domenica 14 settembre 2008

Esaltazione della Santa Croce


Giovanni 3,13-17

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».


Dio diede a Mosè il compito di farsi un serpente e metterlo sopra un'asta ed innalzarlo cosicchè chiunque, morso dai serpenti brucianti mandati dal Signore, guardatolo, restasse in vita. Così chiunque si voltava a guardare quel serpente di bronzo guariva e rimaneva in vita. Dio ha tanto amato il mondo e lo ama al punto di innalzare, per la nostra salvezza, il Figlio unigenito affinchè noi, divorati dai serpenti che ci circondano, soffocati dal veleno del male, trovassimo la salvezza eterna volgendo lo sguardo, e la vita, a quel Legno che porta e che sostiene il Salvatore. Ci sono tanti modi di definire la Croce, io amo immaginarla e concepirla come il più grande ponte, come il più robusto passaggio che ci condurrà al Padre. Nella Croce è ben delineata la direzione che dovrà prendere il nostro cuore, iniziando col rinnegare e svuotare se stessi "assumendo una condizione di servi" e proseguendo con l'obbedienza alla Parola e alla Volontà di Colui che ci ha mandati. Volgere lo sguardo alla Croce per essere salvati è un impegno costante, un desiderio puro d'essere innalzati accanto a Colui che per primo è stato Innalzato. Rendiamo grazie al Padre che ci ha donato Il Figlio ed ha lavato con il suo sangue le nostre colpe...aiutaci Gesù, con il Tuo Spirito, a rimarginare le tue ferite rimanendo lontani dal peccato e vicini a Te, ai piedi della tua Croce.

sabato 13 settembre 2008

Perché mi chiamate: Signore, Signore, e poi non fate ciò che dico?

Luca 6,43-49
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Non c’è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male, perché la bocca parla dalla pienezza del cuore. Perché mi chiamate: Signore, Signore, e poi non fate ciò che dico? Chi viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi è simile: è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sopra la roccia. Venuta la piena, il fiume irruppe contro quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene. Chi invece ascolta e non mette in pratica, è simile a un uomo che ha costruito una casa sulla terra, senza fondamenta. Il fiume la investì e subito crollò; e la rovina di quella casa fu grande”.
Non si può Ascoltare la Parola con superficialità e lasciare agli atteggiamenti il compito di impersonare la nostra fede. L'esteriorità non serve a nulla se non a costruirci castelli di sabbia e false certezze; bisogna puntare al tesoro che è dentro di noi, al suo valore e alla sua potenzialità e chiedere al Signore di custodirlo ed insegnarci a proteggerlo gelosamente. Lui guarda i nostri frutti che sono diversi dai nostri atteggiamenti e dalle nostre azioni meccaniche, Lui guarda la purezza del cuore ed in ogni suo battito Vuole trovarci quell'amore che ci lega, quella forza che permette ogni battito, che aiuta a continuare a vivere. Per non essere abbattuti dalle mille intemperie che minacciano la nostra esistenza è fondamentale aggrapparci all'unica Roccia ed Ancora di salvezza chiedendo al Padre di donarci un cuore puro, umile e una fede salda.

venerdì 12 settembre 2008

Può forse un cieco guidare un altro cieco?

Luca 6,39-42
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola: “Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutt’e due in una buca? Il discepolo non è da più del maestro; ma ognuno ben preparato sarà come il suo maestro. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non t’accorgi della trave che è nel tuo? Come puoi dire al tuo fratello: Permetti che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio, mentre tu non vedi la trave che è nel tuo? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci bene nel togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello”.

"Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio.." togliamoci i paraocchi che non permettono di vedere la verità e di valutare le situazioni per la loro vera essenza. Siamo arroganti, spesso di innalziamo, ci crediamo maestri, detentori della verità assoluta ma nel cuore portiamo la tenebra, e nell'occhio una trave pesante che offusca la visuale. Solo Dio può donarci l forza di liberaci da tutte le nostre zavorre, solo in Lui è la Verità, la Vita. Gesù aiutaci ad essere coscienti e a vedere le cose con la Luce che proviene solo dalla tua parola, sii tu il Nostro Maestro e guidaci verso il compimento della tua volontà, solo così saremo in grado di ammonire e magari riportare sul giusto cammino i nostri fratelli confusi.

domenica 7 settembre 2008

Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro

Matteo 18,15-20
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Se il tuo fratello commette una colpa, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all’assemblea; e se non ascolterà neanche l’assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano. In verità vi dico: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo. In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro.


Gesù e in mezzo a noi, solo Lui può darci la forza e la capacità di vivere in comunione e in armonia con i fratelli. Se mi guardo intorno, invece, è una continua lotta alla supremazia e alla voglia di primeggiare. Chi ammonisce il fratello lo fa solo attingendo alle sue capacità e non sotto la guida della Sapienza di Dio. Ammoniamo al solo scopo di vedere affermata la nostra opinione senza un briciolo di carità e di umiltà. Ammonire un fratello è riaccoglierlo tra le nostre braccia, come la pecorella smarrita, ammonire un fratello è condividere insieme la Parola che ci ha resi tutti fratelli. Oggi Gesù ci spiega l'importanza della comunione, la chiesa è l'esempio vivo "tutto ciò che legheremo in terra sarà legato anche in cielo" e l'importanza della preghiera comunitaria "se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà"...siamo membra dello stesso corpo, aiutaci Signore ad essere sempre vigili contro il peccato e vivi nel manifestare la nostra fede.

sabato 6 settembre 2008

Il Figlio dell'uomo è il signore del sabato

Luca 6,1-5
Un giorno di sabato, Gesù passava attraverso campi di grano e i suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani. Alcuni farisei dissero: “Perché fate ciò che non è permesso di sabato?”. Gesù rispose: “Allora non avete mai letto ciò che fece Davide, quando ebbe fame lui e i suoi compagni? Come entrò nella casa di Dio, prese i pani dell’offerta, ne mangiò e ne diede ai suoi compagni, sebbene non fosse lecito mangiarli se non ai soli sacerdoti?”. E diceva loro: “Il Figlio dell’uomo è signore del sabato”.


Il figlio dell'uomo è il Signore del sabato" è colui venuto in mezzo a noi non per cancellare la legge ma per portarla a compimento. Gesù non vuole che la nostra esteriorità, il nostro legame con i precetti vadano a sfavore dell'interiorità e dell'amore verso Lui, che viene solo dal cuore e dall'aderire pienamente alla sua Parola. L'amore in Cristo ha priorità che spesso scavalcano i tanti precetti che affannosamente ci impegniamo di compiere lasciando la nostra anima in mano al vuoto e al buio. Le Sue priorità interessano il nostro lato interiore, la salvezza della nostra anima, l'appartenere a Lui e, dopo, manifestare tutto ciò con i precetti, compiuti in piena adesione e con la luce nel cuore. Aiutaci Gesù a vivere di te ed a non sentenziare sugli atteggiamenti altrui ma iniziare una seria introspezione per ritrovarti nei nostri cuori

martedì 2 settembre 2008

Sei venuto a rovinarci Gesù Nazareno?


Luca 4, 31-37
In quel tempo, Gesù discese a Cafarnao, una città della Galilea, e il sabato ammaestrava la gente. Rimanevano colpiti dal suo insegnamento, perché parlava con autorità. Nella sinagoga c’era un uomo con un demonio immondo e cominciò a gridare forte: “Basta! Che abbiamo a che fare con te, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? So bene chi sei: il Santo di Dio!”. Gesù gli intimò: “Taci, esci da costui!”. E il demonio, gettatolo a terra in mezzo alla gente, uscì da lui, senza fargli alcun male. Tutti furono presi da paura e si dicevano l’un l’altro: “Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti immondi ed essi se ne vanno?”. E si diffondeva la fama di lui in tutta la regione.

Davanti agli “effetti speciali” nessuno resiste; noi uomini siamo legati al nostro mondo fisico e accettiamo positivamente un prodigio, come quello dell’uomo indemoniato del Vangelo di oggi, per avallare ciò che invece dovrebbe essere ben chiaro: Dio è grande. Non possiamo costantemente cercare il miracolo perché la nostra fede non può essere alimentata soltanto da esso ma deve nascere dall’amore , dal voler vivere di Lui. La gente di Cafarnao rimaneva colpita dall’insegnamento di Gesù perché parlava con autorità, un’autorità ben diversa da quella che si intende di solito, priva di arroganza e di presunzione e carica d’amore e di speranza. L’autorità che ha Gesù è la sua volontà di ricondurci al Padre, e gli è stata donata dal Padre stesso con lo Spirito Santo, è questo il grande prodigio che deve essere alla base della nostra fede; il suo “linguaggio è insegnato dallo spirito”, ecco perché la sua Parola ha potenza, ecco perché comanda con autorità cosicché anche lo spirito immondo non può far altro che piegarsi alla sua volontà; sa bene che è “Il Santo di Dio” e sa bene che è venuto a rovinare ogni piano del maligno e a liberare i tanti che vivono nelle tenebre. Gesù ci vuole lontani dal male, vuole che la nostra casa non sia il buio ma la luce, la sua luce, quella luce capace di aprirci gli occhi e il cuore e guardare a Lui come l’unico Salvatore e non come colui che è venuto per portare restrizioni e privazioni alla nostra vita libera. Uniformarsi a Cristo è riscoprire la vera bellezza della vita oltre la morte del peccato, e una volta lontani dal peccato stesso è facile accorgersi che la vera vita libera è vivere di Lui, lontani dai lacci che ci hanno stretto fino quasi a soffocare. Signore aiutaci con il Tuo Spirito ad essere sempre più conformi al tuo esempio, donaci il tuo pensiero per conoscere tutto ciò che Dio ci ha donato e tutto ciò che il Padre ha predestinato per noi.

lunedì 1 settembre 2008

Nessun profeta è ben accetto in patria.

Luca 4,16-30
In quel tempo, Gesù si recò a Nazaret, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore”. Poi arrotolò il volume, lo consegnò all’inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui. Allora cominciò a dire: “Oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi”. Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: “Non è il figlio di Giuseppe?”. Ma egli rispose: “Di certo voi mi citerete il proverbio: Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao, fallo anche qui, nella tua patria!”. Poi aggiunse: “Nessun profeta è bene accetto in patria. Vi dico anche: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova in Sarepta di Sidóne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo, ma nessuno di loro fu risanato se non Naaman, il Siro”. All’udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno; si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio. Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò.

La nostra fede deve essere basata sulla sapienza divina e non su quella umana. S. Paolo oggi lo ricorda nella sua lettera ai Corinzi e Gesù stesso trasmette questo messaggio alla sua gente, alla gente della sua patria che, “pieni di sdegno” per il discorso del Maestro cerca di buttarlo dal precipizio, di cacciarlo. Sono sdegnati di fronte a tanto amore. Loro, testimoni diretti dell’avverarsi della profezia di Isaia non riconoscono in colui che legge il rotolo al tempio il Cristo, il soggetto della profezia stessa, il salvatore e figlio di Dio. Per il loro modo di vedere le cose, Gesù rimane il figlio di Giuseppe, per loro, che parlano ed agiscono secondo una sapienza prettamente umana, è soltanto un figlio di falegname. Da dove potrà mai provenire tutta questa sapienza? Non comprendono e non conoscono la grande potenza della Sapienza di Dio che riesce a trasformare e ad innalzare. Lo stesso S. Paolo lo conferma “non sono venuto ad annunziarvi la testimonianza di Dio con sublimità di parola… io venni in debolezza”, a lui è bastato parlare tenendo salda nel cuore la Croce di Cristo e, con l’esperienza del conoscerla ed incarnarla, la sua debolezza è stata trasformata in grandezza; con la sapienza di Dio è divenuto l’apostolo per eccellenza. “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista.” Le parole del profeta trovano compimento in Gesù e in chiunque, come anche in Paolo, rimane folgorato dall’immenso amore di Dio. Ciascuno di noi è chiamato ad incarnare questa profezia e divenire apostolo, testimone, con le parole e i fatti, del Cristo e della Parola portatrice di salvezza, l’unica vera salvezza. Vieni Spirito Santo manda a noi dal cielo un raggio della tua luce, accompagnaci nel nostro cammino e guidaci alla meta sperata: compiere la volontà di Dio.

domenica 31 agosto 2008

Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso.

Matteo 16,21-27
In quel tempo, Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni».

"La Vita". Per Gesù la vita non ha niente a che vedere con tutto ciò che noi chiamiamo vita. La nostra esistenza carica e satura di cose da fare, di appuntamenti, di riunioni, di guadagni e spese sempre nuove da sostenere. Una vita dove non è ammesso niente, non è lecito fermarsi, pensare e non è concesso più soffrire. Ci siamo dimenticati la Croce e il suo vero significato e, quando una sofferenza si affaccia nel nostro lieto orizzonte, imploriamo Dio, come Pietro, affinchè "ciò non accadrà mai". Gesù ammonisce Pietro e ammonisce anche noi che continuiamo a pensare secondo gli uomini e non secondo Dio, rimprovera il nostro legame assurdo con tutto ciò che c'è di terreno a danno della vera Vita, quella eterna "acquistabile" solo rinnegando se stessi e tutto ciò che secondo noi era vita. Solo così, vivendo sotto la sua luce, sarà possibile abbracciare ogni Croce tranquilli de fatto che non saremo mai soli in questo viaggio. Signore aiutaci a rinnegare quotidianamente tutto ciò che ci allontana da te, donaci la forza di riscoprire in ogni Croce lo strumento essenziale, la chiave che aprirà le porte per l'eterna gloria.

sabato 30 agosto 2008

Sei stato fedele nel poco: prendi parte alla gioia del tuo padrone.

Matteo 25,14-30
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: “Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque. Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due. Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; per paura andai a nascondere il talento sotterra: ecco qui il tuo. Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.


"Per paura andai a nascondere..." è la stessa paura che ci trasforma spesso in cristiani "passivi", la paura che ci auto convince d'essere inadatti, di non avere le capacità, di non essere all'altezza di testimoniare, la stessa paura che oscura il nostro essere Figli di Dio. La lettera di S. Paolo ai Corinzi da forza a questa nostra debolezza, cancella ogni nostra paura e ci fa scoprire l'immenso amore di Dio che ha puntato proprio sulle nostre debolezze per confondere i forti. Con il battesimo il Padrone ha dato a ciascuno di noi un talento d'immenso valore, ci ha donato il privilegio di essere suoi figli e con esso l'impegno costante di far fruttare, con le nostre azioni e il nostro vivere, questo grande tesoro, lasciando da parte la paura ed essere disposti a rischiare tutto, sacrificando anche la vita, sotto la misericordiosa bontà del Padre. Solo così sarà possibile prendere parte della gioia del Padrone e condividere con Lui la beatitudine eterna. Aiutaci Signore a superare ogni ostacolo ed incertezza per buttarci a capofitto nella via che tu hai predestinato per ciascuno di noi.

venerdì 29 agosto 2008

Voglio che tu mi dia subito su un vassoio la testa di Giovanni il Battista

Marco 6,17-29
In quel tempo, Erode aveva fatto arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodiade, moglie di suo fratello Filippo, che egli aveva sposata. Giovanni diceva a Erode: “Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello”. Per questo Erodiade gli portava rancore e avrebbe voluto farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo giusto e santo, e vigilava su di lui; e anche se nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri. Venne però il giorno propizio, quando Erode per il suo compleanno fece un banchetto per i grandi della sua corte, gli ufficiali e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodiade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla ragazza: “Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò”. E le fece questo giuramento: “Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno”. La ragazza uscì e disse alla madre: “Che cosa devo chiedere?”. Quella rispose: “La testa di Giovanni il Battista”. Ed entrata di corsa dal re fece la richiesta dicendo: “Voglio che tu mi dia subito su un vassoio la testa di Giovanni il Battista”. Il re ne fu rattristato; tuttavia, a motivo del giuramento e dei commensali, non volle opporle un rifiuto. E subito mandò una guardia con l’ordine che gli fosse portata la testa . La guardia andò, lo decapitò in prigione e portò la testa su un vassoio, la diede alla ragazza e la ragazza la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputa la cosa, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.


Preferiamo sempre più spesso uccidere la Verità, nasconderla per non fare i conti con ciò che realmente siamo. Guardiamola in faccia la Verità, ascoltiamola, non ha senso odiarla perchè è parte di noi, è ciò che dovremmo essere, è la giusta faccia della nostra medaglia, la nostra vita. Aiutaci Signore a non avere mai paura o ripensamenti nel cercarla, solo la tua mano, la tua misericordia e il tuo amore potranno aiutarci a conseguirla e viverla.

mercoledì 27 agosto 2008

Siete simili a sepolcri imbiancati ma pieni di ossa di morti.

Matteo 23,27-32
In quel tempo, Gesù parlò dicendo: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che rassomigliate a sepolcri imbiancati: essi all’esterno son belli a vedersi, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putridume. Così anche voi apparite giusti all’esterno davanti agli uomini, ma dentro siete pieni d’ipocrisia e d’iniquità. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che innalzate i sepolcri ai profeti e adornate le tombe dei giusti, e dite: Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non ci saremmo associati a loro per versare il sangue dei profeti; e così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli degli uccisori dei profeti. Ebbene, colmate la misura dei vostri padri!”.


Quanto è reale il paragone che fa Gesù in questo passo paragonandoci a dei sepolcri lucidi ma carichi di morte. Perchè è la morte che regna nei nostri cuori, la morte data dal vivere tutta la nostra vita allo scopo di apparire e di condannare chi si comporta, secondo noi, in modo errato. Mai che volgiamo lo sguardo al nostro cuore, mai un'analisi del nostro essere, mai un tentativo di abbandonare le luci dell'esteriorità per abbracciare la luce dell'Essere... Suoi figli e vivere secondo i suoi precetti. Aiutaci Tu o Signore a mettere le nostre vite nelle tue mani, donaci coerenza, umiltà e fede sincera, donaci la tua Pace.

lunedì 25 agosto 2008

Guai a voi, guide cieche.


Matteo 23,13-22
In quel tempo, Gesù parlò dicendo: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini; perché così voi non vi entrate, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrarci. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo proselito e, ottenutolo, lo rendete figlio della Geenna il doppio di voi. Guai a voi, guide cieche, che dite: Se si giura per il tempio non vale, ma se si giura per l’oro del tempio si è obbligati. Stolti e ciechi: che cosa è più grande, l’oro o il tempio che rende sacro l’oro? E dite ancora: Se si giura per l’altare non vale, ma se si giura per l’offerta che vi sta sopra, si resta obbligati. Ciechi! Che cosa è più grande, l’offerta o l’altare che rende sacra l’offerta? Ebbene, chi giura per l’altare, giura per l’altare e per quanto vi sta sopra; e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che l’abita. E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso”.


Senza Dio non siamo niente, senza la sua forza, il suo aiuto di noi non esisterebbe un nulla! Stiamo attenti quando cerchiamo o ci sentiamo arrivati ai suoi stessi livelli nel cercare di primeggiare quando invece il Posto d'Onore spetta solo a Lui. Grazie Signore perchè ci hai resi utili sotto l'opera delle tue mani.

sabato 23 agosto 2008

Dicono e non fanno


Matteo 23,1-12
In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: “Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno. Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro filatteri e allungano le frange; amano posti d’onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare ‘‘rabbì’’ dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare ‘‘rabbì’’, perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate nessuno ‘‘padre’’ sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo. E non fatevi chiamare ‘‘maestri’’, perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo. Il più grande tra voi sia vostro servo; chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato”.

Gesù oggi ci invita ad essere coerenti con ciò che diciamo, a non sforzarci solo di piacere agli altri e di apparire ma di impegnarci ad essere ciò che siamo: Figli di Dio, tutti fratelli. Non c'è gerarchia ne gradini tra di noi, uno solo è il Maestro, il Padre, e tutti siamo chiamati a servirlo mettendoci al servizio del prossimo. O Signore tu conosci i segreti dei nostri cuori e tu solo sei capace di modellarli e di renderli puri, pronti ad amare con umiltà e coerenza.

giovedì 21 agosto 2008

Amico, come hai potuto entrare qui senz’abito nuziale?

Matteo 22,1-14
In quel tempo, Gesù riprese a parlare in parabole ai capi dei sacerdoti e agli anziani e disse: “Il regno dei cieli è simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non vollero venire. Di nuovo mandò altri servi a dire: Ecco ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e miei animali ingrassati sono già macellati e tutto è pronto; venite alle nozze. Ma costoro non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò e, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. E disse ai suoi servi: Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze. Usciti nelle strade, quei servi raccolsero quanti ne trovarono, buoni e cattivi, e la sala si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e, scorto un tale che non indossava l’abito nuziale, gli disse: Amico, come hai potuto entrare qui senz’abito nuziale? Ed egli ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti”.

Là sarà pianto e stridore di denti! Molto spesso questa frase compare nei brani del Vangelo, potrebbe destare terrore e paura, colgo, invece, in essa un semplice ma grande avvertimento, carico di amore; un’esortazione chiara a non farci trovare mai impreparati iniziando da subito il cammino che ci libererà da questo pianto e dalla dannazione eterna. Tante volte Gesù ci rivolge chiaramente il suo invito, ma noi altrettante volte riprendiamo la vita di sempre “andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari” non curandoci minimamente del privilegio che ci viene offerto nel sedere alla sua mensa. Abbiamo di meglio da fare, dobbiamo rincorrere senza sosta tutto ciò che di inutile c’è nella vita, dobbiamo costantemente complicare la nostra esistenza per non dover fare i conti con la semplicità e con la voce della nostra anima. Mi chiedo dove sta la paura? Il messaggio è chiaro come chiaro è l’invito a sedere e gioire, perché tanta tristezza? Perché nonostante tutto siamo titubanti nell’indossare “l’abito nuziale?” La misericordia di Dio è gioia, letizia, dobbiamo essere grati a Lui che con Gesù Cristo ci dona quotidianamente la possibilità di essere invitati al banchetto; chiediamo al Padre di rafforzare la nostra fede, di purificare il nostro cuore per esser degni di partecipare alla mensa celeste. Aiutaci o Signore a non abbandonare mai quell’abito che indossiamo dal giorno del battesimo: essere tuoi figli è gioire in te, con te e per te…

giovedì 7 agosto 2008

Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa

Matteo 16,13-23
In quel tempo, essendo giunto nella regione di Cesarea di Filippo, Gesù chiese ai suoi discepoli: “La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?”. Risposero: “Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti”. Disse loro: “Voi chi dite che io sia?”. Rispose Simon Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. E Gesù: “Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terrà sarà sciolto nei cieli”. Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo. Da allora Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno. Ma Pietro lo trasse in disparte e cominciò a protestare dicendo: “Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai”. Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: “Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!”.


Chi è per noi Gesù? Certamente, come Pietro, siamo convinti che lui è il Cristo, il figlio del Dio vivente, ma è altrettanto vero che ci viene difficile accettare in pieno il suo esempio. Pietro, infatti, non vuole accogliere la Croce di Cristo e la sua morte allo scopo di redimere il mondo intero, perchè vuole bene al maestro e non vorrebbe nessuna pena o sofferenza per lui; ma la volontà del Padre è diversa dalla nostra “tu non pensi secondo Dio ma secondo gli uomini” e questo Gesù lo sa, tanto da non provare mai esitazione nel compierla. Il sentimento di Pietro è il medesimo che alberga nei nostri cuori. Siamo cristiani, amiamo Gesù, ma spesso crediamo che la croce sia solo un legno da appendere al muro per avere protezione e benedizione, non vogliamo vedere il suo vero significato e quando il Padre ci chiede di portarla sulle nostre spalle e sulla nostra pelle cerchiamo subito la prima scorciatoia, perché in questa vita non si deve soffrire ne patire, perché, per noi, la sofferenza è uguale alla sconfitta, quando invece, basterebbe voltarsi a guardare ogni singolo crocifisso appeso ai nostri muri per contemplare la grandezza che sta dietro la sofferenza. Senza Croce non ci sarebbe stata risurrezione e senza risurrezione saremmo stati immersi nelle tenebre e nella morte. Grazie Gesù perché con la tua Parola e con il tuo esempio ci guidi e ci sproni continuamente ad andare avanti senza mai abbatterci. Aiuta chi soffre, non permettere mai che la sfiducia di noi umani prevalga sulla tua luce, insegnaci a sperare e a vivere di te.

mercoledì 6 agosto 2008

Il suo volto brillò come il sole

Matteo 17,1-9
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

"Alzatevi e non temete" I discepoli alla presenza di Dio si prostrano mostrando la loro umiltà e miseria di uomini, ma Gesù, venuto per innalzare chi conserva gelosamente queste virtù,si pone da tramite tra noi poveri esseri e il Padre facendoci comprendere che è tramite Lui "il figlio, l'Amato"anche noi siamo stati innalzati ad essere tali, figli del Padre. Sul monte Tabor Gesù si rivela per quello che è: Generato dalla stessa sostanza del Padre si è incarnato assumendo la nostra natura umana per essere un "collegamento" eterno tra noi e Dio Padre; in presenza dei discepoli Lui abbandona ogni fisicità divenendo "Immagine del Dio invisibile" mostrando quel volto che "brillò come il sole", un volto che tutti vorremmo contemplare in eterno. Basta poco per trasformare questo condizionale in un futuro certo, il Padre stesso ci da l'indicazione giusta "Ascoltatelo", ed è ascoltandolo che sarà possibile salire su quel monte e scendere totalmente cambiati, uniti in tutto e per tutto con quell'Amore che ci ha resi liberi dal peccato e figli di Dio. Signore aiutaci a combattere l'egoismo che spesso ci vuole unici destinatari della Tua trasfigurazione, insegnaci a scendere dal monte e condividere con i fratelli la Tua natura divina e la tua immensa misericordia.

martedì 5 agosto 2008

Non quello che entra nella bocca rende impuro l’uomo, ma quello che esce dalla sua bocca

Matteo 15,1-2.10-14
In quel tempo, vennero a Gesù da Gerusalemme alcuni farisei e alcuni scribi e gli dissero: “Perché i tuoi discepoli trasgrediscono la tradizione degli antichi? Poiché non si lavano le mani quando prendono cibo!”. Poi, riunita la folla, Gesù disse: “Ascoltate e intendete! Non quello che entra nella bocca rende impuro l’uomo, ma quello che esce dalla bocca rende impuro l’uomo!” Allora i discepoli gli si accostarono per dirgli: “Sai che i farisei si sono scandalizzati nel sentire queste parole?”. Ed egli rispose: “Ogni pianta che non è stata piantata dal mio Padre celeste sarà sradicata. Lasciateli! Sono ciechi e guide di ciechi. E quando un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso!

Quando siamo ciechi facilmente ci lasciamo guidare da falsi profeti e da finte certezze che, inevitabilmente, ci portano in un fosso. Ci riduciamo ad essere che si accontentano di sopravvivere invece di vivere, facilmente inquinabili e contaminabili da tutte le sozzure che ci circondano. Al contrario quando i nostri occhi sono "aperti" quando la nostra vista è stata illuminata dalla Vera Luce nessun elemento esterno potrà mai distruggere quello che siamo. Io ne sono convinto, è un concetto che porto sempre avanti perchè quello che Siamo lo siamo ovunque, sia in mezzo al bene che in mezzo al male, anzi è proprio in mezzo alla sporcizia dei nostri giorni che siamo chiamati a tenere alta la nostra "purezza" dell'essere discepoli di Cristo, non possiamo rimanere ciechi anche noi nei confronti di tutto ciò che sta devastando la nostra realtà. Lasciamoci guidare dalla croce di Gesù, cosicché anche noi, per riflesso, diveniamo guide sicure capaci di salvare dal "fosso" tanti disperati che oramai hanno smesso di credere in tutto. Signore aiutami a rendere puro il mio cuore e tutto ciò che, del suo battere, uscirà dalla mia bocca, dacci la forza di brillare tra il buio di questa quotidianità per portare sotto la tua croce tanti assetati di verità e pace.

domenica 3 agosto 2008

Tutti mangiarono a sazietà

Matteo 14,13-21
In quel tempo, avendo udito , Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui». E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.

Gesù ha compassione per quelli che lo seguono, per quelli che in coda percorrono la sua via. "Guarì i loro malati" e senza dubbio guarirà tutte le nostre infermità se solo lo rendiamo costante presenza della nostra vita. Con lui accanto non c'è bisogno d'altro ed oggi, con questo passo del vangelo, e con la liturgia della parola in generale, comprendiamo che non è impossibile vivere di Lui, "di ogni parola che esce dalla bocca di Dio". Ovviamente tutto può sembrare un paradosso ma non lo è perchè vivere solo di Lui è essere liberi da ogni schiavitù che attanaglia la nostra vita, vivere di Lui è riuscire a fare a meno del superfluo oramai divenuto indispensabile. Riscoprire la Sua presenza per essere risanati nel cuore e nello spirito e vivere secondo la Sua Parola: "una è la cosa di cui c'è bisogno". Donaci Signore la capacità di comprendere tutto ciò perchè, aiutati dal tuo amore, smettiamo di affannarci per cose vane per iniziare a meditare e incarnare la tua Parola di vita eterna.

venerdì 1 agosto 2008

Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria

Matteo 13,54-58
In quel tempo, Gesù, venuto nella sua patria, insegnava nella sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: “Da dove mai viene a costui questa sapienza e questi miracoli? Non è egli forse il figlio del carpentiere? Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle non sono tutte fra noi? Da dove gli vengono dunque tutte queste cose?”. E si scandalizzavano per causa sua. Ma Gesù disse loro: “Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua”. E non fece molti miracoli a causa della loro incredulità.


L'incredulità che governa il nostro cuore parte dalla diffidenza e dal non riconoscere Gesù come nostro Signore. La nostra fede è frivola, debole e molte volte cade vittima di pregiudizi e conclusioni prive di verità cariche di invidia ed ignoranza. Oggi voglio pensare e pregare per i nostri sacerdoti giudicati in modo sbagliato. Spesso la loro figura è oggetto di critiche. Gesù aiutaci a vedere in loro la tua sapienza e a perdonare le loro possibili debolezze considerandole lecite perchè è lecito dell'uomo esser debole, aiutaci a scoprire il loro la grandezza della tua Sapienza.

mercoledì 30 luglio 2008

Vende tutti i suoi averi e compra quel campo.



Mt 13,44-46
In quel tempo, Gesù disse alla folla: “Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra”.


La Parola di Dio è una perla preziosa, è un tesoro ritrovato è la luce che illumina ed oscura tutto il resto, facendone perdere il valore. Spesso ignorata lasciamo che passi dai nostri orecchi senza che lasci alcuna traccia nel nostro cuore e nella nostra vita, considerandola “portatrice” di restrizioni e regole che impediscono di godere la vita. La parola di Dio è liberazione, dalle nostre schiavitù, dalla nostra routine e, per il fatto stesso che oscura tutto ciò che credevamo prezioso, ci rende liberi ed orientati verso l’unica cosa che conta: ascoltarla e viverla. Così chi fa l’esperienza di comprenderla non può vivere senza quel cambiamento, chi trova il tesoro inevitabilmente si prodiga per custodirlo nel migliore dei modi. Come chi trova un tesoro in un terreno o chi scopre una perla preziosa, chi s’imbatte in un grande tesoro smette di elemosinare, di sudare ed inizia a godersi i benefici del possederlo, così chi scopre la potenza della Parola di Dio vende tutto ciò che ha, abbandona il peccato e l’affezione ad esso, lascia la strada che erroneamente stava percorrendo, smette di elemosinare felicità per incanalarsi nella via che lo condurrà alla Vera Felicità, nel Regno dei Cieli, attuando tutto ciò che, dalla Parola, è possibile incarnare.

martedì 29 luglio 2008

Il regno dei cieli è come un granellino di senapa...

Matteo 13,31-35
In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola: “Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami”. Un’altra parabola disse loro: “Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti”. Tutte queste cose Gesù disse alla folla in parabole e non parlava ad essa se non in parabole, perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta: “Aprirò la mia bocca in parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo”.



Quando mi avvicinai al Tuo mistero mi sentivo come mi sento oggi e come continuerò a sentirmi sempre: Piccolo. Un seme minuscolo che, se piantato bene e irrigato con l'Acqua della Tua parola, potrebbe diventare un albero. Ho messo nelle Tue mani il seme della mia Vita, un seme lasciato tanto tempo a dimora, un seme che si è risvegliato sotto la pressante e misericordiosa azione del tuo Amore. Possa la tua Parole essere lievito per la mia vita, aiutami rafforzando la mia fede.

Marta tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose.

Luca 10,38-42
In quel tempo, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa. Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; Marta invece era tutta presa dai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse: “Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti”. Ma Gesù le rispose: “Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta”.
Quando all'improvviso sembra che niente intorno a noi rimane, quando ogni nostra certezza sfuma e lascia il posto ad un vuoto incolmabile è l'inizio della Vera vita. Ora siamo ai piedi di Gesù, capaci e assetati di sentire e comprendere la Sua Parola. Ci ha liberati dalla condizione di "schiavitù" che ci voleva totalmente impegnati nella costruzione dei nostri tanti castelli di sabbia nella riedificazione di tutti i nostri insuccessi. Ora Qualcuno ha voluto renderci partecipi della salvezza, ha sfiorato il nostro cuore liberandolo dalle "molte cose" indirizzandolo verso "la sola cosa di cui c'è bisogno": credere in Gesù, credere che lui è il Cristo, nostro salvatore.

lunedì 28 luglio 2008

Il regno dei cieli è come un granellino di senapa...

Matteo 13,31-35
In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola: “Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami”. Un’altra parabola disse loro: “Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti”. Tutte queste cose Gesù disse alla folla in parabole e non parlava ad essa se non in parabole, perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta: “Aprirò la mia bocca in parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo”.

Quando mi avvicinai al Tuo mistero mi sentivo come mi sento oggi e come continuerò a sentirmi sempre: Piccolo. Un seme minuscolo che, se piantato bene e irrigato con l'Acqua della Tua parola, potrebbe diventare un albero. Ho messo nelle Tue mani il seme della mia Vita, un seme lasciato tanto tempo a dimora, un seme che si è risvegliato sotto la pressante e misericordiosa azione del tuo Amore. Possa la tua Parole essere lievito per la mia vita, aiutami rafforzando la mia fede.

domenica 27 luglio 2008

Vende tutti i suoi averi e compra quel campo

Matteo 13,44-52
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».

Avete compreso tutte queste cose? Comprendere le parabole significa essere convertiti a Cristo, comprendere la sua parola è lasciarsi permeare dal suo amore, riuscendo ad assorbire ogni messaggio e, come lo scriba divenuto discepolo,essere in grado di ricavarne ogni giorno cose nuove. Ecco dove sta il nostro tesoro, ecco dove bisogna cercare per trovare la ricchezza. Gesù lo spiega con le parabole mettendo in primo piano il Grande Tesoro che è custodito per noi: il regno dei cieli. Un tesoro che vale più di ogni altro, più di quello nascosto nel campo, più di ogni perla preziosa perchè in esso sono racchiusi i tesori interminabili e luminosi della vita eterna. Custodirlo, amarlo, coltivarlo significa volerlo possedere, abbiamo una vita intera per riuscire a meritarlo, abbiamo a disposizione il nostro cuore e la nostra fede per riuscire a incastonare l'Amore di Dio al primo posto nella scala dei nostri averi: Il regno dei Cieli ci appartiene nella misura in cui siamo capaci di conquistarlo. Quando verranno glia angeli a mietere il grano e la zizzania e quando separeranno i buoni dai cattivi, non facciamoci trovare impreparati, non dimori in noi nessun sentimento di odio, tristezza, invidia, ma la nostra vita sia un continuo desiderare la Sua presenza imitandone i gesti e incarnando la Sua Parola.

venerdì 25 luglio 2008

Non sono venuto per essere servito ma per servire.

Matteo 20,20-28
In quel tempo, si avvicinò a Gesù la madre dei figli di Zebedeo con i suoi figli, e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: “Che cosa vuoi?”. Gli rispose: “Di’ che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno”. Rispose Gesù: “Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?”. Gli dicono: “Lo possiamo”. Ed egli soggiunse: “Il mio calice lo berrete; però non sta a me concedere che vi sediate alla mia destra o alla mia sinistra, ma è per coloro per i quali è stato preparato dal Padre mio”. Gli altri dieci, udito questo, si sdegnarono con i due fratelli; ma Gesù, chiamatili a sé, disse: “I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere. Non così dovrà essere tra voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo; appunto come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti”.

"Voi non sapete quello che chiedete" non ci è lecito domandare qualsiasi cosa al Padre perchè la Sua volontà non è la nostra e nemmeno può essere guidata dalle nostre richieste. Tutto è già stato stabilito "è stato preparato dal Padre" non spetta a noi scegliere la destinazione eterna, possiamo sperare e pregare, uniformandoci totalmente al figlio nelle opere e nei pensieri, e, gustando il suo calice, assaporare le primizie del regno dei cieli. Il timore di Dio deve insegnarci ad assopire le nostre richieste chiedendo al Padre un'unica grande opera: Si compia in me la Tua volontà!

giovedì 24 luglio 2008

A voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato

Matteo 13,10-17
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli e gli dissero: “Perché parli loro in parabole?”. Egli rispose: “Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Così a chi ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. Per questo parlo loro in parabole: perché pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non comprendono. E così si adempie per loro la profezia di Isaia che dice: “Voi udrete, ma non comprenderete, guarderete, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo si è indurito, son diventati duri di orecchi, e hanno chiuso gli occhi, per non vedere con gli occhi, non sentire con gli orecchi e non intendere con il cuore e convertirsi, e io li risani”. Ma beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono. In verità vi dico: molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, e non l’udirono!”.


Perchè parli in parabole? Gesù parla in codice ed usa un linguaggio che, se pur identico per tutti gli orecchi, è per ciascuno differente perchè differente è la natura del nostro cuore. Il "codice segreto" viene utilizzato affinché il messaggio, che ci sta dietro ogni singola Parola, vada dritto al cuore ma ad un cuore che non sia arido, cieco, sordo. Un cuore aperto è un cuore puro, un cuore umile al quale è dato il privilegio di conoscere i misteri del regno dei cieli, anche se di mistero si tratta la nostra conoscenza sta nella fede che il Padre ci dona. Ripenso a quante volte ho udito la Sua Parola pur non comprendendola e quante volte ho guardato le sue opere pur non ritrovando nella loro grandezza l'Amore di chi le ha create. Eppure adesso non ho studiato, non ho appreso chissà quale tecnica speciale: ho semplicemente aperto il mio cuore ed ho lasciato che ogni Sua Parola facesse centro innescando tutto ciò che oggi mi porta a non riuscire più a trascorrere una giornata senza leggerla. Ti rendo grazie perchè hai aperto gli occhi e gli orecchi del mio cuore.

martedì 22 luglio 2008

Donna perchè piangi? Chi cerchi?

Giovanni 20,1.11-18
Nel giorno dopo il sabato, Maria di Magdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand’era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. Maria stava all’esterno vicino al sepolcro e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: “Donna, perché piangi?”. Rispose loro: “Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto”. Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù che stava lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù. Le disse Gesù: “Donna, perché piangi? Chi cerchi?”. Essa, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: “Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo”. Gesù le disse: “Maria!”. Essa allora voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: “Rabbunì!”, che significa: Maestro! Gesù le disse: “Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”. Maria di Magdala andò subito ad annunziare ai discepoli: “Ho visto il Signore” e anche ciò che le aveva detto.
“Perché piangi, chi cerchi?” quando Gesù mi ha rivolto questa domanda provavo sentimenti simili a quelli di Maria di Magdala, come di sconforto e tristezza per qualcosa che ci è stata tolta, una privazione insopportabile. Cristo è la speranza, è la forza che ci spinge a continuare a vivere anche quando, sembra, che niente vada per il verso giusto c’è Lui a consolare e a dare la spinta, e con il suo Spirito, non ci lascerà mai. Lo ha promesso e, come ogni sua promessa, ha mantenuto quanto annunciato perché ancora oggi , come Maddalena, ci stupiamo e gioiamo ogni volta che lui si manifesta a noi e quando, con amore di padre, ci domanda il perché di tanta tristezza e la causa delle nostre tante lacrime: nessuno potrà portarci via il Nostro Signore, nemmeno la morte, anzi, anche quest’ultima è stata trasformata divenendo porta della vita eterna. Non è nel sepolcro che bisogna cercare Cristo ma è magnifico ritrovarlo ogni istante e ogni volta che Lui ci chiama per nome dobbiamo essere in grado di comprendere il messaggio e la missione che ha predisposto per noi. Come Maddalena anche noi siamo chiamati a gridare al mondo intero che è salito dal Padre suo e Padre nostro, Dio suo e Dio nostro ed annunciare con la nostra vita d’aver visto Cristo divenendo noi stessi sua immagine. Solo così potremo smettere di piangere e di cercare, custodendo nel nostro cuore il Nostro Signore.

sabato 19 luglio 2008

Molti lo seguirono ed egli guarì tutti

Matteo 12,14-21

In quel tempo, i farisei, usciti, tennero consiglio contro Gesù per toglierlo di mezzo. Ma Gesù, saputolo, si allontanò di là. Molti lo seguirono ed egli guarì tutti, ordinando loro di non divulgarlo, perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta Isaia: “Ecco il mio servo che io ho scelto; il mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Porrò il mio spirito sopra di lui e annunzierà la giustizia alle genti. Non contenderà, né griderà, né si udrà sulle piazze la sua voce. La canna infranta non spezzerà, non spegnerà il lucignolo fumigante, finché abbia fatto trionfare la giustizia; nel suo nome spereranno le genti


Non griderà! Il servo prediletto è sceso in mezzo a noi per annunziare la giustizia e per compiere la volontà del Padre. Non si è imposto a noi, non ha urlato ma semplicemente ci ha rivolto il suo invito "seguimi". Chi ha accolto la sua parola è stato guarito, chi al contrario ha tenuto consiglio per toglierlo di mezzo ha già deciso la sua fine: "Gesù, saputolo si allontanò di là". In mente mi passano le tante domande di chi, in momenti tristi e devastanti, cerca Gesù, la sua misericordia e il suo amore quando per un'intera vita non hanno fatto altro che ucciderlo e allontanarlo. Per trovare Gesù bisogna cercarlo e volerlo costantemente senza mai perderlo di vista perchè Lui ha misericordia per ognuno di noi e "La canna infranta non spezzerà, non spegnerà il lucignolo fumigante, finché abbia fatto trionfare la giustizia": Spero sul Tuo Nome, accogli la mia Preghiera.

venerdì 18 luglio 2008

Il Figlio dell'uomo è signore del sabato.

Matteo 12,1-8
In quel tempo, Gesù passò tra le messi in giorno di sabato, e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere spighe e le mangiavano. Ciò vedendo, i farisei gli dissero: “Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare in giorno di sabato”. Ed egli rispose: “Non avete letto quello che fece Davide quando ebbe fame insieme ai suoi compagni? Come entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell’offerta, che non era lecito mangiare né a lui né ai suoi compagni, ma solo ai sacerdoti? O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio infrangono il sabato e tuttavia sono senza colpa? Ora io vi dico che qui c’è qualcosa più grande del tempio. Se aveste compreso che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio, non avreste condannato persone senza colpa. Perché il Figlio dell’uomo è signore del sabato”.

Questi farisei estremamente legati alle apparenze tanto quanto distanti dal senso stesso di un gesto. Si stupiscono facilmente quando qualcuno "osa" infrangere la loro routine mostrando un cuore soffocato da paraocchi che non permettono di vedere la vera natura e la vera missione di Cristo. Non è venuto ad abolire la legge ma a completarla, è il Signore del Sabato, colui che vuole misericordia e non sacrificio, che prolungherà la nostra vita aggiungendo ai nostri giorni il Giorno per eccellenza, quello della Salvezza. Ci invita Gesù a saper discernere ogni nostro gesto per far si che ogni nostra azione sia sgombera dall'apparenza e colma d'amore "c’è qualcosa più grande del tempio" molto spesso una buona azione vale più del partecipare passivamente ad una messa, solo per il piacere di presenziare. Ci vuole attivi nelle opere e ancor più nel cuore e nell'incarnare la sua parola.

giovedì 17 luglio 2008

Io vi ristorerò!

Matteo 11,28-30
In quel tempo, Gesù disse: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero”.
"Imparate da me che sono mite ed umile di cuore", ecco la chiave d'accesso, la giusta via per accedere alla pace che ciascuno di noi va cercando. Quella pace che si trova anche se schiacciati da pesi enormi ed eccessivi, una pace data dall'essere in Dio e far dimorare Dio in noi. Quando ci sentiamo stanchi ed oppressi sappiamo a chi rivolgerci, a quel medico che ben accoglie i malati, a colui capace di ristorarci e di rendere il nostro giogo leggero perchè ci sarà lui con la sua Parola di speranza a sostenerlo insieme a noi. La mitezza del cuore e l'umiltà sono due prerogative essenziale per riconoscere in ogni evento e in ogni momento della nostra vita la sua Volontà e la Sua Misericordia, anche quando il peso sembra diventare insopportabile ci deve consolare il fatto che è proprio in quell'istante che la nostra forza aumenta, per sua grazia e per la sua lode.

mercoledì 16 luglio 2008

Hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli

Matteo 11,25-27
In quel tempo, Gesù disse: “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te. Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare”.


Un amore immenso lega il Padre con il Figlio, una fiducia sconfinata che ha portato il Padre a rivelare tutto il mistero della sua grandezza al Figlio. Se penso che questa grande rivelazione è avvenuta al fine di rendere noi stessi suoi figli non posso che prostrarmi dinanzi alla misericordia divina e pregare affinché io stesso riesca a ricambiare, con i miei limiti, questo amore che non è rimasto nascosto di fronte al mio continuo tentativo di rimanere piccolo. Grazie perché mi è stato dato il dono di vedere e ritrovare nella Croce l’unica salvezza che viene dalla Parola di Dio e l’unica via sicura per giungere al Padre.

martedì 15 luglio 2008

Guai a te!


Matteo 11,20-24
In quel tempo, Gesù si mise a rimproverare le città nelle quali aveva compiuto il maggior numero di miracoli, perché non si erano convertite: “Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsaida. Perché, se a Tiro e a Sidóne fossero stati compiuti i miracoli che sono stati fatti in mezzo a voi, già da tempo avrebbero fatto penitenza, ravvolte nel cilicio e nella cenere. Ebbene io ve lo dico: Tiro e Sidóne nel giorno del giudizio avranno una sorte meno dura della vostra. E tu, Cafarnao, ‘‘sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai!’’. Perché, se in Sodoma fossero avvenuti i miracoli compiuti in te, oggi ancora essa esisterebbe! Ebbene io vi dico: Nel giorno del giudizio avrà una sorte meno dura della tua!”.


Il miracolo o qualsiasi altro gesto che Gesù compie nei nostri riguardi non è mai fine a se stesso. Anche quando ci mette alla prova con situazioni che, ai nostri occhi sono "punizioni" Lui vuole comunicarci qualcosa, ed opera al fine di indicarci la giusta via. Guai a chi si mostra freddo e insensibile di fronte all'opera di Dio e guai a chi rifiuta di ascoltare e incarnare la sua parola, ha già deciso il proprio destino e la propria condanna. Nel giorno del giudizio saremo pesati con la stessa misura con la quale abbiamo pesato, e la misericordia che abbiamo mostrato sarà di ugual misura a quella che il giudice supremo avrà nei nostri riguardi. Oggi Gesù mostra il suo amore per noi, come sempre, e scuote la nostra condotta al fine di svegliare in noi la capacità di comprendere e avvertire la Sua presenza, la Sua opera in noi.

lunedì 14 luglio 2008

Non sono venuto a portare pace,ma una spada.


Matteo 10,34-11,1
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare ‘‘il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera: e i nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa’’. Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà. Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto. E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa”. Quando Gesù ebbe terminato di dare queste istruzioni ai suoi dodici discepoli, partì di là per insegnare e predicare nelle loro città.

“Non crediate che io sia venuto a portare pace, ma una spada” . Una frase, questa, che può destare meraviglia, Gesù col suo messaggio d’amore, di comunione non è venuto a portare la pace ma a separare? Non dimentichiamo che al principio di tutto ci sta un grande amore che lega Lui a noi suo gregge e quindi tutto concorre alla nostra salvezza. La spada è simbolo di salvezza perché dividerà e libererà la nostra esistenza dalle false illusioni, dalle false aspirazioni, Gesù è venuto a distruggere la pace che ci siamo costruiti perché è un surrogato, totalmente distante della vera pace, quella data dall’essere in Lui e Lui in noi. Amarlo più di ogni altra cosa, più di una madre, più di un padre e di un figlio perché Lui è l’artefice di tutto e senza il suo amore non avremmo mai sperimentato tutti gli altri sentimenti ai quali oggi ci aggrappiamo disperatamente dimenticandoci dell’origine di tutto, sentimenti veri, ma che spesso sfumano e spariscono lasciando in cuore amarezza e sfiducia. L’amore per Gesù non potrà mai finire e con esso la consolazione e la pace che ne derivano, vivere per Lui è dire addio alla nostra vita per ritrovarne un’altra degna davvero d’esser vissuta alla luce della sua Parola unica “spada” capace di rendere giustizia, separando tutto ciò che di buono c’è in noi dal marcio che pesantemente lo soffoca. O signore possa la tua Parola colpire il nostro cuore renderlo legato agli affetti terreni ma eternamente unito all’amore che mai tramonterà, rendici degni di te, di portare la nostra croce sapendo che ci sarai sempre tu a sorreggerla nei momenti di fatica e sfinimento. “io sono tuo: salvami, perché ho cercato il tuo volere.”

domenica 13 luglio 2008

Beati i vostri occhi perchè vedono e i vostri orecchi perchè ascoltano

Matteo 13,1-23
Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice:
“Udrete, sì, ma non comprenderete,guarderete, sì, ma non vedrete.
Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,
sono diventati duri di orecchie hanno chiuso gli occhi,
perché non vedano con gli occhi,
non ascoltino con gli orecchie non comprendano con il cuore
e non si convertano e io li guarisca!”.
Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».

"Perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono", non è ammessa distrazione o superficialità quando facciamo esperienza con la Parola. Gesù oggi è chiaro e vuole esserlo a tutti i costi, tanto che sale in barca per avere tutta la folla dinanzi ed in modo che tutti possano udire ciò che Lui ha da dire. C'è enorme differenza tra l'udire e ascoltare e quindi comprende, la stessa che ci sta tra guardare e vedere, cambiano i gli organi sensoriali, cambia il modo di assimilare ciò che abbiamo intorno, ciò che ascoltiamo. Gesù, utilizzando le parabole, vuole, assolutamente, che la sua Parola non venga recepita come un insieme di suoni e di lettere, ma che sia quel seme caduto sul terreno buono e datore di frutto. Non tutti siamo capaci di comprendere e non perchè non abbiamo l'intelligenza dovuta, qui non è questione di potenzialità dell'intelletto ma tutto gira intorno al nostro cuore, alla sua semplicità, alla sua umiltà e alla capacità che abbiamo noi di far pulizia,eliminando rovi, sassi, e tutto ciò che ostacola l'attecchimento del Seme di vita eterna. La Parola di Dio deve dimorare in noi, non va solo letta e ascoltata, deve germogliare nei nostri gesti e dare frutto con le nostre azioni e con la nostra vita, solo così sarà "dato anche a noi di conoscere i misteri del regno dei Cieli". Signore aiutaci a rendere il nostro cuore un terreno adatto alla semina e alla crescita del tuo seme, per compiere così la tua volontà e gioire insieme dei frutti che tu farai fiorire dalla nostra umile vita.

sabato 12 luglio 2008

Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo.

Matteo 10,24-33
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Un discepolo non è da più del maestro, né un servo da più del suo padrone; è sufficiente per il discepolo essere come il suo maestro e per il servo come il suo padrone. Se hanno chiamato Beelzebul il padrone di casa, quanto più i suoi familiari! Non li temete dunque, poiché non c’è nulla di nascosto che non debba esser svelato, e di segreto che non debba essere manifestato. Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio predicatelo sui tetti. E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l’anima e il corpo nella Geenna. Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia. Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati; non abbiate dunque timore: voi valete più di molti passeri! Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli”.


Quante cure riserviamo a questo corpo, forse troppe se si pensa che bastasse solo tenerlo in salute e custodirlo. Invece si va sempre oltre e del corpo si fa ciò che si vuole dimenticandosi totalmente dell'anima! Ci viene spontaneo, quando succede qualche fatto di cronaca, dire "quell'uomo è senz'anima" ma noi abbiamo un anima? Ci prendiamo cura di essa? Le diamo il giusto nutrimento, sostentamento, cibo? Gesù ci mette in guardia da questo invitandoci a non dare troppa importanza al corpo, pur rispettandolo, ma a dare priorità all'anima che sarà la parte di noi che mai perirà, sarà la nostra "identità" una volta giunti sul luogo del giudizio. E' così semplice curarla, basta davvero poco, niente creme, niente lifting, ne stiramenti vari, occorre semplicemente nutrirla con "l'elisir" di lunga vita che è La Parola di Dio. Curando la nostra anima in questo modo tutto verrà spontaneo ed ogni nostro gesto, ispirato dall'amore di Dio, avrà come scopo la sua gloria e la nostra salvezza. Non dobbiamo avere paura ad abbandonare qualcosa di fisico per dedicare tempo alla nostra anima, affidiamola alla mani del Signore, Lui saprà risanarla e ricondurla sulla giusta via.

venerdì 11 luglio 2008

Salmo 114 (116,1-9)

Amo il Signore perché ascolta
il grido della mia preghiera.
Verso di me ha teso l'orecchio
nel giorno in cui lo invocavo.
Mi stringevano funi di morte,
ero preso nei lacci degli inferi.
Mi opprimevano tristezza e angoscia
e ho invocato il nome del Signore:
"Ti prego, Signore, salvami".
Buono e giusto è il Signore,
il nostro Dio è misericordioso.
Il Signore protegge gli umili:
ero misero ed egli mi ha salvato.
Ritorna, anima mia, alla tua pace,
poiché il Signore ti ha beneficato;
egli mi ha sottratto dalla morte,
ha liberato i miei occhi dalle lacrime,
ha preservato i miei piedi dalla caduta.
Camminerò alla presenza del Signore
sulla terra dei viventi.
Quelle sere ho invocato il tuo nome, tormentato dalla tristezza e dall'angoscia, mi hai dato aiuto e mi hai portato dove sono ora. In Pace è l'anima mia lontana dai peccati che l'avevano imprigionata, in pace è l'anima mia in attesa di sapere su quale strada incamminarsi per rimanere alla presenza del Signore.

Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto.

Giovanni 15,1-8
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli”.


“Senza di me non potete far nulla”, comprendo pienamente questa espressione perché ho sperimentato e attestato personalmente il fatto che da soli, noi, non siamo niente. Quando il Padre ha iniziato l’opera di potatura credevo che di me non sarebbero rimasti che brandelli privi di vita, quando man mano ogni certezza faceva largo alla miseria e la forza si tramutava in debolezza non immaginavo minimamente di poter rinascere, non credevo che dall’oscurità era possibile ricavare luce, una luce che pian piano aumenta d’intensità nel rispetto dei nostri poveri occhi abituati ormai al buio pesto. Il vignaiolo ha cura della vite e vuole che ogni suo singolo tralcio cresca conforme alla pianta che lo ha generato e che lo sostenta. Davvero un onore, erroneamente scambiato per onere, quello di appartenere ed essere germogli di questa immensa vite! E’ un onore sapere che, affidati alle sue mani, i nostri frutti saranno benedetti dalla sua volontà e comprendere che ogni prova e ogni sofferenza concorrono alla nostra perfezione ai suoi occhi. Il vignaiolo, liberandoci dai peccati, libera la nostra corteccia da tutti i parassiti che logorano la nostra struttura, destabilizzandola e rendendo, così, difficoltosa ogni fioritura, i peccati, infatti, sono la principale causa della nostra cecità, il vivere per essi ci tiene lontani dalla vera comprensione della “Parola che vi ho annunziato”. E pensare che è grazie a questa Parola che siamo stati mondati, alla Parola che si è incarnata allo scopo di tradurre a livelli comprensibili, anche per i più ottusi, il grande Amore di Colui che ci vuole rinati a vita nuova., quella stessa parola che spesso ignoriamo, che preferiamo non comprendere convinti che sia riservata solo ed esclusivamente a determinate persone. Per Grazia divina non occorre essere dotti o sapienti per aprire il cuore alla comprensione “ti rendo grazie Padre perché hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli” basta semplicemente rendersi conto dell’infinito amore che lega la vite ai suoi tralci e la dedizione con la quale si cura di essi. Gesù non ci vuole sterili rami secchi destinati al rogo, ma ci vuole portatori di frutti, generati dalla nostra opera in comunione con la sua parole, rimanendo in lui ed essere suoi discepoli in nome del suo amore. “Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi, rimanete nel mio amore”, ecco il segreto per fare della nostra vita un’esistenza degna d’esser chiamata “vita” , rimanere nel suo amore per gustare costantemente la sua presenza con l’azione dello Spirito Santo che ci aiuta a vivere dei suoi comandamenti, liberi da tutto ciò che intralcia e offusca, totalmente affidati alle mani del vignaiolo , alla sua Parola, al suo Amore, alla sua Volontà, divenendo tralci carichi frutti a lode e gloria del suo nome. Signore aiutaci a rimanere in te e fa che le tue parole rimangano in noi per poter così chiedere “quel che volete e vi sarà dato”: vivere per sempre attaccati alla Vite della vita eterna.

giovedì 10 luglio 2008

Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date.


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Andate, predicate che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demoni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro, né argento, né moneta di rame nelle vostre cinture, né bisaccia da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché l’operaio ha diritto al suo nutrimento. In qualunque città o villaggio entriate, fatevi indicare se vi sia qualche persona degna, e lì rimanete fino alla vostra partenza. Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne sarà degna, la vostra pace scenda sopra di essa; ma se non ne sarà degna, la vostra pace ritorni a voi. Se qualcuno poi non vi accoglierà e non darà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dai vostri piedi. In verità vi dico, nel giorno del giudizio il paese di Sodoma e Gomorra avrà una sorte più sopportabile di quella città”.
(Matteo 10,7-15)


“Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” Gesù manda i dodici raccomandando loro di non avere altra preoccupazione se non quella di mettere in circolo la sua Parola e predicarla in comunione con chi è disposto ad ascoltarla. Questi operai lavorano nella sua messe e non hanno bisogno di nessuna ricompensa, “né oro, né argento, né moneta di rame”, ci penserà il Padrone a dar loro il Vero nutrimento, il pane di vita eterna lo stesso pane che loro sono chiamati a spezzare in nome di chi li ha mandati. Entreranno nelle città rivolgendo il saluto e portando la pace di cui sono custodi con la speranza che la loro parola sia ben accetta. Quante volte Gesù entra nelle nostre case, magari sottoforma di sofferenza e noi non siamo in grado di cogliere il messaggio e tutto ciò che sta dietro ad una prova. Non lo accogliamo perché la nostra visione lo vorrebbe come il genio della lampada, pronto a soddisfare ogni nostro desiderio., non comprendendo che siamo noi a dover soddisfare, con le nostre azioni e la nostra vita, i desideri che lui ha riposto in noi. Gesù desidera che ognuno di noi sia disposto a seguirlo, non solo a parole, mettendo nelle sue mani il nostro cuore e tutta la nostra vita. Solo così la nostra sorte, nel giorno del giudizio, potrà essere diversa da quella della città che non ha accolto la sua parola e solo ascoltando i suoi insegnamenti potremo liberarci da tutto ciò che ci opprime e soffoca.: quante cose inutili appesantiscono le nostre giornate, bisacce, tuniche, bastoni di cui potremmo fare a meno se solo ci accorgessimo del soave giogo che lui ha preparato per noi!! Apri i nostri cuori e i nostri occhi alla visione limpida e chiara della strada che hai spianato per noi, accompagnaci, guidaci e al traguardo rimani con noi.

mercoledì 9 luglio 2008

Li inviò dopo averli istruiti

In quel tempo, chiamati a sé i dodici discepoli, Gesù diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e d’infermità. I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea, suo fratello; Giacomo di Zebedeo e Giovanni suo fratello, Filippo e Bartolomeo, Tommaso e Matteo il pubblicano, Giacomo di Alfeo e Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, che poi lo tradì. Questi dodici Gesù li inviò dopo averli così istruiti: “Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. E strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino”.
(Matteo 10,1-7)

Mi piace pensare che nell'elenco dei dodici nomi ci sia scritto anche il nostro, e così è se pensiamo che giornalmente Lui ci chiama; ci ammaestra con la sua parola e ci vuole suoi inviati pronti e vivi nel proclamare "predicare che il regno dei cieli è vicino", ogni pecora smarrita dovrà trovare in noi l'immagine di colui che ci ha inviati la ragione per cambiar vita e avviarsi con noi verso quella strada che porta alla beatitudine eterna. O signore aiutaci ad essere tuo degni discepoli, se ci hai scelti hai visto in noi potenzialità che senza la tua sapienza rischiano di spegnersi. Illuminaci e guidaci.

martedì 8 luglio 2008

La messe è molta, ma gli operai sono pochi

In quel tempo, presentarono a Gesù un muto indemoniato. Scacciato il demonio, quel muto cominciò a parlare e la folla presa da stupore diceva: “Non si è mai vista una cosa simile in Israele!”. Ma i farisei dicevano: “Egli scaccia i demoni per opera del principe dei demoni”. Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando il vangelo del regno e curando ogni malattia e infermità. Vedendo le folle ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore. Allora disse ai suoi discepoli: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!”
(Matteo 9, 32-38)
Con la stessa compassione Gesù volge il suo sguardo a noi e con il suo amore infinito e misericordioso porge la sua mano affinché il baratro che ci sta inghiottendo non abbia la meglio su noi stessi e sulla nostra vita. Lui ben comprende il momento adatto per intervenire perché, conoscendo il nostro cuore e ogni nostro pensiero, sa cogliere l’attimo e, proprio quando sembra lontanissimo ed irraggiungibile, prendendoci per mano inizia la sua opera “predicando il vangelo del regno, e curando ogni malattia e infermità”. Il nostro cuore è molto malato, affetto da quei mali che, però, Gesù sa curare e cura a chi si prostra a lui con fede; un cuore cieco, muto, atrofizzato, indemoniato va affidato alla sue sapienti mani , alla sua volontà e compiere cosi tutto ciò che ha progettato per esso. Questo misero cuore, stanco, sfinito ha suscitato la compassione di Gesù, che lo visita costantemente, perché ha a cuore il suo destino ed ogni suo singolo battito. Ci invita a pregare per guarire questo malessere, e poter scrutare, così, un cuore nuovo, risanato, ascoltarne la voce, ammirarne il maestoso pulsare e comprendere che ogni nuova attività è rinata sotto una luce nuova. Un cuore guarito dall’amore di Cristo non può continuare a rimanere muto, “quel muto cominciò a parlare “ da questo momento non potrà più limitarsi a pompare solo sangue ma deve dar vita ad opere e sentimenti del tutto conformi alla volontà e alla misericordia di chi lo ha risuscitato. Signore donaci la capacità di interrogare, con sapienza e lucidità, il nostro cuore per scovare ciò che di buono c’è nascosto e supplicarti di sanare ogni parte marcia, solo così possiamo iniziare a servire la tua messe ed essere umili operai illuminati dal tuo amore

lunedì 7 luglio 2008

Figliola la tua fede ti ha guarita


Matteo 9,18-26
In quel tempo, mentre Gesù parlava, giunse uno dei capi che gli si prostrò innanzi e gli disse: “Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano sopra di lei ed essa vivrà”. Alzatosi, Gesù lo seguiva con i suoi discepoli. Ed ecco una donna, che soffriva d’emorragia da dodici anni, gli si accostò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello. Pensava infatti: “Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita”. Gesù, voltatosi, la vide e disse: “Coraggio, figliola, la tua fede ti ha guarita”. E in quell’istante la donna guarì. Arrivato poi Gesù nella casa del capo e veduti i flautisti e la gente in agitazione, disse: “Ritiratevi, perché la fanciulla non è morta, ma dorme”. Quelli si misero a deriderlo. Ma dopo che fu cacciata via la gente egli entrò, le prese la mano e la fanciulla si alzò. E se ne sparse la fama in tutta quella regione.


Avere una fede salda è la chiave che potrà aprirci la porta del regno promesso. La fede che salva la donna dall'emorragia e la fede di un padre che riporta in vita la figlia. Mi domando com'è la nostra fede? Spesso è come la fanciulla del brano apparentemente morta o creduta morta dalla gente che ci sta intorno perchè non viviamo esplicitamente e concretamente la Parola. La nostra fede non può essere fatta solo di nozioni ma deve essere costantemente curata, arricchita, per divenire un miracolo quotidiano agli occhi di tutti. Occorre fidarsi di Gesù e confidare in Lui, la sua volontà sarà la nostra pace, la sua parola l'unico esempio da seguire per rinascere e svegliarsi da quel sonno che costantemente ci destabilizza.

sabato 5 luglio 2008

Gli amici possono forse essere in lutto mentre lo sposo è con loro?

In quel tempo, si accostarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: “Perché, mentre noi e i farisei digiuniamo, i tuoi discepoli non digiunano?”. E Gesù disse loro: “Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro? Verranno però i giorni quando lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno. Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo squarcia il vestito e si fa uno strappo peggiore. Né si mette vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si rompono gli otri e il vino si versa e gli otri van perduti. Ma si mette vino nuovo in otri nuovi, e così l’uno e gli altri si conservano”.
(Matteo 9,14-17)

Stanotte riflettevo sul nostro essere Contenitori miseri, piccoli, finiti, la nostra presunta grandezza si perde nel nostro limite fisico. Quando, però, facciamo esperienza di Cristo, ci accostiamo allo sposo, anche se non cambia la nostra natura e piccolezza la nostra potenzialità assume una forma che non conosce confine perchè interamente ispirata e sostenuta dall'amore in Lui. Il vangelo di oggi ci descrive questa metamorfosi, i discepoli rinascono a vita nuova, diventano contenitori "otri" nuovi assetati di quel "vino" nuovo e in nome di questo amore entrano in comunione "e così l'uno e gli altri si conservano". Gesù ci invita a nozze, vuole che finiamo di rattoppare la nostra vita con false felicità e gioie illusorie, occorre cambiare vita "lo sposo è con noi" e dobbiamo gioire solo di questo, abbandonando, al momento, digiuni e tristezze, e riempire noi stessi di quella ricchezza che proviene solo dalla sua Parola e Presenza. Approfittiamone per quando lui non ci sarà, quando poi dovremo fare i conti con l'aridità, solo “facendo il pieno” sarà possibile sopravvivere al deserto e ritrovare, con la luce che portiamo dentro, la sua presenza costante. O Signore riempi il mio cuore con il tuo amore, rendilo capace di amarti e di riconoscerti costantemente, nei momenti di sconforto aiutami a splendere con la tua luce, rendimi Nuovo, e capace di custodirti.

giovedì 3 luglio 2008

Mio Signore e mio Dio!


Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Didimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri discepoli: “Abbiamo visto il Signore!”. Ma egli disse loro: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò”. Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. Poi disse a Tommaso: “Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!”. Rispose Tommaso: “Mio Signore e mio Dio!”. Gesù gli disse: “Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!”.
(Giovanni 20,24-29)

"Beati quelli che pur non avendo visto crederanno", Siamo beati, quindi, perchè crediamo nel mistero della fede che oggi ci porta ad essere chiamati cristiani. Ma l'incredulità di San Tommaso accompagna e regna anche nel nostro pensare perchè siamo sempre in cerca di quei "segni" che possano affermare e dare veridicità alla nostra fede. Quale segno potrà mai essere più evidente della Croce stessa? "Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato" grazie ai segni della croce Tommaso crede e sono questi i segni che portano noi credenti ad avere sempre una fede rinnovata e che non conosce crisi. Beato è Tommaso che crede a differenza di molti che pur avendo visto e comprendendo la grandezza di Dio non credono! Aiutaci Gesù con la tua Croce, mantieni sempre viva la nostra fede.

mercoledì 2 luglio 2008

Sei venuto qui prima del tempo a tormentarci?

In quel tempo, essendo Gesù giunto all’altra riva del mare di Tiberiade, nel paese dei Gadareni, due indemoniati, uscendo dai sepolcri, gli vennero incontro; erano tanto furiosi che nessuno poteva più passare per quella strada. Cominciarono a gridare: “Che cosa abbiamo noi in comune con te, Figlio di Dio? Sei venuto qui prima del tempo a tormentarci?”. A qualche distanza da loro c’era una numerosa mandria di porci a pascolare; e i demoni presero a scongiurarlo dicendo: “Se ci scacci, mandaci in quella mandria”. Egli disse loro: “Andate!”. Ed essi, usciti dai corpi degli uomini, entrarono in quelli dei porci: ed ecco tutta la mandria si precipitò dal dirupo nel mare e perì nei flutti. I mandriani allora fuggirono ed entrati in città raccontarono ogni cosa e il fatto degli indemoniati. Tutta la città allora uscì incontro a Gesù e, vistolo, lo pregarono che si allontanasse dal loro territorio.
(Matteo 8,28-34)
“Tutta la città allora uscì incontro a Gesù lo pregarono che si allontanasse dal loro territorio”. Quando il volere di Dio è in disaccordo con il nostro difficilmente riusciamo ad accettare e a vivere la sua azione come un’esperienza di liberazione. I demoni, che possedevano i corpi dei due uomini, e i Gadareni lo percepiscono come un tormento, come una disgrazia giunto al loro cospetto solo per portare disordine. Molte volte ci rapportiamo così con la fede, vivendo tutto come un obbligo da assolvere, come un peso, quello di un Dio che ci vuole tutti per se e distaccati dai piaceri della vita. Niente di più sbagliato, il rapporto con Dio è di per se un piacere della vita, tutte le privazioni sono solo una liberazione, un continuo esorcismo che ha lo scopo di liberarci da tutti i demoni che orbitano attorno al nostro cuore. Siamo talmente concentrati a fare altro e ad occuparci del lavoro, del successo, della fama e del potere che nemmeno ci accorgiamo che la nostra esistenza è diventata un sepolcro; “furiosi” attacchiamo, anche senza un perché, chi si appresta a passare per la nostra strada e cosi anche chi si Degna di visitare la nostra vita. Furiosi lo siamo anche con Dio quando non accorda ciò che vogliamo, quando cambia il corso dei nostri progetti, quando blocca la nostra corsa, quando fa perire la nostra mandria nei flutti del mare, perché in Lui vediamo l’ostacolo, il “guastafeste”, scavando, così, inesorabilmente la tomba che accoglierà la nostra misera esistenza. Gli indemoniati, a differenza del resto della città, però, riconoscono la sua potenza e comprendono che, non avendo niente in comune, Gesù riesce ad avvicinarsi a loro perché su di loro ha il potere, puoi liberarli, può scacciare i demoni e riportare in vita quei corpi posseduti, può “prima del tempo” illuminare e riportare sulla retta via chi si apre alla sua misericordia. Hanno, cos’, timore e “presero a scongiurarlo” di avere pietà di loro; Gesù li mette in condizione, dopo aver manifestato loro la sua grandezza, di decidere, e i demoni di fronte a tanta potenza fuggono decidendo di perire. Quante volte Lui si avvicina a noi e quante volte noi preferiamo fuggire non riuscendo a cogliere tutto ciò che è venuto a donarci. Per comprendere il messaggio è necessario entrare in comunione, sperimentare il suo amore e prendere atto della sua immensa misericordia. Così diventerà una gioia liberarsi da ogni zavorra e da tutto ciò che ci procurava piacere, riscoprendo man mano che il vero piacere sta nel farne a meno. Il Signore ci colpisce per sanarci, ogni privazione porta con se un messaggio che deve avvicinarci ancor più a Lui e al suo mistero. Usciamo dai sepolcri che con cura estrema ci siamo edificati, riconosciamo in Lui ogni potere fidandoci della sua opra che ha come scopo la nostra liberazione. È inutile fuggire preferendo perire, facciamoci plasmare dalle sue mani e dalla sua volontà ed avere in comune con Gesù l’essere figli dello stesso Padre.

martedì 1 luglio 2008

Chi è mai costui al quale i venti e il mare obbediscono?


In quel tempo, essendo Gesù salito su una barca, i suoi discepoli lo seguirono. Ed ecco scatenarsi nel mare una tempesta così violenta che la barca era ricoperta dalle onde; ed egli dormiva. Allora, accostatisi a lui, lo svegliarono dicendo: “Salvaci, Signore, siamo perduti!”. Ed egli disse loro: “Perché avete paura, uomini di poca fede?”. Quindi levatosi, sgridò i venti e il mare e si fece una grande bonaccia. I presenti furono presi da stupore e dicevano: “Chi è mai costui al quale i venti e il mare obbediscono?”
(Matteo 8,23-27)

Noi siamo barche in balia delle onde o della monotonia di un mare troppo calmo, vivere la vita è come essere a bordo di una barca, è intraprendere una traversata verso qualsiasi luogo, qualsiasi meta dove approdare e vivere felici. Molto spesso vaghiamo senza orientamento e senza fiducia alcuna ritrovandoci, magari, arenati su appuntiti scogli o ancor peggio naufraghi in una realtà che non ci appartiene vittime di una felicità finta e fugace. “Essendo Gesù salito su una barca, i suoi discepoli lo seguirono” la barca di Gesù è ben diversa da tutte quelle che giornalmente variamo noi, la sua barca, la sua vita, la sua esistenza è ben ancorata su un sostegno solido che darà protezione in ogni circostanza. Gesù sale sulla barca, vive la sua vita sapendo chiaramente la meta da raggiungere, senza dubbi ne esitazioni, senza onde ne pericoli. Lui si addormenta perché totalmente affidato alle mani del Padre, non si preoccupa della tempesta violenta che sta per scatenarsi perché la sua ancora lo proteggerà da qualsiasi insidia. Noi questo non lo comprendiamo perché a priori affidiamo la nostra navigazione al caso, ci sentiamo padroni del timone reclamando costantemente il diritto sull’imbarcazione e sulla destinazione da prendere. Non badiamo minimamente al disegno divino e alla rotta che Lui ha sapientemente deciso per noi, siamo ciechi anche di fronte ad un qualsiasi faro, un avviso che ci indichi di cambiare vita. Ed ecco che occorre una tempesta, un’onda che ricopra tutta la barca per renderci consapevoli della nostra piccolezza e miseria, solo in quel momento gridiamo a squarcia gola “Salvaci, Signore, siamo perduti!”, solo quando ogni nostra forza è sormontata ci ricordiamo d chi può davvero cambiare il destino della nostra barca. Come sarebbe bello poter navigare senza preoccupazione alcuna, a tratti addormentarsi facendoci cullare dall’armonia di un’esistenza totalmente affidata alla sua volontà, certamente nessun vento e nessuna tempesta potrebbero mettere in discussione la nostra fede e la direzione della nostra traversata. Preghiamo il Signore di sgridare i venti che agitano la nostra esistenza e quietare le acque che impediscono il nostro viaggio, donaci una fede eternamente salda alla Tua Croce: unica ancora di salvezza.