono. Un’altra parte cadde sulla pietra e, appena germogliata, seccò per mancanza di umidità. Un’altra parte cadde in mezzo ai rovi e i rovi, cresciuti insieme con essa, la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono, germogliò e fruttò cento volte tanto». Detto questo, esclamò: «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!».
I suoi discepoli lo interrogavano sul significato della parabola. Ed egli disse: «A voi è dato conoscere i misteri del regno di Dio, ma agli altri solo con parabole, affinché
vedendo non vedano
e ascoltando non comprendano.
Il significato della parabola è questo: il seme è la parola di Dio. I semi caduti lungo la strada sono coloro che l’hanno ascoltata, ma poi viene il diavolo e porta via la Parola dal loro cuore, perché non avvenga che, credendo, siano salvati. Quelli sulla pietra sono coloro che, quando ascoltano, ricevono la Parola con gioia, ma non hanno radici; credono per un certo tempo, ma nel tempo della prova vengono meno. Quello caduto in mezzo ai rovi sono coloro che, dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano soffocare da preoccupazioni, ricchezze e piaceri della vita e non giungono a maturazione. Quello sul terreno buono sono coloro che, dopo aver ascoltato la Parola con cuore integro e buono, la custodiscono e producono frutto con perseveranza.


...e a chi dovremmo chiedere protezione se non al Padrone di questo terreno? A noi è stato dato il compito di soggiogarlo ma spesso, travisando, dominiamo in modo errato su questo terreno riducendolo in una discarica. Quando leggo questo brano penso a Teresa D'Avila e al suo bel modo di intendere l'anima: la paragona ad un giardino, da coltivare e dal quale, poi, ricavare frutti, consolazioni, opere. Descrivendo la fatica iniziale nell'attingere l'acqua per irrigarlo, però, non toglie mai la speranza di essere un giorno irrigati senza un minimo di sforzo ma solo tramite la grazie di Colui che ci ha posto dentro questo giardino. Occorre far leva sulla fatica e puntare sulla costanza perchè il seme caduto non porti frutto, le tentazioni sono forti, quella di tornare indietro, quella di abbandonare tutto, quella di lasciar morire ogni germoglio, ma se il "contratto" stipulato è stato fatto alla luce di un Vero Amore è impossibile voltarsi, si deve lottare e sudare, sicuri della meta, e sempre pronti all'ora della mietitura: che il Padrone non ci trovi impreparati ma con radici ben salde e frutti dai quali risplenda costantemente il "sapore di Dio".

giovedì 17 settembre 2009

Le stimmate di S. Francesco



Dalla «Legenda minor» di san Bonaventura. (Quaracchi, 1941, 202-204).

Francesco, mediante le sacre Stimmate, prese l'immagine del Crocifisso
Francesco, servo fedele e ministro di Cristo, due anni prima di rendere a Dio il suo spirito, si ritirò in un luogo alto e solitario, chiamato monte della Verna, per farvi una quaresima in onore di san Michele Arcangelo. Fin dal principio, sentì con molta più abbondanza del solito la dolcezza della contemplazione delle cose divine e, infiammato maggiormente di desideri celesti, si sentì favorito sempre più di ispirazioni dall'alto.
Un mattino, verso la festa dell'Esaltazione della santa Croce raccolto in preghiera sulla sommità del monte, mentre era trasportato in Dio da ardori serafici, vide la figura di un Serafino discendente dal cielo. Aveva sei ali risplendenti e fiammanti. Con volo velocissimo giunse e si fermò, sollevato da terra, vicino all'uomo di Dio. Apparve allora non solo alato, ma anche crocifisso.
A quella vista Francesco fu ripieno di stupore e nel suo animo c'erano, al tempo stesso, dolore e gaudio. Provava una letizia sovrabbondante vedendo Cristo in aspetto benigno, apparirgli in modo tanto ammirabile quanto affettuoso; ma al mirarlo così confitto alla croce, la sua anima era ferita da una spada di compaziente dolore.
Dopo un arcano e intimo colloquio, quando la visione disparve, lasciò nella sua anima un ardore serafico e, nello stesso tempo, lasciò nella sua carne i segni esterni della passione, come se fossero stati impressi dei sigilli sul corpo, reso tenero dalla forza fondente del fuoco.
Subito incominciarono ad apparire nelle sue mani e nei suoi piedi i segni dei chiodi; nell'incavo delle mani e nella parte superiore dei piedi apparivano le capocchie, e dall'altra parte le punte. Il lato destro del corpo, come se fosse stato trafitto da un colpo di lancia, era solcato da una cicatrice rossa, che spesso emetteva sangue.
Dopo che l'uomo nuovo Francesco apparve insignito, mediante insolito e stupendo miracolo, delle sacre stimmate, discese dal monte. Privilegio mai concesso nei secoli passati, egli portava con sé l'immagine del Crocifisso, non scolpita da artista umano in tavole di pietra o di legno, ma tracciata nella sua carne dal dito del Dio vivente.

domenica 13 settembre 2009

Tu sei il Cristo… Il Figlio dell’uomo deve molto soffrire.

Marco 8,27-35
In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti». Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».

La croce che ci illudiamo di portare molto spesso ci avvicina, invece, al peccato e alla mormorazione perchè la vediamo e l'accogliamo con gli occhi degli uomini e non con quelli di Dio. Ben sappiamo il significato della Croce, uno strumento di salvezza e di rinascita sulla quale è possibile salire solo riuscendo a rinnegare se stessi; e per riuscire a portare la croce con gioia e serenità occorre prima di tutto affidarsi e fidarsi di Colui che ha garantito per noi ("il mio giogo è soave") e che è sempre pronto a tendere la mano per rialzarci e soccorrerci. E' impossibile affidarsi, però, ad uno sconosciuto! La conoscenza di Cristo viene innanzitutto dall'accettazione totale della sua esperienza salvifica, senza scandalizzarsi dinanzi all'atrocità della croce, ma bensì pronti a sacrificare la nostra vita stessa per seguirne l'esempio. Ecco ciò che significa rinnegare se stessi, non è annullarsi ma rinascere e risorgere a vita nuova, una vita non più vissuta con gl occhi degli uomini ma con gli occhi di Dio. Solo con questa prospettiva sarà possibile affermare e proclamare la vera natura di Cristo, e seguirlo senza esitazione riscoprendo nella nostra croce quella che fu la Sua croce: un trampolino sul quale far leva per raggiungere il cielo!

venerdì 11 settembre 2009

Può forse un cieco guidare un altro cieco?

Luca 6,39-42

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola:
«Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello».




La promessa di poter divenire come il maestro viene da noi travisata perchè all'essere simili noi preferiamo la totalmente sostituzione. Di certo pecchiamo, oltre che per la presunzione, anche per la perdita della grazia immensa, della quale si può godere, nel divenire una cosa sola col maestro. Quando lo scambio è sincero, quando ci si attiva costantemente al fine di crescere e migliorare, quando non si ha il solo scopo di superare e scavalcare, è allora che sarà possibile giungere ad una meta, giungere a destinazione anche se ciechi perchè fiduciosi in Colui che ci guida. Invece la nostra cecità non ci permette questo, e non per la totale mancanza della vista ma per qualcosa di più grave: la cecità che ci opprime oggi è l’incapacità di saper vedere oltre la punta del nostro naso, essere limitati e considerare solo ciò che ci fa comodo, solo ciò che aiuta la nostra auto-redenzione. Ed è assolutamente sbagliato; un cieco che si affida deve saper guardare con gli occhi di chi lo guida così come noi dovremmo guardare il mondo e la nostra vita con gli occhi di Cristo. Se così fosse non esisterebbero il giudizio che ci fa vedere le pagliuzze altrui, la presunzione e l’orgoglio che ci portano a cadere nel baratro trascinandoci spesso dietro compagni indifesi. Forse, allora, non ci fidiamo di Lui? O forse siamo troppo presi dal misero potere che ci è stato dato, dal libero arbitrio, riuscendo a deformarlo e renderlo a tratti una condanna? Non utilizziamo quasi mai questa prerogativa a fin di bene anzi, ci sediamo in alto e da giudici scagliamo accuse e infliggendo pene costruendo, man mano, la nostra di pena, quella che non avrà fine, quella eterna. Domandiamo al maestro di aiutarci a togliere la pesante trave dal nostro cuore per poter guardare con occhi diversi, con i suoi occhi, carichi di infinita pazienza, amore, benevolenza e misericordia.

lunedì 7 settembre 2009

Osservavano per vedere se guariva in giorno di sabato

Luca 6,6-11
Un sabato Gesù entrò nella sinagoga e si mise a insegnare. C’era là un uomo che aveva la mano destra paralizzata. Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato, per trovare di che accusarlo.
Ma Gesù conosceva i loro pensieri e disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati e mettiti qui in mezzo!». Si alzò e si mise in mezzo.
Poi Gesù disse loro: «Domando a voi: in giorno di sabato, è lecito fare del bene o fare del male, salvare una vita o sopprimerla?». E guardandoli tutti intorno, disse all’uomo: «Tendi la tua mano!». Egli lo fece e la sua mano fu guarita.
Ma essi, fuori di sé dalla collera, si misero a discutere tra loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù.


Gesù è venuto a portare a compimento la legge, pur non abolendona dona ad essa la completa pienezza con l'esemplare insegnamento del metterla in pratica e viverla. Ai precetti tanto cari agli scribi e ai farisei lui affianca il Cuore, un Cuore che da servo ora diventa Amico del Padre e fratello dell'unico Figlio, e solo sintonizzando il nostro cuore con la Volontà del Padre è possibile andare oltre il "sabato", scavalcare precetti e azioni meccaniche per trasformare ogni nostro giorno nel "giorno del Signore". Non possiamo delimitare le nostre azioni o pianificarle perchè Dio è ovunque, in ogni luogo, in ogni attimo e in ogni fratello e situazione che incontriamo lungo il cammino. Quanta libertà ci dà Gesù cristo, e come vorrei che l'assaporassero quanti vedono in lui restrizione e catene! Quanta libertà ci ha dato facendoci comprendere dove sta la Vera libertà: seguirlo, ascoltarlo, viverlo è gioire in Lui benedicendo ogni incontro come evento voluto allo scopo di migliorare questo intimo rapporto...

domenica 6 settembre 2009

Fa udire i sordi e fa parlare i muti

Marco 7,31-37

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

L'intimità dell'incontro e dell'esperienza con Cristo oggi è più che mai sottolineata ed evidenziata. Per riuscire a parlare occorre, prima, essere in possesso di buoni argomenti, acquisibili tramite lo studio o l'Ascolto. Se crediamo che Dio "ha nascosto queste cose ai sapienti per rivelarle ai piccoli" allora non abbiamo scuse plausibili che possano giustificare la nostra sordità. Parlare di Cristo, proclamarlo, senza averlo conosciuto, ascoltato è un'attività sterile e che non porterà mai nessun frutto; senza la testimonianza, senza una vita intrisa totalmente della sua Parola sarà impossibile annunciarlo e renderlo "credibile". Potremmo dire "predicar bene e razzolar male"! Perchè invece non si prova ad invertire queste due azioni? Cioè fare della nostra vita una costante "predica", lasciare che i nostri gesti parlino a chi ci sta accanto, e lasciare che il nostro silenzio accompagni la nostra testimonianza pura e semplice. Il Signore apre le nostre orecchie e intenerisce il nostro cuore affinchè possiamo ascoltare la sua Voce, rende libera la nostra lingua, ma lo prego continuamente che la tenga a freno quando essa si scollega, quando vuole viaggiare su binari opposti a quelli del mio cuore...

venerdì 4 settembre 2009

Quando lo sposo sarà loro tolto, allora in quei giorni digiuneranno

Luca 5,33-39

In quel tempo, i farisei e i loro scribi dissero a Gesù: «I discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno preghiere, così pure i discepoli dei farisei; i tuoi invece mangiano e bevono!».
Gesù rispose loro: «Potete forse far digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora in quei giorni digiuneranno».
Diceva loro anche una parabola: «Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo su un vestito vecchio; altrimenti il nuovo lo strappa e al vecchio non si adatta il pezzo preso dal nuovo. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spaccherà gli otri, si spanderà e gli otri andranno perduti. Il vino nuovo bisogna versarlo in otri nuovi. Nessuno poi che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: “Il vecchio è gradevole!”».


"Il Vecchio è gradevole"; quanto ci costa caro dover abbandonare il vecchio per il nuovo? tanta più fatica quanta la mancanza di fiducia nel Nuovo. Eppure dovremmo averne di fiducia, dopo che abbiamo conosciuto e sperimentato l'immensa bontà di Colui che ci propone questo cambiamento. Gesù ci invita a cambiare ma non lo fa per averne merito o avere successo e fama ma al solo scopo di salvare noi. Mi colpisce l'appunto che fa l'evangelista sulla parabola del vino e degli otri perchè pone tutta la preoccupazione, non al contenuto, ma al contenitore, che potrebbe andare perduto. E i contenitori siamo noi, e tutto opera a favore nostro affinchè nessuno di noi vada perduto e La Novità circoli nel nostro corpo e, nella nostra vita, diventi testimonianza vera. Ecco perchè è impossibile digiunare in presenza dello Sposo, perchè lo Sposo stesso ora si fa artigiano e con maestria modella la nostra anima affinchè diventi un vestito nuovo e un nuovo otre da riempire senza nessun rischio: un cuore libero dal peccato è un cuore sano, senza crepe ne strappi da rattoppare! Solo cosi, con la pienezza e la consapevolezza d'aver realmente conosciuto Cristo e la capacità di vivere il suo messaggio potremo sopravvivere e digiunare con gioia quando "sarà tolto loro", con la speranza di non perderlo mai, ma anzi iniziare ad acquistarlo per l'eternità.

giovedì 3 settembre 2009

Lasciarono tutto e lo seguirono.

Luca 5,1-11
In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».
E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.



Colpisce subito l'immensa fede di Simone, non a caso, poi, sarà posto da Cristo stesso, come pietra sulla quale edificare la Chiesa. Eppure anche lui ha sofferto tentazioni nel nome di Cristo, lo ha rinnegato, pur senza perdere la purezza del sentimento che lo ha reso fervente discepolo. La giornata di pesca era finita, si lavano le reti per deporle, ma Cristo lo invita a risalire in barca come a precisare che chi lavora per lui non può concepire questo impegno come un lavoro cadenzato dagli orari. Chi sta nella barca di Cristo, chi sta nella Chiesa, vi è dentro sempre, giorno e notte, nelle feste e nei giorni feriali, sempre pronto ad eseguire il comando che il Signore gli ordina; e Simone, "sulla tua parola", in nome di Cristo non esita e si rimette a lavoro, rimettendo tutto nelle mani di Colui che lo guida. Senza dubbio ancora oggi Cristo è presente nella barca che è la nostra Chiesa; non ci sono dubbi a riguardo perchè se fosse tutto in mano a noi "peccatori" di sicuro la struttura non avrebbe resistito al peso, delle fratture, dei colpi potenti del nemico. Cristo è con noi, il Suo Spirito ci governa, ci guida, ci da forza, chiama giornalmente ciascuno di noi a gettare le reti della Parola e della Testimonianza allo scopo di pescare sempre più uomini, con la consapevolezza d'essere indegni ma capaci "in colui che ci da forza". Non ci sono tempi prestabiliti, ne la sua chiamata può corrispondere alla nostra predisposizione, ma è lui che prima ci mettete nella condizione favorevole e poi ci invita, certo della nostra risposta…

mercoledì 2 settembre 2009

È necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato.

Luca 4,38-44 -
In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, entrò nella casa di Simone. La suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei. Si chinò su di lei, comandò alla febbre e la febbre la lasciò. E subito si alzò in piedi e li serviva.
Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi affetti da varie malattie li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva. Da molti uscivano anche demòni, gridando: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era lui il Cristo.
Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e tentarono di trattenerlo perché non se ne andasse via. Egli però disse loro: «È necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato».
E andava predicando nelle sinagoghe della Giudea.


L'unico grande evento degno d'essere chiamato "guarigione" è l'incontro con Cristo. Un' esperienza sincera che ci mette seriamente a conoscenza della sua natura "tu sei il figlio di Dio". Ci soffermiamo troppo spesso al solo pronunciamento di questa frase senza che il suo senso produca in noi l'effetto voluto da Cristo stesso. Se ci mette in condizione di riconoscerlo ci sarà pure un motivo! Lui non fa niente per niente "perchè dia frutto" nel senso che ogni grazia, ogni miracolo, ogni incontro e contatto siano solo l'inizio, le basi del progetto che ha in serbo per ciascuno di noi. Di certo chi conosce Dio non può presumere di possederlo o di ritenersi "prescelto" "innalzato", perchè tutto questo potrà avvenire si, ma solo se sarà lui a volerlo. Non possiamo trattenerlo, ne circoscriverlo all'interno di gruppi e clan: "È necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città"... e a questo ci invita, a farlo conoscere con la nostra esperienza, mettendo in circolo la nostra stessa guarigione, quella del cuore, per portare a tutti la "buona notizia": Gesù mi ha salvato, ascia che salvi pure te!

martedì 1 settembre 2009

Io so chi tu sei: il santo di Dio!

Luca 4,31-37

In quel tempo, Gesù scese a Cafàrnao, città della Galilea, e in giorno di sabato insegnava alla gente. Erano stupiti del suo insegnamento perché la sua parola aveva autorità.
Nella sinagoga c’era un uomo che era posseduto da un demonio impuro; cominciò a gridare forte: «Basta! Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E il demonio lo gettò a terra in mezzo alla gente e uscì da lui, senza fargli alcun male.
Tutti furono presi da timore e si dicevano l’un l’altro: «Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti impuri ed essi se ne vanno?». E la sua fama si diffondeva in ogni luogo della regione circostante.



E' facile provare questo scetticismo, questo sentimento di sfiducia magari nei momenti di prova e di sofferenza. Mettendo in discussione la potenza di Dio, si mette in gioco la stessa nostra fede, e si sà che nelle nostre mani finirà per sgretolarsi inesorabilmente. Forse occorre comprendere che non è per merito nostro che crediamo ma per volontà e per amore di Colui che ci ha donato questa grazia. Allora non possiamo e non dobbiamo permettere che venga attaccata ma anzi, e proprio nei momenti di sconforto, occorre fare leva su ciò che di nostro possiamo mettere per salvaguardarla: la costanza, la fiducia e il timore di Dio. Lo spirito impuro conosce bene Cristo perchè in Cristo identifica il suo massimo nemico, Colui che lo sconfiggerà insieme al peccato e alla morta. Il nostro timore di Dio, la conoscenza di Lui, al contrario, deve nascere e maturare dalla consapevolezza che solo in Dio troveremo salvezza se solo saremo disposti a piegarci a lui, al suo giogo soave: il nostro stupore non sia generato dallo scetticismo ma dalla costante sorpresa di scoprire, riscoprire e assaporare la sua immensa misericordia.