lunedì 30 giugno 2008

Il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo.



In quel tempo, Gesù, vedendo una gran folla intorno a sé, ordinò di passare all’altra riva. Allora uno scriba si avvicinò e gli disse: “Maestro, io ti seguirò dovunque andrai”. Gli rispose Gesù: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”. E un altro dei discepoli gli disse: “Signore, permettimi di andar prima a seppellire mio padre”. Ma Gesù gli rispose: “Seguimi e lascia i morti seppellire i loro morti”.

(Matteo 8,18-22)

La folla molto spesso è sinonimo di caos e confusione, l'ordine di passare all'altra sponda è un gesto di discernimento perchè solo chi veramente ama Gesù è disposto a seguirlo. Come lo scriba e l'altro discepolo,che dichiarano di volerlo seguire ovunque, così anche noi dobbiamo tenere ben presente che seguirlo equivale a rinunciare ma anche ad essere liberi da vincoli e dalla morte che ci tiene schiavi di noi stessi. Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo perchè è il più libero delle creature, Lui creato prima di tutto e in vista di tutto è stato liberato da ogni legame e così privo di peccato. Ecco cosa lo rende ancor più vicino al Padre, tutto ciò che noi possediamo e che invece ci allontana drasticamente da Lui. Come sarebbe bello poter vivere più liberi degli uccelli del cielo e poter rinascere a vita nuova esser liberi da ogni legame e dal dover seppellire ogni giorno i nostri insuccessi e delusioni. O Signore siamo stanchi di posare il nostro capo su soffici guanciali che di dolce hanno ben poco, aiutaci ad adagiare la nostra vita sulla dolcezza del tuo cuore, solo innamorandoci di Te avremo la forza di attraversare fiumi e scavalcare tutti gli ostacoli che ci rendono moribondi, aiutaci a Vivere di Te, con Te e per Te.

domenica 29 giugno 2008

Tu sei Pietro, a te darò le chiavi del regno dei cieli


In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».
(Matteo 16,13-19)

"Ma voi chi dite che io sia?" Ogni giorno Gesù ci propone questo interrogativo perchè ogni giorno noi diamo modo, con le nostre azioni, di rinnegare la sua vera natura, il suo essere Cristo, il figlio del Dio vivente. Se solo pensassimo che proprio sulla nostra debolezza, sulla nostra miseria Lui ha puntato tutto non dubiteremmo mai ne di noi stessi né della sua Opera. Ecco cosa cerca in noi Gesù, lui vuole trasformare le nostre fragilità in rocce sulle quali edificare la sua Chiesa, e come con Pietro, è disposto a scendere ai nostri livelli, ad abbassarsi per far trionfare la sua misericordia e bontà. Pietro è l'apostolo che per ben tre volte rinnegò il suo maestro, ma è lo stesso apostolo che con sincerità ammise l'ineguagliabilità dell'amore di Dio e l'impossibilità di contraccambiarlo col medesimo amore, Pietro che abbandonando la barca segue Cristo senza indugi e senza presunzione alcuna, accompagnato dall'umiltà e dalla sete d'amore. E' difficile amare Dio con la stessa intensità con la quale lui ama noi, difficile arrivarci e così, come accade con Pietro, è Gesù che si "adatta" al nostro sentimento, perchè da noi vuole sempre e comunque quello che siamo, senza finzioni e filtri alcuni, senza giuramenti e falsità. Alla luce di questa verità non possiamo continuare ad essere passivi e a non saper rispondere alla domanda che ci rivolge ogni giorno. La nostra risposta deve essere sempre pronta e limpida accompagnata dalla consapevolezza che Noi siamo la sua Chiesa, noi siamo le rocce e a Noi è riservata la stessa beatitudine che fu di Pietro, se solo riusciamo a non perdere mai d'occhio Cristo, La Sua Croce e la Volontà del Padre. Aiutaci tu a non tentennare mai ed essere sempre pronti a risponderti: Eccomi!

Angela da Foligno: Il Libro

La conoscenza di se stessi è il punto d’inizio per intraprendere la via della conoscenza di Dio. Angela da Foligno inizia così la sua “Via della Penitenza”, un percorso ben suddiviso che, in 26 passi, porta alla pienezza d’amore e alla visione del “Bene” tanto cercato e sperato. Una donna tormentata dal peccato e da un disagio interiore che attraverso il riconoscimento della sua miseria riesce ad aprirsi totalmente al sacramento della penitenza donandosi, poi, totalmente al Signore con la castità, e intraprendendo la strada della povertà sull’esempio di san Francesco. S’innamora della Croce e riconosce in essa l’unico rifugio per i peccatori e, per ispirazione, decide di percorrere la via che le permetterà di giungere ai piedi della Croce. Si spoglia di tutto “per essere più leggera e andarci nuda” e viene privata anche dell’affetto di tutti i suoi cari. Considerò un dono divino la morte della madre, del marito e dei suoi figli e pensò che da quel momento il suo cuore sarebbe rimasto in quello di Dio e quello di Dio nel suo. Inizia a comprendere e ad avvertire l’invito che il Padre gli rivolge senza esserne degna preoccupandosi, ora, di piacere esclusivamente a lui. “Gli invitati alla mensa speciale, sono quelli che vogliono conoscere chi è l’uomo buono che li ha invitati per potergli piacere…essi sanno di essere stati amati molto da Dio e se ne sentono indegni. Per scoprirlo, vanno alla croce, vi si fissano, la guardano vi conoscono l’amore”. Sperimenta così la grazia di “cercare la croce” anche se ne ricava una prima contemplazione insipida; decide, così, di intensificare la penitenza e sperimentare la vera povertà distribuendo totalmente i suoi beni “Signore ciò che sto facendo lo faccio solo per trovare te. Ti troverò quando avrò finito?”.. “Datti da fare, perché appena avrai finito tutta la trinità verrà in te”. Durante un suo pellegrinaggio verso Assisi si compie tale promessa: Lo spirito santo è in lei “Io farò in te grandi cose” e attraverso il dono “dell’amore per Dio” Angela è certa che la promessa è divenuta vera. Inizia cosi un dialogo costante, alimentato dall’amore che infiamma l’anima, desiderosa di conoscere al meglio colui che l’ha rapita, l’anima inizia ad assaporare consolazioni mai provate. L’amore per il Dio-uomo crocifisso la porta a considerare perfetta letizia tutte le tribolazioni e le pene individuando in esse grandi strumenti per la crescita, purificazione e santificazione dell’anima, un amore intenso che si prolunga e cresce con l’esperienza del Cristo eucaristico dove individua la costante offerta d’amore e il rinnovarsi del sacrificio della croce. Tutte queste consolazioni, gioie e rivelazioni che le fanno conoscere la vera passione di Cristo, la sua povertà, il dolore patito, non le fanno perdere, però, la sua dimensione, il suo essere piccola, ed è proprio questa sua umiltà, che non svanisce nemmeno quando avverte che “l’anima ha ospitato il pellegrino” che le permette di non perdere mai la giusta misura e di non sentirmi mai sicura. Con questo animo la beata riesce a sopportare grandi prove, infermità del corpo e tormenti spirituali ricavandone da essi, grazie allo scontro tra l’umiltà che mette in rilievo i nostri difetti e la superbia che martirizza e purifica l’anima alla luce della verità prodotta dall’umiltà, grande consolazione “quanto più l’anima viene abbassata, resa povera o umiliata all’estremo, tanto più viene preparata, liberata e purificata, per essere maggiormente innalzata. Proprio in questo viaggio, nelle tenebre della miseria umana, Angela trova la certezza che cercava, l’unione d’amore: “Nel Bene, che si vedeva nella tenebra, mi raccolsi tutta e diventai così certa di Dio, che ora non posso più dubitare di lui e sono sicurissima di possederlo. Nel Bene così intenso, che si vede nella tenebra, ora è stabile e sicura la mia fermissima speranza”. “Chiunque vuole conservare la grazia non deve togliere gli occhi dell’anima dalla Croce (…) la Croce è il libro della vita alla cui lettura nessuno può arrivare se non attraverso la preghiera continua” . Non smette mai di pregare, lo fa anche in vista del suo transito, rendendo grazie per i doni elargiti dalla divina bontà, e supplicando Dio Padre di concederle il beneficio di comprendere in pieno i suoi misteri e il suo amore.

sabato 28 giugno 2008

Lo voglio, sii sanato.

Quando Gesù fu sceso dal monte, molta folla lo seguiva. Ed ecco venire un lebbroso e prostrarsi a lui dicendo: “Signore, se vuoi, tu puoi sanarmi”. E Gesù stese la mano e lo toccò dicendo: “Lo voglio, sii sanato”. E subito la sua lebbra scomparve. Poi Gesù gli disse: “Guardati dal dirlo a qualcuno, ma va’ a mostrarti al sacerdote e presenta l’offerta prescritta da Mosè, e ciò serva come testimonianza per loro
(Matteo 8,1-4)


Gesù scende dalla montagna, e tutta la folla, che a tratti lo aveva ascoltato con meraviglia, ora lo segue! L’autorità datagli dal Padre e dall’essere una cosa sola col Padre e lo Spirito Santo ha fatto centro nei cuori di chi ora riconosce in lui il risanatore, il figlio di Dio disceso tra noi per guarire ogni nostra ferita e liberarci dal peccato. Lo stupore della folla era ben giustificato, Gesù, con i suoi insegnamenti, ha stravolto le loro convinzioni e il loro modo di rapportarsi con Dio e col Prossimo, ma, ora, hanno ben compreso che “Non son venuto per abolire, ma per dare compimento”, hanno afferrato lo scopo della missione di Cristo: portare a compimento la legge, incarnarla e attraverso il suo sacrificio essere da testimonianza. Nel lebbroso è facile individuare un cuore che ben ha assorbito il messaggio, un cuore che, prostrato, riconosce nel figlio di Dio il volere del Padre, quell’autorità che permetterà di sanare ogni male “Se vuoi, tu puoi sanarmi”. Non c’è pretesa alcuna nella richiesta del lebbroso ma un totale affidamento alla volontà misericordiosa che ben conosce i nostri bisogni e accetta la povertà e la nostra sincerità. Chi più di un lebbroso è a conoscenza della sua condizione? Chi meglio di lui, con il corpo martoriato dalla malattia, ma con il cuore colmo di fiducia ed umiltà, puoi chiedere con la certezza d’esser sanato? “E subito la sua lebbra scomparve” guarisce il corpo perché ha percepito un’anima sana ben disposta ora ad offrire tutta se stessa come sacrificio e come “testimonianza per loro”, il lebbroso bramava la guarigione, desiderava esser liberato dalla prigione, che era la sua malattia, che lo emarginava dal resto della folla. Non sempre siamo in grado di poter chiedere e non sempre riusciamo a farlo nel modo giusto. E Gesù, guarendo il lebbroso, porta a compimento il discorso fatto sulla montagna “Beati gli afflitti perché saranno consolati, beati i puri di cuore, perché vedranno Dio” ed invitandolo a non dire a nessuno quanto accaduto lo mette in guardia dal cadere nella condizione di apparenza che porta a vivere l’esperienza della guarigione, come un fenomeno da baraccone. Una qualsiasi guarigione non è mai fine a se stessa, è solo l’inizio della grande Guarigione che ha progettato per ciascuno di noi: la vera conversione e la capacità di incarnare la volontà di Dio è l’unica guarigione da chiedere costantemente e incessantemente. O Signore, lo stupore che ho provato quando iniziai ad ascoltare la tua parola sia identico a quello provato dalla folla cosicché siano medesime la “fame e sete di giustizia”che mi portano a seguirti e a non abbandonare mai la tua via, aiutami a prostrarmi a te quotidianamente e chiedere la guarigione del mio cuore e la liberazione da quella lebbra che spesso mi allontana da te.

giovedì 26 giugno 2008

Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli.


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.
Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demoni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome?
Io però dichiarerò loro: non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità.
Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, è simile a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde, e la sua rovina fu grande”.
Quando Gesù ebbe finito questi discorsi, le folle restarono stupite del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità e non come i loro scribi.
(Matteo 7,21-29)


“Insegnava loro come uno che aveva autorità” Da dove proveniva questa autorità se non dal fatto che Gesù operava in perfetta unione col Padre? Di questo le folle si meravigliavano, del nuovo insegnamento che è venuto a dare, un insegnamento in carne ed ossa e Spirito Santo, lui stesso incarna la Parola “e il Verbo i fece carne”. Tutta la sua esistenza terrena è un costante insegnamento perché tutta la sua vita è vissuta in comunione perfetta col Padre. Ecco la differenza che subito salta agli occhi delle folle, tra Gesù e gli scribi, i veri discepoli e i falsi profeti, un divario incolmabile tra il vivere la Parola e il pronunciarla soltanto. Uniformarsi al Padre è l’unico insegnamento che non ha bisogno di sottotitoli o spiegazioni, l’unione d’amore è palese e visibile a tutti. Noi ci scoraggiamo dinanzi a questa unione perché convinti che sia un’impresa impossibile o riservata ai santi e ai beati, col battesimo tutti siamo stati messi in condizione di possedere questa l’autorità che fu di Gesù nel annunciare la Parola, tutti, dopo esser stati liberati dalle tenebre del peccato, siamo stati innalzati ad essere suoi figli, cristiani, testimoni, con la nostra vita dell’amore d Dio. “Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli” perché nominando il suo nome invano commettiamo peccato, invocarlo significa in primis possederlo nel cuore, e per far questo non occorre essere dotti o abili nel disquisire, la conoscenza del Padre non è data dall’intelligenza ma dall’umiltà e dalla povertà che ben si sposano con la purezza di cuore, virtù indispensabile per accoglierlo e unirsi a Lui. Le nostre parole, per non essere vane, devono essere conseguenza delle azioni, devo accompagnare e amplificare tutto ciò che già mettiamo in pratica con la nostra vita. Dio non vuole le nostre apparenze ma vuole il nostro cuore, vuole essere amato nel segreto del cuore in modo che da li, l’amore, possa poi espandersi in modo sincero in ogni nostro gesto. Donaci Signore la capacità di tradurre pienamente la tua Parola e di incarnarla per affidare, così, alla tua roccia le fondamenta della nostra vita affinché essa ne tragga solidità, forza e l’autorità che le permetta d’essere esempio vivo e vero dell’unione con Te.

mercoledì 25 giugno 2008

Dai loro frutti li riconoscerete


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci. Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li potrete riconoscere”.
(Matteo 7,15-20)


“Dai loro frutti li riconoscerete”. Nei frutti si manifesta la vera natura di chi li produce. Non si possono raccogliere fichi dai rovi neanche se il rovo, a parole, si dichiarasse il più fecondo albero di fichi perché i fatti e i suoi frutti darebbero conferma della sua reale essenza. I falsi profeti sono bravi a predicare, ma non altrettanto nel mettere a frutto le loro chiacchiere, in loro non c’è coerenza perché non alberga nel loro cuore lo Spirito Santo quella linfa che può far cambiare la loro natura. È come in agricoltura, un albero infecondo viene innestato o, come accade oggi, geneticamente modificato, per renderlo, a nostro piacimento, fruttuoso, così anche noi possiamo essere considerati come questi alberi e dietro la nostra aridità si può celare un grande raccolto se solo permettessimo alla linfa di permeare il nostro fusto spesso indurito e secco. Senza nessun miracolo della genetica ma con il più sublime dei miracoli, quello dell’Amore, potremmo liberarci dalle “vesti di pecore” e dal dover ricorrere giornalmente al giuramento per avvalorare ciò che non siamo. Il Padre “che vede nel segreto” non crede e non guarda i nostri giuramenti ma va dritto al cuore, al nostro essere “lupi dentro” ci mette in guardia invitandoci a fare attenzione più ai frutti che alle chiacchiere sterili e senza alcun riscontro. Un albero cattivo, per quanto possa impegnarsi, giurare e camuffarsi, non potrà mai produrre qualcosa di diverso dal suo essere tale, anche se ai nostri occhi s’innalza come il più perfetto degli alberi a prima fioritura sboccerà la sua vera natura che lo renderà meritevole, soltanto, d’esser “tagliato e gettato nel fuoco”. Oggi Gesù, con questo brano, ci invita a prendere in mano cesoie e rastrelli e a far pulizia all’interno del nostro orto, nel nostro cuore. È tempo di passare a rassegna ogni singolo ramo di ogni singolo albero che giornalmente annaffiamo e curiamo con dedizione, e di valutarne i probabili frutti. Occorre eliminare tutto ciò che genera odio, peccato e lasciare spazio ai soli alberi che daranno frutti prelibati ed eterni. Guardiamoci bene dai falsi profeti e dai falsi amici, dai tanti che si atteggiano con parole d’amore ma agiscono con la morte nel cuore. È questa la pulizia che occorre fare, liberare la nostra quotidianità dalle sterpaglie e far primeggiare, al centro del nostro giardino e al centro della nostra vita, l’albero più fecondo, rigoglioso, l’unico albero che genera frutti prelibati, la vita: L’albero della Croce. Togliamo, quindi, tutto ciò che d’infestante ci impedisce di contemplare la sua maestosità affinché possiamo raggiungere facilmente il suo tronco e, abbracciandolo, giungere a quell’unione che permette di gustare in eterno i suoi frutti.

martedì 24 giugno 2008

Giovanni è il suo nome.


Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei.Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome». Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante si aprirono la sua bocca e la sua lingua, e parlava benedicendo Dio. Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui.Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.
(Luca 1,57-66.80)

Giovanni, figlio di Elisabetta e Zaccaria, è il precursore del Messia colui che preparerà la strada a Cristo e aprirà i nostri cuori alla venuta della Nuova Speranza. Già dal grembo materno è esempio della grandezza divina, concepito dopo anni di sterilità e in tarda età, l’angelo Gabriele lo pone come esempio del potere di Dio quando annuncia a Maria la missione che è chiamata a intraprendere “Nulla è impossibile a Dio”. Con la sua nascita, poi, anche Zaccaria, prima incredulo, si prostra alla magnificenza di un Dio che sa ben accogliere le preghiere ed esaudirle. Anche se l’angelo era stato chiaro con Zaccaria “Egli sarà grande davanti al Signore…preparerà al Signore un popolo ben disposto” lui desiste dal credere alle parole del messo celeste perché non totalmente affidato alla volontà del Padre, legato, forse, ai tempi e ai modi di noi miseri umani, ma Nulla è impossibile a Dio e con la nascita di Giovanni si adempie quanto promesso: la lingua di Zaccaria si sciolse, lo Spirito Santo, di cui era pieno il figlio “fin dal grembo di sua madre” discese su di lui facendogli comprendere che la salvezza era davvero vicina. Giovanni “profeta dell’Altissimo” già dal grembo materno, riconosce, sussultando, la luce del Messia, quando Maria visita Elisabetta e con questa luce inizia la sua vita e il suo progetto di pianificare la via e predisporre i cuori ad accogliere quella luce già da lui sperimentata. “Il fanciullo cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione ad Israele”. Il mio pensiero va a chi vive in questo deserto con l’aridità attorno che lo spinge a credere che Dio si sia dimenticato di lui. Il deserto, per me, è un ottimo “allenamento”, un luogo dove poter fare i conti con se stessi e liberarsi, magari, da tutto ciò che ci rende poco fiduciosi nei confronti di Dio. Per essere “manifestazione ad Israele” quindi per poter diventare strumenti nelle sue mani occorre purificare il nostro cuore ed agire così alla luce del suo volere. La preghiera di Zaccaria è stata ascoltata anche se lui stesso non credeva ad una possibile fattibilità della sua richiesta, perché? Perché continuiamo a domandare e a credere che non ci venga mai dato? Forse dovremo eliminare dalle nostre preghiere quel pizzico di egoismo che erroneamente ci fa mischiare il nostro volere con il suo, non sempre sono convergenti, quindi, a che difficile, occorre abbandonarsi totalmente a ciò che Dio ha scelto per noi. Solo questa fiducia può fare della nostra preghiera un sincero grido di aiuto. Signore insegnaci ad affidare tutto nelle tue mani e a sapere riconoscere nei “messi celesti”, che ci invii sotto forma di esperienze quotidiane, la tua volontà.

lunedì 23 giugno 2008

Con la misura con la quale misurate sarete misurati.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Non giudicate, per non essere giudicati; perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati; e con la misura con la quale misurate sarete misurati. Perché osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio? O come potrai dire al tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nell’occhio tuo c’è la trave? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello.
(Matteo 7,1-5)
Non giudicare”, facile a dirsi ma quasi impossibile metterlo in pratica. Anche se, come dico sempre, viviamo in modo egoistica questa nostra esistenza, ci viene molto facile accorgersi che esiste qualcun altro, oltre noi, nell’osservare i loro difetti e giudicarli. Alla luce del giorno noi ci riteniamo buoni, candidati alla santità, ma se scaviamo a fondo nel cuore troviamo tante “travi” conficcate in questo nostro occhio. Il cuore è malato, non è chiaro, è figlio delle tenebre perché lontano dalla Luce, trafitto dalle travi dell’egoismo, dell’odio, della vendetta e del giudizio è quasi inaccessibile. Il danno peggiore è che non ci accorgiamo nemmeno di tutto ciò che lo devasta, a modo nostro siamo sani e cerchiamo di inculcare il nostro giudizio, errato, a chi ci sta accanto: nel tentare di togliere la pagliuzza, non operando in piena facoltà e con la Luce necessaria per vedere oltre il nostro naso, demoliamo il nostro prossimo cavando i suoi occhi e privandolo totalmente della vista. Quando non viviamo nella luce come possiamo pretendere di trasmetterla ad altri? Ci illudiamo di possedere il giusto metro e ci innalziamo a salvatori del mondo senza abbracciare, prima, la croce dell’Unico vero salvatore. Ciò che ci manca è la consapevolezza di quello che siamo realmente, servi inutili, lucerne incapaci di brillare di luce propria ma destinate, se solo provassimo ad aprire uno spiraglio nel nostro cuore, ad essere strumento, e brillare di quella luce eterna che solo l’amore di Dio può generare. Questo dobbiamo chiedere al Padre, prima di ogni altra grazia, di risanarci alla fonte, liberando il nostro cuore da tutto il marcio che lo rende distante da Lui, preghiamolo incessantemente di ricolmarlo di giustizia, carità ed umiltà uniche virtù che ci potranno aiutare ad accostarci ai nostri fratelli con atteggiamento nuovo, non più di sfida e di condanna, ma riscoprendo il bisogno di un aiuto vicendevole nel liberare gli occhi di entrambi dalla patina che li rende ciechi e incapaci di vedere, l’uno nell’altro, l’uguaglianza dell’essere figli dello stesso Padre, misurati con la medesima misura. Aiutaci o Signore a tenere a freno le nostre armi del giudizio affinché possiamo cogliere nei difetti altrui le nostre stesse debolezze che, se condivise con umiltà e lealtà, potranno essere vero strumento di comunione a lode e gloria del tuo nome.

domenica 22 giugno 2008

Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: «Non abbiate paura degli uomini, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze. E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo. Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli».
Matteo 10,26-33
"Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto", oggi la Parola ci sprona ad abbandonare quel silenzio e quella solitudine importanti per la preghiera e ci spinge a salire sulle terrazze e, alla luce, condividere con tutti la nostra esperienza col Padre. A volte la paura e il timore ci fanno desistere dal farlo, in certe circostanze e in certi ambienti ci è difficile urlare il suo amore perchè abbiamo paura di "quelli che uccidono il corpo" e preferiamo adeguarci piuttosto che brillare. Gesù ci rassicura riguardo a questi uomini perchè loro non hanno la potenza di far perire l'anima quindi ogni probabile ferita inferta al corpo è sanabile con un'anima totalmente affidata al Padre. E' semplicemente inutile nascondersi da Lui, "nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto" ne a sua volta è conveniente rinnegare il nostro essere suoi figli davanti agli uomini, riconoscere il Padre equivale all'essere riconosciuti nel giorno in cui si deciderà se "far perire nella Geènna e l’anima e il corpo" o essere riconosciuti degni di contemplare in eterno il suo amore. Signore donaci la forza e la capacità di essere dei buoni "amplificatori" perchè tutto ciò che trasmetti nel segreto dei nostri cuori sia condivisibile con chiunque sfiori il nostro cammino.

sabato 21 giugno 2008

Non affannatevi per il domani

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Nessuno può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro o preferirà l’uno e disprezzerà l’altro: non potete servire a Dio e a mammóna. Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena”.
(Matteo 6,24-34)
E' un mio sogno poter vivere senza preoccupazione alcuna non perchè sia un pigro o perchè mi voglia tirare indietro ma per il semplice fatto che riconosco, in molti gesti che compiamo, delle azioni inutili, ripetitive e fredde. Da mesi sperimento ciò che Gesù illustra oggi ai suoi discepoli e cioè vivere la vita per quello che è senza preoccuparsi di come sarà il domani e di ciò che sarà di noi. Non è un gesto da sprovveduti ma un affidarsi alla divina provvidenza e all'idea di poter vivere come "gli uccelli del cielo" e "i gigli del campo". E' ovvio che, per poter vivere decentemente, è necessario far ricorso al denaro ma l'importante è non affidar ad esso il compito d'essere il nostro ed unico dio, detentore della nostra persona! Purtroppo spesso è possibile cadere nella trappola dei suoi meccanismi, io personalmente dico grazie al Signore d'avermi liberato dalla ragnatela di questo abile tessitore. Ed invidio gli uccelli ed i gigli e chi come loro riesce a vivere con poco, mantenendo limpidi gli occhi e il cuore concentrati solamente nella ricerca della Verità e della Vera Gioia: Il Regno di Dio. Non dobbiamo quindi affannarci per il domani, dobbiamo indirizzare il nostro interesse esclusivamente alla ricerca di questo Regno per poter così servire un solo Dio che non è il denaro ma Colui che "in aggiunta" ci darà all'infinito molte più cose che mai avremmo potuto acquisire staccando assegni! Cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Tranquilli, "il Padre nostro celeste sa che ne abbiamo bisogno" ecco perchè ci dona quotidianamente se stesso: per mangiare il suo corpo, bere il suo sangue e rivestire le sue vesti ed essere degni di trovare il Suo Regno e la sua Giustizia.

venerdì 20 giugno 2008

Là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignuola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; accumulatevi invece tesori nel cielo, dove né tignuola né ruggine consumano, e dove ladri non scassinano e non rubano. Perché là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore. La lucerna del corpo è l’occhio; se dunque il tuo occhio è chiaro, tutto il tuo corpo sarà nella luce; ma se il tuo occhio è malato, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!”.
(Matteo 6,19-23)


“La lucerna del corpo è l’occhio” e se i nostri occhi sono malati l’intero corpo ne risente, ma c’è un altro occhio, forse il più importante, l’unico capace di vedere oltre ogni orizzonte, in grado di brillare se è nella luce o al contrario piombare nelle tenebre se malato: il cuore. “Se la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!”, sarà grandissima perché l’oscurità di chi possiede un cuore malato, di chi ha permesso che venisse avvolto dalle tenebre, logorato dalla ruggine e consumato dalla tignola non può essere misurata e quantificata. Spesso neanche ci si accorge di possedere un cuore in frantumi perché non si conosce altra condizione che non sia quella in cui siamo imprigionati, non abbiamo sperimentato la Nuova Condizione, non si conosce la vera Luce e la vera Vita che solo l’amore in Cristo può dare. Si vive, allora, o meglio si sopravvive, nel buio più pesto affidando la nostra unica speranza alla futilità degli eventi mondani e alla fugacità di tesori terreni che affannosamente o illegalmente ci proponiamo di accumulare. Che “bestia cieca” è l’uomo, “nella prosperità non comprende è come gli animali che periscono” non si capacita del fatto che tutti quei luccichii terreni sono un niente, in quanto destinati ad una fine tremenda e veloce, è impossibile ritrovare il nostro cuore in questi tesori: passa un ladro, si posa la tignola, si forma la ruggine e di essi non resterà niente, come non rimarrà traccia di quel cuore che è rimasto aggrappato a queste presunte certezze. Al contrario un cuore che sa individuare nel Tesoro del Cielo l’unico bene che valga la pena accumulare, è un cuore che, grazie alla luce dell’esperienza di Dio, ha saputo discernere e indirizzare tutta la sua sete verso questa fonte immensa di grazia. Questo è il tesoro che racchiude in se la vera gioia, destinato a rimanere eterno, intatto e duraturo perché custodito da quel amore che distrugge ogni traccia di ruggine, ogni volo di tignola e lo protegge gelosamente cosicché nessun ladro possa impossessarsene. Splendida sorte che ha questo tesoro!.. e se leggiamo attentamente il brano “là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore” comprendiamo palesemente che Dio ci mette in condizione di condividerla, rendendo il nostro cuore chiaro, nella luce, protetto dalle sue braccia e al riparo da ogni possibile corrosione, eternamente legato a quel tesoro che con dedizione ha sapientemente accumulato. Comprendo che è davvero difficile staccarsi da tutto ciò che di terreno ci soffoca e dal lato materiale della vita, ma cambiare il nostro modo di rapportarci con esso non è impossibile, anzi credo proprio che sia una fantastica conseguenza che deriva dall’esperienza che Cristo ci chiama a vivere sotto la sua croce. “E’ impossibile servire Dio e il denaro” è bello scoprire, man mano che si continua il Cammino, la reale veridicità di questa frase: il distacco avviene senza nessun dolore ma con la gioia e la letizia d’aver, finalmente, messo a fuoco l’unico e sommo “Bene”. Aiutaci o Signore a non perderlo mai di vista affinché continuiamo ogni giorno a faticare gioiosamente per accumulare il nostro tesoro in cielo: magico nido da dove contemplare in eterno il tuo Volto.

giovedì 19 giugno 2008

Il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Pregando non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate. Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe”.
(Matteo 6,7-15)

Nel “Padre Nostro” ci sta racchiusa l’essenza della preghiera cristiana nonché l’azione quotidiana che ne deve derivare incarnando la preghiera stessa nel nostro vivere. Pregare non vuol dire soltanto rimanere freddamente fedeli a formule scritte, la “Nuova Preghiera” va vissuta e le orazioni tradotte in gesti senza dover sprecare parole ma facendo urlare i fatti. Il Padre sa di cosa abbiamo bisogno, Lui legge nel nostro segreto non occorre quindi ripetere una cantilena ma portare in cuore il desiderio vivo e la speranza, certi del fatto che saremo esauditi se davvero lo vogliamo. Nel brano di ieri ci invitava a pregare nel segreto perché nel silenzio del nostro pensiero lui sa ascoltare la vera voce del nostro cuore, sa cogliere li la nostra preghiera costante, il legame tra noi e Lui, invisibile e silenzioso agli occhi di tutti ma, tangibile nell’esempio e nella testimonianza che ne diamo. La preghiera c’è ma non si sente perché è bene mostrarne i frutti piuttosto che la preghiera stessa, per renderla così reale e viva: carne sulla nostra carne. Credo sia un atto di coerenza necessario per non renderla una lettura fine a se stessa, priva di quello slancio che parte dal cuore e che trasforma le parole in amore. Parafrasando la preghiera che Gesù ci insegna e che ripete al mondo intero dall’alto della croce è facile individuare, tra le sue strofe, una chiara guida che regola ogni nostra azione trasformandola in strumento di glorificazione e redenzione. È splendido sapere che potremo consultare questa preghiera ogni volta che lo desideriamo, per superare qualsiasi ostacolo vedendo in esso la volontà del Padre, vivendo in pace sapendo d’avere rimessi i debiti nella stessa misura con la quale noi li rimettiamo, e ritrovarsi sfamati, ma mai sazi, di quel “pane quotidiano” che è il Pane di Vita Eterna che ci libera da ogni male e da ogni tentazione: così “viene il suo regno”, con la corrispondenza tra il dire e il fare, con la totale adesione al Suo esempio potremo accedere al luogo in cui sarà possibile continuare glorificare e santificare il suo nome in eterno “come in terra e così in cielo”. O Signore aiuta il mio cuore ad aprirsi totalmente al tuo amore, fa che sia pronto ad urlare ciò che davvero desidera e sia pronto ad accettare ciò che tu desideri: La Tua Volontà è la nostra pace.

mercoledì 18 giugno 2008

Il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli. Quando dunque fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Quando invece tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini, In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti, che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo tuo Padre che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”.
(Mt 6,1-6.16-18)


Davvero bello il passo di oggi, io lo "amo" particolarmente perché ritrovo in esso uno stile di vista che tanto mi piace. Gesù oggi ci vuole diversi dagli ipocriti, vuole che abbandoniamo ogni atteggiamento, ogni parola vana, ogni comportamento di circostanza per vestire in pieno la gioia che viene dall'essere come lui ci vuole. Sorridenti nelle tribolazioni, puliti e profumati durante le prove ed i digiuni, concentrati sulla preghiera invece che sul contorno che ci circonda. Praticare le nostre opere buone non è stare sul palcoscenico e ricevere applausi e fiori, ma bensì operare per il solo scopo di piacere a l'unico grande spettatore ed autore della nostra vita: Il Padre Nostro che è nei cieli, lui è l'unico che ci ricompenserà.

martedì 17 giugno 2008

Amate i vostri nemici.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”.
(Matteo 5,43-48)
Quello che Gesù oggi ci chiede è un gesto straordinario anche se ai nostri occhi può sembrare qualcosa di impossibile e irrealizzabile. Ancora una volta Lui rimette in discussione l’insegnamento che avevamo già inteso e lo fa allo scopo di arricchirlo e renderlo ancora più giusto e completo agli occhi di Dio. Amare il prossimo come se stessi già ci costa una fatica immensa, anche se, come dice Gesù, “cosa fate di straordinario?” è facile amare chi ci ama nonostante le incomprensioni spesso ci fanno desistere dal farlo in modo incondizionato. Lui, ora, vuole metterci in condizione di ampliare questo insegnamento per condividere con noi la giustizia e l’amore che sono stati suoi al momento della Crocifissione, vuole che anche noi preghiamo per i nostri nemici chiedendo per loro misericordia e perdono “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno”: in punto di morte, trafitto e inchiodato, deriso ed umiliato Cristo pregò per chi si rese autore di tanta crudeltà e lo amò a tal punto da morire per i suoi peccati. Lo fa in nome della giustizia divina implorando il padre suo, misericordioso con tutti, “che fa sorgere il sole sopra i malvagi e sopra i buoni e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti” ma che, al momento opportuno, giudicherà secondo quanto fatto. Con questa preghiera Gesù si affida al Padre rassicurandoci del fatto che se ci affidiamo anche noi al suo volere e alla sua giustizia, abbandonando ogni nostro atteggiamento di giudici supremi, non saremo mai delusi. Non spetta a noi sentenziare, l’unica cosa che ci viene chiesta è di essere “perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli”, straordinari nell’amare il prossimo sia esso un giusto o un malvagio facendo sorgere il nostro amore e piovere la nostra carità su entrambi. Un’impresa non tanto facile da compiere, solo con il Tuo aiuto possiamo essere veramente giusti , testimoni ed esempio vivo di quel tuo amore che hai riversato su di noi con il tuo sangue prescindendo dal nostro essere “buoni o malvagi”.

lunedì 16 giugno 2008

Porgi l'altra guancia

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra; e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due. Da’ a chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle”.
(Matteo 5,38-42)
“Non opporvi al maligno”, quante volte noi facciamo il gioco del maligno? Nella nostra quotidianità vige la legge del “taglione” perché è inammissibile, per noi, tacere di fronte ad un affronto, i nostri interessi e la costante voglia di supremazia ci tengono molto lontani dalla giustizia divina e dall’operare secondo essa. Invece di porgere l’altra guancia siamo abili a rendere con altrettanto male al male che abbiamo subito, sfoderando le più abili e affilate armi della vendetta. Un esempio per tutti “La pena di morte” questa atrocità, anche se vietata dalla maggioranza degli stati civili, regna sulle nostre coscienze che bramano di veder soffrire le stesse pene che un assassino ha arrecato alla sua vittima. Se solo volgessimo lo sguardo alla Croce!!!! Credo che la nostra sete di vendetta si placherebbe dinanzi al grande e vivo esempio di misericordia e di perdono: inchiodato a quel legno c’è l’amore puro, quel sentimento che non ha mai provato asprezza o desiderio di rivalsa di fronte a chi lo condannava. Lui si che ha dato l’altra guancia e non solo, ha donato tutto se stesso, ha lasciato anche il mantello a chi reclamava la sua tunica, ha percorso la strada del calvario invece di fare un miglio, si è spogliato delle sue vesti regali per essere crocifisso da chi egli amava ed essere incoronato, però, dalla misericordia e dall’amore di Dio “Il giudizio sarà senza misericordia contro chi non avrà usato misericordia, la misericordia invece ha sempre la meglio sul giudizio”. Non opporsi al maligno è non entrare in disputa con lui, è non agire usando le sue stesse armi, ma rispondere agli attacchi con giustizia secondo la misericordia, unica arma imbattibile. Anche se è difficile porgere la guancia dal punto di vista fisico perché tendiamo sempre a difenderci, ma al di la del senso pratico in questa frase si cela la grande forza che ha il perdono, di fronte a questo amore ogni violenza perde potere, dall’odio non si ricava altro che odio, dal saper perdonare possono fiorire grandi cose come la tolleranza e la capacità di sorridere dopo uno schiaffo. Signore aiutaci ad essere perfetti nell’amore verso il prossimo donandoci la pazienza e la misericordia nel perdonare ogni suo gesto e riaccoglierlo come fratello, facci comprendere che questo amore vale più del nostro egoismo e di noi stessi. Aiutaci a trovare sempre nella tua Croce il grande esempio di perdono e di misericordia che può guidarci a non operare più opponendoci al maligno ma affiancandoci a Te.

domenica 15 giugno 2008

Le sue mani sulle mie

Ieri ho chiesto a Dio di morire, in un momento di sconforto sono caduto e non so se riuscirò ad alzarmi. Non dovrebbe accadere tutto ciò ora che ho affidato tutto alle sue mani è come non aver fiducia in Lui. Quando si affida una cosa, lo si fa allo scopo di vederla splendere ed è spesso dura dover accettare la ripida salita che bisogna compiere per giungere allo splendore! Ho inciampato, percorrendo la strada invece di scavalcare l'ostacolo mi ci sono buttato a capofitto rimanendo ferito, ma Sono questi i momenti i che fanno comprendere l'unica cosa che rimane salda: è Lui l'unica ancora di salvezza se basta un breve allontanamento per farmi cadere. E allora tutto ciò che sono oggi non è dettato dalla mia volontà? Davvero è la sua a guidarmi e a sostenermi? Ovviamente devo essere io a riconoscere in Lui la roccia dove aggrapparmi.. e così è stato, stasera mi sono aggrappato alla sua mano che mi è stata tesa al limite del possibile, senza pensarlo d'istinto mi ha abbracciato, ha posto le sue mani sulle mie per dirmi: " ammetti che da solo non sei nessuno e che devi porre in me la tua fiducia", io aggiungo "anche nei momenti in cui sento d'esser solo e non lo sono". Grazie, perché ti ho cercato e come sempre mi hai fatto trovare consolazione e pace. Grazie per avermi fatto cadere nel pieno delle mie sicurezze: ancora il verdetto non è stato emesso quindi rimango in attesa di giudizio e sempre nella prova. Aiutami

La messe è abbondante ma gli operai sono pochi!

In quel tempo, Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe perché mandi operai nella sua messe!».Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità. I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello; Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, colui che poi lo tradì.Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date».
(Mt 9,36-10,8)


"Gratuitamente avete ricevuto gratuitamente date" , con questa raccomandazione Gesù invia i suoi discepoli ad annunciare al mondo intero che "il regno dei cieli è vicino". Dopo essersi rattristato provando compassione per le folle sfinite e stanche "come pecore che non hanno pastore" investe i suoi discepoli con il compito d'essere operai nella messe del Signore e spinge anche noi, suo popolo, ad essere operai attivi nella sua messe e radunare tutte le pecore perdute. Lui ama ognuno di noi ed ha a cuore la sorte di ciascuno di noi, anche se spesso ci sentiamo abbandonati è li che siamo più vicini a lui. Questo dato di fatto deve accompagnarci sempre Gesù comprende ogni stato d'animo e prova compassione per le nostre pene, ma è pronto a gioire per le vittorie che conquistiamo grazie alla sua volontà. Signore gli operai sono pochi... noi pregheremo affinché il loro numero cresca, mettiamo nelle tue mani la nostra disponibilità, sta a te fare di noi Operai degni della tua messe.

sabato 14 giugno 2008

Io vi dico: non giurate affatto

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Avete anche inteso che fu detto agli antichi: Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti; ma io vi dico: non giurate affatto: né per il cielo, perché è il trono di Dio; né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran Re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno”.
(Mt 5,33-37)
Chi si appresta a giurare lo fa per il solo motivo di trovare garanzie nell'avallare un suo comportamento o comunque qualcosa che non traspare dal suo comportamento o dal suo modo di pensare. Gesù ci dice di non giurare affatto e di non prendere in causa ne il cielo ne la terra, piuttosto è opportuno adempiere con il Signore i giuramenti. Ci invita a non metterci mai in condizione di dover giurare ma di uniformare il nostro parlare al suo. In questo modo ogni nostra azione sarà limpida e ogni nostro pensiero facilmente distinguibile e libero da ambiguità e da tutto ciò che "viene dal maligno". Quante volte ci è stato detto "Giuralo su Dio" come se fosse lecito puntare sulla sua grandezza per vedere accettate le nostre ragioni, noi che non abbiamo nemmeno il potere di "rendere bianco o nero un solo capello" come possiamo giurare su Dio? L'unica cosa a Lui gradita è la chiarezza, la limpidezza, trasformando la nostra vita ispirandola alla vita di colui che più di ogni altro uomo è riuscito a diffondere un grande messaggio, senza ricorrere a giuramenti, ma con la Grande forza dell'amore del Padre che gli ha permesso di salire in croce per gridare: "Tutto è compito"! Con l'aiuto del Signore possiamo portare a compimento ciò che serve a renderci davvero puliti e sinceri ai suoi occhi e agli occhi di tutti.

venerdì 13 giugno 2008

Conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il corpo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore. Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna. E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna. Fu pure detto: Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto di ripudio; ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all’adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio”.
(Matteo 5,27-32)

Oggi è bello l'invito che ci viene rivolto. Al di la dei nostri atti pratici che compiamo, che spesso possono essere mossi dall'istinto, dobbiamo conservare e coltivare in cuore l'amore di Dio. Bisogna saper compiere la pulizia sapendo ben eliminare ciò che può portare il nostro cuore a commettere "adulterio" e a sbagliare. La sincronia deve avere la priorità, i gesti devono essere generati dal cuore e non da un'ipocrita conseguenza. E allora caviamo in nostro occhio, tagliamo e gettiamo via la mano piuttosto che mettere in pericolo tutto il corpo, piuttosto che rischiare di allontanarci per sempre da Lui. Ogni piccolo allarme, ogni tentazione, non vanno mai assecondati considerandoli episodi isolati, perchè se si concretizzano qualcosa alla base non funziona. Gesù aiutaci a saper discernere ciò che va salvato da ciò che va buttato, per la nostra salvezza e per la tua Gloria.

giovedì 12 giugno 2008

Lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna. Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all’ultimo spicciolo!”.
(Matteo 5,20-26)

“Fu detto agli antichi: Non Uccidere”, a noi oggi viene detto di deporre un’arma ancor più tagliente di qualsiasi lama, il nostro giudizio che riesce a ferire più a fondo di un proiettile. Siamo talmente abituati ad utilizzare male la nostra lingua, a sfoderarla in qualsiasi momento per colpire che non ci accorgiamo nemmeno del reale danno che possiamo arrecare. La impugniamo con destrezza e con la medesima abilità sferriamo colpi a chiunque capiti sotto la morsa del nostro giudizio. Ma chi siamo noi per giudicare? Non abbiamo nessuna facoltà a tal riguardo, la nostra giustizia “quella degli scribi e dei farisei” è ben lontana dalla sua giustizia, non possediamo infatti il metro da adoperare perché la nostra sapienza è frutto della nostra arroganza e grandezza estremamente diversa dalla Sua Grandezza totalmente distante dalla sapienza divina che fa di Lui unico e degno Giudice. Ecco perché ci invita a superare questi limiti, perché ben conosce la nostra natura e sa che non siamo per niente conformi alla Sua giustizia, totalmente distaccata da tutto ciò che inquina e deforma la nostra, basata unicamente sull’amore di Dio. ”Chiunque si adira con il proprio fratello sarà sottoposto al giudizio” ovvio perché invece di “amare il proprio fratello come se stesso” ci permettiamo facilmente di condannarlo senza possederne la capacità; questo equivale ad uccidere! Uccidiamo per primo il comandamento Nuovo tanto caro a Gesù e poi, sentenziando, dando del “cretino o del pazzo”, continuiamo ad uccidere ogni giorno il nostro fratello. Manca in noi la misericordia, l’amore, il saper perdonare, mancano gli elementi che hanno permesso a Gesù di brillare sopra la croce, lui ci ha amati più della sua stessa vita, non si è mai permesso di giudicarci nemmeno quando piantavamo, sulla sua carne, i chiodi della nostra cecità, ed in nome di questo amore si è offerto affinché ogni nostra offerta abbia in se la riconciliazione con i fratelli. Cristo ha fatto la sua offerta amandoci, è salito in croce perdonandoci e continuando ad amare chi lo aveva perseguitato e consegnato ai giudici, ha “pagato fino all’ultimo spicciolo” la nostra salvezza perché anche noi facessimo altrettanto con i nostri persecutori e con il nostro prossimo. Così dovrà essere ogni nostra offerta, in questo modo dobbiamo accostarci alla sua mensa: quando offriamo la nostra miseria, il nostro peccato, prima di deporre la nostra offerta dobbiamo guardarci intorno e saldare ogni debito con i fratelli riconciliandoci con loro e non essere più adirati. L’esperienza di Cristo è esperienza di comunione e amore. Abbandoniamo, quindi, la nostra superiorità e avviciniamoci al prossimo con umiltà nel rispetto della sua persona, nella convinzione d’essere davvero fratelli in nome della Croce che ci ha uniti e ci ha riconciliati col Padre nostro vero ed unico giudice e far si che la nostra “pena”, quando saremo consegnati al giudice, non sarà la prigione ma la piena libertà di glorificare in eterno il suo Volto.


mercoledì 11 giugno 2008

Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demoni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro, né argento, né moneta di rame nelle vostre cinture, né bisaccia da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché l’operaio ha diritto al suo nutrimento. In qualunque città o villaggio entriate, fatevi indicare se vi sia qualche persona degna, e lì rimanete fino alla vostra partenza. Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne sarà degna, la vostra pace scenda sopra di essa; ma se non ne sarà degna, la vostra pace ritorni a voi”.
(Matteo 10,7-13)

“Strada facendo predicate che il Regno dei cieli è vicino”. Questo raccomanda agli apostoli Gesù, annunciare la salvezza, e questo è il compito che, oggi, rinnova a chi, come noi, ha aderito al suo progetto mostrandosi disponibile a seguirlo e a riconoscere nei suoi insegnamenti l’unica condotta di vita. Una via spesso faticosa, in salita, ma chi sarà in grado di praticarla pienamente e sarà riconosciuto come discepolo, in Suo nome sarà in grado di compiere prodigi per la Sua gloria. Sappiamo che per seguire Cristo occorre abbandonare tutto ciò che di noi era, ogni bene e ogni legame materiale, col brano di oggi, apprendiamo anche che è indispensabile non ricercare più nemmeno come ricompensa tali cose, accettando come unico compenso il nutrimento che spetta di diritto all’operaio: la Sua Parola, il Suo amore, quel amore che possiamo ritrovare “in qualunque città o villaggio entriate”, in ogni casa dove regna Cristo, qui è possibile trovare ristoro. “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”, non può esserci interesse economico o di qualsiasi altro genere che sia diverso dal bisogno di piacere a Dio, dietro ogni opera che porta il suo nome, tutto viene fatto al fine di raggiungere l’unico premio degno d’esser chiamato tale: la Sua gloria e la nostra gloria. È bello, leggendo questo passo, pensare che è possibile vivere senza possedere nulla, è straordinario immaginare che basta ascoltare la sua Parola e compiere la sua Volontà per essere ricchi tra i più ricchi possedendo quella felicità che non potrà mai procurare “né oro né argento” né qualunque altra cosa di cui oggi amiamo circondarci, è reale continuare a sperare di riuscirci, di arrivare a comprendere che tutto il nostro bene sta li, la nostra gioia e letizia sono racchiusi nel suo amore e nella capacità di amarlo al di sopra di tutto. o Signore aiutaci a spogliarci di tutto, liberaci dalle dipendenze che annebbiano la nostra vista, guidaci alla vera pace che solo tu puoi donare, insegnaci a trovare nelle tue parole l’unico tesoro degno d’esser custodito con sana gelosia e allo stesso tempo condiviso con chi sarà degno di ricevere il nostro saluto, la nostra pace che è la tua pace.

martedì 10 giugno 2008

Voi siete la luce del mondo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli”.
(Matteo 5,13-16)
“Voi siete il sale della terra” Che bella definizione ha dato di noi Gesù, forse non ci rendiamo conto della “qualifica” alla quale siamo stati innalzati, noi che molto spesso spargiamo sale allo scopo di non far più crescere, noi che non abbiamo ancora chiaro l’effettiva potenzialità di questo elemento: il sale capace come nessun altra cosa di equilibrare il sapore, di portare armonia, ma che richiede una maestria attenta nel saperlo dosare. Da peccatori che siamo Lui ci salva e ci mette in condizione di condire il mondo intero con il nostro sale; è una chiamata esplicita ad operare secondo la sua volontà, nel rispetto del volere di chi ci ha dato il sapore, di chi ci dà la capacità di operare. Lui è il pane di vita eterna, la sua parola è il cibo che alimenta la nostra eternità, noi siamo il sale mediante il quale le sue parole arrivano insaporite in maniera diversa a seconda di chi le dovrà ricevere; è l’invito ad essere esempio vivo con la nostra vita, diventando noi stessi pane spezzato, portatori di speranza in nome di quel sale che abbiamo ricevuto il giorno del battesimo e secondo il quale operiamo ogni giorno. Dobbiamo stare attenti, però, a non perdere mai la percezione del sapore allontanandoci dalla fonte di tanta sapienza o avvicinandoci così tanto da provarne assuefazione abituando il nostro palato al suo gusto, o nel peggiore dei casi tentare di sostituirci a Lui ergendoci come sommi detentori della verità. Noi siamo chiamati ad essere testimoni attivi, ecco perché siamo sale, che, però deve essere ben dosato, sempre presente ma nella giusta misura, in quantità tale da capirne la mancanza o l’eccesso. Solo riuscendo a mantenere questo equilibrio è possibile esaltare al massimo il sapore di qualsiasi cibo, solo operando con equità e giustizia, secondo la sua volontà, siamo in grado di brillare come lucerne sopra il lucerniere. “Voi siete la luce del mondo” ma ricordiamoci che brilliamo grazie alla luce che sta sopra di noi, brilliamo di luce riflessa, in noi arde la fiamma della sapienza che ci distingue dall’essere materia inconsistente da gettare via degna solo d’esser calpestata dagli uomini, senza la quale saremmo insipidi e bui. È giunta l’ora di uscire fuori dai “secchi” che soffocano la nostra luce, quello che siamo, grazie alla sua Opera, deve essere visibile a tutti, tutti devono poter gustare l’eccellenza del nostro sale e rimanere estasiati dinanzi alla luce che, grazie al suo amore, sono costanti accompagnatori della nostra vita, affinché tutti rendano grazie all’artefice di tutto, al Padre Nostro che è nei cieli. O Signore rendici delle lucerne sempre accese, ti preghiamo perché non venga mai a mancarci il tuo amore, vero sale e vera luce per i nostri giorni, aiutaci a trovare nella tua Parola la guida costante per saper equamente dosare quel sale tanto indispensabile al mondo e che questo sale possa conservare intatta e sempre viva la nostra fede.

lunedì 9 giugno 2008

Le Beatitudini

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi”.
(Mt 5, 1-12)
“Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna”- Da sempre la montagna è un luogo molto gradito sia per la preghiera ed anche perché è luogo di rivelazione, ma dalla montagna è possibile amplificare ogni grido e renderlo udibile a tutti. La voce di Gesù, nel brano di oggi, è una voce di speranza ma allo stesso tempo di condanna, perché se da un lato ci istruisce insegnandoci il tragitto da compiere per giungere alle beatitudine eterne dall’altro censura ogni atteggiamento che ci tiene lontano dal percorrere questa via. Il discorso delle beatitudini è un riscatto per i quanti sono considerati gli ultimi e sono costretti a vivere ai margini, perché le nostre logiche e le nostre ambizioni scavalcano loro, il loro essere a vantaggio del nostro apparire e ci impongono come unico scopo quello di sovrastare e primeggiare. Gesù dall’alto della montagna ci invita a scendere e dall’alto della sua natura divina ci insegna a riconsiderare tutto e tutti rimettendo in discussione ogni nostra convinzione, Lui si fa esempio vivo pur di aiutarci a comprendere ciò che può aiutare a spiccare il nostro volo verso Lui. La povertà di spirito è la prima prerogativa alla quale va affiancata la purezza del cuore, di un cuore che non conosca corruzione; chi ha cuore puro ed è povero in spirito non conserva nessuna ambizione che non sia quella di piacere unicamente a Dio, è come un bimbo e conserva, come grande tesoro, la propria “infanzia spirituale” allontanando da se ogni contaminazione, liberando ogni anfratto del suo cuore da tutti i legami materiali, pronto ad accogliere l’amore di Dio e viverlo costantemente. Con queste due caratteristiche , credo, sia possibile acquisire, poi, le altre virtù che degnamente ci avvicinano alla “ricompensa nei cieli”: essere pazienti, miti, saper sopportare le afflizioni e persecuzioni, essere misericordiosi, avere fame e sete di giustizia ed operare la pace, sono doni raggiungibili solo se riusciamo ad incarnare e vivere totalmente il suo amore, mostrando cuore e spirito pienamente affidati alla sua volontà e maestria, solo così possiamo avvicinarci a Lui ed essere degni di ereditare il dono promesso: Il regno dei cieli. Signore donaci di vivere secondo la tua parola, la tua voce ci giunga sempre forte e diretta al cuore come unica forza capace di farlo battere conservandolo puro, umile e forte ai tuoi occhi e secondo la tua volontà.

domenica 8 giugno 2008

Non Sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori

In quel tempo, mentre andava via, Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».
(Matteo 9,9-13)
Soltanto se si crede nella misericordia divina è possibile accettare ed obbedire alla chiamata. Gesù mentre andava via vide un uomo, un uomo che stava seduto, comodamente adagiato sulla sua vita, con un lavoro e delle certezze che mai gli avrebbero fatto cambiare rotta; invece lo sguardo di Gesù irrompe sulla sue sicurezze e col suo amore lo invita a seguirlo. Nel testo più che invito sembrerebbe un ordine, io credo che lo sia in quanto Gesù sa quando è il momento giusto per ordinare qualcosa, lui conosce i nostri tempi e ben comprende l'esatto momento in cui dalla nostra bocca uscirà un Si carico di decisione e amore. Matteo lo segue abbandonando tutto per prima cosa abbandonando se stesso, la sua condizione di "malato" e accetta d'esser guarito dal dottore che si è offerto con tanta disponibilità. "Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori" non è venuto per giustiziare quanti sono nel peccato ma per salvarli con giustizia, il nostro Dio non vuole sacrifici e non gioisce delle condanne che molto spesso gli attribuiamo. Quando qualcosa va storto ci piace pensare che sia la Volontà divina che sotto forma di castigo rende giustizia ai nostri peccati, non riuscendo a scorgere, nell'esperienza negativa, tutta la positività che la contraddistingue: "Signore tu ci colpisci per sanarci" perchè vuoi che non stiamo troppo lontani da te! Questo passo del vangelo è per tutti quelli che si sentono inadatti, incapaci e indegni, quelli che avvertono la presenza di Gesù durante tutta la loro giornata ma che cercano di schivare l'invito solo perchè si reputano impotenti! Gesù è in cerca di umiltà per innalzarla secondo la sua Volontà.

sabato 7 giugno 2008

Questa vedova povera ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri

In quel tempo, Gesù diceva alla folla mentre insegnava: “Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e ostentano di fare lunghe preghiere; essi riceveranno una condanna più grave”. E sedutosi di fronte al tesoro, osservava come la folla gettava monete nel tesoro. E tanti ricchi ne gettavano molte. Ma venuta una povera vedova vi gettò due spiccioli, cioè un quattrino. Allora, chiamati a sé i discepoli, disse loro: “In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere”.
(Marco 12,38-44)

Molte volte abbiamo paura di ascoltare ciò che Gesù vuole dirci, quando Lui si avvicina a noi per comunicarci la sua richiesta preferiamo tappare le nostre orecchie e continuare a vivere primeggiando. Non vuole questo da noi, non ci chiede atteggiamenti esteriori ed ostentazioni, ma ci reclama per come siamo, poveri, inutili, incapaci, ma pienamente disponibili per far si che tutta la nostra miseria e povertà vengano da Lui trasformate nel più grande dei tesori: Donarsi totalmente! Mi accorgo che tutti i sacrifici e le rinunce molto spesso non sono frutto del nostro amore per Lui ma bensì conseguenza della nostra natura e delle nostre abitudini, una cosa è gradita a Dio quando ci provoca senso di sacrificio, al quale subentra poi la gioia perchè è col sacrificio che si compiono le vere offerte e con l'amore sincero che ci rende capaci di ascoltare ed esaudire ogni Sua richiesta. Solo cosi possiamo trasformarci in dono costante ed essere un'offerta continua gradita ai suoi occhi. Signore aiutaci a renderti quanto da Te chiesto, guidaci verso ciò che hai, sapientemente, stabilito per noi...che possiamo essere sacrificio a te gradito! Accettaci per come siamo, spesso nell’ignoranza e nella miseria assoluta, in fondo se ci hai prescelti è perché in noi hai intravisto un po’ materia da modellare, solo le mani di un Abile artigiano hanno la forza di trasformare il fango in un capolavoro!


venerdì 6 giugno 2008

Davide stesso lo chiama Signore: come dunque può essere suo figlio?

In quel tempo, Gesù continuava a parlare, insegnando nel tempio: “Come mai dicono gli scribi che il Messia è figlio di Davide? Davide stesso infatti ha detto, mosso dallo Spirito Santo: ‘‘Disse il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici come sgabello ai tuoi piedi’’. Davide stesso lo chiama Signore: come dunque può essere suo figlio?”. E la numerosa folla lo ascoltava volentieri.
(Marco 12,35-37)

Davide stesso lo chiama Signore perché ancor prima d’essere uomo Gesù è Figlio di Dio quindi nostro Signore. In questo brano afferro un sottile invito, celato quasi, a non abbandonare mai il timore nei suoi confronti inteso come amore e rispetto nel riconoscerlo come unico Signore. Il fatto che sia disceso rivestendosi della nostra stessa carne non ci autorizza a rapportarci in maniera superficiale, ma dobbiamo prostrarci a Lui con spirito contrito abbandonando le vesti di orgoglio e vanità, con la sua medesima umiltà: “il quale, pur essendo di natura divina,non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso,assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini;apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce”…

giovedì 5 giugno 2008

Amerai il prossimo tuo come te stesso.

In quel tempo, si accostò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: “Qual è il primo di tutti i comandamenti?”. Gesù rispose: “Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c’è altro comandamento più importante di questi”. Allora lo scriba gli disse: “Hai detto bene, Maestro, e secondo verità che egli è unico e non v’è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore e con tutta la mente e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso val più di tutti gli olocausti e i sacrifici”. Gesù, vedendo che aveva risposto saggiamente, gli disse: “Non sei lontano dal regno di Dio”. E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.
(Marco 12,28-34)
“Visto come aveva loro ben risposto, gli domandò” finalmente lo scriba, a differenza di tutti gli altri, non interroga Gesù ne a lui si rivolge tentando di metterlo alla prova. Ha ascoltato quanto detto da Lui e condivide le risposte che ha dato a chi gli si è rivolto con incredulità e atteggiamenti di sfida. Il cuore dello scriba è ben diverso dagli altri cuori, lui ha aperto un varco, mostrandosi disponibile alla comprensione e vuole, a sua volta, rivolgere una domanda per avere conferma di quanto intuito. Da cosa nasce questa intuizione? Senza alcun dubbio non può che provenire dall’accettazione dell’unica verità: “Il Signore Dio nostro è l’unico Signore”, il solo degno di essere amato con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutte le forze. Ecco la grande differenza tra lo scriba ed i farisei, chi porta in cuore l’amore di Dio e chi lo ha già sperimentato vivendolo, non può scandalizzarsi nel sentire i suoi discorsi ma al contrario non può far altro che gioirne e trovare in essi certezze. Penso a quante volte, durante un’omelia, gli sguardi dei presenti si “vestono” di smorfie e di tangibili segni di disapprovazione, perché quei pochi minuti di insegnamento, considerati inutili, vengono spesso percepiti come un continuo rimprovero, vedendo nel sacerdote un uomo capace, soltanto, di puntare il dito e basta. E non è così, chi è stato un “fariseo” e poi ha avuto l’onore di diventare “scriba” ha sperimentato con la propria esperienza come cambiando il modo di recepire è possibile riscoprire contenuti considerati inesistenti fino a quel momento. Il discorso di Gesù, così come quello dell’oratore, è identico ed è rivolto a tutti, cambia solo il modo di interpretarlo, di assimilarlo, cambia la capacità che ha il nostro cuore di assorbirne non soltanto le parole ma tutto ciò che sta incastonato tra di esse. Certamente gli insegnamenti di Gesù scuotono non poco gli animi, Lui è venuto a rinnovare l’alleanza del Padre con il popolo e quindi trasforma anche il modo di rapportarsi col Padre stesso, pur non rinnegando i precetti già esistenti. Gesù è venuto a completare la legge incarnandola nella nostra quotidianità traducendo la scrittura in gesti ed opere, e Lui stesso ne è l’esempio. “Amerai il prossimo tuo come te stesso” è questo il comandamento nuovo che rinnova e da valore a quelli già esistenti perché con l’amore verso chi ti sta accanto e verso chi incontrerai amerai anche il Signore, nel servirli servirai anche il Signore, nel porre il prossimo prima di te stesso ammetterai, con il cuore e con la tua stessa vita, come ha fatto lo scriba, che “Il Signore Dio nostro è l’unico Signore e non v’è altri all’infuori di Lui”. Non erano arrivati a tutto ciò i tanti che si avvicinavano a Cristo rimanendo nell’errore, e non ci arriva oggi chi si pone in atteggiamento di sfida con Lui, solo chi riconosce in Cristo “Il Maestro” e mostrando un cuore capace di cedere al suo amore, ha la fortuna e la grazia di comprendere che “Il regno di Dio è vicino” nella misura in cui accettiamo di vivere in conformità seguendo il più importante dei comandamenti “Amarlo con tutto il cuore”, non occorrono olocausti e sacrifici basta semplicemente amare chi ci ha già Amati fino a salire in croce per noi. O Signore donaci la capacità di ascoltare e custodire la tua Parola per maturare. In noi, la saggezza dello scriba affinché siamo sempre pronti ad affrontare le tante domande e perplessità che potrebbero distogliere il nostro sguardo da Te.

mercoledì 4 giugno 2008

...saranno come angeli nei cieli!


In quel tempo, vennero a Gesù dei sadducei, i quali dicono che non c’è risurrezione, e lo interrogarono dicendo: “Maestro, Mosè ci ha lasciato scritto che se muore il fratello di uno e lascia la moglie senza figli, il fratello ne prenda la moglie per dare discendenti al fratello. C’erano sette fratelli: il primo prese moglie e morì senza lasciare discendenza; allora la prese il secondo, ma morì senza lasciare discendenza; e il terzo egualmente, e nessuno dei sette lasciò discendenza. Infine, dopo tutti, morì anche la donna. Nella risurrezione, quando risorgeranno, a chi di loro apparterrà la donna? Poiché in sette l’hanno avuta come moglie”. Rispose loro Gesù: “Non siete voi forse in errore dal momento che non conoscete le Scritture, né la potenza di Dio? Quando risusciteranno dai morti, infatti, non prenderanno moglie né marito, ma saranno come angeli nei cieli. A riguardo poi dei morti che devono risorgere, non avete letto nel libro di Mosè, a proposito del roveto, come Dio gli parlò dicendo: Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e di Giacobbe? Non è un Dio dei morti ma dei viventi! Voi siete in grande errore”.
(Marco 12,18-27)

“Quando risusciteranno dai morti saranno come angeli nei cieli” e dovremo dire addio a tutto ciò che eravamo, a quello che possedevamo, alle nostre ricchezze alle nostre sicurezze, ai nostri tesori, per andare incontro a Colui che racchiude tutte le gioie possibili e inimmaginabili. Nel passaggio non è lecito trascinare niente che non sia il bagaglio di opere buone, la fede salda e l’amore che, con la vita terrena, abbiamo manifestato a Dio e ai nostri simili. Non c’è giustizia più grande di questa, essere come angeli in cielo liberati da ogni corazza e dalle zavorre che quotidianamente appesantiscono il nostro spirito riducendolo ad un fantasma. I sadducei sono in errore, come i farisei e gli erodiani, perché interrogano il Signore, lo mettono alla prova, cercano di trovare un neo nei suoi insegnamenti ma come sempre il loro grande errore, il loro vivere di esso e per esso non li porta a considerare tutto ciò che sta oltre loro stessi: la grazia e la forza di Dio, la sua potenza. O Signore aiutaci ad essere degli angeli anche in terra, liberaci da tutti i nostri pesi affinché ogni giorno possiamo spiccare il volo verso di te e verso il servizio che tu ci chiami a compiere, per smettere di morire costantemente col peccato e vivere sotto la tua luce, Dio dei Viventi aiutaci a comprendere che la morte è la rinascita alla vera vita, sia per noi la Tua Croce simbolo del progetto di salvezza e contemplarla è nel ricordo della tua passione ma soprattutto come emblema del compimento della tua Volontà, del tuo grande amore.

martedì 3 giugno 2008

Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio.

In quel tempo, i sommi sacerdoti, gli scribi e gli anziani mandarono a Gesù alcuni farisei ed erodiani per coglierlo in fallo nel discorso. E venuti, quelli gli dissero: “Maestro, sappiamo che sei veritiero e non ti curi di nessuno; infatti non guardi in faccia agli uomini, ma secondo verità insegni la via di Dio. È lecito o no dare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare o no?”. Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse: “Perché mi tentate? Portatemi un denaro perché io lo veda”. Ed essi glielo portarono. Allora disse loro: “Di chi è questa immagine e l’iscrizione?”. Gli risposero: “Di Cesare”. Gesù disse loro: “Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio”. E rimasero ammirati di lui.
(Marco 12,13-17)

“Non ti curi di nessuno, infatti non guardi in faccia gli uomini, ma secondo verità insegni la via di Dio”. I farisei e gli erodiani cercano di cogliere in fallo Gesù nel suo discorso, facendo leva sul fatto che Lui, pur di proclamare la via del Padre, non guarda in faccia gli uomini. La nostra faccia non è sempre conforme al nostro cuore, amiamo molto camuffarla, truccarla per celarci dietro a maschere che niente lasciano trapelare della nostra anima. Gesù non guarda in faccia perché per annunciare l’opera del Padre mira dritto al cuore degli uomini evita il loro sguardo spesso inquinato è imbruttito dalla superficialità, si occupa prima di sanare il cuore e di trasmettere poi luce al volto di ciascuno di noi, per renderlo uno specchio che rifletta il suo bagliore. I farisei cercano di interpretare a modo loro la schiettezza di Gesù e la sua capacità di “non curarsi di nessuno pur di proclamare la verità” e tentano di far passare come lecito un atteggiamento che non lo è, provano a rendere leale l’annullamento di ogni obbligo pur di seguire Dio. Cristo però “conoscendo la loro ipocrisia” sa bene utilizzare la realtà dei fatti e riesce sempre a rimettere sulla giusta via le nostre intenzioni aprendo i nostri occhi ad una visione concreta delle cose, fa capire, inoltre, che non solo verso un atto diretto a Lui si può servire Dio ma è possibile farlo costantemente operando con lealtà e giustizia “rendendo a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio”: Cesare ci chiede il tributo, Dio ci insegna a rendere a chiunque quello che gli è dovuto senza cercare scorciatoie o vie di fuga, senza trincerarsi in false regole ma operando con la verità, la Sua verità, quella che ci rende capaci di andare oltre le maschere degli uomini portando a ciascuno il nostro tributo cioè insegnare, loro, “secondo verità la via di Dio”.


lunedì 2 giugno 2008

Afferrato il figlio prediletto, lo uccisero e lo gettarono fuori della vigna.


In quel tempo, Gesù prese a parlare ai sommi sacerdoti, agli scribi e agli anziani in parabole: “Un uomo piantò una vigna, vi pose attorno una siepe, scavò un torchio, costruì una torre, poi la diede in affitto a dei vignaioli e se ne andò lontano. A suo tempo inviò un servo a ritirare da quei vignaioli i frutti della vigna. Ma essi, afferratolo, lo bastonarono e lo rimandarono a mani vuote. Inviò loro di nuovo un altro servo: anche quello lo picchiarono sulla testa e lo coprirono di insulti. Ne inviò ancora un altro, e questo lo uccisero; e di molti altri, che egli ancora mandò, alcuni li bastonarono, altri li uccisero. Aveva ancora uno, il figlio prediletto: lo inviò loro per ultimo, dicendo: Avranno rispetto per mio figlio! Ma quei vignaioli dissero tra di loro: Questi è l’erede; su, uccidiamolo e l’eredità sarà nostra. E afferratolo, lo uccisero e lo gettarono fuori della vigna. Che cosa farà dunque il padrone della vigna? Verrà e sterminerà quei vignaioli e darà la vigna ad altri. Non avete forse letto questa Scrittura: ‘‘La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d’angolo; dal Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli occhi nostri’’?”. Allora cercarono di catturarlo, ma ebbero paura della folla; avevano capito infatti che aveva detto quella parabola contro di loro. E, lasciatolo, se ne andarono.
(Marco 12,1-12)

Verrà e sterminerà quei vignaioli e darà la vigna ad altri, la vigna va conquistata e giornalmente curata con l'aiuto costante del Padre. Lui ha costruito per noi e vuole che i frutti del nostro lavoro siano messi in comunione e condivisione. Molto spesso innalziamo barriere attorno al nostro tesoro come se cercassimo di difenderlo dagli sciacalli da chissà quali ladri, è Dio che viene a prelevarne il frutto è lui che ci invita a usare la nostra vita per gli altri a donarla costantemente a chi viene a ritirarne i frutti, ma noi non ci facciamo scrupoli e siamo pronti anche a cacciare l'ultimo suo tentativo, a ripudiare suo Figlio, l'estrema manovra fatta dal Padre per salvare vigna e vignaioli; rimaniamo convinti del fatto che "si, ci hai donato la vita, ma ora è nostra e ne decidiamo noi la sorte", è questo il nostro atteggiamento che ci porta di conseguenza all'egoismo che sovrasta ogni altro possibile sentimento. Signore aiutaci a rimettere nelle tue mani questa vigna che hai donato a ciascuno di noi, solo tu sei degno di raccoglierne i frutti e, se vorrai, di condividerli con noi, procedi pure col tuo lavoro ora che hai visto quanto siamo stati incapaci di gestirla, ricostruisci la nostra vigna ponendo alla sua base la pietra scartata unica roccia di salvezza.

domenica 1 giugno 2008

La casa sulla roccia e la casa sulla sabbia

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. In quel giorno molti mi diranno: Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi? Ma allora io dichiarerò loro: “Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l’iniquità!”.Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande».
(Mt 7, 21-27)
Oggi piove sulla mia vita, soffia un vento che vorrebbe portare con se tutto ciò che ho costruito, i fiumi in piena consigliano alle loro acque di spazzare via tutto ciò che trovano, tutto ciò che di me c'è. Io potrei ben dire "Signore Signore" quante volte ho ascoltato la tua parola, quante volte per nome tuo ho compiuto gesti d'amore, perchè allora continua a piovere? Perchè tutto è in balia delle intemperie? Vuoi forse farmi comprendere che tipo di casa sto cercando di costruire? Vuoi forse tastare il tipo di basamento che ho scelto? Credo e spero che la mia casa sia stata poggiata sulla roccia, quella roccia che mi accingo a contemplare, quella roccia che mi da la forza di riconoscerla sempre anche dopo la tempesta, quella roccia che mi fa assaporare il sereno che c'è dopo il maltempo, una roccia sulla quale vorrei adagiarmi e trovare la gioia e conforto. Una casa costruita sulla roccia è una casa che dura in eterno, come la nostra vita basata sulla Parola e ispirata unicamente alla Sua volontà sarà eterna. Non basta ascoltare, non basta leggere ma occorre far incarnare costantemente il suo amore nella nostra vita abbandonando per sempre la fragilità della sabbia tanto facile da modellare quanto da disperdere senza lasciare alcuna traccia. Dio è per noi la roccia e allo stesso tempo vuole che anche noi diventiamo tali, forti nella fede, inattaccabili nella speranza e dolci nella carità, perennemente affamati e assetate della sua parola e continuamente disposti a migliorare secondo la Sua Volontà: è difficile e faticoso plasmare la roccia ma soltanto dalle fatiche nascono i capolavori. Soltanto così saremo riconoscibili ai suoi occhi essendo frutto della sua volontà e opera delle sue abili mani. "La parola uscita dalla mia bocca non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata", o Gesù, tu che sei l'incarnazione sublime dell'Opera del Padre, aiutaci ad essere sempre pronti ad assimilare la Tua Parola affinché non mettiamo ostacoli alla sua Potenza, sostienici nell'affidarci totalmente al tuo amore per compiere sempre la volontà del Padre tuo che è nei cieli... che continui pure a piovere, prima o poi sorgerà il sole che scalderà e asciugherà ogni lacrima.