venerdì 23 maggio 2008

L'uomo non separi ciò che Dio ha congiunto

In quel tempo, Gesù, partito da Cafarnao, si recò nel territorio della Giudea e oltre il Giordano. La folla accorse di nuovo a lui e di nuovo egli l’ammaestrava, come era solito fare. E avvicinatisi dei farisei, per metterlo alla prova, gli domandarono: “È lecito ad un marito ripudiare la propria moglie?”. Ma egli rispose loro: “Che cosa vi ha ordinato Mosè?”. Dissero: “Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di rimandarla”. Gesù disse loro: “Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma all’inizio della creazione Dio li creò maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola. Sicché non sono più due, ma una sola carne. L’uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto”. Rientrati a casa, i discepoli lo interrogarono di nuovo su questo argomento. Ed egli disse: “Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio”.
(Marco 10,1-12)
"Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma", mi vengono in mente tutte le norme che scriviamo noi allo scopo di far passare come lecita ogni nostra azione e rimanere in pace con noi stessi e, a modo nostro, con Dio. La durezza e l'egoismo del nostro cuore tendono a far alzare la soglia di tollerabilità nei confronti di ogni gesto non sapendo che così facendo si può arrivare al punto, e oggigiorno lo sfioriamo, in cui è impossibile distinguere ciò che è giusto e ciò che non lo è. Per nostra fortuna e per la nostra salvezza c'è la Parola che, scritta da Colui che sta al di sopra di ogni cosa, non "soffre" di questi sbalzi e sta li sempre aggiornata e sempre attuale con la capacità assoluta di riportare i nostri passi sul giusto sentiero. In questo brano Gesù riconduce i farisei a considerare e riconoscere la vera natura della coppia, creata dal principio per formare una "carne sola". Un uomo e una donna che si presentano al cospetto di Dio per chiedere il suo consenso e il suo sigillo devono comprendere il passo che stanno per compiere: promessa di amore eterno e rispetto nonché impegno di fondere le loro vite in un'unica vita. Ecco perché sarà impossibile separare questa unione, noi non siamo nessuno per intervenire sull'operato di divino, anche se ormai è diventato estremamente facile dissolvere questo legame con la capacità che abbiamo di elevarci al di sopra anche di Dio e annullare tutto con una semplicità assurda. In questo caso la durezza del nostro cuore ci rende davvero incapaci di comprendere e capaci solo di rimodellare i Suoi precetti, inventando scappatoie, a nostro piacimento. Prima di ripudiare un coniuge interpelliamo Chi ha reso possibile questa unione, non facciamoci guidare solo dall'odio, dall'incomprensione e dall'interesse economico, ma rispolveriamo quei buoni propositi che ci hanno guidato all'altare e tutto ciò che di bello c'è in un sincero rapporto di coppia. Anche Giuseppe pensò di ripudiare Maria, ma alla fine si affidò al Signore, si fidò della Sua Opera riconoscendo in pieno il ruolo scelto per lui dal Padre. Facciamoci illuminare anche noi dalla Sua Parola e dalla Sua Volontà per comprendere il compito al quale siamo stati chiamati e rivestirlo in pieno sotto la Sua guida.

giovedì 22 maggio 2008

Abbiate sale in voi stessi

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Chiunque vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, vi dico in verità che non perderà la sua ricompensa. Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, sarebbe meglio per lui che gli passassero al collo una mola da asino e lo buttassero in mare. Se la tua mano ti scandalizza, tagliala: è meglio per te entrare nella vita monco, che con due mani andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile. Se il tuo piede ti scandalizza, taglialo: è meglio per te entrare nella vita zoppo, che esser gettato con due piedi nella Geenna. Se il tuo occhio ti scandalizza, cavalo: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, che essere gettato con due occhi nella Geenna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue. Perché ciascuno sarà salato con il fuoco. Buona cosa il sale; ma se il sale diventa senza sapore, con che cosa lo salerete? Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri”.
(Marco 9,41-50)

Abbiate sale in voi stessi, il sale è un elemento che da equilibrio al sapore, è una sostanza che, però, va dosata con cautela e nei giusti limiti per non creare disordine ed alterare, così, il gusto di qualsiasi vivanda. Il Sale che non deve mai mancare in Noi è il sale della giustizia e dell'amore, quel sale che permette di essere giusti con noi stessi e con gli altri. I discepoli condannarono chi aveva scacciato il demone, Cristo invece insegna loro, e a noi, ad accettare qualsiasi cosa mossa in nome Suo. Non possiamo condannare, non ne abbiamo il potere ne il compito, ne tanto meno possiamo permetterci di scandalizzarci per I Piccoli che credono perchè chi si sente grande nei Suo confronti non sa che è piccolissimo e insignificante. Per accedere a Vita Nuova dobbiamo eliminare i Vermi che pian piano logorano la nostra anima, tutto il marcio causato da invidie, mani e di grandezza e di protagonismo, e per riuscire in questa imprese è importante saper gestire il sale che è in noi; bisogna saperlo dosare non perdendo mai la misura nell'utilizzarlo e cadendo così nell'assuefazione cioè convinzione d'essere perfetti ed arrivati. Gesù ci chiede d'esser giusti e leali, d'essere in pace riuscendo nel lavoro di pulizia, nell'eliminare ogni motivo di scandalo, anche a costo di rimanere monchi, ma "salati" al punti giusto, in equilibrio e con quel sapore d'amore che mai perderà intensità.

mercoledì 21 maggio 2008

Chi non è contro di noi è per noi

In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: “Maestro, abbiamo visto uno che scacciava i demoni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato, perché non era dei nostri”. Ma Gesù disse: “Non glielo proibite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlare male di me. Chi non è contro di noi, è per noi”.
(Marco 9,38-40)

Gesù rassicura i discepoli sul fatto che non può esserci miracolo se non è Lui stesso a volerlo. Non esistono guaritori che pongono totale fiducia nelle loro forze ma "Amici di Cristo" capaci di invocarlo e domandare, chiedere "perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda"... tutti siamo in grado di nominarlo ma in pochi possediamo i presupposti per esser Amici degni, in pochi siamo disposti ad annullare le nostre forze e affidarsi alla sua unica forza, ma la fiducia spesso e poca preferendo fare leva sulla nostra imbattibilità di poveri mortali. I discepoli non furono in grado di schiacciare un demone e quasi provano "invidia" per costui che non era "dei nostri" ma comunque capace di pregare e interagire con l'artefice di ogni prodigio! Non sempre frequentare la Chiesa è sinonimo dell'essere amico di Cristo, spesso chi partecipa con discrezione e silenzio e senza alcuna pretesa di apparire riesce meglio di noi ad essere conforme. Gesù si fida di chi lo ama perchè sa che mai potrà cambiare rotta e mai "Potrà parlare male di me" a Lui riserva il dono di poter chiedere ed essere esaudito.

martedì 20 maggio 2008

Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Istruiva infatti i suoi discepoli e diceva loro: “Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma una volta ucciso, dopo tre giorni, risusciterà”. Essi però non comprendevano queste parole e avevano timore di chiedergli spiegazioni. Giunsero intanto a Cafarnao. E quando fu in casa, chiese loro: “Di che cosa stavate discutendo lungo la via?”. Ed essi tacevano. Per la via infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande. Allora, sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: “Se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti”. E preso un bambino, lo pose in mezzo e abbracciandolo disse loro: “Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me; chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato”.
(Marco 9, 30-37)

Essere bambini significa conservare gelosamente la sana ingenuità, la purezza e la semplicità che garantiscono un vero distacco nei confronti di tutto ciò che inquina le nostre anime. La sete di supremazia e di potere in primis, ci rende in continua lotta con chi invece dovremmo amare più di ogni altra cosa: "Se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti”, ma è estremamente difficile starsene in coda, all'ombra di tutti ed esserne felici, a volte quasi impossibile perchè non riusciamo ad annullare per prima cosa Noi Stessi a vantaggio della Sua parole e della Sua volontà. Chi accoglie un bambino nel mio nome accoglie me, chi si presenta a Lui nelle vesti di un bambino sarà accolto perchè avrà in cuore il Padre e l'accettazione totale della sua volontà... "ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore, ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili".
Io sono tranquillo e sereno
come bimbo svezzato in braccio a sua madre,
come un bimbo svezzato è l'anima mia.
(sal.130)

lunedì 19 maggio 2008

Aiutami nella mia incredulità

In quel tempo, Gesù sceso dal monte e giunto presso i discepoli, li vide circondati da molta folla e da scribi che discutevano con loro. Tutta la folla, al vederlo, fu presa da meraviglia e corse a salutarlo. Ed egli li interrogò: “Di che cosa discutete con loro?”. Gli rispose uno della folla: “Maestro, ho portato da te mio figlio, posseduto da uno spirito muto. Quando lo afferra, lo getta al suolo ed egli schiuma, digrigna i denti e si irrigidisce. Ho detto ai tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti”. Egli allora, in risposta, disse loro: “O generazione incredula! Fino a quando starò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatelo da me”. E glielo portarono. Alla vista di Gesù lo spirito scosse con convulsioni il ragazzo ed egli, caduto a terra, si rotolava spumando. Gesù interrogò il padre: “Da quanto tempo gli accade questo?”. Ed egli rispose: “Dall’infanzia; anzi, spesso lo ha buttato persino nel fuoco e nell’acqua per ucciderlo. Ma se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci”. Gesù gli disse: “Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede”. Il padre del fanciullo rispose ad alta voce: “Credo, aiutami nella mia incredulità”. Allora Gesù, vedendo accorrere la folla, minacciò lo spirito immondo dicendo: “Spirito muto e sordo, io te l’ordino, esci da lui e non vi rientrare più”. E gridando e scuotendolo fortemente, se ne uscì. E il fanciullo diventò come morto, sicché molti dicevano: “È morto”. Ma Gesù, presolo per mano, lo sollevò ed egli si alzò in piedi. Entrò poi in una casa e i discepoli gli chiesero in privato: “Perché noi non abbiamo potuto scacciarlo?”. Ed egli disse loro: “Questa specie di demoni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera”.
(Marco 9,14-29)



Quanto è importante la preghiera! Specialmente se accompagnata da una fede e da un “credo” ben saldi, diventa l’unico mezzo per scacciare ogni sorta di demoni. Riuscire a pregare non è un’impresa facile, richiede molta serenità, concentrazione ed uno slancio verso l’alto che permetta di dirigere le nostre intenzioni e i nostri dialoghi verso l’Interlocutore. Molte volte chiediamo grazie e miracoli immediati rimanendo delusi, poi, dalla mancata risposta, dimenticando che le nostre domande sono accompagnate, molte volte, dall’incredulità, e non da quella fede che deve renderci pazienti per non finire mai di sperare. Tutto è possibile per chi crede, e per chi s’impegna nella Vera preghiera e di essa ne fa arma e scudo contro tutti i demoni che quotidianamente s’impadroniscono del nostro corpo e delle nostre volontà. Signore aiutami nella mia incredulità!

domenica 18 maggio 2008

Chi cerca trova, ma chi ha voglia di farsi trovare semplifica la ricerca.


Vivevo normalmente questa mia vita fatta di lavoro, abitudini mondane, uscite con amici, bicchieri e musica anche se regnava in me un senso d’insoddisfazione, un continuo sentirmi fuori luogo, fuori posto senza arte ne parte e nonostante il mio accettabile inquadramento “economico-sociale” in me era insito un malessere: Che cosa farne Dei Miei Giorni?
Molto spesso mi soffermavo come ad un bivio e li stavo impassibile di fronte a mille possibilità, in realtà poche, che avrebbero potuto rapirmi e condurmi altrove.
Nel gennaio del 2007 ho avuto una di queste pause e ho tirato le somme più che in ogni altro momento passato con l’aiuto di un’analisi, a modo mio, sullo stato delle cose, sull’effettiva sostanza della vita. Ho semplificato tutto e a furia di pensare e ridurre al minimo il senso della mia vita sono sprofondato nell'abisso, in un buco nero senza via di fuga che da un lato mi ha fatto comprendere molte cose dall'altro ha corroso parte di me segnandola per sempre... anche positivamente, perdendo interesse per il lato materiale della vita, comprendendo che la volontà può abbattere molti problemi creati dall’ignoranza e dalla superbia, maturando la convinzione che l’uomo tende, per natura, a complicarsi l’esistenza, quando essa può essere resa più semplice, giungendo alla conclusione che il tesoro da ricercare e al quale si deve ambire è ben diverso da tutto ciò che materialmente luccica, con la consapevolezza che fino allora avevo cacciato in luoghi proibiti nei quali l’aridità sovrastava; non era lì che si celava il mio tesoro. Quelle sere, le ricordo, buie e terrificanti, avevo di fronte solo la morte come unica meta della vita, la tomba come muto scrigno di ciò che eravamo stati, chiedevo aiuto a Dio e ricordo che iniziai a pregare a rivolgere domande con richieste di risposte immediate, come se la mia preghiera fosse stata una “bacchetta magica”.
Passarono i giorni, il grigio e con essi La Voglia di Avere La Risposta, non pensavo più alle questioni proposte, amareggiato del fatto che mai avrei avuto un riscontro atteso. Certo allora non comprendevo tante cose, che quei tempi erano i miei e non quelli Suoi, non sapevo che il suo kairos e il mio kronos hanno in comune solo la “sostanza”, l’essere tempo, ma erano differenti nelle forma che addirittura scompare nella dimensione infinita del primo. Continuai la mia vita come sempre senza uno scopo, vivendo alla giornata, dimenticandomi di Dio che glorificavo, in ogni caso, a modo mio e apparentemente, nei giorni di festa e con qualche fredda preghiera la sera. Lui, evidentemente, non aveva gettato la spugna, tramava per me, progettava “dirige i passi dell’uomo e stabilirà la strada per lui” e mai ha pensato minimamente di abbandonarmi, e di questo, e non solo, gli rendo grazie.
Ad agosto, in un modo del tutto assurdo conobbi un frate e da subito nacque un’amicizia tipica di due coetanei, due giovani che vanno oltre i propri Abiti, l’uno nel rispetto del mondo dell’altro. Passavano i giorni ed intanto aumentava il nostro legame, lui sosteneva che il nostro incontro era opera divina ed io stentavo a comprendere e credere che mi fosse stato donato dal cielo, ma a quale scopo? Cosa potevo farmene io di un frate? Forse sostanzialmente e praticamente niente, ma fu lui che per scherzo e sottoforma di battuta una sera mi consigliò di Confessarmi e di ripristinare un dialogo che avevo interrotto anni addietro o che forse, ora posso dirlo, non avevo mai iniziato. Il 21 ottobre mi trovavo in chiesa per la solita messa domenicale, ero andato un po’ presto, ma senza l’intenzione di farlo, non avevo il coraggio ed ero intimorito. Seduto e aspettavo l’inizio della messa, ma una forza premeva sulla mia schiena come a staccarmi dalla spalliera della sedia m’induceva ad alzarmi…e così fu, andai, il prete fu ben lieto di mondarmi e mi accostai alla comunione, anche se con la freddezza che da sempre mi caratterizzava, vivendo il tutto come un gesto meccanico di semplice devozione. Al Ritorno a casa, però, mi sentivo turbato o meglio iniziai a meditare il senso dell’Eucaristia, onorato per quel dono che, nonostante il mio peccare, mi era stato offerto senza averlo chiesto. Quella sera, nello scegliere se ritornare sui miei passi insieme all’amico peccato o incamminarmi per una nuova strada lasciandomelo dietro, scelsi la prima opzione iniziando a pregare e a rendere Grazie per il suo amore gratuito e per aver riaccolto la sua pecora smarrita. L’indomani, per caso, mi trovavo nei pressi di una chiesa ancora aperta, entrai ed era appena iniziata la messa: ricorderò per sempre questo momento, quella sera ho avuto la risposta alle mie tante domande, il riscontro che da tempo aspettavo. Durante la consacrazione mi sentivo invaso da un’emozione unica, nuova, tipica di un incontro esclusivo. Tremante ricevetti l’eucaristia, fiero dell’esser rimasto 24 ore senza colpa e al ritorno a stento trattenevo le lacrime, avrei voluto esser solo in quella chiesa per esplodere in un pianto liberatorio, ma in silenzio ritornai al posto e chiesi al Signore “…di foderare il mio cuore con il suo Corpo e il suo Sangue per renderlo adatto ad accoglierlo e custodirlo”.
Nei giorni successivi non credevo a me stesso, mi rifiutavo perché convinto che tutto era frutto della suggestione “spesso facciamo dire a Dio quello che noi vogliamo” , sta di fatto che qui inizia il mio cambiamento nel cuore, nei gesti, nelle opere, e se prima accendevo il pc per scaricare materiale insano e sciocchezze ora lo utilizzavo diversamente cliccando preghiere e visualizzando brani della Bibbia, sentivo dentro un bisogno immenso come di recuperare il tempo perduto “troppo tardi ti conobbi” e di incamminarmi umilmente verso questa via “la fede viene dall’umiltà, dal saper ammettere i propri limiti” con il bisogno di scoprire la Verità. Mi sentivo riconoscente nei confronti di questo Padrone di casa che mi aveva accolto senza ripensamenti e come “obbligato” a seguire i suoi precetti spontaneamente incominciai a far tesoro dei suoi consigli ed a sentire quotidianamente il bisogno d’averlo accanto.
Il repentino cambiamento, però, è difficile da digerire o meglio si fa fatica a riconoscerlo come reale: Era frutto del mio volere o io stesso ero “vittima” del Sommo Volere? Mentre mi chiedevo giornalmente tutto ciò iniziavo ad isolarmi dal mondo e da tutti come se il mio cuore dovesse avere orecchie solo per quella voce, per quel forte richiamo, come se potessi vivere solo di quella Parola. Allontanai anche il Frate, convinto che era la sua presenza ad indurmi in tali comportamenti come una sorta di “plagio” involontario. Ho rischiato tanto, di perdere amicizie, credibilità, affetti, ma io mi trovavo bene come e dove stavo, il periodo nero che avevo vissuto era stato una “palestra” eccezionale che mi permetteva, ora, di poter vivere senza contorni e sfondi… vivevo il mio attimo di pace in cima al Tabor e mi godevo questa rivelazione… continuando a pregare, leggere il passo del vangelo quotidiano e iniziando a recitare la preghiera delle Ore.
Il Signore mi aveva preso? Credo proprio di si, mi ha preso! Anche se preferisco restare cauto, mi piace pensare che io stia rispondendo ad una chiamata, soddisfacendo, pian piano la mia sete: sete di verità e d’esser esaudito.
Con la preghiera riesco a tendere la mia mano verso la Sua mano, riesco ad aprire il mio cuore chiedendo costantemente un rinnovamento per esso, chiedo un cuore che sia capace di accogliere e custodire la Verità che tanto disperatamente andavo cercando.
Questo sono io oggi, per alcuni sembro un prodigio, per altri sono rimasto quello che ero, io mi vedo semplicemente rinnovato ed incanalato, spero, nella giusta via. Anche se non lo lascio trapelare, anche se preferisco custodire il tutto senza darlo in pasto ai cani dell’apparenza. Non potrei mai soffocare il mio essere solo per il piacere di atteggiarmi: Quello che di me si vede è solo la punta dell’iceberg, tutto il resto lo conservo gelosamente, ma cerco di materializzarlo senza dare all’occhio…certo non è che sia un enorme iceberg!
A chi rendere grazie? A lui Totalmente e a chi, pur indirettamente, mi accompagna e mi sostiene. Prego affinché non mi venga mai a mancare la sete e quella sana insoddisfazione che mi porta a non sentirmi mai arrivato “provocavi in me l’inquietudine, pungolandomi dentro, in modo che io mi sentissi sempre insoddisfatto cosi che tu man mano diventassi una certezza” e che mi impone di mettermi sempre in fila dietro gli ultimi con pazienza ma impaziente d’essere giornalmente Battezzato. Ho annullato il più possibile l’influenza della mia volontà nelle scelte che faccio, voglio farmi trasportare dalla Sua Volontà, Lui sa meglio di me cosa è meglio per me.
Grazie perché sei capace di fare ben più di quanto ti chiediamo o non comprendiamo di dover fare.

Chi crede in Lui non andrà perduto

In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».
(Giovanni 3,16-18)

Non c'è altra salvezza se non quella di riconoscere la centralità di Cristo, sia nella nostra fede sia nella possibilità di salvarci. Spesso si perde la Sua visione o ancor peggio lo si crede distante e inarrivabile e ci si affida ad intercessioni che, nel peggiore dei casi, offuscano totalmente la Sua Croce. Personalmente ho riscoperto in Gesù il fulcro di tutta l'opera del Padre, la via per raggiungere tutto ciò che c'è riservato per noi, utilizzo sempre le "mie" intercessioni anche se ho compreso che è più vicino di quanto pensassi. Signore aiutaci a sgomberare la nostra visuale da nebbia e tutto ciò che ci vieta di contemplarti, affinché si compia la nostra salvezza per mezzo di Te e della tua Croce.

venerdì 16 maggio 2008

Prendi la tua croce e seguimi

In quel tempo, convocata la folla insieme ai suoi discepoli, Gesù disse loro: “Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà. Che giova infatti all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima? E che cosa potrebbe mai dare un uomo in cambio della propria anima? Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi”. E diceva loro: “In verità vi dico: vi sono alcuni qui presenti, che non morranno senza aver visto il regno di Dio venire con potenza”.
(Marco 8,34-9,1)


Mi chiedo se il rinnegare se stesso sia un atto attivo o passivo. Morire a se stesso mediante sacrifici e rinunce o accorgersi che man mano molta parte di te si sta addormentando per lasciare spazio alla Croce che sovrasta la tua vita? Per seguire Cristo si deve passare dala croce anche metaforicamente nell'accettarla come unico e solo metodo di salvezza! Signore dammi la forza di non mollare mai la presa, di far si che la Croce abbracciata sia continuamente una gioia nuova.

giovedì 15 maggio 2008

Una Preghiera "Personale"

O Gesù fatti sempre più sentire al povero mio cuore e compi in me l'opera da te incominciata.
Ho letto questa preghiera su un sito e mi sono meravigliato del fatto che queste parole sono identiche a quelle che pronuncio quasi ogni giorno; come se qualcuno si fosse impadronito delle mia "frase" ed invece io, senza saperlo, sono stato a copiare questa invocazione: Padre Pio si rivolgeva cosi a Gesù, possa anche Lui intercedere con le stesse parole...

Chi dite che io sia?

In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarea di Filippo; e per via interrogava i suoi discepoli dicendo: “Chi dice la gente che io sia?”. Ed essi gli risposero: “Giovanni il Battista, altri poi Elia e altri uno dei profeti”. Ma egli replicò: “E voi chi dite che io sia?”. Pietro gli rispose: “Tu sei il Cristo”. E impose loro severamente di non parlare di lui a nessuno. E cominciò a insegnar loro che il Figlio dell’uomo doveva molto soffrire, ed essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, poi venire ucciso e, dopo tre giorni, risuscitare. Gesù faceva questo discorso apertamente. Allora Pietro lo prese in disparte, e si mise a rimproverarlo. Ma egli voltatosi e guardando i discepoli, rimproverò Pietro e gli disse: “Lungi da me, satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”.
(Marco 8,27-33)

Chi dite che io sia? Ogni giorno Cristo ci rivolge questa domanda e in ogni momento la nostra risposta è pronta ad essere cambiata in base agli stati d'animo, quando lo domanda in periodi di crisi siamo pronti a rispondere rimproverandolo , come Pietro, quando nei momenti di gioia Lui ci chiede di riconoscerlo siamo pronti ad urlare "Tu sei il Salvatore". La risposta, però, non può trasformarsi in base all'umore, deve invece essere scolpita e rimanere invariata, pronta ad essere letta in qualsiasi momento, nei momenti di tentazione, di sconforto, di gioia e di esultanza: Lui è Il Cristo sempre.

mercoledì 14 maggio 2008

Amatevi come io ho amato voi

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri”.
(Gv 15, 9-17)


Il comandamento nuovo che ci Lascia Cristo poco prima di salire in croce “Che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi” è da completamento agli altri, è anche nuovo in quanto col suo stesso esempio ci ha messi tutti sullo stesso piano rendendoci tutti amici , “non vi chiamo più servi ma amici”ma ci chiama a servire l'amicizia nel saper comprendere i bisogni di chi ci sta accanto ed agire. Lui ci vuole cosi, vuole che partecipiamo “come amici” al suo mistero, ci ha messi a conoscenza della Sapienza divina e con il suo amore ha aperto “un libro” mettendo dinanzi ai nostri occhi tutto ciò che lui ha ricevuto dal Padre. Credo che il ruolo primario di Cristo fosse ed è proprio questo: far conoscere le opere del Padre e mettere tutti in condizione di partecipare al Regno dei Cieli, rendendo Gloria a Dio, solo se “osserverete i miei comandamenti” e “rimarrete nel mio amore”. Chiediamo dunque il suo aiuto per poter riconoscere Dio nel prossimo, la Sua volontà nei bisogni di chi ci sta vicino .

martedì 13 maggio 2008

Perchè non avete pane?

In quel tempo, i discepoli avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un pane solo. Allora Gesù li ammoniva dicendo: “Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!”. E quelli dicevano fra loro: “Non abbiamo pane”. Ma Gesù, accortosi di questo, disse loro: “Perché discutete che non avete pane? Non intendete e non capite ancora? Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate, quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?”. Gli dissero: “Dodici”. “E quando ho spezzato i sette pani per i quattromila, quante sporte piene di pezzi avete portato via?”. Gli dissero: “Sette”. E disse loro: “Non capite ancora?”.
(Marco 8,14-21)


Perché dite di non avere pane e perché mostrate ancora un cuore indurito nonostante il fatto d’essere suoi discepoli? I farisei attendevano un segno e sfidavano Gesù in tal senso, i suoi discepoli non vedevano invece tutti i segni che avvenivano intorno a loro. Si preoccupano di non avere pane, come noi oggi ci lamentiamo sempre di non avere abbastanza, di vivere male e mal appagati. Ci siamo mai chiesti come mai? Forse non riusciamo a vedere con gli occhi che abbiamo e ad udire con le nostre orecchie? Forse il nostro cuore stenta ad addolcirsi, stenta a comprendere che il vero Pane non è fatto con il lievito dei farisei e di erode, ma con il lievito eterno, con la Sua parola, capace di moltiplicare, ed appagare quotidianamente la nostra fame? Possa Signore la Tua Parole essere l’unico pane capace di saziare la nostra fame.

lunedì 12 maggio 2008

La Fede non è fatta solo di Segni

In quel tempo, vennero i farisei e incominciarono a discutere con Gesù, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova. Ma egli, con un profondo sospiro, disse: “Perché questa generazione chiede un segno? In verità vi dico: non sarà dato alcun segno a questa generazione”. E lasciatili, risalì sulla barca e si avviò all’altra sponda.
(Mc 8, 11-13)

Chi si rivolge a Dio lo deve fare rimanendo saldo nella fede, non si può pensare di sfidarlo e domandare segni che attestino la sua esistenza. Tutto deve partire dalla netta e chiara affermazione di Dio in quanto tale. Questa generazione non avrà nessun segno perché del segno non cerca l’essenza ma la maestosità in quanto cosa soprannaturale. Anche noi molte volte attendiamo prodigi inimmaginabili non accorgendoci di ciò che muta lentamente la nostra vita. Non è sano attendere il Grande Segno ma è costruttivo vedere in ogni piccolo segno una meraviglia, opera delle Sue mani.. ridimensioniamo il nostro modo di rivolgerci a Lui, conservando un cuore pentito, molta umiltà e una fede ben salda potremo chiedere qualsiasi cosa, certi d’esser esauditi.

domenica 11 maggio 2008

Tu sai tutto

Il Signore non fa conto del vigore del cavallo, non apprezza l'agile corsa dell'uomo.
Il Signore si compiace di chi lo teme, di chi spera nella sua grazia"
(Salmo 146)

Oggi leggevo questo salmo e in particolare questi due versetti che trattano di un tema che da giorni medito grazie anche al passo del Vangelo di Giovanni 21, 15-19 dove Pietro dice al Signore: "Tu sai Tutto".
Da sempre sono un profondo difensore Dell'Essere a discapito dell'Apparire e non solo per una questione di conformità alla Parola, ma credo, anche, per una predisposizione naturale: “il Signore sa” sta a significare che lui ben comprende cosa si nasconde negli antri del nostro cuore, conosce l’essenza che muove le nostre azioni e ogni nostra intenzione, non occorre, quindi, atteggiarsi se tutto ciò che si fa lo si compie con naturalezza ed amore. A mio avviso la nostra Chiesa soffre molto oggi per questo: è ricca di apparenze e scarsa di sostanze. Molta gente partecipa con il solo scopo di essere in vista e esser considerata praticante non curante del fatto che l’unica Opinione che vale è data da chi fa a meno della vista per "ammirarci". Ci preoccupiamo soltanto di "batterci forte il petto" di inchinarci e mostrare riverenza quando poi, in quei momenti, non si pensa minimamente a Colui che sta davanti a noi. Spesso mi chiedo dove sta il giusto equilibrio tra l’esser testimone nei gesti e nelle azioni e il non peccare di protagonismo, e subito mi rispondo che sta nel saper esternare ciò che si sente, ma non è mica facile! Esternare significa mettere a repentaglio le sensazioni e le emozioni, in balia di un vento che potrebbe danneggiarle, e non poco. Se si è sicuri di tutto, però, questo è un rischio che si deve correre: Siamo chiamati ad esser testimoni, Il Signore non apprezza l'agile corsa dell'uomo ma di sicuro sarà felice dei nostri piccoli passi verso Lui; deponiamo il nostro vigore quando ci apprestiamo ad incontrarlo, gettiamo via le nostre maschere e ogni rivestimento, non servono, se non a renderci ridicoli e bigotti nei suoi confronti. Essere Testimoni e Protagonisti si può, ma con la sincerità nel cuore e la coerenza tra il "dire e il fare".



Scendete se volete salire a Lui perché nel salire contro di Lui siete scesi troppo in basso (S.Agostino)

Essere ed Apparire.

"Il Signore non fa conto del vigore del cavallo, non apprezza l'agile corsa dell'uomo.
Il Signore si compiace di chi lo teme, di chi spera nella sua grazia"
(Salmo 146)


Oggi leggevo questo salmo e in particolare questi due versetti che trattano di un tema che da giorni medito grazie anche al passo del Vangelo di Giovanni 21, 15-19 dove Pietro dice al Signore: "Tu sai Tutto".
Da sempre sono un profondo difensore Dell'Essere a discapito dell'Apparire e non solo per una questione di conformità alla Parola, ma credo, anche, per una predisposizione naturale: “il Signore sa” sta a significare che lui ben comprende cosa si nasconde negli antri del nostro cuore, conosce l’essenza che muove le nostre azioni e ogni nostra intenzione, non occorre, quindi, atteggiarsi se tutto ciò che si fa lo si compie con naturalezza ed amore. A mio avviso la nostra Chiesa soffre molto oggi per questo: è ricca di apparenze e scarsa di sostanze. Molta gente partecipa con il solo scopo di essere in vista e esser considerata praticante non curante del fatto che l’unica Opinione che vale è data da chi fa a meno della vista per "ammirarci". Ci preoccupiamo soltanto di "batterci forte il petto" di inchinarci e mostrare riverenza quando poi, in quei momenti, non si pensa minimamente a Colui che sta davanti a noi. Spesso mi chiedo dove sta il giusto equilibrio tra l’esser testimone nei gesti e nelle azioni e il non peccare di protagonismo, e subito mi rispondo che sta nel saper esternare ciò che si sente, ma non è mica facile! Esternare significa mettere a repentaglio le sensazioni e le emozioni, in balia di un vento che potrebbe danneggiarle, e non poco. Se si è sicuri di tutto, però, questo è un rischio che si deve correre: Siamo chiamati ad esser testimoni, Il Signore non apprezza l'agile corsa dell'uomo ma di sicuro sarà felice dei nostri piccoli passi verso Lui; deponiamo il nostro vigore quando ci apprestiamo ad incontrarlo, gettiamo via le nostre maschere e ogni rivestimento, non servono, se non a renderci ridicoli e bigotti nei suoi confronti. Essere Testimoni e Protagonisti si può, ma con la sincerità nel cuore e la coerenza tra il "dire e il fare".

Ricevete lo Spirito Santo

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
(Giovanni 20,19-23)

Pace a Voi! La vera pace è Riconoscere Gesù e gioire per la visione, la pace è stare riuniti con Lui in mezzo, la vera pace è ascoltarlo ed esser degni di ricevere il suo Spirito e la sua Chiamata divenendo suo discepoli simili a Lui perchè conformi alla sua Parola. Ognuno di noi può trovarsi seduto con i discepoli e ricevere la Visita, ognuno di noi è chiamato ad ascoltare ed ubbidire con cuore umile e carico d'amore.

sabato 10 maggio 2008

Tu Seguimi

In quel tempo, Pietro, voltatosi, vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, quello che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: “Signore, chi è che ti tradisce?”. Pietro dunque, vedutolo, disse a Gesù: “Signore, e lui?”. Gesù rispose: “Se voglio che egli rimanga finché io venga, che importa a te? Tu seguimi”. Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: “Se voglio che rimanga finché io venga, che importa a te?”. Questo è il discepolo che rende testimonianza su questi fatti e li ha scritti; e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera. Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù, che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere.
(Gv 21, 20-25)


"Tu Seguimi" - Per seguire davvero Cristo non occorre farsi domande o crearsi preoccupazioni, ma lasciare agire e fidarsi. Forse Pietro temeva che Giovanni avrebbe potuto prendere il suo posto, non ricordava che al sepolcro lo stesso Giovanni aveva lasciato a lui la precedenza come a Conservare il primato a lui. Cristo però riserva ad ognuno il suo ruolo: Giovanni è colui che darà testimonianza fino alla fine, Pietro pascerà il gregge che gli sarà consegnato. Signore ti prego di portare a compimento l'opera che hai iniziato in ognuno di noi, possa la nostra vocazione essere ben chiara e limpida per condividerla con Te e con chi ci sta accanto.

venerdì 9 maggio 2008

Tu lo sai che Ti amo

In quel tempo, quando si fu manifestato ai discepoli ed essi ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: “Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?”. Gli rispose: “Certo, Signore, tu lo sai che ti amo”. Gli disse: “Pasci i miei agnelli”. Gli disse di nuovo: “Simone di Giovanni, mi ami?”. Gli rispose: “Certo, Signore, tu lo sai che ti amo”. Gli disse: “Pasci le mie pecorelle”. Gli disse per la terza volta: “Simone di Giovanni, mi ami?”. Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli dicesse: Mi ami?, e gli disse: “Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo”. Gli rispose Gesù: “Pasci le mie pecorelle. In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi”. Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo aggiunse: “Seguimi”.
(Gv 21, 15-19)
Cristo sa scendere ai nostri livelli, questo lo ha dimostrato una volta per tutte salendo in croce e vivendo tra di noi le sue agonie, ma in questo passo ci dimostra che accetta noi come siamo purché mossi dall’amore e dal cuore puro. Pietro alla domanda di Gesù “mi ami” risponde “si ti voglio bene” ed ecco che Gesù stesso ridimensiona la forma del suo amore, pur mantenendola invariata nella sostanza, e mette sullo stesso piano il sentimento di Pietro e quello Suo. Quando ci sforziamo per compiere imprese “mitiche” quando lottiamo con noi stessi senza riuscire nell’intento valutandoci come incapaci di Amare Cristo, teniamo in mente queste sue parole per capire che ogni nostro piccolo passo, fatto con Amore, verso di Lui è una meraviglia ai suoi occhi. Grazie Gesù, perchè sceso accanto a me e hai aperto i miei occhi oramai diretti su un'unica direzione, grazie perchè con molti tormenti sono riuscito a mettere a fuoco la strada e grazie in anticipo per tutto ciò che hai in serbo per me.
Ps. Nella frase "e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi" leggo un consiglio fantastico per seguire Cristo e abbandonarsi a Lui, un consiglio che viene da Lui non può che portare direttamente a Lui, e allora come i vecchi che tendono la mano affidiamoci totalmente al Padre, anche quando, secondo noi, ci porta per strade che non vogliamo, tutto è per la nostra gloria e per la sua, tutto concorre per la nostra felicità: per questo mi sono affidato a Lui.

mercoledì 7 maggio 2008

Custodisci nel Tuo nome coloro che mi hai dato

In quel tempo, Gesù, alzati gli occhi al cielo, così pregò: “Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi. Quand’ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato e li ho custoditi; nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si adempisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico queste cose mentre sono ancora nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato a loro la tua parola e il mondo li ha odiati perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu mi hai mandato nel mondo, anch’io li ho mandati nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità”.
(Giovanni 17,11-19)

Cristo ci incoraggia a non avere paura del mondo ma anzi di andare incontro al mondo rimanendo saldi nel Padre. Siamo una cosa sola in quanto siamo stati custoditi nel suo nome e ci vuole simili a lui consacrati nella verità, nell'unica parola che può sostenerci durante le prove e le battaglie che il mondo ci propone. Magari potessimo possedere un minimo del coraggio che hai avuto tu per affrontare quanti ci odiano!.. Nell'orto pregavi anche per noi nonostante i nostri simili stavano per consegnarti alla morte.. Grazie per la gioia che hai lasciato e che giornalmente rinnovi nei nostri cuori.

martedì 6 maggio 2008

"Padre è giunta l'ora"

In quel tempo, Gesù, alzati gli occhi al cielo, disse: “Padre, è giunta l’ora, glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te. Poiché tu gli hai dato potere sopra ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sopra la terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te, con quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse. Ho fatto conoscere il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro; essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te”.
(Gv 17, 1-11)

Con questo pensiero Gesù "si conceda" dal mondo avendo, prima, promesso al mondo stesso la sua costante presenza con l'invio del Paraclito.. Con queste parole ci lascia un testamento forte e la chiave per accedere al regno ed essere glorificati dal Padre: Compiere la volontà del Padre, compiere l'opera che ci ha dato da fare è glorificarlo in terra è accedere alla vita eterna. Lui raggiunge il Padre con la stessa chiave che consegna noi, avendo portato a compimento la riconciliazione tra il Padre e il suo popolo.
Grazie Gesù perchè sei riuscito a compiere in pieno, con la morte in croce, il progetto Divino, grazie per averci accolto tutti sotto la tua croce e grazie perchè hai innalzato questo legno come scala diretta per il regno dei cieli..aiutaci sempre a non perderti mai di vista e a non ricercare altrove la pace e l'amore che solo le tue parole sanno dare!

Le cose mie sono tue e quelle tue sono mie

In quel tempo, Gesù, alzati gli occhi al cielo, disse: “Padre, è giunta l’ora, glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te. Poiché tu gli hai dato potere sopra ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sopra la terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te, con quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse. Ho fatto conoscere il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro; essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te”.
(Giovanni 17,1-11)


Con questo pensiero Gesù "si conceda" dal mondo avendo promesso al mondo stesso la sua costante presenza con l'invio del Paraclito.. Con queste parole ci lascia un testamento forte e la chiave per accedere al regno ed essere glorificati dal Padre: Compiere la volontà del Padre, compiere l'opera che ci ha dato da fare è glorificarlo in terra è accedere alla vita eterna. Grazie Gesù perchè sei riuscito a compiere in pieno, con la morte in croce, il progetto Divino, grazie per averci accolto tutti sotto la tua croce e grazie perchè hai innalzato questo legno come scala diretta per il regno dei cieli..aiutaci sempre a non perderti mai di vista e a non ricercare altrove la pace e l'amore che solo le tue parole sanno dare!

sabato 3 maggio 2008

Io sono nel Padre e il Padre è in me

In quel tempo, Gesù disse a Tommaso: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se conoscete me, conoscerete anche il Padre; fin da ora lo conoscete e lo avete veduto”. Gli disse Filippo: “Signore, mostraci il Padre e ci basta”. Gli rispose Gesù: “Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è in me compie le sue opere. Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre. Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò”.
(Giovanni 14,6-14)


"..perché io vado al padre"... e porta con se tutta la nostra miseria, la nostra piccolezza dell'essere uomini, ma mette sotto gli occhi del Padre Misericordioso tutte le nostre potenzialità, la nostra capacità di compiere, se solo lo vogliamo, opere ben più grandi di quelle compiute da Lui stesso. Il Padre ha mandato suo figlio per scendere ai nostri livelli, il figlio ritorna al padre per innalzare la nostra natura, solo cosi è possibile riconoscere Nel figlio il Padre stesso e viceversa: amando il loro progetto divino di salvezza e d'amore.
Mio Dio Comandami ciò che vuoi e concedimi ciò che comandi

venerdì 2 maggio 2008

L'afflizione si Tramuta in gioia

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “In verità, in verità vi dico: voi piangerete e vi rattristerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia. La donna, quando partorisce, è afflitta, perché è giunta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell’afflizione per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nella tristezza; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia”
(Giovani 16,20-23)

"..Ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia" Dopo un immenso dolore c'è sempre una gioia di proporzioni ben più grandi, come la partoriente Gesù con il suo dolore ha dato alla luce "La Luce" per eccellenza, la nostra gioia eterna. Il Mondo si rallegrerà perche chi incontrerà Cristo non porterà più nel cuore nessun segno di tristezza perchè sa che non andrà più via ma sarà presente ogni attimo, in ogni nostro battito di cuore.

mercoledì 30 aprile 2008

Molte cose ho ancora da dirvi!

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: “Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l’annunzierà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve l’annunzierà”.
(Giovanni 16,12-15)


Ogni volta che la sensazione d’esser un ignorante dinanzi alle sacre scritture mi induce a considerarmi indegno,piccolo e misero, ogni volta che tutto ciò oscura la luce che pian piano si fa intensa nella mia strada, ogni volta dovrei prendere in considerazione l’inizio di questo brano e comprendere la grandezza di Dio anche nel saper dosare gradatamente la Sapienza che ci trasmette. Lui misericordioso anche in questo non ci appesantisce anzi da al tempo il suo giusto valore e a noi la possibilità di essere giornalmente pronti ad assimilare “le cose che ha da dirci”. Con l’avvicinarsi della sua ascesa al cielo ha promesso ai suoi discepoli una guida, il paraclito che aiuterà molti a comprendere in pieno il disegno divino e il sacrificio perfetto. Lo spirito santo sarà in noi e tramite noi, divenuti suo tabernacolo, renderà grazie e glorificherà colui che l’ha mandato portando testimonianza al mondo intero. Ciascuno non parlerà da se ma non farà altro che amplificare e diffondere tutte le cose udite, trasmesse dallo Spirito per opera del Padre, rendendoci tutti potenziali detentori della vera verità.
Signore dammi la forza di aprire totalmente il mio cuore e la mia mente alla tua Sapienza perché voglio conoscere la verità, la vera gioia, quella letizia che non ha mai fine da riscoprire giorno dopo giorno nella tua parola.

martedì 29 aprile 2008

Catechesi 1° Puntata

Iniziare questa catechesi per me significa approdare, dopo mesi di meditazione, alle realtà, a quello che sarò e a ciò per cui sono stato chiamato. Analizzando la figura di Abramo, specificatamente la chiamata e la successiva risposta a seguire Dio e le sue direttive, non ho potuto fare a meno di estraniarmi dal contesto in cui ero per iniziare una panoramica inversa del percorso che mi ha portato ad esser seduto in quella sedia stasera. Il Signore ci chiama, Lui all'improvviso fa sentire forte la sua voce, ci afferra in un determinato momento e con la sua delicatezza ci mette in condizione di creare un colloquio con lui. Come Abramo anche noi siamo liberi di sentire o meno, di ubbidire o non, ma come Abramo forse portiamo nel cuore l'amarezza per un qualcosa non realizzato o il desiderio di giungere in una destinazione sognata, sperata. Io personalmente provengo da una particolare situazione, in passato avevo chiesto aiuto, in un periodo nero mi ero rivolto a Dio con la speranza di vedere risolto tutto in un batter d'occhio. Cosi non è stato, la grazia che tanto bramavo non è arrivata, al suo posto una sorta di rassegnazione che mi portava a vivere senza tante domande, senza pretesa alcuna. A distanza di un anno quasi avevo dimenticato la richiesta, non comprendendo la totale differenza tra i miei tempi ed i suoi, non ricordavo più l'invocazione rivolta, non mi preoccupavo di riconoscere in me il primo ostacolo d'abbattere. Lui ricordava tutto, in Lui è viva ogni nostra parte di cuore, sa cosa desideriamo, per cosa piangiamo e, se diamo fiducia, man mano si rivelerà anche a noi....e Lui si è rivelato e come Abramo ho iniziato a dare ascolto a questa voce che dolce e premurosa ha scaldato ogni anfratto della mia anima giungendo a liberarmi da tutte le sicurezze che mi avevo costruito, da ogni idolo che portavo dietro e da ogni certezza che difendevo a spada tratta. Il periodo di oscurità precede la luce. Ecco quello che ho passato, un tempo oscuro di angoscia e sconforto che solo ora riesco a comprendere come l'inizio di una nuova vita, di una vita totalmente affidata a Lui. Ora posso rendere grazie all'artefice di tanta meraviglia: Mi hai liberato da tante schiavitù, mi hai reso libero dal peccato, hai spezzato le mie catene riuscendo a far convivere in pace l'idea che avevo di me e me stesso.
Oggi ho iniziato questa esperienza, non sono stato io a deciderlo, oramai non lascio decidere alla mia volontà ma alla tua, mi limito soltanto a chinare la testa, a prostrarmi dinanzi a tutto quello che hai in serbo per me: Ti prego non lasciare mai la mia mano, aiutami a far si che io non lasci mai la tua.
Grazie

Vegliate

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: “Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio; le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono. A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro! Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. E le stolte dissero alle sagge: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono. Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene. Ora, mentre quelle andavano per comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici! Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora”.
(Matteo 25,1-13)

Il regno dei cieli va conquistato giorno dopo giorno vivendo questa vita come una sorta di rampa di lancio. Mai perdere la corsa e soprattutto mai accelerare con la convinzione di essere arrivati. Le vergini sagge insegnano che ogni cammino, ogni incontro va "organizzato" al meglio, portando con se l'occorrente, un cuore contrito e semplice e l'amore che, come l'olio, alimenterà sempre la fiamma. Solo questo fuoco, solo l'esser conforme allo sposo permetterà d'esser riconosciuti ed accedere alle nozze eterne senza preoccupazione alcuna. Vegliamo, rendiamoci limpidi e riconoscibili in modo che il Signore non dubiti minimamente della nostra appartenenza a lui!

sabato 26 aprile 2008

Non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo.

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: “Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia. Ricordatevi della parola che vi ho detto: Un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma tutto questo vi faranno a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato”.
(Giovanni 15,18-21)


Un invito chiaro e limpido a non perdere mai la forza di andare avanti nel cammino con Cristo. Basti pensare che tutto ciò che probabilmente possa venirci fatto è stato già fatto a Lui. Siamo suoi discepoli anche in questo e soprattutto nel condividere con Lui gli odi e le persecuzioni di chi non conosce chi ci ha mandato. Un servo non è più grande del padrone, ma la grandezza di questa distinzione sta nel fatto che ci ha voluti simili a Lui e, se con lui condividiamo i dolori, un giorno saremo pronti a condividerne anche la santità essendo veri portatori e testimoni della sua parola.

giovedì 24 aprile 2008

L'amore non è amato

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: “Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”.
(Giovanni 15,9-11)

Come il Padre ha amato me, così io ho amato voi, ma spesso, come dice anche S. Francesco “l’amore non è amato” . Eppure basta davvero poco per rimanere nel suo amore e quindi amarlo. Basta seguire la sua parola, basta imprimere nei cuori i suoi precetti e renderli quotidianità. Sembrerebbe una strada semplice da percorrere ma è realmente difficile da intraprendere per chi non si prostra con cuore contrito e continua a servire il servo e non il padrone. La salvezza è per tutti, l’amore di Dio è a disposizione di chiunque decide di possederlo con fede viva, speranza vera e sincera carità.

mercoledì 23 aprile 2008

Io sono la vite e voi i tralci

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: “Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli”.
(Giovanni 15,1-8)


Io sono la Vite e voi i tralci.
Gesù è la vite, la pianticella che il Padre decide di piantare in mezzo a noi come estremo gesto di riconciliazione verso quel popolo che con mille modi ha cercato di attirare a se. Come un vignaiolo che sonda il terreno e ne tasta la durezza e aridità cosi anche Lui conosce noi, in profondità il nostro animo e si fida di noi , in quanto figli, riconoscendoci capaci di accudire e tenere in cuore il Suo Figlio. Lo ha mandato tra di noi, lo ha curato, provato pesantemente per renderlo robusto e fecondo, capace di far germogliare tralci. Facciamo tutti parte della stessa vite, per un atto sublime d’amore siamo stati riuniti sotto l’albero della Croce, un fusto mai morto ma perennemente in vegetazione e rigoglioso grazie anche alla nostra azione, al nostro essere conformi a Cristo divenendo, poi, portatori di nuovi frutti. Basta poco: Rimanere in Lui; basta non recidere il legame che ci unisce alla pianta madre, solo con il suo costante sostentamento, con la sua parola quotidiana saremo in grado di superare tutte le “potature”, le prove che verranno predisposte al fine di fortificare i nostri rami. Se rimanete in me...chiedete e vi sarà dato: cosa chiedere di più? Se non di conservarci perseveranti in questo!

giovedì 3 aprile 2008

Chi crede nel Figlio ha la vita eterna

In quel tempo, Giovanni Battista disse ai suoi discepoli: “Colui che viene dall’alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla della terra. Colui che viene dal cielo è al di sopra di tutti. Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza; chi però ne accetta la testimonianza, certifica che Dio è veritiero. Infatti colui che Dio ha mandato proferisce le parole di Dio e dà lo Spirito senza misura. Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio incombe su di lui”.
(Giovanni 3,31-36)


Lui attesta ciò che ha udito e veduto. Il padre ha mandato il suo figlio rivestendolo di carne per renderlo più conforme a noi e più vicino alla nostra miseria, ha voluto che provasse le nostre stesse sofferenze, le nostre stesse paure e ansie. Cristo, pur essendo superiore a tutti, non ha rifiutato di umiliarsi e soffrire fino alla fine, non ha esitato a mettersi in coda per riceve il battesimo per essere esempio vivo e reale. Se il figlio di Dio ha sopportato tanto senza mostrare mai nessun segnale di cedimento chi siamo noi per adirarci ad ogni minima ostacolo? È vero siamo poveri, siamo sempre uomini,deboli, non in grado di riconoscere pienamente in Cristo il punto focale, il cardine, la strada per accedere alla salvezza. È sceso tra di noi sotto umili e indifese vesti affinché non fossimo immediatamente accecati dalla sua maestosità ma al contrario ci ha mostrato lentamente la sua grandezza “a goccia a goccia” mediante la Sua parola, si è unito a noi con pazienza e senza presunzione alcuna, ha predicato le cose del cielo lasciando liberi gli uomini di credere o non credere e di tastare con mano il progetto divino: il Padre ha messo tutto nelle sue mani sapendo che avrebbe ubbidito restando fedele alla sua volontà fino alla croce, così il Padre metterà nelle nostre mani la vita eterna solo se saremo in grado di riconoscere la vera natura di Gesù suo Figlio e nostro salvatore.

mercoledì 2 aprile 2008

La luce è venuta nel mondo ma gli uomini hanno preferito le tenebre.

In quel tempo, Gesù disse a Nicodemo: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio”.
(Giovanni 3,16-21)

Dio dunque non ha mandato il Figlio suo per condannare il mondo ma perché il mondo per mezzo di Lui venga salvato. È attualissimo il contenuto di questo passo e credo che lo sarà, come del resto tutta la parola di Dio, fino alla fine dei tempi. “Non per condannare il mondo” rispecchia in pieno la convinzione che molti hanno di Dio, un Dio che condanna ogni nostro peccato, un Dio che punisce, che toglie ogni ricchezza e ogni agio, guardando chi sta vicino a Dio e chi vive conforme ai suoi precetti, come un poveraccio che non sa godere dei piaceri della vita. Niente di più sbagliato! Questa concezione è errata e mette al bando ogni insegnamento del Padre a favore di altri che portano alle conseguenze che ben conosciamo. Il mondo è in rovina, ha preferito le tenebre alla luce convinto che la luce condannasse ogni opera non considerando la natura misericordiosa di Dio. Come Gerusalemme non riconosce il suo profeta continuando a cacciarlo dalla quotidianità, da ogni gesto, preferendo inabissarsi nelle tenebre del potere, della vanità e della vanagloria. È tempo di ridimensionare le nostre certezze, ora che la potenza dell’uomo si è ridotta al minimo, implosa in se stessa. È tempo di ammettere che “nessuno può riscattare se stesso o dare a Dio il suo prezzo”, fermiamoci a pensare e a meditare, permettiamo alla vera Luce di invadere le nostre tenebre per poter così riprendere a vivere, rinascere, sotto un’ottica diversa, sotto un raggio che scalda, rinnova, perdona e innalza chi opera secondo il volere del Padre.

martedì 1 aprile 2008

Rinascere dallo Spirito

In quel tempo Gesù disse a Nicodemo: “In verità ti dico: dovete rinascere dall’alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito”. Replicò Nicodemo: “Come può accadere questo?”. Gli rispose Gesù: “Tu sei maestro in Israele e non sai queste cose? In verità, in verità ti dico, noi parliamo di quel che sappiamo e testimoniamo quel che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza. Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo? Eppure nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell’uomo che è disceso dal cielo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna”.
(Giovanni 3,7-15)


Chi rinasce dallo spirito è come il vento, senza limite alcuno, si sente la voce ma non si sa da dove viene e dove va, chi si affida al Padre decide di annientare se stesso per percorrere la strada “attraverso quello che non sai per raggiungere quello che non sai”; una via spesso oscura, difficile, irta e stretta, come dice S. Giovanni della Croce, appunto perché richiede la nostra totale fiducia e il nostro abbandono. Se Crediamo in cristo, alle sue opere terrene, ai suoi prodigi e miracoli, dobbiamo necessariamente credere al progetto finale del Padre, al Regno che ha destinato per i quanti s’incamminano verso di Lui. Con l’esempio del Figlio ha illustrato, delineandoli, tutti i gradini da salire per essere innalzati alla vita eterna, spetta a noi pronunciare il nostro “Eccomi”, riconosco d’esser anche io tuo figlio e di voler compiere la tua volontà, per rinascere con Te…Dio Vivente rendendo cosi il sacrificio del tuo unico Figlio non vano ma sublime e reale: Progetto d’amore e d salvezza.

lunedì 31 marzo 2008

Sono la Tua serva..

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: “Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te”. A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L’angelo le disse: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine”. Allora Maria disse all’angelo: “Come è possibile? Non conosco uomo”. Le rispose l’angelo: “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio”. Allora Maria disse: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. E l’angelo partì da lei.
(Luca 1,26-38)
“ Come potrà avvenire questo, io non conosco uomo” come è umile Maria di fronte al Grande Annuncio, Lei rimane nuda nella sua purezza riuscendo, come pochi, a riconoscere i propri limiti dell’essere indegni di ricevere tanta gloria. Lei non sa, però, che chi ha deciso l’ha resa anche perfetta, immacolata genitrice del Figlio di Dio, “Non temere hai trovato grazia davanti a Dio”, sii fiduciosa perché Dio ha scelto per te, Dio ha trovato in te il “veicolo” sublime per portare a compimento il suo progetto. Mi chiedo se siamo coscienti del fatto che ognuno di noi è chiamato a fare altrettanto, ad essere “servi del Signore” ad assopire tutte le nostre volontà per dar spazio alla Sua Volontà, riuscire ad annientare noi stessi non è un compito facile se in primis non dimostriamo totale fiducia nei Suoi confronti. Lei l’ha avuta “..avvenga di me secondo la tua parola” e come la madre anche il Figlio si è abbandonato totalmente alla volontà divina “Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice, tuttavia non quello che voglio io, ma quello che vuoi tu”. È questo l’atteggiamento che deve esserci tra il servo e il Padre e non quello che spesso intendiamo noi, nelle preghiere, nelle azioni, nella vita quotidiana, quando riconosciamo la Sua Volontà ma cerchiamo in tutti i modi di avvicinarla alla nostra storpiandola e riadattandola secondo i nostri bisogni: Lui ci ha promesso che il suo giogo è soave, fidiamoci della sua parola e con cuore “accogliente” iniziamo a smussare le nostre volontà per renderle simili, e col tempo uniformi, alla Sua, chiedendo che ci venga Annunciata giornalmente la nostra missione.

venerdì 28 marzo 2008

Pescate alla Destra

In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberiade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Didimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: “Io vado a pescare”. Gli dissero: “Veniamo anche noi con te”. Allora uscirono e salirono sulla barca; ma in quella notte non presero nulla. Quando già era l’alba Gesù si presentò sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: “Figlioli, non avete nulla da mangiare?”. Gli risposero: “No”. Allora disse loro: “Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete”. La gettarono e non potevano più tirarla su per la gran quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: “È il Signore!”. Simon Pietro appena udì che era il Signore, si cinse ai fianchi la sopravveste, poiché era spogliato, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: infatti non erano lontani da terra se non un centinaio di metri. Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: “Portate un po’ del pesce che avete preso or ora”. Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatrè grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si spezzò. Gesù disse loro: “Venite a mangiare”. E nessuno dei discepoli osava domandargli: “Chi sei?”, poiché sapevano bene che era il Signore. Allora Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede a loro, e così pure il pesce. Questa era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risuscitato dai morti.
(Giovanni 21,1-14)


Figlioli Non avete niente da mangiare? Voglio parafrasare questa domanda e intendere per Non Avere di che mangiare come il non avere qualcuno disposto a seguire l'insegnamento, la parola. Ecco che Gesù, posto alla destra del Padre, consiglia ai discepoli, a Pietro in particolare, di gettare la rete a destra, di parlare alla gente prendendo in considerazione la Potenza che ha la destra. Ecco infatti che la rete si riempie di pesci e che ancora oggi la chiesa con il "Pietro" attuale" è carica di fedeli, di gente che con la loro presenza nutre il corpo, la chiesa stessa: "E benché fossero tanti, la rete non si spezzò"... ...Signore fa che la tua chiesa sia sempre brulicante e viva come una rete colma di pesci appena pescati.

lunedì 10 marzo 2008

Io Sono la Risurrezione e la Vita.


In quel tempo, un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui». Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio d! i Dio, colui che viene nel mondo».Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro. Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.
(Giovanni 11,1-45)

Sia Marta che Maria fanno la stessa affermazione a Gesù "se fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto", ma Gesù si preparava a compiere il più alto dei suoi prodigi e davanti ai discepoli, al contrario delle due sorelle di Lazzaro, si rallegra del fatto di non esser stato la, di non averlo guarito impedendogli di morire. Lui aveva, ed ha, in mente un progetto superiore rispetto alla guarigione del corpo, riserva, a chi crede in Lui, la Vita Eterna, la guarigione dello spirito "Io sono la Risurrezione e la Vita". Chiede poco in cambio di tanto privilegio, soltanto di credere in Lui, di riconoscerlo come figlio di Dio, come colui al quale il Padre concede qualsiasi cosa chiesta. Ecco che Lazzaro risorge dopo 4 giorni grazie alla fede delle sue sorelle e per la gloria di Dio affinché anche il Figlio ne sia glorificato. Viene risuscitato anche perché Gesù gli vuole bene, piange per lui davanti al sepolcro, come piange per noi di fronte alle nostre tante tombe: i nostri peccati. Gesù ci ama tutti, anche quando, come alcuni dei giudei, lo tradiamo, gli voltiamo le spalle dirigendoci per vie opposte a Lui, ci ama e per noi muore in croce per salvarci e riservarci la vita eterna.Non ci resta che riconoscerlo seguendolo, pronti, come disse Tommaso, a morire con Lui per vivere in eterno sotto il calore delle Sua Luce.

martedì 4 marzo 2008

Vuoi Guarire?

Era un giorno di festa per i Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Vi è a Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, una piscina, chiamata in ebraico Betzata, con cinque portici, sotto i quali giaceva un gran numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici. Si trovava là un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù, vedendolo disteso e sapendo che da molto tempo stava così, gli disse: “Vuoi guarire?”. Gli rispose il malato: “Signore, io non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, qualche altro scende prima di me”. Gesù gli disse: “Àlzati, prendi il tuo lettuccio e cammina”. E sull’istante quell’uomo guarì e, preso il suo lettuccio, cominciò a camminare. Quel giorno però era un sabato. Dissero dunque i Giudei all’uomo guarito: “È sabato e non ti è lecito prender su il tuo lettuccio”. Ma egli rispose loro: “Colui che mi ha guarito mi ha detto: Prendi il tuo lettuccio e cammina”. Gli chiesero allora: “Chi è stato a dirti: Prendi il tuo lettuccio e cammina?”. Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato, essendoci folla in quel luogo. Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: “Ecco che sei guarito; non peccare più, perché non ti abbia ad accadere qualcosa di peggio”. Quell’uomo se ne andò e disse ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. Per questo i Giudei cominciarono a perseguitare Gesù, perché faceva tali cose di sabato.
(Giovanni 5,1-3.5-16)

Guarire? Quello che mi colpisce di Gesù è la sua "gentilezza" non irrompe mai obbligando a credere ma domanda in primis, ad ognuno, la disponibilità ad ascoltarlo, ad amarlo. Ecco perchè, anche se in mezzo a noi sempre, non tutti siamo capaci di vederlo e sentirlo, solo chi apre il suo cuore, solo chi come il malato accetta d'esser guarito, fidandosi ed affidandosi a Gesù...tanto da trasgredire la regola e portare su il suo lettuccio. Questo ci chiede Gesù di onorarlo sempre, anche e soprattutto nei giorni di festa chinandoci verso i bisognosi, i malati che non hanno "nessuno che li immerga" e che nonostante il loro stato vengono sorpassati da altri: dall'indifferenza.

lunedì 25 febbraio 2008

Nessun Profeta è ben accetto in patria.

In quel tempo, giunto Gesù a Nazaret, disse al popolo radunato nella sinagoga: “In verità vi dico: nessun profeta è bene accetto in patria. Vi dico anche: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova in Zarepta di Sidóne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo, ma nessuno di loro fu risanato se non Naaman, il Siro”. All’udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno; si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio. Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò.
(Luca 4,24-30)
Ma egli passato in mezzo a loro se ne andò... sono stato colpito da questa frase finale perchè molto spesso si realizza in molte situazioni che viviamo. Gesù ci fa sentire la sua vicinanza ma riesce a manifestare anche la sua lontananza "passiva" il suo esser stato tagliato fuori da ogni nostra giornata, decisione, azione. Solo quando un suo intervento avrebbe potuto cambiare il corso degli eventi ci accorgiamo della mancanza, del suo essere assente..dimenticando totalmente che siamo stati noi a condurlo sul ciglio del monte!

sabato 23 febbraio 2008

Tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo.

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro». Allora egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava. Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre. Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo gli rispose: E' tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si indignò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».
(Lc 15, 1-3. 11-32)
Il Signore, con chi gli sta sempre dietro, fa festa ogni giorno e ogni giorno sacrifica "il capretto", non occorrono musiche e danze ma costante gioia...al contrario per la pecora smarrita che ritorna bisogna rendere grazie con quanto di meglio si possiede, perchè era morta ed è tornata in vita. Bisogna gioire per un fratello che decide di salvarsi e non provare invidia o rancore se il Signore potrebbe mostrarsi, ai nostri occhi, più "affezionato" a lui. Dio non fa distinzione ma accoglie a braccia a perte chiunque torna a lui.

venerdì 22 febbraio 2008

La Vera felicità è gioire in Te


C'è una gioia che non spetta agli empi, ma a coloro che Ti rendono onore senza attendere ricompensa; la gioia sei Tu stesso, la felicità di gioire in Te
(Agostino d'Ippona)

E' vero che tutti gli uomini aspirano a possedere la felicità, se domandiamo a chiunque dirà di si, anche se spesso tendiamo a definire Felicità solo ciò che amano e che toccano con mano non comprendendo che solo in Te c'è vera felicità. Sarebbe quindi opportuno sottolineare che, forse, non tutti la ricerchiamo in quanto ci limitiamo a godere di cose mutabili, che svaniscono col tempo e ci accontentiamo di queste cose senza mai provare ad andare oltre sia perchè non lo desideriamo abbastanza sia perchè preferiamo ubbidire alla carne e non all'anima. Non diamo mai ascolto alla sua voce ne ci abbandoniamo ad un'introspezione che permetta di scrutarci oltre la fisicità. Come cieco e malato è l'animo umano che arriva ad odiare la Verità quando non si limita a manifestarsi ma ci esorta a manifestarci a Lei. Vorremmo rimanere ignoti nei suoi confronti e pretendiamo chiarezza e limpidità ignorando che nessuno può nascondersi dal suo giudizio. Pretendiamo di parlare sempre e solo noi, chiedendo d'esser esauditi ed ascoltati, ma quando inizieremo ad ascoltare Dio e a saper cogliere dalle sue parole l'esempio da seguire e non soltanto continue ammonizioni alla nostra condotta, errata, di vita?
Continuando questa strada arriveremo ad un solo traguardo: Saremo rivelati da Lei anche contro il nostro volere ma Lei non si rivelerà più a noi, rimanendo sconosciuta: Noi Come Gerusalemme "non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata"

domenica 10 febbraio 2008

Le Tentazioni nel deserto

In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”».Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.
(Mc 4, 1-11)
Un brano che dovremmo tenere sempre a portata di "occhi" per poterlo leggere e meditare ogni volta che il maligno sfiora la nostra strada. Credo che il tema centrale del brano sia "Non Mettere alla Prova Il Signore Dio tuo" in quanto noi stessi viviamo una prova e siamo stati invitati da lui a viverla. La Potenza di Dio la si vede non sfidandolo ma seguendolo, cibandosi, quindi, della sua parola. Il diavolo tenta in tutti i modi di tentare Gesù che, al contrario di noi, riesce magnificamente a sconfiggere qualsiasi tentazione Adorando Il Signore Dio, mettendolo a capo di ogni altro bene, primo tra tutti i regni del mondo, come unica fonte di sostentamento fisico e spirituale. Liberiamoci dal desento che ci circonda, diamo la possibilità agli angeli di avvicinarsi a Noi e servirci, per servire insieme Dio.

giovedì 7 febbraio 2008

Chi perderà la propria vita per me la salverà

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, esser messo a morte e risorgere il terzo giorno”. E, a tutti, diceva: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà. Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?”
(Luca 9,22-25)

Bell'invito ad abbracciare la nostra croce a prenderla con amore e gioia e trasportarla con la consapevolezza che tanto sarà più pesante quanto sarà meraviglioso salvare la propria vita in Cristo. Un messaggio per chi, al primo ostacolo, preferisce inveire contro la volontà di Dio, accusandolo delle nostre pene e delle prove che ci invita a sostenere non comprendendo che Lui ci colpisce al solo scopo di sanarci, edificarci. Grazie Signore per aver condiviso la Tua Croce con Me


mercoledì 6 febbraio 2008

Il Padre vede nel segreto

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli. Quando dunque fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Quando invece tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti, che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo tuo Padre che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”.
(Matteo 6,1-6.16-18)
Non sappia la tua sinistra cosa fa la destra, Il Signore non ha bisogno di clamori e di pubblicità perchè riesce a sentire oltre il silenzio e a vedere oltre il buio. Ogni nostra azione, l'elmosina, la carità, la preghiera devono essere solo frutto d'amore gratuito e non svolte allo scopo di ricavarne gloria e gratificazioni dagli altri uomini. Splendida l'immagine della preghiera fatta nella propria camera con la porta chiusa... nel nostro segreto e nella nostra intimità Dio vede le nostre buone azioni e la buona fede che ci porta a pregare, ad amarlo e a seguirlo solo allo scopo di piacere a Lui e a nessun altro.

sabato 2 febbraio 2008

Presentazione al Tempio

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele».Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.
(Lc 2, 22-40)
Aspettiamo tutti la "consolazione d'Israele" e per ognuno di noi è riservata, ci attende, spesso sembra nascosta ma siamo noi che non riusciamo a vederla e ritrovarla. La speranza deve esser sempre viva per gioire Nel Suo Tempio, la speranza che si trasforma in certezza solo quando accogliamo tra le nostre braccia il bambino benedicendo Dio.

venerdì 1 febbraio 2008

Il Seme Cresce nella terra fertile

In quel tempo, Gesù diceva alla folla: “Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa. Poiché la terra produce spontaneamente, prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga. Quando il frutto è pronto, subito si mette mano alla falce, perché è venuta la mietitura”. Diceva: “A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? Esso è come un granellino di senapa che, quando viene seminato per terra, è il più piccolo di tutti i semi che sono sulla terra; ma appena seminato cresce e diviene più grande di tutti gli ortaggi e fa rami tanto grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra”. Con molte parabole di questo genere annunziava loro la parola secondo quello che potevano intendere. Senza parabole non parlava loro; ma in privato, ai suoi discepoli, spiegava ogni cosa.
(Marco 4,26-34)
Nella mia Debolezza il Signore manifesterà tutta la sua grandezza.. Come il seme di senapa la Sua Parola si dona al nostro terreno spesso martoriato da siccità e devastazione. Sia la Parola di Dio seme di vita eterna, germoglio e frutto che darà al nostro terreno la giusta ricompensa: il regno dei cieli. Accogliamo nel migliore dei modi questo seme, uniformiamoci alla sua umiltà, arricchendo giornalmente la nostra vita per farlo crescere rigoglioso cosicchè possa sostenerci, con le sue radici, durante le possibili frane e ripararci da temporali paurosi.
Il regno i Dio è stato aperto a tutti quelli che da "terreni" fertili si sono mantenuti tali, accogliendo il piccolo seme, nutrendolo e preparandosi alla Gloriosa Mietitura.

Quando sono debole, è allora che sono forte.

Mi vanterò ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte.
(2 Cor 12, 9b-10)