venerdì 20 marzo 2009

Quando sono debole, allora sono forte

Perciò molto volentieri mi vanterò piuttosto delle mie debolezze, affinché la potenza di Cristo riposi su di me. Per questo mi compiaccio in debolezze, in ingiurie, in necessità, in persecuzioni, in angustie per amor di Cristo; perché, quando sono debole, allora sono forte.
(2Cor 12,9-10)

Nella comprensione della nostra debolezza c'è la conoscenza e l'accettazione della perfezione di Dio. Queste due nature apparentemente distanti sono segretamente vicine, legate, perchè così è stato deciso dal Padre stesso e nel loro intimo rapporto c'è un continuo scambio e un costante riciclo: la debolezza convertita in sapienza e misericordia. Si dice che la perfezione non si addice a noi umani ma soltanto a Dio ma non possiamo dimenticare che Lui stesso ha deciso di condividere la sua perfezione, la sua divinità, e di mettere in condizione, chiunque lo voglia, di aderire alla sua Verità, quasi come una fusione "non sono più io che vico ma Cristo che vive in me". Se consideriamo tutto ciò ogni nostra scusante non ha motivo d'esistere perchè nulla potrà mai ostacolare questa unione, solo la nostra volontà molto spesso animata dall'egoismo che ci porta a ricercare in ogni occasione e circostanza ciò che fa comodo. E così all'unione con Dio preferiamo nettamente la sostituzione con Dio ergendo il nostro Io come grande divinità da contemplare e glorificare. La debolezza fa largo all'arroganza che s'impone con la sua forza e la sua sete di sopraffazione quando invece si dovrebbe custodire gelosamente quella debolezza che sarà una solida base sulla quale costruire una nuova vita, un nuovo otre da riempire con la forza di Dio "quando sono debole, allora sono forte".

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