giovedì 29 aprile 2010

Ecco lo sposo, andategli incontro!

Matteo 25,1-13

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: “Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio; le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono. A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro! Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. E le stolte dissero alle sagge: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono. Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene. Ora, mentre quelle andavano per comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più! tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici! Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora”.




Quando ci prepariamo per un appuntamento ci viene spontaneo pianificare tutto perchè non ci sia nessua mancanza e difetto alcuno. La nostra vita è una costante "preparazione" all'Incontro, da noi visto solo come il giorno della morte, con Cristo. E' possibile incontrarlo anche nella quotidianità, ritrovandolo negli occhi di un ammalato, nel sorriso di un amico o nel pianto di qualcuno provato dal dolore, e se non siamo capaci di riconoscerlo adesso come possiamo pretendere che Lui ci riconosca quando verrà? Dobbiamo brillare come lanterne, di una luce che mai perisce ma che si alimenta con l'Amore di Dio come con Olio che mai perisce; da questo saremo riconosciuti dalla capacità di rimanere "accesi" nonostante il vento, le intemperie, le prove, così lo Sposo riconoscerà in noi l'Amore che ci ha donato, come un talento, moltiplicato e fruttificato nonché convertito in amore nei fratelli. La veglia che siamo chiamati a vivere è fatta di questo, di una preghiera intensa e costante, un legame già ben saldo che poi diverrà indissolubile una volta entrati "alle nozze"... "Non chi dice Signore Signore entrerà nel Regno dei Cieli" ma chi compie la Volontà del Padre e chi riconoscerà Cristo nella vita sarà riconosciuto da Cristo nella Vita Eterna.

mercoledì 28 aprile 2010

Io sono venuto nel mondo come luce.

Giovanni 12,44-50

In quel tempo, Gesù esclamò:
«Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre.
Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo.
Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell’ultimo giorno. Perché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me».



Gesù è il Verbo fatto carne, è la Parola fatta esempio vivente affinchè si diffondesse a tutti in modo chiaro e comprensibile. In questo passo, in modo palese, è descritto tutto per non lasciare spazio a nessun dubbio: la vita eterna è comandamento di Dio, quel comandamento che siamo chiamati a vivere uniformandoci a Cristo in modo da pregustare già nella carne le dolcezze che un giorno possederemo; basta aprire il cuore alla comprensione, basta vivere la Parola rendendola reale in ogni attimo, come luce che dissipa le tenebre, come faro che ci guiderà e che darà a noi la forza di splendere, di riflettere, come specchi, la stessa luce. Per far si che ciò avvenga occorre ripulire "lo specchio" la nostra anima dagli aloni del peccato o di una condotta distante dalla Luce, perchè non occorre ascoltare ma osservare... ed una volta osservata, la Luce, sarà difficile volgere lo sguardo altrove, tutto il resto perde importanza ed il buio che era in noi è cosa passata in quanto rimane il ricordo in ciò che siamo stati. Quello che saremo non lo conosciamo ma una certezza deve spingerci a continuare e perseverare: la Luce potrà solo aumentare di intensità!!

martedì 27 aprile 2010

Io e il Padre siamo una cosa sola.

Giovanni 10,22-30

Ricorreva, in quei giorni, a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno. Gesù camminava nel tempio, nel portico di Salomone. Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai nell’incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente».
Gesù rispose loro: «Ve l’ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».


Da cosa è generata l'incertezza? Sicuramente dall'incapacità di credere e di abbandonarsi totalmente non certo dalla volontà di un maestro; forse il maestro permette che ci sia l'incertezza appunto perchè si crei, in ogni allievo, la voglia di comprensione, di conoscenza. Il mistero di Cristo non è una frase da imparare a memoria, e l'incertezza non può essere allontanata da una semplice dichiarazione se viene del tutto ignorata la Manifestazione. Le pecore che si è conquistato a caro prezzo lo conoscono proprio perchè hanno aderito totalmente ritrovando nella Parola la fonte delle opere e viceversa nelle opere la concretizzazione della Parola. Questa è la manifestazione di Cristo, il grande Segno che sta sopra tutti gli altri segni e prodigi, qui bisogna ricondurre tutta la nostra concentrazione per abbattere l'incertezza ed esser certi di rinsaldare la nostra fede spesso legata a labili legami. Ascoltiamo la sua voce, fermiamoci ad ascoltare il "suono" delle sue Opere ed arriveremo a conoscerlo e quindi seguirlo, rendendolo vivo nelle nostre opere, con la certezza di essere, un giorno, una cosa sola… “Beati d'ora in poi, i morti che muoiono nel Signore. Sì, dice lo Spirito, riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono”

lunedì 26 aprile 2010

Io sono la porta delle pecore.

Giovanni 10,1-10

In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».
Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».




"Entrerà e uscirà e troverà pascolo" Quasi un controsenso, occorre entrare in Cristo e poi uscirvi per trovare pascolo? Lui è la porta delle pecore, il pastore, Colui che per primo ha avuto accesso al Pascolo. Conosce bene questo luogo che vuole condividere con noi, ma per accedere occorre deporre ogni legame, ogni laccio che ci tiene ancorati e saldi in quelle certezze che di "certo" hanno ben poco ed una volta entrati in Cristo, morti nella carne, si è pronti ad uscire, rinascere a vita nuova e godere della gloria del Pascolo. Non ci sono scorciatoie ne vie preferenziali per essere salvato bisogna passare dalla Porta, bisogna salire in Croce e credere in Colui che ha percorso, inaugurandola, questa via di salvezza. A lui il compito di stare "davanti ad esse" lui che per tutta la sua esistenza ha preferito gli ultimi posti, obbedendo fino alla morte "e alla morte di croce". Gesù è Vita, è Via, non è un ladro o un brigante venuto a toglierci chissà quale libertà, ma Egli è la Libertà "Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza"...

domenica 25 aprile 2010

Alle mie pecore io do la vita eterna.

Giovanni 10,27-30

In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.
Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».


Ascoltare Conoscere Seguire... tre verbi tre azioni che portano ad un'unica grande meta: essere una cosa sola col Padre. Gesù per primo, essendo il Primogenito, ha "testato" questo percorso e portandolo a compimento ha aperto l'accesso al Regno, al Pascolo eterno, a chiunque desideri accedervi. E' stato istituito Pastore, Lui "reso perfetto... ha imparato l'obbedienza dalle cose che patì" affinchè chi crede in lui e chi guarda a lui venga redento e salvato. Seguire Cristo quindi implica necessariamente le precedenti azioni e non si può conoscere senza ascoltare, senza che il cuore si apra alla Voce della salvezza, alla comprensione del grande Amore che conosce ciascuno di noi e che ci vuole salvi. Questa speranza che è certezza ci spinge a proseguire verso la conoscenza reale del mistero di Cristo come unica via che conduce al Padre. Ecco perchè seguire Cristo è l'unico impegno da rinnovare ogni istante della nostra esistenza terrena. "Io e il Padre siamo una cosa sola" e dove è Cristo la saremo anche noi, avendo ricevuto l'adozione a figli riceveremo anche la Gloria e la grazia di contemplare il Suo volto per l'eternità: il Pascolo, il Banchetto dove non ci sarà più fame ne sete... Cosa, allora, può farci desistere dal compiere questo cammino? "Nessuna contrarietà ci distolga dalla gioia della festa interiore, perché se qualcuno desidera raggiungere la mèta stabilita, nessuna asperità del cammino varrà a trattenerlo. Nessuna prosperità ci seduca con le sue lusinghe, perché sciocco è quel viaggiatore che durante il suo percorso si ferma a guardare i bei prati e dimentica di andare là dove aveva intenzione di arrivare." (S.Gregorio Magno Papa)

giovedì 22 aprile 2010

Io sono il pane vivo, disceso dal cielo.

Giovanni 6,44-51 -

In quel tempo, disse Gesù alla folla:
«Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno.
Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.
Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».


Dopo un periodo di istruzione "teorica" si passa poi alla "pratica", si porta cioè a compimento tutto ciò che è stato promesso "tutti saranno istruiti da Dio" affinchè, poi, riconoscano l'Incarnazione reale dell'insegnamento, Colui che porta a compimento l'insegnamento stesso facendosi Carne. La manna prefigura la venuta di Cristo, Lui vero Pane disceso dal cielo mediante il quale si acquisisce la via eterna, non come i "padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti" ma rivestiti di una veste nuova quella di figli, redenti mediante il grande sacrificio del Pane "io darò la mia carne" che si perpetua per sempre affinchè chi "chi ne mangia non muoia". Magiare significa accostarsi al banchetto, comprendere e accettare l'invito, conoscere e credere in Colui che ha "preparato", fidarsi, e scoprire ,nel semplice invito, l'immenso Amore che si cela poi "nello spezzare il pane". A differenza di coloro che si cibarono della manna noi non moriremo perchè abbiamo riconosciuto Cristo, immagine del Padre, pane di Vita eterna.

mercoledì 21 aprile 2010

Questa è la volontà del Padre: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna.

Giovanni 6,35-40

In quel tempo, disse Gesù alla folla:
«Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai! Vi ho detto però che voi mi avete visto, eppure non credete.
Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».


La Volontà del Padre " ricapitolare in Cristo tutte le cose,quelle del cielo come quelle della terra". Gesù è disceso dal cielo per compiere la volontà del Padre e non la sua, ha assunto la nostra stessa natura non per assorbirne i difetti, le ambizioni ma per giustificarli, per cancellarli e per lasciarci l'esempio vivo di come è possibile aderire a questa Volontà. La nostra giustificazione "essere uomini" perde valore, ammesso che l'abbia mai avuto, in quanto in Gesù troviamo la realizzazione perfetta dell'uomo unito a Dio, che lotta, sopporta, patisce ma che non viene mai meno al proprio dovere di testimoniare, fino alla morte. Forse occorrerebbe decidere nel cuore se credere o meno e far pace finalmente con noi stessi, perdendo meno tempo nel cercare false vie di fuga o scusanti e concentrarsi sull'unica cosa da tenere sempre sotto gli occhi, la Croce. Tutto parte e trova compimento nella Croce, è li l'appuntamento che non possiamo declinare, quello che cambierà la nostra vita e muterà anche la nostra sorte. Con la Croce abbiamo la certezza di non perderci, come una bussola ci guida, perchè è la guida, per la via tracciata da Colui che per primo ha aderito al progetto divenendo Pane e Sacrificio, Pastore paziente che recupererà ciascuno di noi per ricondurlo alla salvezza. Impossibile non pensare al ladrone, lui che ha abbracciato la Croce senza mai ripudiarla, al contrario di chi accecato è incapace di scorgere la salvezza anche in mezzo alla sofferenza "colui che viene a me, io non lo caccerò fuori... ma In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso". Cosa aspettare dunque? Cosa ancora ci fa tentennare nell'abbandonarci totalmente? La Croce è una calamita, lasciamo attrarre solo così avrà un senso la nostra "carica negativa"... solo se la uniamo a quella "positiva" in un legame indissolubile e saldo: la Vita Eterna

martedì 20 aprile 2010

Non Mosè, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo

Gioavnni 6,30-35

In quel tempo, la folla disse a Gesù: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”».
Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».
Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane».
Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».


Un dato di fatto che sottolinea la nostra miseria e la grandezza di Colui che ci ha amati da sempre nonchè il nostro aspettare, passivi, una manifestazione straordinaria, un evento, un prodigio come chi aspetta la manna dal cielo! "Cerca per l'uomo un motivo per cui debba amare Dio e non troverai che questo: perchè Dio per primo lo ha amato. Colui che noi amiamo ha già dato se stesso per noi, ha dato ciò per cui potessimo amarlo". C'è da dire che la folla di quel tempo viveva una grande rivoluzione, la manifestazione di Gesù il suo "debutto" ha scosso totalmente le credenze ed è normale, quindi, chiedere "segni" per poter rendere salda la fede; anche se la Presenza è già il Segno per eccellenza, ma non possiamo biasimare questo popolo soprattutto se consideriamo la nostra condizione che ci vede profondi conoscitori degli eventi seppur increduli e titubanti. L'incertezza che ci opprime è data dalla cecità e dal limite fisico dal quale non riusciamo a sconfinare pur sapendo che esso è la minima parte di noi, che c'è qualcosa di molto più esteso da scoprire, coltivare ed elevare. La folla è grata a Mosè per il pane piovuto dal cielo come noi siamo grati per il benessere e per tutto ciò che la provvidenza ci mette dinanzi sorvolando su tutto ciò che ci viene proposto, sulle delizie che un giorno siamo chiamati a gustare. Eppure l'esempio dato da Cristo non ha bisogno di altri commenti o di aggiunte, si perpetua "in memoria di me" e si rinnova ogni giorno, sta noi aderirvi riconoscendo il Suo amore per noi e rimettendolo in circolo verso i fratelli. Il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo e possiamo diventarlo anche noi, pane spezzato ai fratelli dono di Dio... consapevoli d'essere amati e pronti ad amare, nei fratelli, Colui che ci ha amati, rendenti e salvati.

lunedì 19 aprile 2010

Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna.

Giovanni 6,22-29

Il giorno dopo, la folla, rimasta dall’altra parte del mare, vide che c’era soltanto una barca e che Gesù non era salito con i suoi discepoli sulla barca, ma i suoi discepoli erano partiti da soli. Altre barche erano giunte da Tiberìade, vicino al luogo dove avevano mangiato il pane, dopo che il Signore aveva reso grazie.
Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».
Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo».
Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».


Siamo sempre premurosi, come la folla che cerca Gesù, e felici di ritrovarlo in particolari momenti della nostra vita, quando magari il bisogno di invocarlo è tanto così come la necessità di ottenere qualcosa. Lo cerchiamo non per i segni, non per quello che Egli è, ma per qualcosa che porti giovamento subito all'istante, come il pane che ci sfama, un miracolo, una guarigione, un riscontro tangibile che possa alimentare la nostra fede. La fede, però, non può essere legata a questi segni ma va necessariamente ancorata a quei "Segni" dai quali essa deriva, i segni compiuti da Cristo "Colui che Egli ha mandato". Credere in Gesù è vivere in Gesù cercarlo non per ottenere qualcosa ma per condividere qualcosa, noi con la nostra miseria, la nostra semplice vita, Lui con la sua grandezza e infinita misericordia, in un connubio eterno di Amore; pronti a riconoscerlo sempre non solo nei momenti particolari ma nella quotidianità, in mezzo alla gente come testimoni. Occorre vivere in questo modo la fede in Cristo per "fare le opere di Dio" lottando contro le insidie e le tentazioni, sforzandoci di non rinnegarlo ma di riconoscerlo sempre, anche nei momenti bui, di fame e di sete, come Unico nostro Bene "il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà".

sabato 17 aprile 2010

Videro Gesù che camminava sul mare.

Giovanni 6,16-21


Venuta la sera, i discepoli di Gesù scesero al mare, salirono in barca e si avviarono verso l’altra riva del mare in direzione di Cafàrnao.
Era ormai buio e Gesù non li aveva ancora raggiunti; il mare era agitato, perché soffiava un forte vento.
Dopo aver remato per circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Sono io, non abbiate paura!».
Allora vollero prenderlo sulla barca, e subito la barca toccò la riva alla quale erano diretti.




Quando la vita ti sembra una bella gita in barca e poi devi fare i conti con il vento e le intemperie... è buio!! Si fa molta fatica a remare con il mare agitato e spesso vien voglia di lasciar perdere questa traversata che a tratti sembra assurda, senza senso: ma è la vita!! Non possiamo tirarci indietro e non dobbiamo... se solo ci rendessimo conto di cosa ci aspetta sull'altra sponda! La morte non è la fine della traversata così come non è la fine della nostra vita, perchè sull'altra sponda c'è un amico che ci attende, l'Amico che ha già acceso un fuoco e messo su del buon pesce, lo stesso Amico che ci guida e ci sta accanto anche quando, presi dalla fretta e da tante cose, non lo vediamo o lo scambiano per un fantasma: Lui è con noi. Cammina sopra le acque, al di sopra di ogni preoccupazione, di ogni nostra tristezza, di ogni nostro dolore, ci guida, ci da sollievo, rinfranca la nostra anima e prende in mano un remo affinchè la fatica non ci spiazzi e lo sconforto ci blocchi. Non possiamo affondare, anche se sembra inevitabile con la barca piena d'acqua e non ha più senso remare e faticare, Lui è con noi.. perchè essere paurosi? Prendiamolo in barca, facciamolo salire e solo così molte cose, apparentemente inaccettabili, prendono forma, significato. Con Lui al timone siamo certi di giungere sani e salvi... qualsiasi sia la riva verso la quale siamo diretti....

venerdì 16 aprile 2010

Gesù distribuì i pani a quelli che erano seduti, quanto ne volevano.

Giovanni 6,1-15

In quel tempo, Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.
Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo».
Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini.
Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.
Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.




La folla segue Gesù perchè vede i segni che Egli compie sugli infermi ignorando totalmente quell'infermità che va oltre i mali fisici: la fame e la sete di Amore. Seguiamo affannosamente tutto ciò che ha il sentore di amore, ritrovandoci poi spesso soli e per niente amati, forse perchè siamo restii a compiere quel viaggio a ritroso che ci porta alle origini, noi creati da un Amore grande, l'unico Amore dal quale poi è possibile far scaturine altro. Non c'è amore sincero senza l'Amore di Dio perchè qualsiasi cosa si ami, qualsiasi persona si ami non può essere amata davvero se non in virtù dell'Amore che l'ha generata, dell'Amore che l'ha posto accanto al nostro cammino. Così amando è possibile dare Lode all'Amato, e condividere quel "Pane" con un numero interminabile di fratelli sapendo di averne sempre a disposizione perchè infinita è la Misericordia e Grande il suo Amore. Abbiamo paura di amare perchè non conosciamo la purezza dell'amore che non guarda in faccia nessuno e non fa distinzione alcuna. Dio fa sorgere il sole per i giusti e per gli ingiusti e sono certo che in mezzo alla folla c'erano tanti spinti dalla sola curiosità, eppure a nessuno è stato negato un pezzo di pane, eppure a nessuno è stata negata la salvezza mediante la Croce; noi chi siamo per far differenza?

martedì 13 aprile 2010

Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo.

Giovanni 3,7-15

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall’alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito».
Gli replicò Nicodèmo: «Come può accadere questo?». Gli rispose Gesù: «Tu sei maestro di Israele e non conosci queste cose? In verità, in verità io ti dico: noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza. Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo? Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna».


Dobbiamo nascere dall’alto per essere finalmente liberi come il vento! Nicodemo non comprende bene il significato di questa rinascita ne tantomeno le modalità; nemmeno noi ancora oggi a distanza di molti anni e col “senno del poi” riusciamo a palesare questa verità. Eppure tutto ci è stato spiegato in Parole ed Opere… Gesù è Via Verità e Vita e ci vuole salvi tutti accanto a lui nella condivisione della Gloria. Questo è il suo progetto realizzato in pieno e senza nessun difetto che non siano il nostro ostruzionismo e, peggio, l'incredulità. Se paragoniamo il "cielo" alla vetta di un monte è possibile spiegare e comprendere in maniera semplice questo grande progetto. Per salire occorre una via e Cristo incarnandosi si fa Via; per procedere bisogna che il cammino sia libero dagli ostacoli che lo intralciano, e Cristo con la sua Croce ha estirpato tutto ciò che impediva il nostro slancio; per proseguire spediti e sicuri è preferibile avere il vento a favore e quale grande favore ci è donato dalla presenza costante del Suo Spirito! La grande Verità, quella che ci rende liberi è la consapevolezza di vedere realizzata la nostra speranza in Cristo e con Cristo; cosa ci rende ancora così titubanti? Rinascere dall’alto morendo dal basso della nostra miseria, noi seppelliti con Cristo nella carne risuscitati nello Spirito per l’eternità…

venerdì 9 aprile 2010

Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce.

Giovanni 21,1-14

In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.
Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.
Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si spezzò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.



La mensa preparata da Gesù è già bella imbandita, il pesce sopra la brace ed il pane, eppure manca ancora qualcosa per iniziare a mangiare. La condivisione è essenziale per partecipare alla Mensa che il Signore ha preparato per noi, Lui pensa a tutto perchè in Lui c'è il tutto ma a noi spetta di portare in "tavola" la pietanza che renderà eterno questo banchetto: la miseria, l'umiltà, la consapevolezza che da soli non possiamo far nulla. I discepoli ne danno testimonianza, in questo brano, vanno a pescare ma senza risultati, perchè evidentemente non si sono accorti di chi stava sulla riva, puntando solo sulle loro forze, così come noi non vogliamo che Dio "stia" su ogni nostra azione quotidiana, Lui in ogni nostro proposito. Ascoltare la sua voce rimettendo tutto nelle sue mani equivale a saper gettare le reti nel posto giusto e quindi esser certi di pescare, di riuscire e di realizzare quei progetti che ora sono in sintonia con i Suoi. La sintonia sta proprio in questo, in un costante "rimettersi" con gli occhi fissi sia sulla grandezza che sulla miseria, due elementi che si compensano dando origine all'equilibrio di una mensa invitante che mai sazia ma che sfama ogni giorno.

giovedì 8 aprile 2010

Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno.

Luca 24,35-48

In quel tempo, [i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus] narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi.
Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».

E' vero che il dubbio si insinua così come il turbamento e nel nostro cuore alberga spesso la paura e l'insicurezza. Abbiamo bisogno di costanti riscontri per rinnovare la nostra fede in Cristo quando invece dovrebbe bastare poco: riconoscerlo nei nostri gesti quotidiani, riscoprirlo nelle ferite di un fratello, ritrovarlo nelle sue opere. Rapportarsi con qualcuno che ha una diversa natura dalla nostra non è sempre facile però il nostro Dio ha voluto semplificare le cose proprio perchè ci ama ed ha a cuore la nostra salvezza, assumendo lui stesso la natura di "carne ed ossa", sopportando nella carne tentazioni e sofferenze appunto per consegnarci una grande certezza, quella di poter vincere ogni titubanza e correre spediti. Non si offuschi mai la nostra mente, la dolcezza e la delicatezza, che ha Cristo, nel rivelarsi possano aprire mente e cuore alla comprensione... non c'è amore più grande che dare la vita per i fratelli e l'amore di Dio per noi non ha confini.

mercoledì 7 aprile 2010

Riconobbero Gesù nello spezzare il pane



Luca 24,13-35



Ed ecco, in quello stesso giorno, , due erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto.
Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvo! lti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto».
Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?».
Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.






“Volto triste, occhi impediti a riconoscerlo” Sono i tratti di chi si lascia abbattere da una sconfitta, di chi non riesce ad andare oltre! Pensandoci bene i due discepoli si lasciavano alle spalle una Scena simbolo della sconfitta, un uomo inchiodato ad una croce che si proclamava re ma che invece ha subito la più folle delle condanne. Il Figlio di Dio morto senza opporre resistenza, “lui che avrebbe dovuto liberare Israele” ucciso come il peggiore dei malfattori. Piegati su se stessi discutono degli eventi come se gli eventi stessi non riguardassero la loro esistenza. Eppure, col senno del poi, affermano d’aver sentito in cuore un ardore, però il peso della sconfitta, la croce come per noi il peccato, molto spesso offusca o meglio ricopre il nostro cuore come di una fitta rete che impedisce ogni slancio; ma la croce non è morte, così come il peccato se riconosciamo Gesù “nello spezzare il pane”. Lui che si offre come vittima di espiazione cancella il peccato dal cuore dell’uomo e trasforma la croce in strumento di salvezza, come una strada da percorrere non più con tristezza ma con la gioia di chi non vedrà mai la fine. Alla luce della Croce tutto ci sembra più chiaro, “Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero”, tutto prende forma, le profezie, le scritture e nella croce trova compimento il progetto di salvezza del Padre e la volontà di aprire i nostri occhi alla comprensione e alla conversione; e ritornano indietro, sui passi percorsi, ma rinnovati nel cuore, con la speranza ritrovata, rinsaldata dalla Risurrezione di Cristo e dalla certezza che Egli rimarrà. È entrato nel nostro tempo per condurci nel suo tempo, ha condiviso con noi la morte per aprirci le porte della Vita: Cristo Via, Verità e Vita.. Ogni giorno siamo chiamati alla conversione, ogni siamo chiamati a salire in croce, ed ogni giorno a spezzarci come pane ai fratelli per gustare già da ora la gloria che un giorno sarà la nostra dimora.