venerdì 27 marzo 2009

Inno alla Carità

1Corinzi 13,1-13
Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova. La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà. La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l'ho abbandonato. Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto. Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!
La nostra conoscenza è imperfetta così come la nostra capacità di profetare ed immaginare; sono destinate a perire all’incontro della Perfezione perché non hanno nessun legame con essa, così come dovrà perire il nostro corpo, che pur essendo stato creato dalla Perfezione, non è perfezione ma “somigliante” e può aspirare alla perfezione.
Se dovrà esserci questo incontro, questa unione, significa che già da ora possediamo quel pezzo da incastonare, essendo noi stessi questo pezzo? Si che lo possediamo, e abbiamo la condizione per esserlo anche se preferiamo vivere nell’imperfezione della materialità e della fisicità, vissuti solo come ostacolo e mai come mezzo. In noi è presente la Perfezione ma non la vediamo perché ne abbiamo una concezione e un immagine che non va oltre i nostri sensi. La Perfezione che è in noi si chiama Carità, una virtù che si compiace della Verità perché nella carità dimora la verità e non avrà mai fine, neanche “quando verrà ciò che è perfetto” perché sarà, proprio questo incontro, il momento della gloria in eterno.
È difficile comprenderla e viverla, non tutti siamo in grado di “vivere la carità” non tutti abbiamo il dono di saper riuscire a sondare il nostro intimo, di spogliarlo e di renderlo a Colui che tutto può, alla Fonte di ogni carità e sapienza. È estremamente difficile essere pazienti, benigni, non invidiosi, vanagloriosi, egoisti, ed indifferenti dinanzi al male ricevuto quando invece tutto ciò che ci sta intorno e il nostro rapportarci con i fratelli suscitano, in noi, reazioni opposte. Ma dal suscitare al provocare ci sta di mezzo il nostro essere, il nostro cuore e il nostro modo di vedere la Verità, di riconoscerla, e di compiacersi nella sua totale pienezza. Ecco perché la carità tutto copre, tutto spera, tutto crede e tutto sopporta, perché è intimamente generata dal “Tutto” ed attende di unirsi indissolubilmente al nostro niente e dare vita alla perfezione d’amore voluta dal Padre e attuata dal Figlio inchiodato alla croce.
Con la carità noi amiamo e quindi crediamo, e con la carità alimentiamo costantemente la speranza di giungere a destinazione: coronare questo Amore in eterno.

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