giovedì 26 giugno 2008

Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli.


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.
Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demoni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome?
Io però dichiarerò loro: non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità.
Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, è simile a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde, e la sua rovina fu grande”.
Quando Gesù ebbe finito questi discorsi, le folle restarono stupite del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità e non come i loro scribi.
(Matteo 7,21-29)


“Insegnava loro come uno che aveva autorità” Da dove proveniva questa autorità se non dal fatto che Gesù operava in perfetta unione col Padre? Di questo le folle si meravigliavano, del nuovo insegnamento che è venuto a dare, un insegnamento in carne ed ossa e Spirito Santo, lui stesso incarna la Parola “e il Verbo i fece carne”. Tutta la sua esistenza terrena è un costante insegnamento perché tutta la sua vita è vissuta in comunione perfetta col Padre. Ecco la differenza che subito salta agli occhi delle folle, tra Gesù e gli scribi, i veri discepoli e i falsi profeti, un divario incolmabile tra il vivere la Parola e il pronunciarla soltanto. Uniformarsi al Padre è l’unico insegnamento che non ha bisogno di sottotitoli o spiegazioni, l’unione d’amore è palese e visibile a tutti. Noi ci scoraggiamo dinanzi a questa unione perché convinti che sia un’impresa impossibile o riservata ai santi e ai beati, col battesimo tutti siamo stati messi in condizione di possedere questa l’autorità che fu di Gesù nel annunciare la Parola, tutti, dopo esser stati liberati dalle tenebre del peccato, siamo stati innalzati ad essere suoi figli, cristiani, testimoni, con la nostra vita dell’amore d Dio. “Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli” perché nominando il suo nome invano commettiamo peccato, invocarlo significa in primis possederlo nel cuore, e per far questo non occorre essere dotti o abili nel disquisire, la conoscenza del Padre non è data dall’intelligenza ma dall’umiltà e dalla povertà che ben si sposano con la purezza di cuore, virtù indispensabile per accoglierlo e unirsi a Lui. Le nostre parole, per non essere vane, devono essere conseguenza delle azioni, devo accompagnare e amplificare tutto ciò che già mettiamo in pratica con la nostra vita. Dio non vuole le nostre apparenze ma vuole il nostro cuore, vuole essere amato nel segreto del cuore in modo che da li, l’amore, possa poi espandersi in modo sincero in ogni nostro gesto. Donaci Signore la capacità di tradurre pienamente la tua Parola e di incarnarla per affidare, così, alla tua roccia le fondamenta della nostra vita affinché essa ne tragga solidità, forza e l’autorità che le permetta d’essere esempio vivo e vero dell’unione con Te.

Nessun commento: