martedì 11 novembre 2008

Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare

Luca 17,7-10
In quel tempo, Gesù disse: "Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà quando rientra dal campo: Vieni subito e mettiti a tavola? Non gli dirà piuttosto: Preparami da mangiare, rimboccati la veste e servimi, finché io abbia mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai anche tu? Si riterrà obbligato verso il suo servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare".


“Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”. Si potrebbe benissimo invertire il senso di questa frase “Siamo servi utili, ma non riusciamo a compiere quanto dovuto” ed affermare esattamente ciò che siamo convinti di essere. Ed è proprio vero che nell’utilità che noi stessi ci riconosciamo poniamo il limite di ogni nostra opera e nel crederci perfetti seppelliamo ogni possibilità di migliorare e crescere. Ormai non può esistere l’antico rapporto che c’era tra padrone e servo, i tempi e i sentimenti sono cambiati e tutti ci sentiamo in diritto di chiedere e di esigere non riuscendo più nemmeno a servire noi stessi, figuriamoci chi ci sta accanto. L’umiltà è stata sommersa, e chi con fatica tenta di difenderla o di mantenerla nella propria condotta e nel vivere quotidiano è destinato ad essere schiacciato, emarginato perché ritenuto perdente in una società di grandi vincitori. L’essere servo viene concepito in modo del tutto errato, nessuno credo sogni mai di fare il servo perché tutti puntiamo a cariche ben più alte, accecati dal luccichio di false mete perdendo di vista la Meta più luminosa che possa esistere, tanto luminosa da non poter esser vista dagli occhi ma scrutabile solo col cuore, che se umile, riesce a guardare oltre ogni limite umano. L’umile vede tutto ciò, l’umile scruta la Luce e non si abbaglia perché comprende la sua intensità, la sua forza e sa come muoversi, sa come raggiungerla e accogliendola si sottomette, divenendo servo, inutile, mettendosi in gioco con la sua vita stessa e sacrificandola se necessario, senza vantare alcun diritto, memore del grande dovere di servire, rinnegando “l’empietà e i desideri mondani, e di vivere con sobrietà, giustizia e pietà” . Quella luce è Cristo che ci chiama quotidianamente a sottometterci a lui e divenire servi della sua causa senza mai ricercare nessun profitto ne gloria personale ed essere, si perdenti tra gli uomini, ma vincitori nel suo nome. L’essere stati scelti e chiamati è la grande consolazione, la gratificazione che ci deve spingere a cambiare necessariamente atteggiamento ed iniziare a “camminare per via integra” perché solo così si diventerà sui servitori. Molto facile a dirsi con le parole, come sempre la difficoltà sta nel convertire tutto nei fatti, nella vita che ciascuno di noi vive, egoisticamente e sempre alla ricerca di diritti, di interessi e di guadagno. Tutto per noi è mercato, barattiamo i sentimenti, le amicizie e quasi sempre, con spontaneità, con il baratto ci confrontiamo anche con il Padre. Così se Lui da qualcosa, noi siamo disposti ad offrire altrettanto e le stesse nostre opere finiscono per divenire merce di scambio, con un suo valore, un suo peso, e ben misurate a seconda di quanto offerto, opere che mai si diversificheranno dall’essere materiali. Ma davvero crediamo che Dio possa accontentarsi del nostro oro o del nostro denaro? Davvero siamo convinti che basta una carta di credito per acquistare un posto nella sua casa? Davvero chiediamo di possedere un degno contraccambio da schierare di fronte al Suo amore? “Non a prezzo di cose corruttibili, come oro e argento, siete stati salvati”, Il Padre si accontenta di qualcosa di più semplice, ma che per lui vale tanto, non sa che farsene dei nostri tesori perché aspira a possedere un tesoro molto più grande spesso ritenuto da noi senza valore, Lui vuole noi stessi! Vuole la nostra vita, ci vuole servi pronti a portare a compimento tutto il lavoro senza mai mormorare ma operando con la speranza di giungere un giorno alla Sua presenza e chiedergli, non una liquidazione o le ferie dovute, ma di sedere alla sua mensa ora che “Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”. Riconosciamoci profondamente debitori dinanzi al Signore, debitori di quell’amore che Lui ci ha donato con Cristo e che ci porterà a seguirlo ed inevitabilmente a servirlo amandolo; amare Cristo è servirlo perché nel riconoscerlo come dono del padre, come prezzo del nostro riscatto, si riconosce anche il suo essere servo, e nell’amare questa sua condizione si è disposti ad incarnarla e divenire noi stessi servi, dono di Dio ai nostri fratelli. Siamo servi inutili nella misura in cui chiediamo una ricompensa diversa da quella già preparata per noi da Colui che si è fatto servo e ci ha serviti fino alla morte in Croce, e siamo utili perché chiamati a costruire già in terra, con fatica, il regno che un giorno abiteremo non per i nostri meriti ma per la grazia e l’amore del Padre.

lunedì 10 novembre 2008

Se sette volte al giorno ti dice: Mi pento, tu gli perdonerai

Luca 17,1-6
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “È inevitabile che avvengano scandali, ma guai a colui per cui avvengono. È meglio per lui che gli sia messa al collo una pietra da mulino e venga gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi! Se un tuo fratello pecca, rimproveralo; ma se si pente, perdonagli. E se pecca sette volte al giorno contro di te e sette volte ti dice: Mi pento, tu gli perdonerai”. Gli apostoli dissero al Signore: “Aumenta la nostra fede!”. Il Signore rispose: “Se aveste fede quanto un granellino di senapa, potreste dire a questo gelso: Sii sradicato e trapiantato nel mare, ed esso vi ascolterebbe”.


"Signore aumenta la nostra fede", quanta è potente la fede, ignoriamo la sua potenza e spesso non ci preoccupiamo di pregare il Padre affinchè continui ad aumentarla sempre più."Se aveste fede quanto un granellino di senapa, potreste dire a questo gelso: Sii sradicato e trapiantato nel mare, ed esso vi ascolterebbe" basta davvero un granello di senapa per riuscire a sradicare il nostro odio, il nostro orgoglio, basta essere come un granello di senapa, il più piccolo dei semi perchè è nei piccoli che Gesù ha riversato tutta la sua attenzione, è nei deboli che lui opera per innalzarli con la sua parola e con ogni sapienza. "State attenti a voi stessi" l'avvertimento è chiaro per chi si permettere di scandalizzare "uno di questi piccoli" addirittura converrebbe esser buttati in mare piuttosto che patire in eterno. La Parola di ogni mi conforta e, spero, dia coraggio ai tanti che, in preda all'angoscia e tribolazioni, si sentono deboli, miseri, ma che ora sanno che dietro a tutte queste sofferenze si cela una forza maestosa, capace di innalzare tutto e di trasformare l'afflizione in gioia "quando sono debole, è allora che sono forte". Compiacciamoci delle nostre debolezze, delle sofferenze patite per Cristo e ringraziamolo della Fede che ci ha donato, quella Fede che ci rende capaci di soffrire e allo stesso modo di gioire di questa sofferenza, perchè soffrire per Lui è una grazia riservata a pochi, conservata per chi sarà capace di morire per vivere in Lui, perdonando tutto a tutti operando il bene allontanando il più possibile il male. Il Perdono è l'unica vera arma capace di sconfiggere il male, il perdono attutisce il colpo e non rimanda al mittente lo stesso colpo ma ne modifica la natura convertendo il male in amore. perdonare in modo incondizionato è un buon esercizio che ci aiuta a liberare il nostro cuore e a renderlo piccolo ma accogliente.

SALMO 89


“Tu fai ritornare l’uomo in polvere perché si sazi al mattino con la tua grazia ed esulti e gioisca per tutti i suoi gironi”

“Tu fai ritornare l’uomo in polvere” e frantumi man mano tutto ciò che l’uomo è stato per far spazio e liberare il suo cuore da ogni vana certezza e condurlo a ciò che sarà. Allo scopo di farlo ritornare, di ricordare lui la sua vera vocazione, riportare alla luce la vera nobile causa che lo ha voluto salvo per opera della Croce, Tu lo colpisci e poi lo risani, lo uccidi, se necessario, perché egli non muoia lontano da Te. Sei buono e gentile anche in questo, nel mostrare il tuo sdegno e nel manifestare “ai tuoi servi la tua opera” affinché non sia distruttiva ma lentamente costruttiva e risanatrice. “Ritornate figli dell’uomo” vuoi un ritorno a ciò che realmente siamo, per rendere grazie alla Sapienza e alla Misericordia che ci hanno messo in condizione di uniformarci all’unico degno di essere Figlio. Ritornate! Ritorniamo alla nostra vera essenza, iniziamo a contare i granelli di polvere che formano la nostra fortezza, creduta inespugnabile, forse così, ritorneremo ad avere timore del Vento che tutto può spazzare. Anche se Lui soffia lento e piega gli steli per poi rialzarli, ha la forza di sradicare, di estirpare anche la più robusta casa e la cinta più solida, quindi cosa mai potrà farne di noi?

“Sono come l’erba che germoglia al mattino” “i loro anni come un soffio” tutta la nostra forza, la nostra sicurezza, sono paragonate all’erba del mattino, fragilissima, tenera, ma pura, incontaminata; due realtà all’apparenza discordanti ma semplicemente in armonia perchè tu hai voluto che così fosse, hai affidato la purezza alla debolezza e alla fragilità, perché nella fragilità sono celate una grande forza e la volontà di ascoltare e di crescere. Spesso, però, anche la fragilità può degenerare e se si trasforma in sfiducia perde la capacità che ha di essere conduttrice della Tua volontà, se la fragilità produce sfiducia in se stessi produrrà anche sfiducia in Colui che ci ha creati, in quella mano che ci ha formati così come siamo, seguendo un suo progetto, un suo disegno perfetto che prima o poi troverà compimento. All’erba del mattino hai donato questa grande possibilità e nelle sue qualità e nelle qualità degli umili hai deposto la chiave per accedere allo scrigno della verità: La Sapienza del Cuore.

Come l’erba ci hai voluti, con gli stessi cicli e le stesse rotazioni, come l’erba siamo rimasti quando non abbiamo voluto accogliere quello che ci hai donato: un’anima, una coscienza e l’intelligenza che ci avrebbero dovuto avvicinare a te, iniziando a germogliare proiettando le nostre foglie e poi i nostri rami verso il cielo, come una scala, da percorrere per raggiungerti. Tu lo sai, però, che il nostro corpo non sempre è orientato verso l’alto, preferisce fissare le proprie radici alla terra, espandere come ad acquistare sicurezza cadendo inesorabilmente sempre più in basso per non risalire più. Le radici si beano dell’oscurità ma noi siamo tuoi figli, figli della luce e per questo ci chiami a vincere il buio, ad allontanarlo dalla nostra vita. Questa è una grande battaglia, è questo il limite da superare per averla vinta anche su se stessi e per accedere, con la chiave in pugno, al regno dove non approdano ne corpo ne qualsiasi altra forza materiale quel regno fatto di luce perenne. Quanto è difficile avere il calco di quella chiave anche se ci doni costantemente la possibilità di possederlo perché tu vuoi la nostra gioia e insieme alle afflizioni ci colmi di conforto, accanto alle tentazioni poni la forza per superarle, e dentro al nostro corpo hai posto un’anima, e non per essere celata da tutto ciò che il nostro corpo è in grado di produrre ma perché sia essa stessa la fonte di ogni nostro gesto, essa stessa, in sintonia con la Forza che la governa, sia la nostra voce e la Tua volontà. Sia l’anima più forte del nostro corpo e ci aiuti a comprendere che lo possediamo per provare e condividere sulla nostra stessa carne le sofferenze fisiche della tua croce, cosicché l’anima stessa ne abbia giovamento, e tutti i dolori, le pene e le afflizioni la spingano sempre più ad unirsi a Te che tutto hai vinto e vivere, alla fine, l’agonia della tua anima per affidarci totalmente alla volontà del Padre.

Ci hai voluto donare un corpo e un’anima perché queste nostre due dimensioni potessero trovare armonia e fondersi in un’unica entità, capace di godere di quell’equilibrio e della lucidità essenziali per comprendere molte cose, per scovare il nobile scopo che si nasconde dietro ogni tua azione, dietro la tua ira. “Perché siamo distrutti dalla tua ira”, ma non c’è niente di distruttivo, tu ti manifesti spesso con impeto perchè ben conosci ogni angolo del nostro cuore e sai benissimo cosa vuoi compiere in noi; in un cumulo di macerie c’è la materia per edificare, tra i calcinacci e la polvere di un’esistenza sbagliata c’è la consapevolezza, grazie al tuo intervento, di poter ricominciare e di doverlo fare traendo forza da quello stesso impeto e riscoprendo dietro il Tuo furore un immenso amore. La tua ira viene in nostro aiuto, viene per salvarci, accompagnata dalla Tua grazia, ci scuote, ci colpisce e ci sana, ci fa rialzare mettendoci in condizione di riconoscere il nostro peccato e valutarlo, elevando l’anima istituendola guida sicura per il nostro corpo.

“Insegnaci a contare i nostri giorni” insegnaci ad utilizzare il metro che tu stesso ci hai consegnato, a valutare cosa è giusto e cosa non lo è, perché ci hai messi in grado di farlo e con il tuo Spirito alimenti quotidianamente questa nostra capacità molto spesso assopita e volutamente dimenticata; con molta facilità contiamo i nostri giorni e con la stessa noncuranza valutiamo le nostre colpe sminuendole e non riconoscendo l’offesa fatta e la mancanza che stanno dietro al peccato. La Sapienza del cuore la si può raggiungere solo così, conoscendo prima se stessi, riconoscendo le debolezze, e pregando costantemente il Signore di saziarci “al mattino con la sua grazia” per esultare e gioire per tutti i nostri giorni ed assaporare già in terra piccoli soffi di eternità, e grandi dosi di Bontà, “la bontà del Signore, nostro Dio”.

“Rafforza per noi l’opera delle nostre mani” perché noi da soli siamo niente e basta poco per perdersi, per vedere il buio nelle afflizioni, la disperazione nella sventura e per sprofondare con la nostra fragilità nei baratro che tu ci poni davanti. “L’opera delle nostre mani rafforza” dona forza alle nostre mani, alle nostre gambe perché saltino senza indugio e aggrappandoci con ogni speranza, superare l’oscurità del vuoto e giungere a Te, unico rifugio per noi.

venerdì 7 novembre 2008

I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce

Luca 16,1-8
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “C’era un uomo ricco che aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: Che è questo che sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non puoi più essere amministratore. L’amministratore disse tra sé: Che farò ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ho forza, mendicare, mi vergogno. So io che cosa fare perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua. Chiamò uno per uno i debitori del padrone e disse al primo: Tu quanto devi al mio padrone? Quello rispose: Cento barili d’olio. Gli disse: Prendi la tua ricevuta, siediti e scrivi subito cinquanta. Poi disse a un altro: Tu quanto devi? Rispose: Cento misure di grano. Gli disse: Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta. Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce”.

“I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce” , i figli della luce hanno conosciuto la Luce, quella vera e come conseguenza hanno abbandonato tutto ciò che li legava al mondo, tutto ciò che di materiale li separava dalla vera Luce. L’amministratore si preoccupa del suo destino “ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione” evidentemente non ha fiducia del suo stesso padrone che, forse, voleva una semplice conversione, voleva che l’attività venisse liberata dagli interessi personali e ridimensionare la gestione degli averi. Noi come gestiamo il nostro patrimonio? Cosa facciamo del tesoro che il nostro Padrone ci ha affidato quando, con il battesimo, ci ha accolti nella sua “proprietà”? Lo sperperiamo, o ancor peggio non ci accorgiamo nemmeno di possedere una potenziale ricchezza. Siamo troppo impegnati a contare altro ed a calcolare altri interessi e non diamo importanza a ciò che effettivamente merita tutto il nostro interesse. “Essi hanno come Dio il loro ventre” S. Paolo lo ricorda ai Filippesi e lo ricorda anche a noi che abbiamo perso ogni fiducia verso quel Padrone, pronti ad accusarlo al primo tentativo di toglierci l’amministrazione,ignorando totalmente la bontà che sta dietro ogni sua azione. Lui ci ama e ci vuole salvi, vuole che il nostro operare sia leale a prescindere del nostro destino e ci vuole pronti nell’amare il prossimo e nel saper perdonare ogni debito senza ricercare nessun beneficio personale, ma a lode del suo Nome. Non dobbiamo avere paura nel ridare al Padrone la gestione dei nostri averi, occorre saper ammettere che non siamo possessori ma semplici usufruttuari, obbligati a curare ciò che abbiamo avuto in prestito ed a mettere in comunione e in condivisione con i fratelli ogni singolo grammo del nostro tesoro. La nostra vita è un dono e spesso nelle nostre mani perde questa peculiarità “tutti intenti alle cosa della terra” ci dimentichiamo totalmente della vocazione alla quale siamo stati chiamati e che ci è stata affidata donandoci alle futilità di ogni giorno. Ecco perché il Padrone ci richiama e ci invita a rendere conto della nostra amministrazione, Lui conosce ogni nostra mossa e sa cosa c’è dietro ogni nostra azione, non possiamo interpretare questo come mancanza di fiducia nei nostri confronti al contrario è una grande e immensa manifestazione d’Amore che vuole ricordare a ciascuno di noi ciò che siamo “buoni amministratori di una multiforme grazia di Dio”. Lui si fida altrimenti non avrebbe affidato ma vuole che tutto si compia nel rispetto del grande comandamento dell’amore rendendo costantemente testimonianza uniformando ciò che siamo con ciò che proclamiamo. Mettiamo a disposizione di tutti la grazia che ci è stata donata dal Padre, deponiamo il nostro egoismo e la nostra disonestà per metterci al servizio di Dio servendo il prossimo: i figli della luce non sono scaltri perché per godere in eterno della Luce non occorre scavalcare nessuno ma al contrario incamminarsi insieme verso la “patria che è nei cieli”.

giovedì 6 novembre 2008

C’è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte

Luca 15,1-10
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano: “Costui riceve i peccatori e mangia con loro”. Allora egli disse loro questa parabola: “Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova? Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta. Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione. O quale donna, se ha dieci dramme e ne perde una, non accende la lucerna e spazza la casa e cerca attentamente finché non la ritrova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, dicendo: Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la dramma che avevo perduta. Così, vi dico, c’è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte”.


Gesù è vicino ai peccatori, ama le pecorelle disorientate e lontane per colpa del peccato tanto da lasciare tutto il resto del gregge per dedicarsi alla ricerca di quelle smarrite. Quando ci sentiamo giunti sull'orlo del precipizio, in preda all'angoscia, alla disperazione, alla sensazione d'aver sbagliato tutto, è li che bisogna girarsi intorno ed aprire il cuore per ascoltare tutto ciò che il Signora ha da dirci. Lui soffre per la nostra lontananza perchè ha preparato per ciascuno di noi un luogo ben diverso da quello in cui viviamo, come il padrone che organizza il banchetto e si rattrista degli invitati assenti così Gesù ha pena di chi volta le spalle e si dirige altrove. Ci cerca, ci vuole salvi e all'improvviso arresta la nostra corsa, tendendoci la Sua mano, la Sua Parola e la Sua Misericordia. O Signore fa che la mia conversione sia vera, pura, totalmente, voluta da Te e da Te guidata e sostenuta: senza di Te noi non siamo nulla! Grazie per averci voluto salvare dal precipizio!

mercoledì 5 novembre 2008

Chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo

Luca 14,25-33
In quel tempo, siccome molta gente andava con lui, Gesù si voltò e disse: “Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo. Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolarne la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento? Per evitare che, se getta le fondamenta e non può finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro. Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda un’ambasceria per la pace. Così chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo”.


“Siccome molta gente andava con lui” e molta è la gente che ancora oggi ammette d’essere cristiana di seguire Cristo pur non essendola concretamente. C’è una strana visione della Croce, spesso la si vede come un simbolo da eliminare, un oggetto da conservare perché ritenuto simbolo di morte, e la si esorcizza nascondendola, nascondendo a noi stessi l’essenza e la grande Verità che deve essere alla base della nostra fede. La Croce è il fulcro, ciò che per molti è la fine di Cristo in realtà è l’inizio, perché in vista della Croce tutto è stato compiuto ed in vista della Croce ciascuno di noi è stato chiamato a percorrere la stessa via, a salire il calvario con addosso la Croce, e con la sofferenza ripercorrere la passione per accedere alla risurrezione eterna. “ Chi non porta la propria croce non può essere mio discepolo” è chiaro il messaggio, ed è chiaro che siamo invitati a condividere la passione per contemplare poi le beatitudini eterne; ma che fine hanno fatto le nostre croci? Non sempre le portiamo con noi, anzi a prima occasione ce ne liberiamo perché ingombranti e scomode, dando ad altri il compito di sorreggerle o ancora abbandonandole a se stesse purchè non siano di intralcio ai nostri progetti. È difficile rinunciare a se stessi, odiare la propria vita e i propri averi, l’uomo ha perso il contatto con tutto ciò che non è materiale e si sofferma a godere, inutilmente, solo di tutto ciò che può toccare atrofizzando inesorabilmente quegli organi capaci di percepire tutta l’immensità incorporea che sta intorno a noi. Il nostro cuore è malato, è insensibile, freddo, il nostro cuore è stato messo a tacere perché a noi piace apparire, piace costruire e progettare senza fare i conti e senza interpellare Dio, l’unico capace di donarci la forza per continuare, l’unico capace di donare la vita. E così, solo quando i nostri disegni, per qualche imprevisto, vengono stravolti ci si accorge dell’esistenza di qualcuno molto più potente della di noi, di una volontà che sovrasta ogni nostra arroganza e di un amore che non trova confine alcuno; occorre essere colpiti perché ci si renda conto che c’è una Persona più importante del proprio padre, della propria madre e della propria vita stessa, una Persona che va messa al centro ed al primo posto perché tutto viene da Lui e tutto ritorna a Lui. Allora non attendiamo tutto ciò, consapevoli d’essere stati scelti come suoi discepoli, incamminiamoci dietro di Lui portando con vanto la nostra croce sicuri del fatto che non saremo mai soli: la sua mano sarà sempre pronta a sorreggere il peso e ad asciugare le nostre lacrime e il sudore delle nostre fatiche

martedì 4 novembre 2008

Nessuno di quegli uomini che erano stati invitati assaggerà la mia cena

Luca 14,15-24
In quel tempo, uno dei commensali disse a Gesù: “Beato chi mangerà il pane nel regno di Dio!”. Gesù rispose: “Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. All’ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: Venite, è pronto. Ma tutti, all’unanimità, cominciarono a scusarsi. Il primo disse: Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego, considerami giustificato. Un altro disse: Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego, considerami giustificato. Un altro disse: Ho preso moglie e perciò non posso venire. Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al padrone. Allora il padrone di casa, irritato, disse al servo: Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui poveri, storpi, ciechi e zoppi. Il servo disse: Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c’è ancora posto. Il padrone allora disse al servo: Esci per le strade e lungo le siepi, spingili a entrare, perché la mia casa si riempia. Perché vi dico: Nessuno di quegli uomini che erano stati invitati assaggerà la mia cena”.

Quante scuse inventiamo a noi stessi ogni volta che ci sentiamo invitati a partecipare al banchetto che Cristo ha preparato per noi? Tante volte, infatti, non andiamo a messa perché presi da mille impegni o perché “devo lavorare” , ogni scusa è buona per declinare il più grande degli Inviti, l’invito che dovrebbe già farci sentire beati per il solo fatto d’averlo ricevuto, ed invece di riconoscere questo privilegio preferiamo proseguire oltre. Tutto ciò può continuare fino a quando la nostra freddezza lo permette, ma quando il nostro cuore si trova in condizioni adatte a percepire la vera natura dell’Invito non c’è scusa che tenga ed anzi le stesse scuse diventano, ora, ostacoli da scavalcare e abbattere pur di partecipare al Banchetto. L’ho provato sulla mia stessa pelle, e se prima il mio lavoro o gli altri impegni erano una scusante per non esserci ora sono divenuti dei macigni che giornalmente devo frantumare per esserci; si resta male quando si è impossibilitati quindi non oso immaginare la tristezza del Padrone che ha preparato per i suoi invitati e non vede giungere nessuno. Ordina ai servi di spingere dentro tutti a sottolineare il suo grande Amore nei nostri confronti e noi continuiamo a fingerci sordi. Siamo affamati ma non saranno le nostre mercanzie a saziarci, solo sedendo alla Mensa eterna sarà possibile cibarsi del pane di Vita! Apriamo il nostro cuore, accogliamo l’invito e il Signore ci aiuti a comprendere che essere “gli invitati” non significa essere “gli eletti”, per giungere a destinazione occorre sedersi a tavola e iniziare una vita nuova. Non allontaniamo Cristo dalla nostra vita l’avvertimento è chiaro “Nessuno di quegli uomini che erano stati invitati assaggerà la mia cena”. Aiutaci Signore a saper dire di Si alla tua voce e alla tua volontà!

lunedì 3 novembre 2008

Quando dai un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti

Luca 14,12-14
In quel tempo, Gesù disse al capo dei farisei che l’aveva invitato: “Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i ricchi vicini, perché anch’essi non ti invitino a loro volta e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando dai un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti”.
L'amore verso i fratelli non ha condizioni, non ha regole che non sia l'unica grande regola: dev'essere un amore incondizionato e senza secondi fini ma con l'unico scopo di rendere gloria al Padre. Nella carità non può esserci guadagno e lo stesso "sentirsi in pace con se stessi" è un atteggiamento sbagliato perchè non possiamo essere noi i beneficiari delle nostre azioni ma tutto si deve compiere allo scopo di gratificare il nostro prossimo. E' difficile, oggigiorno ancora di più, legati come siamo ai nostri egoismi e alla voglia di sopraffare e scavalcare ci viene molto pesante riuscire a mettere davanti il bisogno del nostro prossimo al nostro bisogno; il prossimo viene considerato raramente alla pari di noi ed anzi molto spesso lo vediamo come un subordinato, come un oggetto da utilizzare e da riporre nel cassetto. Le parole di S. Paolo, invece, sottolineano l'importanza della natura del sentimento che deve esserci tra noi e il prossimo "Non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria, ma ognuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Non cerchi ciascuno il proprio interesse, ma piuttosto quello degli altri"... considerare gli altri superiori a noi stessi è un buon esercizio per sviluppare e accrescere la più nobile delle virtù, l'umiltà che ci porterà senza dubbio a considerarci tutti uguali, tutti figli e tutti membri di uno stesso corpo. Occorre spogliarsi di ogni atteggiamento di rivalità e dalla voglia sconsiderata di primeggiare non dimenticando mai che è "gli ultimi saranno i primi" e che è molto difficile accettare d'esserlo, accettare le proprie debolezze ed utilizzarle per essere innalzati. O Signore donaci la capacità di amare e di non desiderare nient'altro che il bene di chi ci sta accanto.

domenica 2 novembre 2008

Chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno

Giovanni 3,37-40
In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».


Noi che abbiamo deciso di aderire al messaggio di Cristo e di far parte della sua Chiesa siamo un dono che il Padre ha dato al Figlio e come tale degni di essere risuscitati nell'ultimo giorno. Ma non basta solo ammetterlo con le parole e durante la recita del Credo, ma credere in Gesù Cristo è vivere per Lui, con Lui, e in Lui, uniformando la nostra condotta alla Sua e riuscendo nel grande comandamento dell'amore, verso il Padre e vorso i nostri fratelli. In questo giorno il pensiero corre e va dritto a tutti i nostri cari defunti, io penso ai tanti che hanno lasciato questa vita con l'amaro in bocca e con l'impossibilità di poter, magari, far pace con qualcuno o dire e sentirsi dire "ti voglio bene". Prego affinchè il Padre conservi loro un posto dove, un giono, poter riabbracciare e vivere per sempre, liberi dagli ostacoli della materia, insieme ai loro cari. Possano, i nostri defunti, essere ammessi a godere della luce del Volto di Cristo e pregarLo per noi che abbiamo tanto bisogno del Suo aiuto e della Sua guida

domenica 26 ottobre 2008

Amerai il Signore Dio tuo ed il tuo prossimo come te stesso

Matteo 22,34-40
In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

"Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti", l'Amore è l'anima del messaggio di Cristo, tutto si basa su questo sentimento che non ha confini e non ha mai fine. Gesù pone come grande comandamento quello di amare il Signore Dio e poi i nostri fratelli ma in fondo vuole che iniziamo ad amare seriamente noi stessi. Amarci significa conoscerci e per conoscerci dobbiamo necessariamente fermare la nostra corsa ed interrogarci per capire ciò di cui abbiamo bisogno e ciò di cui è meglio fare a meno. Ero convinto che amare il prossimo valeva di più che amare me stesso, ci riuscivo anche ad amare gli altri più di me, ma ora comprendo che amarmi significa rendere grazie a Colui che mi ha creato, rispettarmi significa lodare il Padre che mi ha voluto in questo modo, in questo momento ed in questo mondo. Non possiamo continuare a farci del male ed illuderci di vivere un'esistenza degna, non c'è dignità alcuna se siamo lontani dall'Amore, non c'è scopo di vita se accantoniamo questo sentimento per vivere in totale abbandono Dall'Amore scaturisce tutto il resto, "la Legge e i Profeti" ed entrando in comunione si riesce a comprendere e recepire in pieno il Messaggio di Cristo fondato su un Amore che non ha conosciuto e non conosce limite: ci ha amati da peccatori e ci ama ancora oggi e per sempre ci amerà se solo siamo disposti a mettere in circolo questo Amore, donatoci senza averne merito e per questo meritevole d'esser diffuso senza misura e senza guardare in faccia nessuno. Non vige la legge del mercato e del "dare per avere", si ama e basta, incondizionatamente e senza secondo fine che non sia quello di piacere a Lui e di partecipare al Suo disegno divino. O Signore aiutaci ad Amare Te per meglio comprendere noi stessi e rispettare gli altri, nostri fratelli.

venerdì 24 ottobre 2008

Sapete giudicare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo?

Luca 12,54-59
In quel tempo, Gesù diceva alle folle: “Quando vedete una nuvola salire a ponente, subito dite: Viene la pioggia, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: Ci sarà caldo, e così accade. Ipocriti! Sapete giudicare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo? E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto? Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada procura di accordarti con lui, perché non ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all’esecutore e questi ti getti in prigione. Ti assicuro, non ne uscirai finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo”.

“Perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?” Possediamo la misura, quindi, e la possibilità di poter qualificare le nostre azioni e di saper discernere ciò che giusto da ciò che non lo è, e non sappiamo utilizzare o meglio mettere in pratica questa facoltà? Con il battesimo abbiamo ricevuto ciascuno la nostra vocazione entrando a far parte dei figli di Dio “un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti” ed a ciascuno è stata data la conoscenza della Verità e della Giustizia. Sta a noi praticarla e renderla reale ogni attimo della nostra vita, ma ci preoccupiamo, come sempre, di arricchire le nostre conoscenze del mondo fisico interessandoci sempre più al lato materiale della vita senza prestare attenzione a quei segni visibili solo dagli “occhi” del nostro cuore. “Come mai questo tempo non sapete giudicarlo?” le previsioni meteorologiche, infatti, molto spesso condizionano i nostri movimenti, i nostri progetti e trascuriamo totalmente quel Tempo che non ha misura e non può avere previsione alcuna perché affidato alle mani di Colui che tutto può e che stravolge ogni nostra possibile pianificazione. Non sappiamo giudicare questo tempo e non sappiamo riconoscere che è giunto il momento di viverlo, di entrare in questa dimensione fatta di pace, misericordia e di amore, dove siamo una cosa sola, un solo corpo e un solo spirito, uniti dall’amore del Padre che ha dato a ciascuno una grande speranza “quella della vostra vocazione”. Viviamo dunque questo tempo abbandonando tutti gli orologi che condizionano drasticamente il nostro vivere, Dio non ha tempo, la Sua misericordia non potrà mai essere contata ne scandita ed è per questa sua immensa grazia che ci chiama e ci invita a vivere la Sua eternità iniziando a pregustarla già da adesso con il rispetto e l’amore verso il prossimo. Liberiamo il nostro cuore da tutto ciò che è certo e tangibile per abbandonarlo all’incertezza dell’infinito ed alla sicurezza delle Sue mani per approdare così alla meta realizzata per ognuno di noi, dove il giudice ci giudicherà secondo le nostre azioni.

mercoledì 22 ottobre 2008

22 ottobre 2007 - 22 ottobre 2008

Rm 4, 20-25
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani.
Fratelli, della promessa di Dio Abramo non esitò con incredulità, ma si rafforzò nella fede e diede gloria a Dio, pienamente convinto che quanto egli aveva promesso era anche capace di portarlo a compimento. Ecco perché gli fu accreditato come giustizia. E non soltanto per lui è stato scritto che gli fu accreditato come giustizia, ma anche per noi, ai quali sarà egualmente accreditato: a noi che crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù nostro Signore, il quale è stato messo a morte per i nostri peccati ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione.

Lc 12, 13-21

In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, dì a mio fratello che divida con me l'eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». E disse loro: «Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell'abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni». Disse poi una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto. Egli ragionava tra sé: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti? E disse: Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia. Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà? Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio»


Saranno state queste parole, un anno fa, che hanno contribuito a farmi diventare quello che sono oggi? Ad un anno di distanza non credevo affatto di ritrovarmi nello stesso posto, alla stessa ora. Forse l'avrei chiamata coincidenza ma ora, comprendendo la trasformazione che c'è stata, non posso credere alle coincidenze ma credo pienamente nel disegno di Dio e nella sua immensa potenza e misericordia. Un anno fa ero in quella chiesa, mi ci trovavo per puro caso ed ho assistito ad una delle messe più belle e sentite della mia vita; sarà stata la mia prima vera messa, con poca gente e con una cerimonia semplice, ma forse è stata questa atmosfera intima e silenziosa che mi ha fatto scoprire il vero protagonista di una messa: Gesù Cristo, che a braccia perte e le mani trapassate dai miei chiodi, mi attendeva, offrendomi il suo amore ed io, con tutta la mia miseria, non ho resistito alla grandezza di tanta misericordia e non ho esitato ad offrire l'unica cosa che di prezioso avevo, il mio cuore. E' stato un dono spontaneo quasi doveroso, non sapevo come ricambiare tanta gentilezza e tanto calore. Non potevo mettere nel cestino delle offerte monete o banconote di carta, a Lui occorreva ben altro, forse era venuto a riprendersi ciò che gli apparteneva e che per anni era stato, invece, soffocato dal peccato e dal torpore. Abramo non esitò e nemmeno io l'ho fatto cosciente di essere comunque fragile, debole, incostante e peccatore.
Oggi sono tornato nella stessa chiesa, sempre per puro caso, dopo l'invito di due persone speciali! Mi sono ricordato al volo che era il 22 Ottobre, iniziando, così, a ringraziare Dio per l'abilità che ha di tessere trame fantastiche al limite dell'immaginabile. Un anno è trascorso, uno dei più belli della mia vita. Potrei ricordare le tappe cruciali ma forse devo riconoscere la cosa essenziale, il primo grande traguardo: quest'anno mi ha cambiato profondamente. Quello che mi disse il Vangelo "Chi accumula tesori per se non arricchisce davanti a Dio" piano piano si è avverato. L'impoverimento di me stesso, che credevo fosse un lieve esaurimento nervoso, col tempo è divenuto un salutare abbandono di tutte le cose inutili e di ogni certezza che per anni mi avevano allontanato da Cristo. Ogni desiderio sembrava assopito, ogni voglia addormentata, avevo perso l'interesse per tutto ciò che avevo praticato fino ad allora e altri orizzonti si delineavano: scoprivo e assaporavo la vera gioia e gustavo, come seduto comodo in cima al Tabor, lo splendido spettacolo della manifestazione di Cristo nella mia quotidianità. Lo vedevo ovunque, nella natura e di lui mi ricordavo anche nel compiere semplici gesti; come un innamorato che pensa all'amata! Una sensazione splendida era come se niente al mondo più esisteva e molto spesso anche il mondo stesso perdeva la sua importanza. Parlo del mondo in senso figurato, mi riferisco a tutte le cose effimere di cui, a causa nostra, è pieno! E il mio mondo era un mondo a parte fatto di preghiera, meditazione, letture e di messe quotidiane; di corsa andai a comprare una Bibbia iniziando a leggere giorno dopo giorno il passo del vangelo della giornata non perdendo l'occasione di partecipare alla messa, la prima che mi capitava! Oggi sono qua e continuo la mia strada. Non credo ai miei occhi ancora, dato il mio essere spesso incostante, e trovo impressionante la costanza che mi porta ad essere sempre più felice nel compiere tutto ciò. Non è un obbligo ma una necessità. Spero che non venga mai a mancarmi questa sete e fame affinché possa essere sempre vigile e attento nel vegliare e nell'attendere il Padrone. Festeggio così il mio primo anno, non c'era altro modo, ringraziando il Padre che mi ha riaccolto rinnovando in me, con la forza dello Spirito Santo, la Sua presenza e pregando affinché non mi venga mai a mancare il Suo sostentamento perché tutti gli anni che vorrà donarmi siano come questo trascorso e caratterizzati da una continua crescita verso ciò che per me è stato prestabilito per me.

A chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più

Luca 12,39-48
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Sappiate bene questo: se il padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate”. Allora Pietro disse: “Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?”. Il Signore rispose: “Qual è dunque l’amministratore fedele e saggio, che il Signore porrà a capo della sua servitù, per distribuire a tempo debito la razione di cibo? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro. In verità vi dico, lo metterà a capo di tutti i suoi averi. Ma se quel servo dicesse in cuor suo: Il padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà nel giorno in cui meno se l’aspetta e in un’ora che non sa, e lo punirà con rigore, assegnandogli il posto fra gli infedeli. Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più”.

“Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?” Io credo che questa parabola sia per tutti e per i quanti sapranno ricavare il vero senso da ogni discorso del Maestro. Chi ha fatto esperienza del mistero di Cristo è chiamato a viverla perché a lui è stato manifestato il volere del Padre e non potrà cambiare direzione. Ecco perché il servo che, pur conoscendo la volontà del padrone non si è prodigato per compierla, avrà riservato un posto tra gli infedeli perché pur vivendo nella luce ha preferito volgere lo sguardo altrove dando più importanza alla fame fisica piuttosto che sfamare la sua anima. Capita a tutti di inciampare e di non essere sempre pronti e vigili ma una volta conosciuta la grazia di Dio è impossibile non cambiare vita, una volta assaporata la dolcezza del suo amore dove mai sarà possibile trovare di meglio? Quindi è sbagliato illudersi di poter cambiare via, occorre invece impegnarsi a percorrerla con le sue salite e con i suoi ostacoli perché “a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più”. A ciascuno di noi è stato affidato un compito, anche se apparentemente non lo conosciamo e ci scervelliamo nel cercare di comprenderlo; il compito primario, al quale siamo stati chiamati, ce lo ricorda anche S. Paolo, è “partecipare alla stessa eredità, formare lo stesso corpo ed essere partecipi della promessa per mezzo del vangelo” ed è per mezzo del vangelo che sarà rivelata a ciascuno di noi la vocazione da abbracciare: essere veri testimoni, accettare con umiltà tutto ciò che ci viene affidato, sia essa una famiglia, un gruppo o un’intera comunità, anche in mezzo alle tribolazioni, non perdersi mai d’animo, e puntare sempre dritto alla meta finale, dove saremo valutati con giustizia infinita e immenso amore. Aiutaci o Signore a comprendere la tua Parola, i nostri occhi siano attenti, le nostre orecchie sempre pronte ad accoglierla e il nostro cuore aperto e pronto a viverla in ogni suo battito.

martedì 21 ottobre 2008

Beati quelli che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli

Luca 12,35-38
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese; siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!”.

“Beati quelli che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli”, rimanere svegli in Cristo significa vigilare sempre per non abbandonarsi ad un sonno molto amico del peccato. Le abitudini o molto spesso la rassegnazione ci fanno vivere l’esperienza con Cristo come una cosa di semplice routine non cogliendo la novità che ci sta ogni giorno nel leggere la sua Parola, nell’esercitarla e metterla in pratica. La parabola dei servi che si fanno trovare pronti all’arrivo del padrone ne è l’esempio, loro preferiscono attenderlo con occhi aperti e così anche noi dovremmo guardare a Lui con occhi diversi non più chiusi e ciechi dal peccato ma liberati, svegli, riscoprendo in ogni attimo della nostra vita la Sua presenza. Per mezzo di Lui siamo rinati e noi che eravamo i lontani, dice S.Paolo, ora siamo i vicini, non più ospiti ma familiari di Dio, pronti a vivere secondo il suo esempio e guadagnare quel posto nella sua mensa “li farà mettere a tavola e passerà a servirli”; laverà i nostri piedi come agli apostoli nell’ultima cena e cancellerà i nostri peccati perché anche noi, seguendo le sue gesta, diventiamo servitori della Sua causa. “Se non ti laverò non avrai parte con me” lasciamoci lavare dunque da Cristo, lasciamo che ogni nostra impurità venga eliminata dalla forza della sua misericordia ed iniziare quel vero cambiamento che ci porterà ad essere “un uomo nuovo” portatore di pace, sempre sveglio e vigilante portando nel cuore quella Luce capace di annientare tutte le tenebre ed essere parte viva della sua Chiesa “edificata sopra il fondamento degli apostoli e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù”.

lunedì 20 ottobre 2008

Chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio

Luca 12,13-21
In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: “Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità”. Ma egli rispose: “O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?”. E disse loro: “Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni”. Disse poi una parabola: “La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto. Egli ragionava tra sé: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti? E disse: Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia. Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà? Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio”.

“La sua vita non dipende dai suoi beni”, questa è la grande giustizia, sapere che saremo giudicati in base a quello che siamo e i nostri meriti, quelli richiesti dal Padre non hanno a che fare col nostro conto in banca o con il numero dei nostri immobili. S. Pietro lo ricorda nella sua prima lettera “non a prezzo di cose corruttibili, come l’argento e l’oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta” e non a prezzo di tutto ciò noi saremo ammessi a godere la luce eterna. La ricchezza non sta in terra, è inutile accumulare beni e dare sfogo a tutti i nostri desideri perché l’unica ricchezza capace di salvarci sta nella Grazia di Dio e nella sua bontà che ha riversato in noi mediante la fede. S. Paolo sottolinea tutto questo nella lettera agli Efesini, ponendo attenzione al malessere provocato dal servire, senza nessun limite, i propri desideri, dal riconoscere come dio il denaro. Sono questi i desideri cattivi, la ricchezza materiale è la nostra tomba ed il benessere non fa a altro che scavare un sepolcro sempre più profondo dove seppellire quotidianamente la nostra esistenza. Ma il Signore distrugge i nostri progetti e dove spesso noi vediamo “maledizioni e sfortune” ci sta tutta la misericordia di Dio che colpisce la nostra grandezza, la nostra sicurezza, la nostra finta stabilità per sanarci e per farci risorgere a vita nuova, rendendoci piccoli, miseri, poveri, vuoti ma pronti per essere riempiti. “L’uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono” e solo Lui è capace di far comprendere l’errore, solo la sua opera sarà capace di dare una scossa alla nostra condotta per riconsiderare tutto sotto un diverso aspetto, seguendo la Verità ed iniziare una vita di sacrificio, praticando il bene, allo scopo di accumulare più tesori possibili ed arricchire davanti a Dio. Siamo stati creati in Cristo, salvati mediante il suo Sangue, con Lui resuscitati perché fossimo l’esempio vivo della ricchezza della sua grazia: La Fede. La nostra fede ci salva, è mediante la fede che sarà possibile arricchirci perché avere fede in Cristo significa affidarsi totalmente a Lui rimettendo nella sue mani la nostra vita, praticando il bene e predicando la Sua Parola.

domenica 19 ottobre 2008

Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio

Matteo 22,15-21
In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi. Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».

Che sciocchi, mettere Dio allo stesso livello di un uomo potente e che sciocchi ancora oggi che il potere fa credere a molti di essere Dio. Gesù delinea le due figure perchè sono diversi i tributi che dobbiamo ad entrambe. Sicuramente Dio non sa che farsene dei nostri miseri tesori materiali, Lui punta a ben altro, Lui vuole il tesoro del nostro cuore, vuole possederlo e quando decide di "invaderlo" non "guarda in faccia a nessuno" perchè non c'è nessuno capace o che abbia l'autorità di mettere parola o dito sulla sua Opera. Dio è l'onnipotente e nessuno mai, potente o arrogante potrà mai avvicinarsi a Lui. "Mostratemi la moneta del tributo" mostriamo il nostro cuore, dunque, lasciamo che Lui lo scruti, diamo il "via libera" alla sua azione nel senso di iniziare ad ascoltare le sue richieste e comprendere il suo immenso amore. Nel nostro cuore c'è la Sua immagine e l'iscrizione del Suo nome, sono stati impressi il giorno del Battesimo e, anche se rischiano d'essere cancellate, esse non scompariranno mai perchè la Sua misericordia supera tutto; doniamo il nostro cuore come tributo a Dio, lasciamo che sia Lui a guidarlo e sostenerlo per piacergli e per avere aperta la strada verso il compimento della Sua volontà.

venerdì 17 ottobre 2008

Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati


Luca 12,1-7
In quel tempo, radunatesi migliaia di persone a tal punto che si calpestavano a vicenda, Gesù cominciò a dire anzitutto ai discepoli: “Guardatevi dal lievito dei farisei, che è l’ipocrisia. Non c’è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto. Pertanto ciò che avrete detto nelle tenebre, sarà udito in piena luce; e ciò che avrete detto all’orecchio nelle stanze più interne, sarà annunziato sui tetti. A voi miei amici, dico: Non temete coloro che uccidono il corpo e dopo non possono far più nulla. Vi mostrerò invece chi dovete temere: temete Colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geenna. Sì, ve lo dico, temete Costui. Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio. Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non temete, voi valete più di molti passeri”.

Sei l'unica Giustizia, o Signore, grazie perchè tu solo sai trovare nei nostri silenzi le nostre preghiere, i nostri limiti e i nostri peccati. Sono stanco del chiasso inutile e del caos che ci sta intorno, sono stanco di dover complicare la vita per vivere in apparenza sereno. Aiutami a semplificare tutto a ridurre al minimo ogni cosa per riscoprire il Massimo, riscoprire te. Tu che conosci il numero dei miei capelli scampami da ogni male e custodiscimi, solo la tua forza potrà sostenermi e salvarmi dai tanti che mi schiacciano rendimi lievito, testimonianza viva del tuo immenso Amore.

mercoledì 15 ottobre 2008

Maestro, dicendo questo, offendi anche noi

Luca 11,42-46
In quel tempo, Gesù disse: “Guai a voi, farisei, che pagate la decima della menta, della ruta e di ogni erbaggio, e poi trasgredite la giustizia e l’amore di Dio. Queste cose bisognava curare senza trascurare le altre. Guai a voi, farisei, che avete cari i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze. Guai a voi perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo”. Uno dei dottori della legge intervenne: “Maestro, dicendo questo, offendi anche noi”. Egli rispose: “Guai anche a voi, dottori della legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!”.

“Maestro dicendo questo offendi anche noi”, siamo ipocriti anche davanti alla sua Parola ed invece di lasciarci edificare e plasmare prendiamo come un’offesa la sua verità e la sua capacità di mettere a nudo le nostre mancanze e i nostri difetti. Purtroppo occupare i primi posti delle “sinagoghe” ed avere i “saluti nelle piazze” molto spesso ci fa sentire i migliori, già mondi e quindi arrivati alla perfezione e alla santità, sviluppando in noi comportamenti errati che cozzano con l’essere veri testimoni. È impossibile sentirsi “completi” perché l’amore di Dio, la Sua sapienza non hanno confini mai quindi potrebbero essere racchiusi all’interno del nostro misero cuore, è un costante evolversi, una continua crescita, un cammino lungo da affrontare assolutamente con umiltà. Proprio l’umiltà è quella che manca a noi e il non ammettere d’essere peccatori e bisognosi di cure, ci rende come “sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo” perché non portiamo nel cuore il messaggio di Cristo, non siamo lucerne accese, ma siamo succubi della materialità e del concepire la fede come una sequenza meccanica di gesti, preghiere pre-stampate e di sorrisi accomodanti ma privi di sincerità. Credo che il Padre non ha che farsene delle nostre cantilene se ad esse non affianchiamo il nostro cuore e la nostra vita come doni da condividere. E’ triste ma è cosi! Se ancora ci scandalizziamo e ci sentiamo offesi dalla sua Parola non siamo realmente suoi Figli ma lo siamo per una conseguenza o perché siamo stati, oramai, battezzati vivendo il nostro essere cristiani come una cosa dovuta, un’etichetta che non occorre mai rimarcare ne rinnovare. Nella sua Parola non c’è scandalo, non c’è offesa ma un immenso amore che mira a cambiare le nostre coscienze, i nostri cuori e a renderci perfetti affinché ai nostri gesti corrisponda anche un cuore sincero e pienamente consapevole. “Guai a voi che trasgredite la giustizia e l’amore di Dio” bisogna mirare a cose più grandi della semplice apparenza, Il Padre conosce il nostro cuore e dinanzi a Lui non c’è falsità che tenga, smettiamola di mentire a noi stessi e di cercare approvazione tra gli uomini, occorre guadagnare la fiducia di Dio e piacere a Lui per essere testimonianza viva cosicché la gente non passi più sopra di noi senza saperlo ma si fermi a contemplare e glorificare la grandezza dell’amore di Dio. Questo brano di oggi mi da la risposta ai dubbi che, ieri, hanno invaso i miei pensieri. Sbaglierò ma sono contrario alla diffusione della Parola in modo edulcorato e accomodante, perché suscita in noi un adagiamento del tutto dannoso che addormenta, man mano la nostra sete e la nostra fame; la Parola deve scuoterci, saziare la fame e la sete senza sviluppare senso di assuefazione o di sazietà, deve farci svegliare ed attuare un vero cambiamento anche andando contro le nostre abitudini e aspirazioni: la Parola è un remo, robusto, che ci aiuta a navigare controcorrente diretti alla fonte di questo immenso Amore, lontani dalla foce e dall’oceano dell’indifferenza.

martedì 14 ottobre 2008

Piuttosto date in elemosina quel che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà mondo

Luca 11,37-41
In quel tempo, dopo che Gesù ebbe finito di parlare, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli entrò e si mise a tavola. Il fariseo si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo. Allora il Signore gli disse: “Voi farisei purificate l’esterno della coppa e del piatto, ma il vostro interno è pieno di rapina e di iniquità. Stolti! Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno? Piuttosto date in elemosina quel che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà mondo”.

S. Giovanni della Croce definisce "principianti" tutti quelli che si affidano all'esteriorità e si aggrappano ad oggetti per mantenere "salda" la loro fede. Spesso siamo convinti che basta portare al collo un crocifisso per essere figli di Dio o circondarci di statuine e immagini sacre per avere protezione e benedizione. Per essere figli di Dio, veri figli, occorre portare la Croce nel cuore, occorre che ogni attimo della nostra vita sia vissuto in vista della Croce e per la Croce. Solo così si ha la certezza di poter essere "mondi" e degni d'essere chiamati Figli. Oggi Gesù lo dice "date in elemosina quel che c’è dentro" datevi in dono agli altri e solo esercitando la carità è possibile incamminarsi nella giusta via ed essere conformi a Colui che per primo si è Donato a tutti noi; ma effettivamente siamo troppo impegnati a curare il nostro esterno e a spendere tempo prezioso per renderlo più duraturo possibile, siamo troppo ciechi per capire che l'unica cosa da curare è l'interno, è la cosa che mai perirà, nemmeno dinanzi alla morte la nostra anima, se affidata alle mani del Padre, conoscerà il sepolcro. Non esistono manuali, ne cure a base di massaggi ne farmaci, l'elisir di eterna vita ci viene offerto da Dio: "sponsorizzato" dalla Sua Parola e donato a noi con il Suo Spirito. Accogliamolo allora, lasciamo entrare Cristo nei nostri cuori e saremo certi che anche la nostra anima farà esperienza di Lui cosicchè non potrà mai vivere distante da Colui che l'ha salvata, redenta e innalzata alla vita eterna.

domenica 12 ottobre 2008

Andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze

Matteo 22,1-14
In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: Dite agli invitati: “Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».


"Io Ho amato e invitato tutti" Questo passo del vangelo mi ricorda una parabola raccontata e quindi vissuta dalla Beata Angela da Foligno. Lei domandò a Dio di indicarle chi sono i Veri figli di Dio, e il Padre, inevitabilmente, spiega tutto con una parabola sottolineando il fatto che una volta ricevuto l'invito siamo già in condizione di essere chiamati tali. Sta a noi scegliere di buttare via i nostri vecchi abiti ed indossare l'abito adatto alle nozze, liberare, quindi, la nostra anima e renderla pura per l'incontro che la renderà eterna. "Gli invitati speciali sono quelli che vogliono conoscere chi è l'uomo buono che li ha invitati, per potergli piacere" per non alzarsi più da quella mensa fonte di vera pace e immenso amore. O Signore aiutaci ad indossare l'Abito Nuziale e ad uniformarci alla tua volontà, per godere delle delizie della tua mensa e gustarne le prelibatezze in comunione con tutti i commensali che farei sedere al nostro fianco.

sabato 11 ottobre 2008

Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio

Luca 11,27-28
In quel tempo, mentre Gesù stava parlando, una donna alzò la voce di mezzo alla folla e disse: “Beato il grembo che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!”. Ma egli disse: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!”.

Questo brano, oggi, rimbomba come un tuono nella mia testa e nel cuore: via ogni tristezza siamo chiamati ad essere beati ad assaporare la stessa beatitudine di Colei che ha portato in grembo Gesù portando noi stessi in grembo il Suo Spirito con la Sua Parola. Un bimbo tenuto in grembo cresce, con le nostre carezze ed attenzioni nascerà come frutto del nostro più intimo e sincero amore ed è così che dobbiamo accogliere la Parola di Dio ed osservarla per confluire a quel grembo ogni nostra attenzione ed ogni nostro affetto. Il frutto sarà Luce per noi stessi e per chi condividerà la nostra stessa gioia.

Chi non è con me è contro di me

Luca 11,15-26
In quel tempo, dopo che Gesù ebbe scacciato un demonio, alcuni dissero: “È in nome di Beelzebul, capo dei demoni, che egli scaccia i demoni”. Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo. Egli, conoscendo i loro pensieri, disse: “Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demoni in nome di Beelzebul. Ma se io scaccio i demoni in nome di Beelzebul, i vostri discepoli in nome di chi li scacciano? Perciò essi stessi saranno i vostri giudici. Se invece io scaccio i demoni con il dito di Dio, è dunque giunto a voi il regno di Dio. Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, tutti i suoi beni stanno al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via l’armatura nella quale confidava e ne distribuisce il bottino. Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde. Quando lo spirito immondo esce dall’uomo, si aggira per luoghi aridi in cerca di riposo e, non trovandone, dice: Ritornerò nella mia casa da cui sono uscito. Venuto, la trova spazzata e adorna. Allora va, prende con sé altri sette spiriti peggiori di lui ed essi entrano e vi alloggiano e la condizione finale di quell’uomo diventa peggiore della prima”.


Nel brano di oggi è ben definita la linea da intraprendere dopo esser stati visitati e guariti dalla mano di Dio. Ognuno di noi ha bisogno del suo aiuto costante, non occorre essere indemoniati per implorare la salvezza, che potrà essere ottenuta solo se veramente voluta e sentitamente cercata con una preghiera costante ed insistente. È il Padre che ci salva ma sta a noi muovere la prima pedina, sta a noi “dividere il nostro regno” in modo che cessi d’esistere ed iniziare una riedificazione sotto una diversa prospettiva, illuminati dalla vera Luce, sta a noi innescare il meccanismo chiedendo di liberare il nostro cuore dalle tenebre del peccato per iniziare, in nome di Dio, il cammino verso il suo regno. All’inizio, tutto ciò, potrebbe sembrare un’opera impossibile, visto il nostro vivere in modo errato, ma man mano diventa appagante questo continuo liberarsi dalle tante schiavitù credute certezze cominciando ad assaporarla dolcezza della comunione con Lui. Occorre affidarsi, abbandonare l’armatura e la corazza che ci facevano credere al sicuro, guardiani di un bottino privo di vero valore, affidandosi al Padre si getta via ogni arma, ogni zavorra, ogni convinzione e tutto viene rivalutata e rivisto con occhi diversi lasciando a Lui il compito di custodire il nostro tesoro e guidare il nostro cammino. È importante, però, non abbassare mai la guardia e non sentirsi mai arrivati, il viaggio è lungo e pieno di pericoli “il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede”, e la fede è l’unica arma e l’unica via di salvezza; rimanere in Dio e raccogliere con lui per far si che la “casa” dalla quale il peccato è stato cacciato non rimanga più un luogo appetibile ai demoni. Noi siamo con Cristo “chi non è con me è contro di me” non si transige, non potrà mai esserci spazio per servire due padroni quindi lasciamo operare e dimorare in noi Dio, unico vero Padrone che con la sua parola e il suo Spirito completerà quella “pulizia” che ci porterà a vivere per Lui lontani da ogni pericolo e brillare in eterno. La luce di Cristo e il suo fuoco infiammino i nostri cuori e in noi dimori nient’altro che il suo Spirito, come spinta di ogni nostra azione, ossigeno per ogni nostro respiro così da s0ettere di disperdere parole inutili iniziando a gettare semi di vero amore e di pace.

giovedì 9 ottobre 2008

Chiedete e vi sarà dato


Luca 11,5-13
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Se uno di voi ha un amico e va da lui a mezzanotte a dirgli: Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da mettergli davanti; e se quegli dall’interno gli risponde: Non m’importunare, la porta è già chiusa e i miei bambini sono a letto con me, non posso alzarmi per darteli; vi dico che, se anche non si alzerà a darglieli per amicizia, si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono almeno per la sua insistenza. Ebbene, io vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!”.


In un’esistenza come la nostra, sempre più proiettata verso un vivere a senso unico, mi chiedo se ci fermiamo mai a tirare un bilancio tra il ricevere e il dare. Sicuramente la bilancia penderebbe a picco da un lato, da quel lato che vede un egoistico bisogno di avere tutto e tutti a qualsiasi costo senza mostrare una minima disponibilità ad entrare in comunione e condividere. La moda dell’esser single sta divorando tutto e va oltre lo stato sociale rendendo single anche il nostro cuore in perenne bisogno di certezze e in costante carenza di affetto. Nonostante il continuo rimpinzarsi scopriamo vuoti incolmabili e abissi di oscurità; non comprendiamo tutto ciò che sta dietro il “dare”, il “donare” in modo gratuito e senza secondi fini, non riusciamo a scoprire la magia del condividere il bisogno altrui e gioire, dopo, nel riuscire a far star bene chi ci tende una mano. Avevo interpretato questo brano soffermandomi sempre e meditando la grande misericordia del Padre che promette qualsiasi cosa a chi saprà chiedere, bussare e cercare con insistenza e perseveranza; oggi voglio girare e mettere in circolo questa misericordia affinché ciascuno di noi sia quel padre che non sa resistere alla domanda di un figlio e viceversa un figlio che, senza timore, domanda aiuto. S. Francesco dice “è dando che si riceve” perché credo che dietro il nostro donare ci sia celata una richiesta continua e forte al Padre: donare è chiedere un aiuto costante al Signore, solo con la forza del Suo Spirito possiamo liberare il nostro cuore da interessi e scopi e fare di noi stessi pane spezzato, un dono continuo e vero per i fratelli. O Signore guidaci e sostienici affinché il nostro cuore operi per un'unica grande causa: glorificare te col servizio ai fratelli, aiutaci ad ascoltare chi batte alla nostra porta, a vedere chi cerca il nostro aiuto, ed a sentire col cuore, in ogni richiesta di conforto, la Tua voce e la Tua volontà.

lunedì 6 ottobre 2008

Chi è il mio prossimo?


Luca 10,25-37

In quel tempo, un dottore della legge si alzò per mettere Gesù alla prova: “Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?”. Gesù gli disse: “Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?”. Costui rispose: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso”. E Gesù: “Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai”. Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: “E chi è il mio prossimo?”. Gesù riprese: “Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall’altra parte. Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n’ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all’albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?”. Quegli rispose: “Chi ha avuto compassione di lui”. Gesù gli disse: “Va’ e anche tu fa’ lo stesso”.
"E chi è il mio prossimo?" Il mio prossimo è colui che incontro per strada ad elemosinare un sorriso, il mio prossimo è chi, divorato dalla solitudine, attende una mia carezza, il mio prossimo e colui che tende la mano per condividere un dolore immenso ma alleviato se portato in due, il mio prossimo è colui che mi calunnia e con odio getta fango sulla mia persona, è lui che più di ogni altro necessita delle mie preghiere e delle mie cure, lui che si aspetta da me il medesimo comportamento e che invece rimane colpito dall'amore che sono disposto a donargli morendo a me stesso, annientando il mio orgoglio per lasciar spazio a quella misericordia che fu di Gesù e che, tramite la sua Parola, Lui ci trasmette. Ereditare la vita eterna significa viverla già in terra, un'esistenza proiettata unicamente verso la Legge e verso tutto ciò che ci sta scritto; saperla leggerla è saperla incarnare con opere intrise di carità umiltà e amore. "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso", spesso mi ritrovo ad amare il prossimo più di me stesso perché in lui vedo Colui che ha creato e messo in circolo questo grande amore e che, costantemente, con la forza dello Spirito Santo e la Sapienza della sua Parola lo rafforza e lo rinnova. Signore aiutaci a ritrovare sempre Te nel prossimo che ogni giorno ci metti accanto, possa la nostra opera servire a glorificare il Tuo Nome e ad illuminare con il riflesso della tua luce i tanti che vivono nel buio più pesto.

domenica 5 ottobre 2008

La pietra che i costruttori hanno scartatoè diventata la pietra d’angolo

Matteo 21,33-43
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo». E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:“La pietra che i costruttori hanno scartatoè diventata la pietra d’angolo;questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”?Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».

"darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo" . Il Signore non può attendere in eterno e star dietro alla nostra indecisione. La Vigna è stata costruita anche per noi e per tutti quelli che, come noi, preferiscono girarci attorno, guardarla da lontano e ritenerla luogo riservato solo per alcuni. Siamo chiamati tutti ad entrare e faticare affinchè produca frutti, nessuno è stato escluso ma il biglietto d'entrata sarà staccato per i quanti ascolteranno la Sua parola e grazie alla potenza della Sua Sapienza faranno della vigna un luogo ricco di frutti prelibati. I servi del padrone periodicamente riscuotono il raccolto anche se, come nella parabola, preferiamo far finta di non conoscerli e sistematicamente li uccidiamo, bastoniamo e lapidiamo; quando si presenta una circostanza nella quale il nostro essere Suo figli e lavoratori della Sua vigna dovrebbe brillare sopra ogni altro elemento, sopra l'odio, l'invidia, la violenza, ecco che i frutti dell'amore, che sarebbero dovuti germogliare dal seme della Parola piantata nel nostro cuore, sono soffocati, invece, dalle erbacce e dai rovi dell'odio. Il nostro cuore è duro, lo è davanti ai servi, lo è stato dinanzi al figlio stesso del padrone e lo è ancora, nonostante "La meraviglia ai nostri occhi" che è stata compiuta dal Padre che ha mandato il suo unico Figlio per addolcire i nostri cuori e per dare al mondo, con la Sua parola, un aiuto costante, un Seme eterno che se piantato e custodito con amore darà in noi i frutti voluti dal padrone. Basta aspettare, non corriamo il rischio d'essere cacciati dalla vigna ma accogliamo pienamente la vocazione che a ciascuno di noi è stata affidata, senza timore ne dubbi di nessun genere: La Sapienza del Padre, lo Spirito Santo e la Parola saranno quella "siepe" che proteggerà il nostro lavoro. Ti ringraziamo o Signore per il privilegio di averci invitato, anche se indegnamente, a lavorare nella tua vigna, aiutaci...

mercoledì 1 ottobre 2008

Ti seguirò dovunque tu vada

Luca 9,57-62
In quel tempo, mentre andavano per la strada, un tale disse a Gesù: “Ti seguirò dovunque tu vada”. Gesù gli rispose: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”. A un altro disse: “Seguimi”. E costui rispose. “Signore, concedimi di andare prima a seppellire mio padre”. Gesù replicò: “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu va’ e annunzia il regno di Dio”. Un altro disse: “Ti seguirò, Signore, ma prima lascia che io mi congedi da quelli di casa”. Ma Gesù gli rispose: “Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio”.

Quando il Signore chiama...Chiama! Non c'è scusa che tenga ne ostacolo che non possa essere superato. Ogni nostra certezza si frantuma in mille pezzi e se all'inizio una gabbia ci impedisce di spiccare il volo man mano, poi, la certezza di seguirlo "dovunque tu vada" diventa irrefrenabile, unica opzione da scegliere! La direzione di Gesù è ben chiara, lontana da ogni traguardo materiale “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” e da tutto ciò che fino ad allora è stata la nostra felicità, cambia tutto, il modo di concepire le cose e di valutarle e tutte le cose importanti e indispensabili diventano scorie, scarti di una vita passata, una vita data in permuta per una Nuova Esistenza senza limiti di nessun genere, nemmeno la morte potrà fermare l'esperienza che Cristo ci invita ad abbracciare “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu va’ e annunzia il regno di Dio”. Il nostro SI deve essere assoluto, privo di ripensamenti, non possiamo voltarci indietro ne lasciare una scia di incertezza "Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio”, dal momento in cui l'Amore di Dio è entrato in noi è impossibile distogliere lo sguardo, il pensiero e la nostra vita stessa dal sentiero che ci indica con la sua Sapienza. Signore aiutaci a pronunciare quotidianamente il nostro fiat soprattutto nei momenti di debolezza, sostienici nel cammino per giungere al traguardo: Sia Fatta la Tua Volontà.

martedì 30 settembre 2008

Gesù si diresse decisamente verso Gerusalemme

Luca 9,51-56
Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato tolto dal mondo, Gesù si diresse decisamente verso Gerusalemme e mandò avanti dei messaggeri. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per fare i preparativi per lui. Ma essi non vollero riceverlo, perché era diretto verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: “Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?”. Ma Gesù si voltò e li rimproverò. E si avviarono verso un altro villaggio.

"Ma essi non vollero riceverlo, perché era diretto verso Gerusalemme", quante volte noi ci rifiutiamo di ricevere Gesù perchè convinti che ci condurrà alla morte cioè alla fine del nostro vivere in libertà tra il benessere e i lussi della nostra quotidianità; la strada che ci invita a compiere e il sentiero che ci indica spesso ci appaiono come impossibili ed irreali perchè non comprendiamo in pieno il traguardo che Lui ha in serbo per noi. Gesù è diretto a Gerusalemme, con decisione ferma e con una grande volontà Lui è diretto nel luogo in cui la sua vita terrena avrà fine, in quel monte dove, con la morte, si apriranno le porte della vita eterna. Questo è il traguardo che ci spetta, ed è tangibile costantemente in quanto Gesù vuole liberarci dai lacci che la vita terrena stringe, vuole alleggerirci dalle preoccupazioni e da tutti gli inutili problemi e ci invita a vivere, anche in terra, una vita diversa, totalmente proiettata verso la realtà che ci attende. Morire ogni giorno significa vincere, non avendo paura mai di intraprendere quel sentiero di pace e di luce e compiere la Volontà del Padre. Dirigiamoci anche noi verso La Gerusalemme, con l'aiuto di Dio saremo certi di portare a compimento la missione alla quale siamo stati chiamati. Donaci o Signore la forza e la decisione, la fede e l'amore che condussero il Figlio Tuo a morire per rinascere.

venerdì 26 settembre 2008

Ma voi chi dite che io sia?

Luca 9,18-22
Un giorno, mentre Gesù si trovava in un luogo appartato a pregare e i discepoli erano con lui, pose loro questa domanda: “Chi sono io secondo la gente?”. Essi risposero: “Per alcuni Giovanni il Battista, per altri Elia, per altri uno degli antichi profeti che è risorto”. Allora domandò: “Ma voi chi dite che io sia?”. Pietro, prendendo la parola, rispose: “Il Cristo di Dio”. Egli allora ordinò loro severamente di non riferirlo a nessuno. “Il Figlio dell’uomo, disse, deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, esser messo a morte e risorgere il terzo giorno”.

“E voi chi dite che io sia?” Questa domanda Gesù la pone ad ognuno di noi giornalmente e dal nostro modo di vivere scaturisce la risposta, dalla nostra condotta Lui ricava la nostra “definizione” ciò che per noi rappresenta Cristo e la sua croce. Riconoscerlo come il Figlio di Dio, come il Salvatore, come l’unico Redentore equivale ad incarnare ed imitare ciò che Lui è stato, ciò che è e che sarà. Non possiamo soffermarci alle sole chiacchiere e alle parole , non ci sono vie di mezzo: Lui vuole il nostro cuore. Occorre pregare costantemente affinché Lui lo rapisca e lo renda terreno fertile dal quale raccogliere frutti graditi e iniziare un azione di discernimento per riuscire a liberarlo da tutto ciò che lo soffoca. Non comportiamoci come i farisei, gli scribi, gli anziani che hanno atteso la sua sofferenza, hanno voluto una prova reale prima di credere, ma convertiamoci subito, alla luce della sua Parola, li stanno scritte tutte le risposte, li il nostro cuore troverà l’arma e la forza che lo porteranno ad essere non più duro e di pietra ma semplice, puro, un cuore in costante metamorfosi, un cuore rinato grazie all’incontro con Gesù. O Signore tu sei per me la gioia di vivere, sei il “diversivo” che sconvolge la routine di tutti i giorni, sei la novità costante che alimenta il mio sorriso…e mi dai la forza di vivere. Restami accanto e aiutami a rimanerti vicino.

giovedì 25 settembre 2008

Chi è dunque costui, del quale sento dire tali cose?

Luca 9,7-9
In quel tempo, il tetrarca Erode sentì parlare di tutto ciò che accadeva e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: “Giovanni è risuscitato dai morti”, altri: “È apparso Elia”, e altri ancora: “È risorto uno degli antichi profeti”. Ma Erode diceva: “Giovanni l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire tali cose?”. E cercava di vederlo.


"..cercava di vederlo", L'interesse che aveva erode nel conoscere Gesù lo porta a cercarlo in prima persona non accontentandosi di ciò che si diceva di lui in giro. Molto spesso noi non arriviamo a tanto e preferiamo sapere di Gesù solo per sentito dire intravedendo nella sua Storia una bella legenda alla quale credere perchè è dovuto. Non sappiamo cosa pensare di Gesù? Siamo confusi? Basta Guardarlo in viso, basta ammirare la sua verità quindi basta Amare la sua Vita che è realtà costante con la Sua Parola e lo Spirito Santo, presenze vive nella nostra quotidianità. Signore aiutaci a far chiarezza e comprendere ciò che veramente sei: Il Figlio di Dio

mercoledì 24 settembre 2008

Li mandò ad annunziare il regno di Dio e a guarire gli infermi

Luca 9,1-6
In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e diede loro potere e autorità su tutti i demoni e di curare le malattie. E li mandò ad annunziare il regno di Dio e a guarire gli infermi. Disse loro: “Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né bisaccia, né pane, né denaro, né due tuniche per ciascuno. In qualunque casa entriate, là rimanete e di là poi riprendete il cammino. Quanto a coloro che non vi accolgono, nell’uscire dalla loro città, scuotete la polvere dai vostri piedi, a testimonianza contro di essi”. Allora essi partirono e passavano di villaggio in villaggio, annunziando dovunque la buona novella e operando guarigioni.

“Egli allora chiamò a se”… quante volte abbiamo immaginato questa Chiamata, ipotizzando fantasiose circostanze non pensando alla semplice purezza che sta dietro all’invito di Gesù di seguirlo e testimoniarlo. Questa Chiamata forse non avviene con la voce che tutti siamo abituati ad ascoltare con gli orecchi ma con un suono quasi impercettibile che solo chi è predisposto può sentire ed ascoltare. Credo che ciascuno di noi abbia avuto la sua Chiamata, tutti siamo predisposti già col Battesimo, poiché Lui chiama ciascuno di noi, già al momento della nostra nascita, ad operare ed essere discepoli e portatori della Lieta Novella, sta a noi poi saper discernere e comprendere il grado di servizio al quale siamo stati predestinati. Non è facile capirlo ma con l’aiuto di Dio e affidando a Lui ogni nostra preoccupazione e la nostra stessa vita tutto diventa più limpido e meno difficile da comprendere. I Dodici mandati da Gesù a guarire ed annunziare il Regno dei Cieli non contavano di certo sulle loro forze o sui loro poteri, erano semplicemente conformi a Colui che li aveva prescelti e con umiltà seguivano le sue orme, illuminati dallo Spirito Santo; così anche noi siamo chiamati semplicemente a questo, a lasciarci plasmare, svuotando i nostri otri e, dopo un accurato restauro, riempirli di Vino Nuovo, accogliendo nel cuore il messaggio di Cristo. “Allora essi partirono annunziando dovunque la buona novella e operando guarigioni”, partiamo anche noi senza esitare, la strada sarà dura ed in salita ma il traguardo ci riempirà di gioia contemplando in eterno il volto di Cristo. Non ci sarà bisogno di bastone, ne bisaccia, ne pane, ne denaro, ne tuniche, Lui sarà il nostro sostegno, il nostro sostentamento, il nostro tesoro e la nostra anima sarà rivestita con vesti nuove, di figli di Dio.

lunedì 22 settembre 2008

Nessuno accende una lampada e la copre

Luca 8,16-18
In quel tempo, Gesù disse alla folla: “Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la pone sotto un letto; la pone invece su un lampadario, perché chi entra veda la luce. Non c’è nulla di nascosto che non debba essere manifestato, nulla di segreto che non debba essere conosciuto e venire in piena luce. Fate attenzione dunque a come ascoltate; perché a chi ha sarà dato, ma a chi non ha sarà tolto anche ciò che crede di avere”.

"Fate attenzione a come ascoltate", l'invito chiaro è quello di cambiare il modo di recepire, di ascoltare e di vivere l'esperienza di Gesù e la Sua parola. Quando la Luce si accende dentro di noi non possiamo continuare a vivere nel buio, a nasconderci dietro il peccato, come una lampada accesa non possiamo rimanere coperti ma occorre che il nostro esempio, il nostro vivere in armonia con Cristo possa essere da testimonianza vera dell'Amore del Padre verso noi suoi figli. Come ogni lampada che necessita del combustibile e di una buona miccia per essere accesa e far luce anche noi dobbiamo possedere e custodire gelosamente tutto ciò che ci avvicina a Dio e ci lega a noi; l'amore verso Lui è tutto quello che abbiamo sul quale occorre far leva affinchè costantemente muti e diventi sempre più intenso, più forte "perché a chi ha sarà dato, ma a chi non ha sarà tolto anche ciò che crede di avere”... e quando viene meno questo amore non c'è più nessuno scopo che tenga, non c'è un vero motivo per vivere ed ogni nostra certezza si frantuma così quello che credevamo di avere si trasforma in nullità. O Signore aiutaci a comprendere che sei Tu il vero senso della nostra esistenza ed è verso di Te che dobbiamo orientare nostri pensieri, le nostre azoni e verso chi, nella sofferenza e nel bisogno incarna la Tua Croce, nostra salvezza.

domenica 21 settembre 2008

Gli ultimi saranno i primi

Matteo 20,1-16
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

"Gli ultimi saranno i primi", ed i primi, tutti quelli che si sentono tali e che son convinti di primeggiare saranno gli ultimi. Il Padre ci mette tutti sullo stesso piano sia chi inizia a lavorare di buon mattino sia chi arriva alla vigna al tramontar del sole, la sua misericordia lo porta a retribuire ciascuno in egual modo, anche se noi non accettiamo questa logica e, convinti sempre d'essere i migliori, ci aspettiamo chissà cosa o un compenso più alto. Il Regno dei Cieli è il premio per chiunque si converte con cuore umile e puro e chi si dedica al servizio, questo è il compenso; ognuno di noi, però, ne godrà a seconda delle sue opere e della sua condotta "con la misura con la quale pesate sarete pesati" ecco perchè non occorre mai distogliere lo sguardo o lasciarsi andare contando sulla Misericordia di Dio, occorre aver timore e non perderlo mai allo scopo di non sentirsi mai arrivati o talmente vicini a Dio da potersi auto.redimere. Lui solo è il giudice, a lui la misericordia e il potere di aprirci le porte del Cielo. Signore che ci hai chiamato a lavorare nella tua vigna donaci la forza di continuare sempre per raggiungere la tua volontà e aiutaci a tenere a freno la nostra bocca tutte le volte che essa viene spalancata per gridare lamentele e insoddisfazioni. Tu solo sei giusto, aiutaci a comprenderlo

sabato 20 settembre 2008

Il seme è la parola di Dio

Luca 8,4-15
In quel tempo, poiché una gran folla si radunava e accorreva a lui gente da ogni città, Gesù disse con una parabola: “Il seminatore uscì a seminare la sua semente. Mentre seminava, parte cadde lungo la strada e fu calpestata, e gli uccelli del cielo la divorarono. Un’altra parte cadde sulla pietra e appena germogliata inaridì per mancanza di umidità. Un’altra cadde in mezzo alle spine e le spine, cresciute insieme con essa, la soffocarono. Un’altra cadde sulla terra buona, germogliò e fruttò cento volte tanto”. Detto questo, esclamò: “Chi ha orecchi per intendere, intenda!”. I suoi discepoli lo interrogarono sul significato della parabola. Ed egli disse: “A voi è dato conoscere i misteri del regno di Dio, ma agli altri solo in parabole, perché ‘‘vedendo non vedano e udendo non intendano’’. Il significato della parabola è questo: Il seme è la parola di Dio. I semi caduti lungo la strada sono coloro che l’hanno ascoltata, ma poi viene il diavolo e porta via la parola dai loro cuori, perché non credano e così siano salvati. Quelli sulla pietra sono coloro che, quando ascoltano, accolgono con gioia la parola, ma non hanno radice; credono per un certo tempo, ma nell’ora della tentazione vengono meno. Il seme caduto in mezzo alle spine sono coloro che, dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano sopraffare dalle preoccupazioni, dalla ricchezza e dai piaceri della vita e non giungono a maturazione. Il seme caduto sulla terra buona sono coloro che, dopo aver ascoltato la parola con cuore buono e perfetto, la custodiscono e producono frutto con la loro perseveranza”.

"Donami Signore un cuore puro" Tutto parte da li, dalla natura del nostro cuore e dal suo percepire e recepire la Parola di Dio. In questa parabola è facile ritrovarsi perchè ciascuno di noi ha fatto i conti con le difficoltà, col le tentazioni e con l'aridità che ci porta, a volte, a ritornare sui nostri passi con un senso di vuoto assoluto. "Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver annaffiato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, affinché dia seme al seminatore e pane da mangiare, così è della mia parola, uscita dalla mia bocca: essa non torna a me a vuoto, senza aver compiuto ciò che io voglio e condotto a buon fine ciò per cui l'ho mandata"; quante volte ascoltiamo la Parola di Dio e quante altrettante volte la nostra reazione è differente, sia per la straordinaria capacità che Essa ha di essere Viva sia perchè il nostro cuore cambia e man mano in esso si crea quel terreno adatto per far germogliare i frutti tanto attesi dal seminatore. E' dura combattere contro le spine ed affondare bene le radici quando intorno c'è solo pietra, ma non bisogna mai perdersi ne cadere sperando e pregando continuamente affinchè non ci venga mai meno l'aiuto dal cielo e ogni Sostentamento. Signore rendi i nostri cuori dei giardini fioriti in cui raccogliere i frutti da offrire ogni giorno a gloria del tuo nome.

lunedì 15 settembre 2008

Donna ecco tuo figlio!

Beata Vergine Maria Addolorata


Giovanni 19,25-27
In quell’ora, stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa e Maria di Magdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco il tuo figlio!”. Poi disse al discepolo: “Ecco la tua madre!”. E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa.



Gesù, dall’alto della croce, ci ha donato la salvezza eterna assieme ad un altro grande dono: La Madre per eccellenza. In Maria noi abbiamo l’esempio puro e vero, il modello da imitare e da incarnare per raggiungere la gloria eterna ed approdare alla salvezza, prestabilita per ciascuno di noi con il sangue versato sulla croce. In Maria c’è l’umiltà e la consapevolezza di dover essere obbedienti e lasciarsi modellare dalla volontà del Padre, lei si affida totalmente a questa volontà e il “Si” detto all’angelo Gabriele l’accompagnerà sempre, anche ai piedi della croce, quando, con “l’anima trapassata da una lancia” continuerà ad essere fedele alla grandezza e alla misericordia di Dio, accogliendo, fino alla fine, ogni ruolo, che per Lei ha prestabilito. Maria madre del Signore, Maria interceditrice alle nozze di Cana, Maria Madre nostra, che accetta Giovanni come figlio e ci dona la forza, pregando costantemente per noi, affinché possiamo riconoscerla e amarla come Vera Madre, Maria Addolorata che trasforma ogni nostra sofferenza in gioia e ci aiuta a sopportare ogni prova perché Lei sa che dietro ogni dolore, anche il più grande, si cela sempre la Risurrezione. Madre nostra prega per noi Tuo Figlio Gesù, aiutaci ad essere semplici, umili, e ben disposti con cuore puro ad accettare la Volontà del Padre.