venerdì 28 agosto 2009

Ecco lo sposo! Andategli incontro!

Matteo 25,1-13
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono.
A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”.
Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”.
Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».


"Non vi conosco", come noi non abbiamo voluto conoscere lui! Dopo averlo incontrato abbiamo preferito continuare per altre vie ritenendo inutile e vana la veglia che Lui ci invita a vivere con la nostra vita. La vita è una prova, ma è anche una veglia in attesa, non della morte terrena, ma del costante incontro con lo Sposo. Spesso l'idea di doverlo incontrare alla fine dei nostri giorni ci fa venire l'angoscia, la tristezza, ma qui si parla di nozze e quindi di festa, e la gioia che lui ci chiama a vivere deve essere la nostra festa, quella che quotidianamente viviamo quando lo incontriamo e lo testimoniamo. Non è dura come prova, non è faticoso vegliare nè estenuante come attività, perchè non esclude niente di ciò che ci è stato dato in questa vita, anzi ci permette di godere al meglio e positivamente delle gioie terrene senza sconfinare mai in bramosie e quindi nel peccato. La fiamma che arde dentro il nostro cuore ha bisogno di continuo "olio" e da chi può venire questo prezioso carburante se non dalla sua Parola! "Tu solo hai parole di vita eterna" e tu solo, Signore, sarai capace di far ardere e splendere per sempre, in eterno, la fiamma che hai acceso in noi con il dono della Fede. Aiutaci a proteggerla dalle insidie del male e dal vento e da chi tenta di spegnerla, cosi che, il giorno delle nozze, tu nostro sposo, aprirai le porte della gloria eterna.

mercoledì 26 agosto 2009

Siete figli di chi uccise i profeti

Matteo 23,27-32

In quel tempo, Gesù parlò dicendo: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume. Così anche voi: all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che costruite le tombe dei profeti e adornate i sepolcri dei giusti, e dite: “Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non saremmo stati loro complici nel versare il sangue dei profeti”. Così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli di chi uccise i profeti. Ebbene, voi colmate la misura dei vostri padri».


Colmare la misura dei nostri padri, cioè come a rimediare agli sbagli che li hanno resi colpevoli. Noi non siamo in grado di colmare perché erroneamente, nel farlo, ci limitiamo solo a condannare, macchiandoci, inevitabilmente, della stessa colpa. Non possiamo continuare a vivere da ipocriti e da empi "si illudono con se stessi nel ricercare la colpa e detestarla" ma dobbiamo iniziare, seriamente, un cammino di rinnovamento e di vera conversione che ci porti ad essere limpidi nel cuore e quindi esteriormente. Piacere agli uomini è una pratica che non porterà nessun frutto se non un continuo malessere; impegniamoci ad apparire degni dinanzi al Padre l'unico che ha in mano la giustizia, la misericordia e la vita. Chi sceglie Cristo lo sceglie col cuore e non come un normale vestito da indossare solo per apparire giusto; si può ingannare l’occhio dell’uomo ma Lui ci conosce nel più intimo dei nostri pensieri e, illudendoci di ingannare Cristo, illudiamo noi stessi d’aver trovato la pace dentro la tomba del nostro peccato

martedì 25 agosto 2009

Signore, da chi andremo?

24-08-09,

Da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna! Le parole dei discepoli sono le mie parole, i miei pensieri di questi ultimi giorni. Mi consola il comprendere che spesso Dio tira le somme e ci mette dinanzi al solito bivio, al grande bivio “o con me o contro di me” e lo fa per il solo scopo di distruggere le mezze misure che invano abbiamo creato per auto-redimere qualche nostra mancanza o difetto. Tendiamo troppo spesso a modellare questa materia, a creare un metro del tutto personale ignorando l’unico grande Metro che è nelle mani del solo in grado di utilizzarlo. La redenzione non è nelle nostre mani ma siamo in possesso degli strumenti per viverla. Niente di imposto, ci lascia liberi e, ad ogni minima caduta, il Padre rinnova l’invito, ci pone davanti la scelta; se scegliamo di seguirlo allora ci rialzeremo se al contrario poniamo fiducia nelle sole nostre forze prima o poi non saremo più in grado di farlo perché dalla buca della tomba nessuno mai sarà in grado di riprenderci se non Colui che ha vinto la morte aprendo le porte del Regno. Simon Pietro ha fatto esperienza di Cristo e lo segue perché ha compreso che non può trovare altrove ciò che ha pregustato già vivendo alla sua sequela; e al di là dei suoi difetti, delle sue debolezze, e dei suoi peccati c’è un cuore totalmente convertito all’Amore. Non devo temere, dunque, quando, in preda alle angosce, mi soffermo, credo che l’importante sia partire di nuovo con piede giusto, pregando e sperando di non dover più tirare il freno e titubare sulla direzione da percorrere. La mia insicurezza, o Dio, guardala come bisogno di sincerità e di limpidezza con me stesso e con Te.

Queste erano le cose da fare, senza tralasciare quelle

Matteo 23,23-26

In quel tempo, Gesù parlò dicendo:
«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima sulla menta, sull’anéto e sul cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste invece erano le cose da fare, senza tralasciare quelle. Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma all’interno sono pieni di avidità e d’intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l’interno del bicchiere, perché anche l’esterno diventi pulito!».



Oggi la Parola picchia forte sul nostro cuore, ancor più forte se pensiamo a quante volte siamo stati simili a questi "ipocriti" descritti. Abbiamo tralasciato le "cose da fare" per dedicarci ad altre cose che hanno il solo scopo di abbellire ed arricchire la nostra apparenza. Ma cosa farne dell'apparenza? Non siamo oggetti e come uomini, fatti di spirito e carne, non necessitiamo di cornici o piedistalli ma al contrario di occasioni proficue per ascoltarci dentro. Lo sappiamo bene che Dio guarda dritto al cuore e dal cuore deve partire ogni impulso, da cuore quindi deve iniziare quel lavoro di "pulizia" che dall'interno si espande verso il resto del nostro essere. Pulire solo l'esteriorità è un errore che rischia di far perdere, soffocandolo, quel minimo di interiorità che è rimasto! Oggi Gesù ci insegna che è favorevole innanzitutto sentirsi in pace con se stessi e quindi con Dio e poi dedicarsi alle altre opere, a quelle cose che non vanno "tralasciate" perchè completano il nostro essere testimoni, cristiani.


sabato 22 agosto 2009

Dicono e non fanno


Matteo 23,1-12

In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito.
Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.
Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.
Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».


Dicono e non fanno, l'incoerenza della parola detta, con i fatti! E' difficile tenere questi due elementi in equilibrio perchè è facile parlare e diventa difficile comportarsi secondo la Parola se questa non passa prima dal cuore, entrando in circolo e incarnandosi in noi. Non sta a noi innalzarci, ma siamo semplicemente chiamati a vivere secondo gli insegnamenti di Colui che per primo ha scelto la via dell'obbedienza per essere infine innalzato da chi ha il potere di farlo: Il Padre.

L'incoronazione di Maria- Filippo Lippi, Duomo di Spoleto - abside-

Maria l'umile per eccellenza è stata innalzata a Regina del Cielo e della Terra, lei che ha saputo vivere il Vangelo sentendolo pronunciato dalla bocca del figlio, lei intrepida e fedele fino alla morte, lei incoronata.

giovedì 20 agosto 2009

Tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze

Matteo 22,1-14

In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole e disse:
«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire.
Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.
Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.
Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.
Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».


“Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti” Stessa sorte che è toccata a chi ha rifiutato l'invito del re ed è ritornato ai propri interessi quotidiani. Le nozze di questo figlio sono paragonabili alle nozze dell'Agnello, immolato per la nostra redenzione. Cioè tutto è stato preparato per la nostra salvezza, l'unico figlio immolato e sacrificato e ancora resistiamo a tanto amore? Cosa mai può renderci cosi duri e insensibili, cosi indifferenti verso la nostra stessa sorte. Forse crediamo davvero che la vita è solo questa vissuta tra carne ed ossa? Si lo crediamo e ne da conferma il nostro agire, il nostro voltare le spalle alla tavola imbandita il nostro rifiuto nell'indossare quell'abito nuziale che ci renderà degni, in grazia di Dio, di partecipare alla festa del cielo. Viviamo nelle tenebre convinti d'essere nella luce, abbandoniamo le opere delle tenebre per assaporare la Vera Luce, quella che non ha fine ed essere capaci di rispondere alla chiamata e quindi essere innalzati all'elezione di invitati alla mensa eterna.

mercoledì 19 agosto 2009

Sei invidioso perché io sono buono?

Matteo 20,1-16
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”.
Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».


Ancora una volta facciamo i conti con la nostra materialità e con l'assurda presunzione di poter e saper quantificare il tempo del Padrone. Sono due modi diversi di concepire il tempo, il Suo con il nostro non possono essere messi a confronto perchè noi valutiamo la quantità lui mira alla qualità del tempo. Così non fa differenza tra quelli che iniziano a lavorare prima e chi inizia dopo, non fa confronto perchè guarda solo il lavoro, la sostanza, il cuore. Allora, potremmo dire, che ne vale vivere una vita in conformità se basta poco per convertirsi, magari alla fine dei nostri giorni, ed essere redenti? Credo che il nocciolo e la risposta a questo perchè stia dentro la frase "Perché nessuno ci ha presi a giornata”; noi, infatti, che siamo stati chiamati, che abbiamo conosciuto, che siamo stati messi a corrente della via da seguire non possiamo permetterci di deviare ma al contrario migliorare costantemente il nostro cammino..perchè la pena sarà più dura per chi, una volta conosciuta la via, la smarrisce!

martedì 18 agosto 2009

È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio.


Matteo 19,23-30 -
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In verità io vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio».
A queste parole i discepoli rimasero molto stupiti e dicevano: «Allora, chi può essere salvato?». Gesù li guardò e disse: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile».
Allora Pietro gli rispose: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi».



Essi confidano nella loro forza, si vantano della loro grande ricchezza. Nessuno può riscattare se stesso,o dare a Dio il suo prezzo. Per quanto si paghi il riscatto di una vita,non potrà mai bastare per vivere senza fine,e non vedere la tomba. Questa è la sorte di chi confida in se stesso, l'avvenire di chi si compiace nelle sue parole (sal.48).
"Chi può essere salvato?" Questo è impossibile agli uomini perchè hanno mutato la ricchezza datagli dal Padre sfruttando l'intelligenza e la sapienza per andare dietro a false speranze e realtà che prima o poi condurranno alla tomba. Un ricco non potrà accedere al regno dei cieli perchè ha confidato soltanto sulle sue parole, sulla propria forza, divenendo lui stesso dio di se stesso senza mai domandarsi da dove provengano le capacità che lo hanno reso tale. Chi non sa farsi piccolo non potrà passare dalla cruna dell'ago; e la piccolezza, qui intesa fisicamente, è la miseria della nostra anima, l'umiltà di saper ammettere che noi da soli non siamo nulla, i nostri tesori niente se paragonati alla gloria del Trono che siamo chiamati a condividere....se solo siamo disposti a seguirlo! Abbandoniamo tutto per il suo nome cioè accettiamo la Verità che tutto viene da lui, e che "case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi" sono solo veicoli per giungere alla piena conoscenza del Padre e in essi glorificarlo già in questa vita. Non perdiamoci, non smarriamo la via; ogni cosa ci è donata per la nostra salvezza siamo noi che, con perversione, andiamo in cerca di ciò che ha fine perdendo di vista la fiamma inestinguibile dell'amore di DIO.



giovedì 13 agosto 2009

Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette

Matteo 18,21-19,1

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?».
E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».
Terminati questi discorsi, Gesù lasciò la Galilea e andò nella regione della Giudea, al di là del Giordano.



Con la misura con la quale misurate sarete misurati" Lo recitiamo ogni giorno nel Padre Nostro, questo passo del vangelo è riassunto in quella breve frase "perdona i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori"; ancora una volta è tutto in mano nostra, ancora una volta ci viene data la possibilità di "gestire" la misericordia di Dio e di condividerla con i fratelli. Non sempre facciamo attenzione a questa realtà, perchè se da un lato imploriamo il Padre di perdonare noi dall'altro accusiamo i fratelli senza un minimo cenno d'amore e comprensione. Signore aiutaci a ritrovare, nella critica e nell'analisi del peccato altrui la nostra colpa, donaci di vedere prima i nostri peccati, di sperimentare la tua bontà per poter poi aiutare e correggere con amore i fratelli.

lunedì 10 agosto 2009

Se uno mi serve, il Padre lo onorerà

Giovanni 12,24-26

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.
Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna.
Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà”.



Chi sceglie di vivere la propria vita da solo, lontano da Cristo, inevitabilmente ha scelto la morte, una morte ben diversa da quella intesa dall'evangelista: la morte eterna. Il chicco di grano che cade a terra e muore è come chi si affida a Cristo e muore a se stesso, si affida a quella terra che senza dubbio lo renderà fecondo "lo onorerà". Per morire vivendo in Cristo è necessario servirlo ma non come servo ma come amico divendo noi stessi sua immagine a servizio dei fratelli

venerdì 7 agosto 2009

Che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita?

Matteo 16,24-28

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.
Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita?
Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni.
In verità io vi dico: vi sono alcuni tra i presenti che non moriranno, prima di aver visto venire il Figlio dell’uomo con il suo regno».


"Nessuno può riscattare se stesso o dare a Dio il suo prezzo"; c'è distinzione tra tesori terreni e tesori celesti, direi netta e questo grazie all'immensa misericordia di Dio. Ha lasciato a noi il compito di decidere di quali gioire, se andare dietro alla falsa illusione oppure iniziare già da questa vita a lavorare intensamente per raggiungere ad accumulare tesori in cielo. Lui lo ripete spesso, sottoforma di parabole o anche apertamente "non potete servire Dio e il denaro" con un chiaro invito a lasciare tutto ciò che ci lega morbosamente al mondo ed iniziare a sperimentare tutto ciò che ci legherà saldamente alla sua Gloria. Non è una rinuncia ma un'adesione totale all'Amore. Purtroppo affascinano troppo i tintinnii del mondo in cui viviamo, ma se consideriamo la loro luce un niente in confronto alla Vera Luce non dovrebbe esserci ostacolo alcuno nel lasciarli e perdere quindi la propria vita per ritrovarla nell'eternità del cielo. Voglio pensare ai tanti che, leggendo questo passo, magari immaginano questo Dio come un dio crudele che ha dato ai suoi figli il mondo per non gioire del mondo! Il Signore dia loro la forza di comprendere che noi siamo nel mondo, a noi è stato dato il potere di soggiogarlo ma non possiamo permettere che la nostra volontà e il nostro cuore siano soffocati dalle sue logiche. La libertà non è poter fare tutto ciò che il mondo ti offre ma saper scegliere nel pieno della conoscenza della Verità.

giovedì 6 agosto 2009

Questi è il Figlio mio, l’amato.

Marco 9,2-10 -

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù.
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati.
Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.



Sul Tabor Gesù fa pregustare a Pietro Giacomo e Giovanni la gloria eterna riservata a chi non rifiuterà la sua redenzione attraverso una vera conversione. E' dura scendere da questo monte, Pietro vuole sistemare una tenda per dimorarvi, ma la nostra casa deve essere il mondo e nel mondo che dobbiamo vivere trasfigurati dalla luce di Cristo.

mercoledì 5 agosto 2009

Donna, grande è la tua fede!

Matteo 15,21-28
In quel tempo, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananea, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola.
Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele».
Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore, – disse la donna – eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni».
Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.


Oggi sembra davvero duro e selettivo Gesù e deve esserlo per non permettere che nessuna delle sue perle venga sprecata o data ai porci! E' stato mandato alle pecore perdute della casa di Israele e per i quanti sono disposti ad entrare a far parte di questo popolo. Spesso chi chiede una grazia lo fa solo per la grazia stessa senza accennare minimamente un bisogno di cambiamento radicale, di conversione totale. Gesù non è un mago, un prestigiatore, se guarisce, risuscita, risana, lo fa allo scopo di recuperare le pecore del suo gregge spesso smarrite a causa del dolore e della prova. Nelle preghiere, quindi, occorre chiedere principalmente questo: essere riammessi nel gregge, quindi aver rinsaldata la fede, quella fede che spesso vacilla al primo ostacolo. La donna ha dimostrato di averne tanta, si è prostrata ai piedi di Gesù con atteggiamento di umiltà e di chi è disposto ad accontentarsi anche del "poco" per raggiungere il "molto"... a noi il poco fa paura, il niente terrorizza, perchè siamo assetati e bisognosi di riempire la nostra vita di cose inutili quando invece basta conoscere Lui, il Tutto. Siamo pronti a scendere in basso per risalire piano piano?



martedì 4 agosto 2009

Comandami di venire verso di te sulle acque

Matteo 14,22-36
Subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.
La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!».
Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?».
Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».
Compiuta la traversata, approdarono a Gennèsaret. E la gente del luogo, riconosciuto Gesù, diffuse la notizia in tutta la regione; gli portarono tutti i malati e lo pregavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello. E quanti lo toccarono furono guariti.



Quando chiediamo qualcosa con insistenza, quando speriamo d'essere esauditi e poi realmente la nostra preghiera trova l'ascolto dovuto è inevitabile provare paura, timore, ancor più se la nostra richiesta è quella di conoscere Cristo e d'essere ritenuti degni di seguirlo. Lui, che ascolta la sincerità del nostro cuore, non esita a chiamarci e lo fa nei momenti impensabili e in circostanze poco propense per noi, appunto perchè niente e nessuno deve distrarci ora che la nostra supplica è stata accolta; abbandonare tutto è difficile, incamminarci per vie sconosciute ancor di più, camminare, poi, su acque agitate ci sembra un'impresa impossibile...ma la certezza di avere accanto Cristo non deve farci temere ne dubitare. "Uomo di poca fede, perché hai dubitato?", ed è vero che la nostra fede vacilla specialmente nella prova, proprio nel momento in cui siamo chiamati a renderla più salda e rinforzarla. Scoraggiarsi non serve se non ad affondare irrimediabilmente, per fortuna si ha la forza, ancora, di credere nella sua misericordia e gridare aiuto "Signore, salvami!" e riscoprire che solo in lui "Figlio di Dio" c'è la Salvezza.
"Per andare dove non sai devi passare per dove non sai" abbandonarsi totalmente a Colui che da una notte oscura farà albeggiare un sole eterno.

lunedì 3 agosto 2009

Alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla.

Matteo 14,13-21
In quel tempo, avendo udito , Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui». E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.

La Fame, la Sete, L'aridita non sono buone scuse per concedarsi dal Maestro, dal Padre, perchè se tale lo chiamiamo "maestro e padre" significa che in lui ritroviamo tutto ciò di cui abbiamo bisogno. In realtà tutto sussiste in lui ma non sempre abbiamo la lucidità per comprenderlo. Perdiamo di vista la sua reale natura perchè anteponiamo altro, i nostri bisogni, i nostri problemi, le nostre angosce, senza sperimentare qunto è delizioso lasciarsi andare, lasciarsi condurre senza preoccupazione alcuna, coscienti di essere comunque vincitori "in virtù di colui che ci ha salvati". Se siamo con Cristo nessuna fame potrà mai comlpirci perchè non verrà mai a mancarci quel sostentamento che nutre pian piano, giorno dopo giorno la nostra anima; anche nei periodi di deserto e aridità..forse proprio in questi istanti si sperimenta la vera forza del suo Cibo, perchè attorno a noi è buio, è il nulla, ma una luce c'è sempre, una fiamma che brucia ed è pronta ad infiammare...è sempre pronto a sfamare le folle con la sua immensa misericordia e ci invita a fare altrettanto divenendo noi stessi suo strumento "voi stessi date loro da mangiare". E non è un caso che le ceste avanzate e portate via siano state 12.. Gli apostoli sono ceste, piene della Sapienza di Colui che li ha mandati!