mercoledì 25 giugno 2008

Dai loro frutti li riconoscerete


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci. Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li potrete riconoscere”.
(Matteo 7,15-20)


“Dai loro frutti li riconoscerete”. Nei frutti si manifesta la vera natura di chi li produce. Non si possono raccogliere fichi dai rovi neanche se il rovo, a parole, si dichiarasse il più fecondo albero di fichi perché i fatti e i suoi frutti darebbero conferma della sua reale essenza. I falsi profeti sono bravi a predicare, ma non altrettanto nel mettere a frutto le loro chiacchiere, in loro non c’è coerenza perché non alberga nel loro cuore lo Spirito Santo quella linfa che può far cambiare la loro natura. È come in agricoltura, un albero infecondo viene innestato o, come accade oggi, geneticamente modificato, per renderlo, a nostro piacimento, fruttuoso, così anche noi possiamo essere considerati come questi alberi e dietro la nostra aridità si può celare un grande raccolto se solo permettessimo alla linfa di permeare il nostro fusto spesso indurito e secco. Senza nessun miracolo della genetica ma con il più sublime dei miracoli, quello dell’Amore, potremmo liberarci dalle “vesti di pecore” e dal dover ricorrere giornalmente al giuramento per avvalorare ciò che non siamo. Il Padre “che vede nel segreto” non crede e non guarda i nostri giuramenti ma va dritto al cuore, al nostro essere “lupi dentro” ci mette in guardia invitandoci a fare attenzione più ai frutti che alle chiacchiere sterili e senza alcun riscontro. Un albero cattivo, per quanto possa impegnarsi, giurare e camuffarsi, non potrà mai produrre qualcosa di diverso dal suo essere tale, anche se ai nostri occhi s’innalza come il più perfetto degli alberi a prima fioritura sboccerà la sua vera natura che lo renderà meritevole, soltanto, d’esser “tagliato e gettato nel fuoco”. Oggi Gesù, con questo brano, ci invita a prendere in mano cesoie e rastrelli e a far pulizia all’interno del nostro orto, nel nostro cuore. È tempo di passare a rassegna ogni singolo ramo di ogni singolo albero che giornalmente annaffiamo e curiamo con dedizione, e di valutarne i probabili frutti. Occorre eliminare tutto ciò che genera odio, peccato e lasciare spazio ai soli alberi che daranno frutti prelibati ed eterni. Guardiamoci bene dai falsi profeti e dai falsi amici, dai tanti che si atteggiano con parole d’amore ma agiscono con la morte nel cuore. È questa la pulizia che occorre fare, liberare la nostra quotidianità dalle sterpaglie e far primeggiare, al centro del nostro giardino e al centro della nostra vita, l’albero più fecondo, rigoglioso, l’unico albero che genera frutti prelibati, la vita: L’albero della Croce. Togliamo, quindi, tutto ciò che d’infestante ci impedisce di contemplare la sua maestosità affinché possiamo raggiungere facilmente il suo tronco e, abbracciandolo, giungere a quell’unione che permette di gustare in eterno i suoi frutti.

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