venerdì 14 novembre 2008

Verrà il giorno in cui il Figlio dell'uomo si rivelerà

Luca 17,26-37
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Come avvenne al tempo di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, si ammogliavano e si maritavano, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece perire tutti. Come avvenne anche al tempo di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano; ma nel giorno in cui Lot uscì da Sodoma piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece perire tutti. Così sarà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si rivelerà. In quel giorno, chi si troverà sulla terrazza, se le sue cose sono in casa, non scenda a prenderle; così chi si troverà nel campo, non torni indietro. Ricordatevi della moglie di Lot. Chi cercherà di salvare la propria vita la perderà, chi invece l’avrà perduta la salverà. Vi dico: in quella notte due si troveranno in un solo letto; l’uno verrà preso e l’altro lasciato; due donne staranno a macinare nello stesso luogo, l’una verrà presa e l’altra lasciata”. Allora i discepoli gli chiesero: “Dove, Signore?”. Ed egli disse loro: “Dove sarà il cadavere, là si raduneranno anche gli avvoltoi”.

“Nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si rivelerà” , questo giorno è temuto da tutti perché viene affiancato al giorno della morte fisica, un argomento tabù tanto esorcizzato, spesso nascosto, di cui non si parla perché ritenuto roba d’altri. Si ha paura della morte perchè viviamo totalmente legati al lato materiale della vita, tutti intenti a migliorarla, ad allungarla ignorando la condanna che spetterà a chi avrà operato cosi. Non esiste solo la morte fisica ma vi è un’altra morte, ed è la fine che spetta a chi, come al tempo di Noè e Lot , preferisce occuparsi d’altro piuttosto che vegliare ed attendere la rivelazione del Figlio dell’Uomo, a chi nell’attimo stesso preferisce voltare lo sguardo, tentando di tornare indietro o di raccattare qualcosa. A niente varrà questo tentativo se non a perdere definitivamente la vita. C’è una morte peggiore di quella fisica ed è una morte che si vive quando si sta nel peccato, quando siamo vinti da esso e non ci accorgiamo della vita che ci sta dinanzi, una nuova vita che per esser vissuta ci impone di morire al peccato ed assaporare la gioia dell’esser liberi. Morire al peccato, morire a se stessi è vivere in Cristo e la Sua rivelazione, il trovarci santi al Suo cospetto sarà la porta di accesso al regno del Padre dove entrerà solo chi ha accettato di perdere la propria vita, di rinunciare a ciò che era per divenire strumento nelle mani di Dio, di Colui che l’ha messo al mondo e di Colui al quale appartiene tutto di noi. A Lui la potenza di risuscitarci a vita eterna e alla Sua misericordia la forza di non lasciarci morire in un sepolcro ma esser presi e accolti dal suo immenso amore. Quasi si invidia la sorte di quell’uomo che viene lasciato sul letto, di sicuro non vorremmo essere nei panni di quello scelto, ma analizzando la frase finale “dove sarà il cadavere, la si raduneranno anche gli avvoltoi” è facile comprendere che la sorte dell’uomo lasciato non è poi da invidiare, perché senz’altro, rifiutando Dio, con la morte fisica di lui non rimarrà niente, come il cadavere che col tempo e con il lavoro degli avvoltoi, non lascerà traccia. Così non rimarrà niente di chi si prodiga a salvare la propria vita e si affanna ad accumulare tesori in terra non riuscendo a concepire che è nel cielo che bisogna “investire e puntare”, là sarà la dimora eterna, dove si potrà giungere solo se si è scelto Dio come Padre e come guida. La salvezza non si acquista con assegni o versamenti a rate, siamo stati salvati mediante l’offerta di qualcosa di incorruttibile, come solo il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo può essere; siamo chiamati a vivere questa salvezza e pian piano conquistarla incarnando l’esempio di Colui che ci ha liberati dalla morte vincendo la morte. “Se siamo morti con Cristo crediamo anche che vivremo con Lui, sapendo che Cristo risuscitato dai morti non muore più” (Rm 6,8-9)

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