sabato 13 settembre 2008

Perché mi chiamate: Signore, Signore, e poi non fate ciò che dico?

Luca 6,43-49
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Non c’è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male, perché la bocca parla dalla pienezza del cuore. Perché mi chiamate: Signore, Signore, e poi non fate ciò che dico? Chi viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi è simile: è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sopra la roccia. Venuta la piena, il fiume irruppe contro quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene. Chi invece ascolta e non mette in pratica, è simile a un uomo che ha costruito una casa sulla terra, senza fondamenta. Il fiume la investì e subito crollò; e la rovina di quella casa fu grande”.
Non si può Ascoltare la Parola con superficialità e lasciare agli atteggiamenti il compito di impersonare la nostra fede. L'esteriorità non serve a nulla se non a costruirci castelli di sabbia e false certezze; bisogna puntare al tesoro che è dentro di noi, al suo valore e alla sua potenzialità e chiedere al Signore di custodirlo ed insegnarci a proteggerlo gelosamente. Lui guarda i nostri frutti che sono diversi dai nostri atteggiamenti e dalle nostre azioni meccaniche, Lui guarda la purezza del cuore ed in ogni suo battito Vuole trovarci quell'amore che ci lega, quella forza che permette ogni battito, che aiuta a continuare a vivere. Per non essere abbattuti dalle mille intemperie che minacciano la nostra esistenza è fondamentale aggrapparci all'unica Roccia ed Ancora di salvezza chiedendo al Padre di donarci un cuore puro, umile e una fede salda.

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